Qualora gli studenti iscritti a un’università straniera in un corso di laurea in medicina e chirurgia chiedano il trasferimento a un omologo corso presso un’università italiana, l’accoglimento dell’istanza non può essere condizionato all’obbligo del test d’ingresso previsto per l’ammissione al primo anno di corso, fermo restando il potere/dovere dell’università alla quale si intende transitare di concreta valutazione del periodo di formazione svolto all’estero e fatto salvo altresì il rispetto ineludibile del numero di posti disponibili per trasferimento, così come fissato dall’università stessa per ogni anno accademico in sede di programmazione, in relazione a ciascun anno di corso.
Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria, 28 gennaio 2015, n. 1
Diniego nulla osta trasferimento da università straniera-Ilegittimità test preselettivo
N. 00001/2015 REG.PROV.COLL.
N. 00024/2014 REG.RIC.A.P.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Adunanza Plenaria)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 24 di A.P. del 2014, proposto da:
Universita’ degli Studi di Messina,
in persona del legale rappresentante p.t.,
per legge rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato e domiciliata presso la sede della stessa, in Roma, via de’ Portoghesi, 12,
contro
[#OMISSIS#] Cuffaro e Salvatore Pinzarrone,
costituitisi in giudizio, rappresentati e difesi dall’avv. [#OMISSIS#] Rubino ed elettivamente domiciliati presso lo studio dell’avv. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], in Roma, viale M.llo Pilsudsky, 118,
e con l’intervento di
ad opponendum:
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], VASILE [#OMISSIS#], [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], LATINO [#OMISSIS#], [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] e [#OMISSIS#] [#OMISSIS#],
rappresentati e difesi dall’avv. Umberto Cantelli ed elettivamente domiciliati presso lo studio dell’avv. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], in Roma, via S. [#OMISSIS#] d’Aquino, 47,
per la riforma
della sentenza breve del T.A.R. SICILIA – SEZ. STACCATA di CATANIA – SEZIONE III n. 02037/2012, resa tra le parti, concernente trasferimento studenti da atenei stranieri, a seguito di rimessione all’adunanza plenaria con ordinanza n.454/2014 del consiglio di giustizia amministrativa per la regione siciliana.
Visto il ricorso in appello con i relativi allegati, come proposto innanzi al Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana;
Vista l’ordinanza del Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana n. 689/2013, di reiezione della domanda cautelare di sospensione dell’esecutività della sentenza impugnata proposta dall’Amministrazione appellante;
Vista l’Ordinanza del Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana n. 454/2014, di deferimento dell’appello all’Adunanza Plenaria;
Visto l’atto di costituzione in giudizio, in questa fase, degli appellati;
Visto l’atto di intervento ad opponendum, in questa fase, di [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] ed altri;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti tutti della causa;
Relatore, nell’udienza pubblica del giorno 19 novembre 2014, il Cons. Salvatore Cacace;
Uditi per le parti, alla stessa udienza, l’avvocato [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] dello Stato per l’appellante, l’avv. [#OMISSIS#] Rubino per gli appellati e l’avv. Umberto Cantelli per gli intervenienti;
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:
FATTO e DIRITTO
1. – Gli odierni appellati, iscritti nell’anno accademico 2011/2012 al I anno di studi della Facoltà di Medicina dell’Università di Timisoara ( Romania ), presentavano alla Università degli Studi di Messina istanza per il trasferimento presso questa Università con iscrizione al II anno del corso di laurea in Medicina e Chirurgia per l’anno accademico 2012/2013.
Con delibera del Consiglio di Corso di Laurea in Medicina e Chirurgia in data 12 settembre 2012 l’Università degli Studi di Messina ha ritenuto dette domande non valutabili, con la motivazione che gli studenti, “provenendo da Università straniere, non hanno superato in Italia l’esame di ammissione al corso di laurea in Medicina e Chirurgia, requisito essenziale previsto dal Manifesto degli studi”.
Gli interessati impugnavano i provvedimenti di diniego di trasferimento innanzi al
TAR per la Sicilia – sezione staccata di Catania, che, con la sentenza indicata in epigrafe, accoglieva il ricorso, annullando gli atti impugnati, “con riguardo al dedotto omesso preavviso di rigetto … nonché al lamentato difetto di istruttoria, laddove … in assenza di alcuna disposizione, anche interna, l’Amministrazione ha tout court rigettato la domanda di trasferimento dei ricorrenti, senza la previa valutazione dei crediti dagli stessi acquisiti presso l’Università straniera, necessari per l’eventuale iscrizione richiesta” ( pagg. 2 – 3 sent. ).
All’ésito della decisione del T.A.R. gli studenti, previa rinuncia alla prosecuzione dei loro studi presso l’università straniera di provenienza, hanno ottenuto l’iscrizione presso l’Università degli Studi di Messina, con la convalida di una parte delle attività formative e dei relativi esami superati.
Avverso tale sentenza l’Università degli Studi di Messina ha poi proposto appello innanzi al Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, contestando, in sostanza, il presupposto logico, posto a base della sentenza di primo grado, secondo cui “né l’art. 4 della L. 264/99 né il bando prevedono disposizioni in ordine all’ipotesi del trasferimento di studenti universitari da un Ateneo straniero ad uno nazionale” ( pag. 2 app. ).
Resistevano all’appello innanzi al C.G.A.R.S. gli originarii ricorrenti, insistendo per la reiezione del gravame.
Nella camera di consiglio del 25 luglio 2013 il C.G.A.R.S. respingeva – con ordinanza n. 689/2013 – la domanda cautelare proposta dall’Amministrazione appellante.
Successivamente, all’ésito del passaggio in decisione della causa all’udienza collegiale del 7 maggio 2014, il C.G.A.R.S. ha ritenuto, con Ordinanza n. 454/2014, che la problematica cui la controversia inerisce, “relativa alla precisa individuazione dei presupposti richiesti nell’ordinamento vigente per il trasferimento di studenti iscritti in università straniere a corsi di laurea dell’area medico-chirurgica, anche in considerazione di contrastanti pronunce giurisprudenziali, vada rimessa alla Adunanza Plenaria ex art. 99. comma 1 c.p.a.” ( pag. 8 Ord. ).
Più in particolare, il C.G.A.R.S., rappresentati gli opposti orientamenti giurisprudenziali sul tema, ha poi esposto i profili che lo conducono a ritenere di condividere la tesi favorevole all’accoglimento dell’istanza di trasferimento di cui si tratta, così sintetizzando, dopo ampia ed esaustiva analisi, la disciplina, cui la materia deve ritenersi esposta:
“A) Non esiste un diritto degli studenti iscritti ad una università straniera ad essere trasferiti in una università italiana (come non esiste tale diritto per coloro che fossero iscritti in una università italiana). E ciò quali che siano i corsi di studio oggetto delle relative aspirazioni.
B) Per quanto riguarda gli studenti dei corsi di laurea delle classi per le quali l’ordinamento italiano prevede un numero limitato di accessi (e in particolare per quelli dell’area medico-chirurgica), il trasferimento da altre sedi deve considerarsi regolato dalle medesime norme, sia che il trasferimento sia richiesto da studenti iscritti in università italiane, sia che esso lo sia da studenti iscritti in università straniere, dal momento che le norme relative agli accessi – e quindi alle immatricolazioni – non hanno riferimento ad altri studenti che a quelli appunto che aspirano ad accedere, per la prima volta, alla formazione universitaria.
C) Limiti al trasferimento degli studenti dell’area medico-chirurgica sono costituiti dalla oggettiva disponibilità nella sede di accoglienza di posti per la coorte alla quale lo studente trasferito dovrebbe essere aggregato, in base alla programmazione nazionale vigente per l’anno di riferimento, e dalle speciali norme eventualmente legittimamente adottate dalle sedi – in via regolamentare generale – in virtù della autonomia loro riconosciuta” ( pagg. 34 – 35 Ord. ).
Conclusivamente, ad avviso del Collegio rimettente, “l’interesse ad un trasferimento da università straniera ad una università italiana, benché non perseguibile in virtù di una disciplina primaria (oggi inesistente), non appare in contrasto (in mancanza anche di norme secondarie espresse) con i principi e dell’ordinamento comunitario e di quello interno. Il riconoscimento di segmenti di formazione conseguiti all’estero non appare infatti in alcuna misura precluso da principi, normative e prassi vigenti, come deve osservarsi, oltretutto, in considerazione di quanto già avviene con riferimento alle discipline Erasmus, per le quali le singole università sono pacificamente legittimate dall’ordinamento vigente (comunitario ed italiano) a stipulare (anche per i corsi dell’area medico-chirurgica) convenzioni in virtù delle quali – attraverso una valutazione in concreto ex ante (idoneità di programmi, docenti, modalità di accertamento del profitto) – esse riconoscono ai loro studenti, segmenti di formazione (attuata presso università straniere), che rifluiscono (con pieno effetto ai fini del titolo finale) sul contenuto della formazione che porta al conseguimento del titolo finale” ( pagg. 35 – 36 Ord. ).
Si sono costituiti per resistere anche in questa sede gli appellati, che, con successiva memoria, premesse eccezioni di inammissibilità e di improcedibilità dell’appello sotto varii profili, insistono per l’infondatezza dello stesso.
Memoria ha pure prodotto l’appellante, reiterando le tesi di gravame incentrate sul combinato disposto degli artt. 1 e 4 della legge 2 agosto 1999, n. 264, che a suo avviso “contempla l’obbligo di concorso sia per le iscrizioni al primo anno del corso di laurea in medicina e chirurgia ovvero odontoiatria e protesi dentaria, che per gli anni successivi” ( pag. 2 mem. ), sottolineando altresì “la totale compatibilità con il diritto dell’Unione Europea” di tale previsione.
Hanno proposto inoltre atto di intervento ad opponendum alcuni studenti di atenei comunitarii pubblici della Romania, che, vistesi respingere domande di trasferimento presso l’Università degli Studi di Messina analoghe a quelle che hanno dato luogo al presente giudizio, hanno proposto ricorsi in sede giurisdizionale ( accolti dallo stesso T.A.R. Catania con diverse sentenze, di cui solo alcune sarebbero state appellate), sul cui ésito prospettano la “scontata influenza della decisione” di questa Adunanza Plenaria; donde, affermano, la sussistenza del loro “interesse ad intervenire”.
All’udienza del 19 novembre 2014 la causa è stata chiamata e trattenuta in decisione.
2. – Preliminarmente, deve essere dichiarato inammissibile l’intervento ad opponendum dispiegato dagli studenti, che, adducendo di essere destinatarii di provvedimenti analoghi a quelli oggetto del presente giudizio, hanno dedotto un interesse al mantenimento dell’annullamento di questi, come pronunciato dal T.A.R.
Invero, l’intervento ad opponendum svolto in grado di appello avverso l’impugnazione diretta contro la sentenza che ha accolto il ricorso di primo grado, la cui finalità è appunto quella di contrastare le ragioni dell’Amministrazione ricorrente in appello, va correttamente qualificato come intervento ad adiuvandum degli originarii ricorrenti, per il quale la giurisprudenza richiede la titolarità di una posizione giuridica dipendente da quella da questi dedotta in giudizio.
Non essendo dunque sufficiente a supportare un siffatto intervento in giudizio la semplice titolarità di un interesse di fatto ( suscettibile invece di fondare il mero intervento ad opponendum “proprio” e cioè quello svolto a sostegno dell’Amministrazione resistente in primo grado ) e non essendo gli odierni opponenti titolari di una posizione giuridica in qualche modo dipendente da quella degli appellati, è dunque da escludersi per essi la possibilità di intervenire in causa in via litisconsortile, proponendo una domanda, che di fatto si configura, peraltro, come autonoma e parallela ( se non addirittura contrassegnata da un potenziale conflitto con gli originarii ricorrenti ) a quella proposta da questi ultimi, in quanto volta a tutelare una loro propria posizione giuridica attinta da provvedimenti analoghi a quelli per i quali qui si controverte.
3. – Sempre in via preliminare, vanno esaminate le eccezioni di inammissibilità ed improcedibilità dell’appello sollevate dai resistenti.
Esse si rivelano tutte infondate.
3.1 – Quanto, anzitutto, alla dedotta “acquiescenza prestata dall’Università di Messina alla sentenza del T.A.R. Catania”, che gli appellati pretendono di ricavare dal “riconoscimento delle materie” da essi sostenute all’estero ( come effettuato dall’Università ai fini dell’iscrizione conseguita all’accoglimento del ricorso di primo grado ), che costituirebbe a loro avviso “espressione di un potere discrezionale concretamente e deliberatamente esercitato”, ricordato ch’è pacifico che la spontanea esecuzione della pronuncia di primo grado non si configura come comportamento idoneo ad escludere l’ammissibilità della relativa impugnazione ( Cons. St., III, 21 giugno 2012, n. 3679 ) giacché l’eventuale accoglimento di questa è idoneo a travolgere i nuovi atti adottati dall’Amministrazione in esecuzione della sentenza di primo grado che verrebbero comunque meno con effetto retroattivo perdendo ab initio il loro fondamento giuridico ex art. 336 c.p.c. ( Cons. St., III, 18 giugno 2012, n. 3550; da ultimo, Cons. St., III, 1 agosto 2014, n. 4103 ), nella fattispecie il nuovo atto adottato dall’Amministrazione ( di riconoscimento delle frequenze conseguite in altri Atenei e degli esami ivi sostenuti ) non costituisce espressione di nuove, autonome, scelte discrezionali dell’Amministrazione stessa, ma mera esecuzione del dictum del Giudice di primo grado ( che ha posto a fondamento del disposto annullamento degli atti impugnati la mancata “previa valutazione dei crediti” acquisiti dai ricorrenti presso l’Università straniera ), in quanto l’Università, con la delibera del Consiglio di Corso di laurea in Medicina e Chirurgia assunta nella adunanza del 15 marzo 2013, peraltro assunta espressamente dando atto di “discutere in ordine ai provvedimenti … al fine di dare ottemperanza … alla Sentenza n. 3037/2012 del Tar Sicilia, sez. 3° CT” e di “operare la comparazione dei programmi degli esami sostenuti da ciascuno dei ricorrenti” in adempimento di quanto disposto dalla Autorità Giudiziaria ( v. verbale della apposita Commissione in data 7 marzo 2013 ), non ha fatto altro che procedere al riconoscimento dei crediti di cui all’art. 23 del Regolamento Didattico d’Ateneo, che sono appunto “acquisiti in relazione ad attività di studio e ad esami sostenuti presso università straniere” ( comma 2 dell’art. 23, cit. ); sì che il riconoscimento degli esami sostenuti, effettuato previa comparazione dei programmi relativi dell’Ateneo di provenienza con i programmi del piano di studi dell’Università di Messina, non rappresenta nulla di più del riconoscimento di crediti ( v. anche art. 5, comma 4, del D.M. 22 ottobre 2004, n. 270 ) dovuto in esecuzione della sentenza di primo grado, che ha appunto annullato gli atti impugnati facendo conseguentemente “obbligo all’Università di rideterminarsi, ponendo a fondamento di ogni ulteriore decisione la congruità dei crediti maturati dai ricorrenti presso l’Ateneo straniero” ( pag. 3 sent. ).
Né, per finire sul punto, la qualificazione degli atti posti in essere dall’Università successivamente alla sentenza di primo grado in termini di incompatibilità con la volontà di avvalersi dell’impugnazione ( e dunque in termini di acquiescenza alla sentenza stessa, preclusiva dell’impugnazione ai sensi dell’art. 329 c.p.c. ) può affidarsi, come pretenderebbero gli appellati, alla valutazione di un mero funzionario dell’Università ( v. nota prot. n. 34014 del 19 giugno 2013 versata in atti ), le cui personali considerazioni ( aventi rilevanza esclusivamente interna, dal momento che interni all’Amministrazione ne sono i destinatarii ) circa l’opportunità di ricorrere in appello avverso la sentenza T.A.R. n. 3037/2012 e l’idoneità degli atti adottati “a prestare acquiescenza” alla stessa non sono certo in grado di denotare in maniera precisa ed univoca il proposito dell’Amministrazione, che può esprimersi sulla materia controversa solo attraverso atti compiuti dal Rettore e dal Consiglio di Corso di Laurea (atti nella fattispecie del tutto insussistenti), di non contrastare gli effetti giuridici della pronuncia.
3.2 – Quanto alla eccezione di improcedibilità dell’appello per effetto dell’asserito intervenuto superamento dei provvedimenti di diniego di iscrizione oggetto del giudizio a seguito dei “successivi giudizi positivi ottenuti con riferimento ai vari esami sostenuti” e dunque della dimostrazione così asseritamente data dagli appellati circa la “propria idoneità alla frequenza del corso di laurea in medicina e chirurgia”, anch’essa si rivela infondata.
Ed invero non è possibile ritenere che il favorevole esito di alcuni esami del corso di studi, cui s’è avuto accesso in relazione al favorevole esito del giudizio di primo grado instaurato contro il diniego di iscrizione motivato con il mancato superamento del test di accesso previsto per i corsi di laurea ad accesso limitato, possa ritenersi assorbente del mancato possesso di quel requisito di ammissione (su tale qualificazione v. l’art. 4, comma 2, della legge 2 agosto 1999, n. 264); questione, questa, chiaramente rilevante nel presente giudizio solo nella misura in cui da esso effettivamente dipenda, come qui dedotto dall’appellante, l’ammissione anche a seguito di trasferimento.
In realtà, l’interesse alla decisione dell’appello dell’Amministrazione avverso la sentenza di annullamento di un diniego di iscrizione fondato sulla mancanza di un requisito di ammissione permane fin quando sia in corso la procedura, sull’ammissione alla quale ( o, meglio, sulla rinnovata attività dell’Amministrazione di ammissione alla quale ) il provvedimento giudiziale valido ed efficace abbia avuto carattere decisivo e condizionante.
Occorre poi puntualizzare che non è invocabile nella fattispecie la possibilità di sanatoria introdotta dall’art. 4, comma 2-bis, della legge n. 168/2005, sia perché essa deve ritenersi ammessa soltanto per le varie ipotesi di procedimenti finalizzati alla verifica della idoneità dei partecipanti allo svolgimento di una professione il cui esercizio risulti regolamentato nell’ordinamento interno ma non riservato ad un numero chiuso di professionisti mentre va esclusa per le selezioni di stampo concorsuale per il conferimento di posti a numero limitato, sia perché il superamento del test di cui si tratta costituisce indubbiamente, come già detto, un requisito di ammissione ( essendo qui controverso soltanto se esso sia richiesto anche per le ipotesi di trasferimento da altra università con richiesta di iscrizione ad anni successivi al primo ) e non certo una “abilitazione” od un “titolo”, il cui conseguimento costituisce appunto indefettibile presupposto per l’applicazione della disposizione richiamata, all’applicazione della quale non può darsi comunque in ogni caso luogo quando il ricorso tenda a contestare una esclusione per mancanza dei requisiti ( Cons. St., VI, 15 febbraio 2012, n. 769 ).
D’altra parte, l’art. 4, comma 2-bis, cit., riguardante, come s’è detto, gli esami per il conseguimento di una abilitazione professionale, ha natura eccezionale e non è suscettibile di applicazione analogica ( Cons. St., VI, 21 maggio 2013, n. 2727 ).
In ogni caso, tale disposizione ha disposto la salvezza degli effetti di una nuova valutazione amministrativa, anche se effettuata d’ufficio o a seguito di un provvedimento giurisdizionale non definitivo, mentre in tema di ammissione ai corsi di laurea di cui si tratta vi è una fase procedimentale ( quella riguardante l’ammissione ), che non può ritenersi in alcun modo validamente surrogata dal successivo percorso di studi dello studente in ipotesi privo del requisito; studente che peraltro conserva l’interesse alla decisione sul proprio ricorso, perché solo una sentenza definitiva di accoglimento di per sé consente di salvaguardare gli effetti degli atti amministrativi emessi in esecuzione della sentenza favorevole di primo grado, destinati in quanto tali ad essere travolti dalla pronuncia d’appello che definisca il giudizio nel senso della reiezione del suo ricorso originario.
3.3 – Parimenti infondata è l’ulteriore eccezione di improcedibilità dell’appello basata sull’intervenuto accoglimento, nelle more del giudizio di appello, del ricorso straordinario al Capo dello Stato a suo tempo proposto dagli odierni appellati avverso la graduatoria della procedura di ammissione al Corso di Laurea in Medicina e Chirurgia bandito dall’Università di Palermo per l’anno accademico 2011/2012; il che, secondo gli stessi, varrebbe a concretizzare quel “diritto all’iscrizione all’università italiana”, la cui mancanza è in sostanza alla base degli atti di diniego oggetto del giudizio, nonché dell’appello proposto dall’Università degli Studi di Messina.
Ritiene in proposito il Collegio che, pur in presenza del sopravvenuto provvedimento dell’Università degli Studi di Palermo di invito agli interessati a presentare domanda di immatricolazione o comunque di passaggio al corso di laurea in medicina e chirurgia di quella Università per effetto dell’accoglimento del ricorso straordinario proposto avverso la graduatoria del concorso per la ammissione a quel corso di laurea per l’anno accademico 2011/2012, il Giudice amministrativo non può sovrapporre la propria valutazione a quella riferibile esclusivamente ai poteri dell’Amministrazione, sì da poter ritenere oggi sussistente in capo agli odierni appellati quel requisito ( il superamento della prova di ammissione di cui si tratta in una Università del territorio nazionale ), la cui mancanza ( da essi mai contestata ) è posta a base degli atti di diniego qui controversi, da essi conseguentemente impugnati sotto il profilo secondo cui l’assenza di tale requisito non rileverebbe in senso ostativo nei loro riguardi, dal momento che l’onere di superamento del test d’ingresso sussisterebbe solo per l’accesso al primo anno di corso e non anche per il trasferimento da essi richiesto.
Non avendo peraltro gli appellati proposto, in relazione a detta sopravvenienza, motivi aggiunti ex art. 104, comma 3, c.p.a. ( nella misura in cui si possa predicare il possesso ex tunc, per effetto del predetto accoglimento del ricorso straordinario, del requisito del superamento della prova di ammissione ), la stessa può risultare loro utile solo ai fini di una domanda di riesame, da parte dell’Università degli Studi di Messina, delle sue precedenti, qui contestate, determinazioni.
4. – Si può passare, ora, all’esame del mérito dell’appello, alla luce della compiuta ed efficace ricostruzione del quadro fattuale e giuridico operata dall’Ordinanza di rimessione, che si incentra sulla questione “se possa essere accolta la richiesta di quegli studenti che – da iscritti in corsi di laurea dell’area medico-chirurgica presso università straniere – hanno chiesto il trasferimento, con riconoscimento delle carriere e la iscrizione ad anni di corso successivi al primo, presso università italiane; e ciò tenendo presente che essi non si erano sottoposti al previsto test di accesso o che, pur avendolo affrontato conseguendo (come nel caso che ci occupa) il punteggio minimo richiesto per l’idoneità, non si erano comunque collocati in posizione utile per ottenere l’accesso ad una università italiana” (pagg. 7 – 8 Ord.).
4.1 – Questo Consiglio ha più volte ribadito ( da ultimo, sez. VI, 22 aprile 2014, n. 2028 e 30 maggio 2014, n. 2829 ) che è legittima l’esclusione da un qualsiasi anno di corso degli studenti di università estere, che non superino la prova selettiva di primo accesso, eludendo con corsi di studio avviati all’estero la normativa nazionale ( v. anche Cons. Stato, sez.VI, 15 ottobre 2013, n. 5015; 24 maggio 2013, n. 2866 e 10 aprile 2012, n. 2063 ).
Secondo tale orientamento la disciplina recante la programmazione a livello nazionale degli “accessi” non farebbe distinzioni fra il primo anno di corso e gli anni successivi ( art. 1, comma 1, e 4 della legge 2 agosto 1999, n. 264, in rapporto alle previsioni del d.m. 22 ottobre 2004, n. 270, recante il regolamento sull’autonomia didattica degli atenei ); di conseguenza, il rilascio di nulla osta al trasferimento da atenei stranieri e l’iscrizione agli anni di corso successivi al primo richiederebbero comunque il previo superamento della prova nazionale di ammissione prevista dall’art. 4 citato ( ai fini, appunto, della “ammissione” ), sia per l’immatricolazione al primo anno accademico, sia, come dedotto appunto dall’Università odierna appellante, per l’iscrizione ad anni successivi in conseguenza del trasferimento.
4.2 – Tale conclusione, di legittimità dei dinieghi adottati nei casi in cui si tratti di trasferimento da ateneo straniero senza previo superamento dei tests d’accesso in Italia, deve essere, ad avviso del Collegio, sottoposta ad un’attenta rimeditazione, sulla base delle attente osservazioni attinenti all’interpretazione logico-letterale dell’anzidetta normativa di riferimento formulate dall’Ordinanza di rimessione all’esame.
4.3 – Ed invero, sul piano puramente letterale e sistematico valga rilevare:
– a livello di normazione primaria e secondaria, le uniche disposizioni in materia di trasferimenti si rinvengono ai commi 8 e 9 dell’art. 3 del D.M. 16 marzo 2007 in materia di “Determinazione delle classi di laurea magistrale”, che, senz’alcun riferimento a requisiti per l’ammissione, disciplinano il riconoscimento dei crediti già maturati dallo studente ( “8. Relativamente al trasferimento degli studenti da un corso di laurea ad un altro, ovvero da un’università ad un’altra, i regolamenti didattici assicurano il riconoscimento del maggior numero possibile dei crediti già maturati dallo studente, secondo criteri e modalità previsti dal regolamento didattico del corso di laurea di destinazione, anche ricorrendo eventualmente a colloqui per la verifica delle conoscenze effettivamente possedute. Il mancato riconoscimento di crediti deve essere adeguatamente motivato. 9. Esclusivamente nel caso in cui il trasferimento dello studente sia effettuato tra corsi di laurea appartenenti alla medesima classe, la quota di crediti relativi al medesimo settore scientifico-disciplinare direttamente riconosciuti allo studente non può essere inferiore al 50% di quelli già maturati. Nel caso in cui il corso di provenienza sia svolto in modalità a distanza, la quota minima del 50% è riconosciuta solo se il corso di provenienza risulta accreditato ai sensi del regolamento ministeriale di cui all’art. 2, comma 148, del decreto-legge 3 ottobre 2006, n. 262, convertito dalla legge 24 novembre 2006, n. 286” ).
– per quanto concerne più da vicino la fattispecie all’esame, l’obbligo, per gli studenti provenienti da Università straniere, del “superamento del test di ammissione in Italia secondo le modalità stabilite dal MIUR” è recato, nella parte concernente i “trasferimenti”, nel Manifesto degli Studi dell’Università di Messina per l’anno accademico 2012 – 2013 approvato dal Senato Accademico, che tuttavia il T.A.R. ha ritenuto, con statuizione non impugnata da nessuna delle parti in causa e dunque passata in giudicato, “atto di natura informativa, privo di rilevanza giuridica per i fini di cui al ricorso” ( pag. 2 sent. );
– mentre, come s’è visto, con specifico riguardo ai trasferimenti nessuno specifico requisito di ammissione è previsto, l’art. 4 della legge 2 agosto 1999, n. 264 subordina l’ammissione ai corsi i cui accessi sono programmati a livello nazionale ( art. 1 ) o dalle singole università ( art. 2 ) al “previo superamento di apposite prove di cultura generale, sulla base dei programmi della scuola secondaria superiore, e di accertamento della predisposizione per le discipline oggetto dei corsi medesimi”;
– sebbene la norma non riferisca espressamente la locuzione “ammissione” al solo “primo accoglimento dell’aspirante nel sistema universitario” ( per usare l’efficace espressione dell’Ordinanza di rimessione ), a rendere sicuramente preferibile e privilegiata tale interpretazione può valere, nell’àmbito del corpus complessivo delle norme concernenti l’accesso ai corsi di studio universitarii, l’art. 6 del D.M. 22 ottobre 2004, n. 270, che, nell’indicare i “requisiti di ammissione ai corsi di studio”, fa esclusivo riferimento, ai fini della ammissione ad un corso di laurea (di primo livello o magistrale: vedansi i commi dall’1 al 3), al “possesso del diploma di scuola secondaria superiore”, ch’è appunto il titolo imprescindibile previsto per l’ingresso nel mondo universitario; il che rende palese che quando il legislatore fa riferimento alla ammissione ad un corso di laurea, intende riferirsi appunto allo studente ( e solo allo studente ) che chieda di entrare e sia accolto per la prima volta nel sistema;
– a ciò si aggiunga, sempre in un’ottica di lettura sistematica delle disposizioni di vario rango che si accavallano nella materia de qua, che, nel definire “modalità e contenuti delle prove di ammissione ai corsi di laurea ad accesso programmato a livello nazionale a.a. 2012-2013” ( ch’è esattamente l’anno accademico per il quale gli odierni appellati hanno richiesto all’Università di Messina il poi denegato nulla-osta al trasferimento ), il D.M. 28 giugno 2012 usa indifferentemente i termini “ammissione” ed “immatricolazione” ( v. in particolare l’art. 10, comma 1, relativo a “graduatorie, soglia di punteggio minimo e valutazione delle prove”, nonché il punto 9. dell’Allegato n. 1 relativo alle “procedure per la prova di ammissione ai corsi di laurea” di cui si tratta ) ed è ben noto che il secondo dei veduti termini, come pure opportunamente sottolineato nell’ordinanza di rimessione, è comunemente riferito, nello stesso linguaggio ufficiale del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, allo studente, che si iscriva al primo anno di corso e che dunque sia un “novizio” dell’istituzione universitaria;
– non irrilevante, inoltre, può essere il richiamo, nella fattispecie all’esame, del già citato Manifesto degli Studi dell’Università degli Studi di Messina, che, pur recando, come s’è visto, l’obbligatorietà del test di ammissione in Italia per gli studenti provenienti per trasferimento da Università straniere ( clausola, come già detto, del tutto ininfluente ai fini del decidere alla luce della qualificazione datane dal T.A.R. con statuizione non contestata ), riferisce espressamente la “prova di ammissione” al “primo anno di corso”, mentre per le “iscrizioni ad anni successivi al primo” si limita a stabilire il termine, entro il quale devono essere effettuate.
Quanto al piano logico-sistematico valga notare:
– se i contenuti della prova di ammissione di cui all’art. 4 della legge 2 agosto 1999, n. 264 devono far riferimento ai “programmi della scuola secondaria superiore”, è evidente che la prova è rivolta a coloro che, in possesso del diploma rilasciato da tale scuola ( v. il già citato art. 6 del D.M. n. 270/2004 ), intendono affrontare gli studi universitarii, in un logico continuum temporale con la conclusione degli studi orientati da quei “programmi” e dunque ai soggetti che intendono iscriversi per la prima volta al corso di laurea, sulla base, appunto, del titolo di studio acquisito e delle conoscenze ad esso sottostanti;
– non a caso, in tale direzione, una ulteriore specificazione si ritrova nell’allegato “A” al già citato D.M. 28 giugno 2012 ( “Modalità e contenuti delle prove di ammissione ai corsi di laurea ad accesso programmato a livello nazionale a.a. 2012-2013” ), che, nel definire i programmi relativi ai requisiti delle prove di ammissione ai corsi di laurea magistrale in Medicina e Chirurgia, prevede che “le conoscenze e le abilità richieste fanno comunque riferimento alla preparazione promossa dalle istituzioni scolastiche che organizzano attività educative e didattiche coerenti con i Programmi Ministeriali”: ne risulta evidente, come correttamente sottolinea l’Ordinanza di rimessione, “il riferimento della norma ad un accertamento da eseguirsi al momento del passaggio dello studente dalla scuola superiore all’università e dunque la dichiarata funzione alla quale la prova risponde: verificare la sussistenza – nello studente che aspira ad essere ammesso al sistema universitario – di requisiti di cultura pre-universitaria” ( pagg. 25 – 26 ).
– ancora, se la prova stessa è volta ad accertare la “predisposizione per le discipline oggetto dei corsi”, è vieppiù chiaro che tale accertamento ha senso solo in relazione ai soggetti che si candidano ad entrare da discenti nel sistema universitario, mentre per quelli già inseriti nel sistema ( e cioè già iscritti ad università italiane o straniere ) non si tratta più di accertare,