Consiglio di Stato, Sez. III, 8 giugno 2016, n. 2451

Valore giuridico dei diplomi di terapista della riabilitazione-Legittimazione a proporre appello

Data Documento: 2016-06-08
Area: Giurisprudenza
Massima

Nella disciplina vigente prima del c.p.a. era pacifico che la sentenza di rigetto potesse essere appellata solo dallo stesso soggetto che aveva proposto il ricorso o, a certe condizioni, dai suoi aventi causa. In particolare, era opinione comune che non potessero proporre appello coloro che avessero spiegato intervento ad adiuvandum in quanto portatori di interessi convergenti con quelli del ricorrente. Si ammetteva soltanto che l’interventore ad adiuvandum proponesse appello contro la sentenza che avesse dichiarato inammissibile il suo intervento o avesse statuito sulle spese del giudizio in senso a lui sfavorevole – vale a dire per un interesse esclusivamente proprio, derivante dalla stessa sentenza.

L’art. 102 c.p.a. va interpretato in senso conforme alla tradizione giurisprudenziale anteriore. In particolare, nel secondo comma, il concetto di “posizione giuridica autonoma” tale da legittimare l’interventore a proporre appello va inteso come riferito alla posizione dell’interventore in rapporto alla sentenza di primo grado ed alle statuizioni che specificamente lo concernono (dichiarazione di inammissibilità del suo intervento o condanna alle spese a lui sfavorevole). Resta fermo, dunque, il principio che il cointeressato, intervenuto ad adiuvandum o costituitosi direttamente, non può proporre appello surrogandosi al ricorrente inattivo.

Contenuto sentenza

N. 02451/2016REG.PROV.COLL.
N. 03440/2010 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 3440 del 2010, proposto da: 
Tecnica 2000 Srl, rappresentata e difesa dagli avv. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], [#OMISSIS#] Marchese, [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], [#OMISSIS#] Lucarelli, con domicilio eletto presso M. Studio Legale [#OMISSIS#] in Roma, viale Parioli, 180; 
contro
Ministero del Lavoro, Salute e Politiche Sociali, Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca, rappresentati e difesi per legge dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi, 12; 
Regione Abruzzo, rappresentato e difeso per legge dall'[#OMISSIS#] Cesaroni, domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi, 12; 
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], [#OMISSIS#] Accetta, [#OMISSIS#] Aletto, [#OMISSIS#] Biglietto, [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], [#OMISSIS#] Mazzola, [#OMISSIS#] Frajese, Mariano [#OMISSIS#], [#OMISSIS#] Noviello, [#OMISSIS#] Manna, [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], [#OMISSIS#] Majolini, [#OMISSIS#] Zingone, rappresentati e difesi dall’avv. [#OMISSIS#] De Carolis, con domicilio eletto presso Mariano Protto in Roma, Via [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], 2;
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], [#OMISSIS#] Campagna, [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], [#OMISSIS#] Della Peruta, [#OMISSIS#] Petropinto, [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] Perna, [#OMISSIS#] Pistillo, [#OMISSIS#] Gentile, [#OMISSIS#] Farina, [#OMISSIS#] Farinato, Giovanni Massa, [#OMISSIS#] Cesarano, [#OMISSIS#] Pietricola, [#OMISSIS#] Vigorito, Barbara Alfei, [#OMISSIS#] Selvestrini, [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], [#OMISSIS#] Russo, [#OMISSIS#] Ruotolo, [#OMISSIS#] Polese, [#OMISSIS#] Biondi, [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] Prezioso, [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] Maugeri, [#OMISSIS#] Scafato, Atonia Calderisi, [#OMISSIS#] Di Salvatore, [#OMISSIS#] Pescitelli, [#OMISSIS#] Golino, [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] Acerra, [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], [#OMISSIS#] Di [#OMISSIS#], [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], non costituiti; 
per la riforma
della sentenza del T.A.R. ABRUZZO – L’AQUILA: SEZIONE I n. 00091/2009, resa tra le parti, concernente mancato riconoscimento, in capo agli studenti che avevano conseguito il diploma finale presso la scuola professionale Tecnica 2000, del titolo abilitante all’esercizio della professione di fisioterapista della riabilitazione di cui alla DGR Abruzzo n. 444 del 19 maggio 2008,
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ministero del Lavoro, Salute e Politiche Sociali e di Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca e di Regione Abruzzo e di: [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], [#OMISSIS#] Accetta, [#OMISSIS#] Aletto, [#OMISSIS#] Biglietto, [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], [#OMISSIS#] Mazzola, [#OMISSIS#] Frajese, Mariano [#OMISSIS#], [#OMISSIS#] Noviello, [#OMISSIS#] Manna, [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], [#OMISSIS#] Majolini, [#OMISSIS#] Zingone;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 17 dicembre 2015 il Cons. Lydia [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] Spiezia e uditi per le parti gli avvocati Lucarelli, [#OMISSIS#], [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] su delega di De Carolis e l’avvocati dello Stato [#OMISSIS#] [#OMISSIS#];
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Il presente giudizio d’appello è stato instaurato dalla s.r.l. Tecnica 2000 contro la sentenza n. 91/2009 del T.A.R. Abruzzo e si connette ad altri giudizi (per lo più già definiti) tutti centrati sulla questione del valore giuridico dei diplomi (o attestati) di “terapista della riabilitazione” rilasciati dalla scuola professionale gestita dalla società appellante in Avezzano.
2. Il connotato specifico del presente giudizio è che il ricorso di primo grado (R.G.n. 479/2008 del T.A.R. Abruzzo) è stato proposto da un gruppo di studenti per l’annullamento della delibera della Giunta Regionale abruzzese n. 444 del 19 maggio 2008, nella parte in cui affermava che il titolo rilasciato dalla scuola della Tecnica 2000 «non è abilitante all’esercizio di alcuna professione sanitaria, né equipollente alla laurea di fisioterapista»; nel giudizio di primo grado si è costituita anche la scuola Tecnica 2000, intimata in qualità di cointeressata.
Il TAR Abruzzo ha respinto il ricorso con sentenza n. 91/2009, di cui Tecnica 2000 ha chiesto la riforma con l’appello in epigrafe.
Peraltro la società Tecnica 2000 aveva, a sua volta, impugnato con altro ricorso, sempre davanti al T.A.R. Abruzzo, la stessa delibera n. 444 del 19 maggio 2008 (insieme ad altri atti ), chiedendone l’annullamento per ragioni analoghe.
Quest’ultima impugnazione (per i profili che qui interessano) è stata respinta dal T.A.R. con sentenza n. 584/2009, confermata con la sentenza n. 6444/2011 di questa Sezione.
3. Nel ricorso proposto al T.A.R. Abruzzo dagli studenti (r.g. 479/2008) erano poi intervenuti ad opponendum altri studenti ([#OMISSIS#] [#OMISSIS#] ed altri) iscritti all’Università e come tali interessati (a loro dire) a far disconoscere il valore giuridico dei titoli rilasciati da Tecnica 2000.
L’appello contro la sentenza n. 91/2009, che ha respinto il ricorso di quegli studenti, non è stato proposto dagli originari ricorrenti, ma dalla società Tecnica 2000, che si era costituita nel giudizio di primo grado in quanto il ricorso le era stato notificato dai ricorrenti medesimi. Peraltro è pacifico che la sua posizione in quel giudizio non era di controinteressata, bensì di cointeressata: infatti, per quanto attiene a quel contenzioso, vi era piena convergenza di interessi fra gli studenti e la scuola, ugualmente interessati ad affermare il valore giuridico dell’attestato finale.
Nel giudizio di appello all’esame, instaurato da Tecnica 2000, si sono costituiti la Regione Abruzzo, il Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche sociali, il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, nonché un gruppo di studenti ([#OMISSIS#] [#OMISSIS#] ed altri) che erano intervenuti ad opponendum nel giudizio di primo grado, mentre non si sono costituiti gli originari ricorrenti, ai quali pure il ricorso è stato ritualmente notificato.
La domanda cautelare annessa all’appello è stata rinviata al merito.
L’appello viene ora in decisione, dopo che all’udienza di discussione del 26 novembre 2015 la causa è stata rinviata all’udienza odierna per consentire alle parti di formulare le proprie deduzioni sui profili processuali informalmente indicati dal Collegio, con riferimento anche alle possibili conseguenze del fatto che in primo grado vi erano stati due giudizi paralleli e che quello originariamente instaurato da Tecnica 2000 davanti al T.A.R. Abruzzo risulta ormai definito in appello (in senso sfavorevole a Tecnica 2000) con la sentenza n. 6444/2011 di questa Sezione.
Alla pubblica udienza del 17 dicembre 2015, uditi i difensori presenti, l’appello è passato in decisione .
4. Per il Collegio è opportuno valutare, dunque, quali siano, a questo punto della vicenda, gli effetti di ordine processuale derivanti dalle seguenti circostanze:
(a) che in primo grado gli stessi atti erano stati impugnati, con ricorsi separati ma convergenti nella sostanza, rispettivamente da Tecnica 2000 (quale gestore della scuola) e da un gruppo di studenti;
(b) che entrambi i ricorsi sono stati rigettati dal T.A.R. Abruzzo (sentenza n. 583/2009 sul ricorso di Tecnica 2000; sentenza n. 91/2009 sul ricorso degli studenti);
(c) che la sentenza che ha rigettato il ricorso di Tecnica 2000 è stata appellata dalla stessa società, e l’appello è stato respinto (sent. n. 6444/2011);
(d) che la sentenza che ha rigettato il ricorso degli studenti non è stata appellata da questi ultimi, ma da Tecnica 2000.
5. Si pone in primo luogo il problema della legittimazione a proporre appello.
Va innanzi tutto precisato che tale problema, nel processo amministrativo, si pone in termini assai diversi per le sentenze di accoglimento e, rispettivamente, per quelle di rigetto. Le prime determinano un mutamento nell’assetto di interessi stabilito dal provvedimento impugnato e possono incidere (in diversi modi) sugli interessi di vari soggetti, compreso eventualmente anche taluno che non sia stato parte del processo di primo grado; le seconde non producono, almeno di norma, effetti diversi di quelli già prodotti dal provvedimento amministrativo, del quale si limitano a confermare la legittimità.
Nella disciplina vigente prima del codice del processo amministrativo era pacifico che la sentenza di rigetto potesse essere appellata solo dallo stesso soggetto, che aveva proposto il ricorso o, a certe condizioni, dai suoi aventi causa.
In particolare era opinione comune che non potessero proporre appello – sostituendosi all’originario ricorrente inattivo – coloro che avessero spiegato intervento ad adiuvandum in quanto portatori di interessi convergenti con quelli del ricorrente. Si ammetteva soltanto che l’interventore ad adiuvandum proponesse appello contro la sentenza che avesse dichiarato inammissibile il suo intervento o avesse statuito sulle spese del giudizio in senso a lui sfavorevole – vale a dire per un interesse esclusivamente proprio, derivante dalla stessa sentenza.
Il difetto di legittimazione a proporre appello era una implicazione naturale della posizione subordinata dell’interventore ad adiuvandum. Infatti era comunemente riconosciuto che quest’ultimo potesse unicamente sostenere le domande proposte dal ricorrente principale e non già formulare altre domande o altri motivi o eccezioni; né attivarsi in sostituzione del ricorrente principale per compiere atti di impulso processuale (istanza di fissazione, riassunzione, integrazione del contraddittorio, eccetera).
A questi fini, peraltro, all’interventore ad adiuvandum si assimilava il cointeressato, che si fosse costituito in giudizio avendo ricevuto la notifica del ricorso introduttivo.
Infatti, nello schema tradizionale del processo amministrativo, il soggetto qualificabile (a vario titolo) come “cointeressato” del ricorrente non è parte necessaria, salva la sua facoltà di intervenire ad adiuvandum. Nell’eventualità che il ricorrente avesse notificato (superfluamente) il ricorso ad un cointeressato, la prassi corrente ammetteva che questi potesse costituirsi direttamente senza necessità di seguire le formalità dell’intervento; ma, a parte questa semplificazione formale, la sua posizione, come detto, rimaneva quella dell’interventore ad adiuvandum, con le inerenti limitazioni.
6. Considerata nei termini sopra esposti la disciplina vigente anteriormente al codice del processo amministrativo, il Collegio deve valutare se questo regime abbia subìto mutamenti rilevanti per effetto delle nuove disposizioni del codice, in particolare dell’art. 102.
Questo al primo comma dispone, che la sentenza di primo grado può essere appellata (solo) da chi sia stato parte nel giudizio di primo grado; e al secondo comma che l’interventore può proporre appello solo se titolare di una posizione giuridica autonoma.
L’art. 102, tuttavia, va interpretato in senso conforme alla tradizione giurisprudenziale anteriore.
In particolare, nel secondo comma, il concetto di “posizione giuridica autonoma” va inteso – come per l’innanzi – come riferito alla posizione dell’interventore in rapporto alla sentenza di primo grado ed alle statuizioni che specificamente lo concernono.
Resta, dunque, fermo il principio che il cointeressato, intervenuto ad adiuvandum o costituitosi direttamente, non può proporre appello surrogandosi al ricorrente inattivo.
7. Le considerazioni sin qui svolte, quindi, conducono a dichiarare l’inammissibilità dell’appello di Tecnica 2000.
Nondimeno, pur ove si prescinda dal problema della legittimazione ad appellare, il Collegio perviene ad analoga conclusione, ove si consideri che Tecnica 2000 aveva impugnato, in prima persona, la delibera n. 444 del 19 maggio 2008 con ricorso rigettato dal T.A.R. con la sentenza n.583/2009 e che per la riforma di tale sentenza Tecnica 2000 aveva proposto appello, che è stato del pari rigettato con sentenza di questo Consiglio n.6444/ 2011.
Quindi è indiscutibile che si è formato un giudicato sull’infondatezza nel merito dell’appello proposto da Tecnica 2000.
Nelle sue ultime memorie, invece, la difesa della società Tecnica 2000 sostiene che i due giudizi paralleli sarebbero almeno in parte diversi; donde l’interesse di Tecnica 2000 a coltivare ulteriormente il secondo, pur dopo la definizione del primo.
Questa tesi è infondata, perché il provvedimento impugnato al T.A.R. Abruzzo nel ricorso r.g. 404/2008 e rispettivamente nel ricorso r.g. 479/2008 è lo stesso, ossia la delibera di Giunta regionale n. 444 del 19 maggio 2008, che contiene disposizioni fortemente limitative riguardo al valore giuridico degli attestati di studio rilasciati dalla società appellante.
Pertanto, attesa la specificità di tali contenuti della delibera n. 444, il Collegio ha rilevato che anche i motivi d’impugnazione erano sostanzialmente gli stessi nei due ricorsi, mentre le memorie della società Tecnica 2000, pur parlando genericamente di “diversità”, non spiegano quali siano, in concreto, i profili del secondo ricorso che sopravviverebbero al giudicato formatosi rispetto al primo.
Quindi, per le considerazioni ora svolte, si deve parlare, se non propriamente di inammissibilità dell’appello ora in esame, quanto meno d’improcedibilità per essersi formato, nelle more del processo, il giudicato nei confronti di Tecnica 2000.
I profili di inammissibilità e di improcedibilità illustrati consentono al Collegio di non esaminare la richiesta di rinvio pregiudiziale alla CGE della causa, avanzata da Tecnica 2000 nel presente appello con riferimento a pretesi contrasti della normativa interna con quella comunitaria in materia di riconoscimento del valore abilitante del titolo professionale in questione, fermo restando che, comunque, si tratta di censure inammissibili per una distinta ragione e cioè in quanto dedotte per la prima volta in appello.
8. Infine, per completezza di esame, è opportuno rappresentare che, anche volendo supporre che, non vi siano preclusioni ad un esame del presente appello nel merito, la sentenza n. 6444/2011 di questa Sezione, comunque, ha risposto esaustivamente e definitivamente a tutte le contestazioni di Tecnica 2000. Questo Collegio non potrebbe, dunque, decidere diversamente e il presente giudizio non potrebbe concludersi che con il medesimo esito, e cioè con il rigetto dell’appello.
9. In conclusione l’appello va dichiarato inammissibile ed improcedibile.
Considerata la scarsa chiarezza della normativa vigente all’epoca della controversia in materia di rilascio di titoli abilitanti alla professione di fisioterapista, sussistono adeguati motivi per compensare tra le parti le spese di questo grado di giudizio .
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza) dichiara l’appello inammissibile ed improcedibile.
Spese del presente grado di giudizio compensate tra le parti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 17 dicembre 2015 con l’intervento dei magistrati:
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#] Lignani, Presidente
Salvatore Cacace, Consigliere
Lydia [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] Spiezia, Consigliere, Estensore
[#OMISSIS#] Palanza, Consigliere
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Consigliere
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 08/06/2016
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)