REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 7036 del 2018, proposto da
Università degli studi di Bologna, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
contro
[#OMISSIS#] Tolomelli, rappresentata e difesa dagli avvocati [#OMISSIS#] Cappello e [#OMISSIS#] Focherini, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio [#OMISSIS#] Scaringella in Roma, via Morin [#OMISSIS#] 1;
per la riforma
della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per per l’Emilia Romagna 3 aprile 2018 n. 286, resa tra le parti;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di [#OMISSIS#] Tolomelli;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 15 aprile 2021 il Cons. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] e rilevato che l’udienza si svolge ai sensi degli artt. 4, comma 1, del Decreto Legge n. 28 del 30 aprile 2020 e 25 del Decreto Legge n. 137 del 28 ottobre 2020, attraverso videoconferenza con l’utilizzo di piattaforma “Microsoft Teams” come previsto della circolare n. 6305 del 13 marzo 2020 del Segretario Generale della Giustizia Amministrativa;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con ricorso iscritto al n. 7036 del 2018, l’Università degli studi di Bologna propone appello avverso la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per l’Emilia Romagna 3 aprile 2018 n. 286, con la quale è stato accolto il ricorso proposto da [#OMISSIS#] Tolomelli per l’annullamento
– della Disposizione Dirigenziale dell’Università di Bologna del 13.10.2011;
nonché per l’accertamento del diritto
– della ricorrente a vedersi riconosciuto, ai fini della ricostruzione di carriera ex art. 103 DPR 382/1980, il periodo svolto presso il medesimo ateneo come tecnico laureato;
Il giudice di primo grado ha così riassunto i fatti di causa:
“La ricorrente era stata assunta in data 1.9.1999 con contratto a tempo indeterminato dall’Università di Bologna con la qualifica di Collaboratore tecnico, e adibita al Dipartimento di Chimica dell’Ateneo.
Successivamente, come vincitrice di concorso per ricercatore universitario di ruolo nel “settore scientifico-disciplinare CHIM/06-2 Chimica organica“, la ricorrente era assunta dal 1.10.2007, presso il medesimo Dipartimento dell’Università.
Dopo un triennio in data 30.9.2010 veniva nominata Ricercatore confermato presso la Facoltà di Scienze.
Ai fini della ricostruzione della carriera, la ricorrente chiedeva il riconoscimento del periodo di servizio prestato in qualità di Collaboratore tecnico D presso il medesimo Ateneo, istanza che veniva respinta con il provvedimento impugnato.
Nell’unico motivo di ricorso violazione dell’art. 103, comma 3, DPR 382/1980 nonché dei principi generali dell’ordinamento giuridico oltre all’eccesso di potere per travisamento in diritto ed illogicità manifesta.
L’interpretazione dell’art. 103, comma 3, D.P.R n. 382/80 deve tener conto della sentenza della Corte costituzionale 191/2008 che ha riconosciuto l’applicazione della norma ai tecnici laureati che sono divenuti ricercatori a seguito di concorso riservato ex L. 4/1999, senza, però, escluderla in favore dei tecnici che siano diventati ricercatori a seguito di un ordinario concorso pubblico come ritiene l’Università.
La Corte aveva affermato che per tutti i tecnici laureati che diventano ricercatori fosse ingiustificata la differenza di trattamento rispetto a quello riservato ai tecnici laureati che diventino professori cioè gli unici indicati dalla norma censurata.
La ricorrente in subordine chiedeva che venisse sollevato incidente di costituzionalità della norma in questione laddove non fosse interpretabile nel senso auspicato.
L’Università degli Studi di Bologna si costituiva in giudizio chiedendo che il ricorso fosse respinto.”
Il ricorso veniva dunque con la sentenza appellata. In essa, il T.A.R. riteneva fondate le censure proposte, sottolineando l’illegittimità dell’operato della pubblica amministrazione e ritenendo corretta la richiesta ricostruzione di carriera invocata dall’originaria ricorrente.
Contestando le statuizioni del primo giudice, la parte appellante evidenzia l’errata ricostruzione in fatto e in diritto operata dal giudice di prime cure, riproponendo come motivi di appello le proprie difese.
Nel giudizio di appello, si è costituita [#OMISSIS#] Tolomelli, chiedendo di dichiarare inammissibile o, in via gradata, rigettare il ricorso.
All’udienza del 4 ottobre 2018, l’istanza cautelare veniva respinta con ordinanza 5 ottobre 2018 n. 4949.
Alla pubblica udienza del 15 aprile 2021, il ricorso è stato discusso e assunto in decisione.
DIRITTO
1. – L’appello non è fondato e va respinto per i motivi di seguito precisati.
2. – Con un unico motivo di diritto, rubricato “error in iudicando – travisamento dei fatti – violazione e falsa applicazione della normativa di settore”, viene lamentato come la sentenza impugnata sia frutto di un evidente travisamento dei fatti dal momento che l’appellata non è mai stata tecnico-laureato e non è mai stata funzionario tecnico (ex VIII qualifica funzionale).
2.1. – La censura va respinta.
Va in questa sede ripresa l’argomentazione fatta propria dalla Corte costituzionale nella sentenza 191 del 2008, a sua volta basata su presupposto già precedentemente ribadito (sentenza 305 del 1995) per cui possa esserci i dipendenti pubblici possano richiedere il riconoscimento dei servizi già prestati in pubbliche amministrazioni unicamente nei “casi di passaggi di carriera tra diverse amministrazioni, in presenza però di un’identità ordinamentale che consenta di ravvisare una corrispondenza di qualifiche, ovvero addirittura all’ipotesi di omogeneità di carriera per il servizio prestato anteriormente alla nomina”.
Con la detta sentenza, il giudice delle leggi, pur rimarcando la differenza sussistente tra le funzioni dei tecnici laureati, di ausilio ai docenti e di gestione dei laboratori rispetto a quelle dei ricercatori, ha valutato che sussistesse la richiesta identità ordinamentale
La stessa identità fonda quindi l’assimilabilità, ai fini del riconoscimento del servizio prestato nella qualifica inferiore, tra la figura del tecnico laureato e quella del ricercatore al di là della modalità con cui era avvenuto il passaggio, proprio perché la circostanza che la pronuncia sia avvenuta in merito a tecnici laureati già vincitori del concorso riservato come ricercatori ai sensi della legge 4 del 1999 non appare quindi, in rapporto ai criteri discriminanti sopra ricordati, motivo escluderne l’estensione anche a coloro che, come la ricorrente, siano diventati ricercatori a seguito di concorso ordinario.
In questo senso, l’istanza della parte, che era tesa al riconoscimento, ai fini della ricostruzione di carriera ex art. 103 d.P.R. 382 del 1980, il periodo svolto presso il medesimo ateneo come tecnico laureato, è fondata e sotto questo profilo l’appello va respinto.
2.2. – Prima di concludere la disamina, va tuttavia dato rilievo alla circostanza che, al di fuori del perimetro individuato dalla domanda di riconoscimento del periodo svolto – che si riferiva alle funzioni svolte quale tecnico laureato – assuma rilievo la censura dell’amministrazione appellante, che rimarca la carenza del presupposto di legge, avendo l’appellata svolto funzioni non equiparabili a quelle di tecnico laureato, in quanto collaboratore tecnico, ossia posizione equivalente alla VII e non alla VIII qualifica funzionale.
In questo senso, va ribadito un orientamento consolidato di questo giudice amministrativo (da ultimo, Cons. St., VI, 21 ottobre 2011, n. 5669; id., VI, 29 aprile 2013, n. 2338) che ha affermato che “ai fini del riconoscimento dei benefici economici di cui all’art. 103 d.P.R. 11 luglio 1980, n. 382, il servizio prestato in qualità di funzionario tecnico (VIII qualifica) risulta assimilabile a quello prestato quale tecnico laureato”.
Con maggior precisione, si può affermare (Cons. Stato, VI, 4 febbraio 2014, n.522) che, ai fini del riconoscimento dell’attività di servizio prestato in qualità di funzionario tecnico e/o collaboratore tecnico presso un’Università, ai sensi dell’art. 103, comma 3, d.P.R. 11 luglio 1980 n. 382 (“Riordinamento della docenza universitaria, relativa fascia di formazione, nonché sperimentazione organizzativa e didattica”), come modificato dall’art. 23, l. n. 488/1999 e nel testo risultante dalla sentenza n. 191/2008 della Corte costituzionale, a far tempo dalla data di inquadramento nella fascia dei ricercatori universitari confermati, si possono individuare le posizioni di tre gruppi distinti di soggetti, a seconda della diversa esperienza professionale pregressa maturata prima dell’assunzione della qualifica di ricercatore: il gruppo dei ricercatori che hanno svolto le attribuzioni proprie della qualifica di tecnico laureato cui va esteso senz’altro il beneficio; il gruppo dei funzionari tecnici cui va anche riconosciuto il beneficio, avendo sostituito questo profilo professionale quello del tecnico laureato ai sensi del d.P.C.M. 24 settembre 1981 (di attuazione degli art. 79 e 80 della l. 11 luglio 1980 n. 312); il gruppo dei soggetti, infine, già collaboratori amministrativi, che hanno assunto “ope legis” l’ottava qualifica in quanto muniti di laurea, se ciò abbia comportato la concreta assunzione del profilo professionale tecnico nell’ambito dell’area tecnico-scientifica, restando naturalmente esclusa per costoro la possibilità di valersi del periodo di servizio prestato in settima qualifica e nel distinto profilo di collaboratore tecnico o amministrativo.
Pertanto, ferma restando la spettanza del riconoscimento del periodo svolto quale tecnico laureato, a cui aspirava l’appellata con la nota del 16 settembre 2011, ben potrà valutare l’Università la presenza di periodi svolti in posizione non utile al fine di escludere, per questi segmenti temporali, la spettanza invocata.
3. – L’appello va quindi respinto, con motivazione parzialmente diversa rispetto a quella adottata dal primo giudice. Tutti gli argomenti di doglianza non espressamente esaminati sono stati dal Collegio ritenuti non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a supportare una conclusione di tipo diverso. Sussistono peraltro motivi per compensare integralmente tra le parti le spese processuali.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunziando in merito al ricorso in epigrafe, così provvede:
1. Respinge l’appello n. 7036 del 2018 e, per l’effetto, conferma la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per l’Emilia Romagna 3 aprile 2018 n. 286 con diversa motivazione;
2. Compensa integralmente tra le parti le spese del presente grado di giudizio.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 15 aprile 2021 con l’intervento dei magistrati:
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Presidente
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Consigliere, Estensore
Silvestro [#OMISSIS#] Russo, Consigliere
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Consigliere
[#OMISSIS#] Maggio, Consigliere
L’ESTENSORE
IL PRESIDENTE
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#]
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#]
IL SEGRETARIO
Pubblicato il 10/06/2021
N. 04471/2021REG.PROV.COLL.
N. 07036/2018 REG.RIC.