Il reclutamento di personale docente, allo stato della normativa vigente, contempla ruoli che annoverano tra i compiti istituzionali anche quello dello svolgimento dell’attività didattica; diversamente, il ricercatore universitario a tempo indeterminato appartiene invece a un ruolo a esaurimento a seguito dell’emanazione della legge 30 dicembre 2010, n. 240, e non è tenuto a svolgere attività didattica curriculare in osservanza dei commi 3 e 4 dell’art. 6 della stessa legge.
Consiglio di Stato, Sez. VI, 11 settembre 2019, n. 6132
Procedura concorsuale per copertura posto ricercatore-Incompatibilità-Rivalutazione
N. 06132/2019REG.PROV.COLL.
N. 01193/2019 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1193 del 2019, proposto da
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], rappresentato e difeso dagli avvocati [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] e [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Università degli studi di Pisa, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia nonché dall’Avvocatura generale dello Stato, con domicilio ex lege presso la stessa, in Roma, via dei Portoghesi n.12;
Commissione di valutazione per il concorso per ricercatore Med 24 Urologia, non costituita in giudizio;
nei confronti
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], non costituita in giudizio;
per l’esecuzione
della sentenza del Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Sesta, 4 luglio 2018 n. 4122;
Visti il ricorso in appello, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Università degli studi di Pisa;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] di consiglio del giorno 4 luglio 2019 il Cons. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] e uditi per le parti gli avvocati [#OMISSIS#] De [#OMISSIS#], per delega di [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] per delega di [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] e l’avvocato dello Stato [#OMISSIS#] [#OMISSIS#];
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con ricorso iscritto al n. 1193 del 2019, [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] propone giudizio per l’ottemperanza alla decisione del Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Sesta, 4 luglio 2018 n. 4122 con la quale è stato accolto l’appello proposto da [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] per la riforma della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana n. 1770 del 2016, concernente l’impugnazione del decreto rettorale n. I/1n.16778 del 29 dicembre 2011 con cui il Magnifico Rettore dell’Università di Pisa, dopo aver annullato, a seguito della presentazione dell’istanza per l’esercizio dell’autotutela da parte della d.ssa [#OMISSIS#], il decreto rettorale n.1/14101 del 14 novembre 2011 di approvazione degli atti della Commissione Giudicatrice della valutazione comparativa per il reclutamento di n.1 ricercatore presso la Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università degli Studi di Pisa –Settore Scientifico-Disciplinare MED 24 Urologia, bandita con D.R. n.1/15931 del 25 novembre 2010, approvava la nuovamente detti atti come risultanti da una nuova valutazione da parte della Commissione e dichiara, non più il dr. [#OMISSIS#], bensì la d.ssa [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] vincitrice della procedura comparativa.
Nel giudizio in appello, dal quale originava la sentenza attualmente ottemperanda, l’odierna parte ricorrente impugnava la sentenza n. 1770 del 2016 con cui il Tar Toscana respingeva l’originario gravame, proposto dalla medesima parte, in qualità di partecipante alla procedura, al fine di ottenere l’annullamento degli esiti finali della procedura di valutazione comparativa per il reclutamento di un ricercatore presso la Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’università degli Studi di Pisa – Settore Scientifico-Disciplinare MED 24 Urologia indetta con decreto rettorale n.01/15931 del 25 novembre 2010.
In dettaglio, all’esito delle valutazioni individuali e collegiali la Commissione concludeva i suoi lavori individuando all’unanimità il vincitore concorrente [#OMISSIS#] che veniva nominato con provvedimento del 14 novembre 2011. Peraltro, in pari data lo stesso vincitore comunicava la propria rinuncia all’assunzione conseguendone, in data 21 dicembre 2011, l’annullamento della predetta nomina.
Nelle more, in data 20 dicembre 2011, la concorrente ed odierna controinteressata Manessero presentava istanza per l’esercizio di autotutela adducendo a fondamento l’asserita mancata valutazione, da parte della Commissione, del titolo di Dottorato di ricerca dalla medesima conseguito.
All’esito della conseguente nuova valutazione dei titoli la stessa Manessero veniva dichiarata vincitrice, con conseguente nomina datata 29 dicembre 2011.
Avverso tale nomina proponeva l’originario ricorso, respinto con la sentenza di primo grado poi appellata, l’odierno ricorrente che, nel ricostruire in fatto e nei documenti la vicenda, formulava i seguenti motivi di appello attraverso la critica delle argomentazioni di cui alla sentenza appellata: erroneità sulla presunta dichiarazione di improcedibilità del gravame, non avendo parte ricorrente un interesse solo morale; obbligo di astensione in [#OMISSIS#] di pubblicazioni congiunte o di relatore di tesi; mancato avviso di avvio del procedimento di autotutela.
Discusso il ricorso alla pubblica udienza del 21 giugno 2018, la causa veniva decisa con la sentenza di cui oggi si chiede l’esecuzione. In essa, questa Sesta Sezione accoglieva il ricorso, ritenendo fondato il terzo motivo di appello, dedotto in relazione alla mancata e doverosa comunicazione di avvio del procedimento di autotutela.
Con ricorso depositato in data 12 febbraio 2019, [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] ha evidenziato l’ulteriore inerzia dell’Università a fronte della pronuncia di condanna, rimarcando come la sentenza favorevole avesse l’effetto di imporre la ripresa del procedimento concorsuale annullato confronti dei due candidati residui a far data dalla (mancata) comunicazione dell’avvio del procedimento di autotutela. Sottolineava inoltre come, a fronte di tale inerzia, in data 17 settembre 2018 aveva invitato l’amministrazione universitaria di Pisa a conformarsi al contenuto della sentenza, ossia a ultimare le operazioni concorsuali, provvedendo anche, in data 11 ottobre 2018, a notificare anche un “atto di costituzione in mora e diffida all’esecuzione della sentenza del Consiglio di Stato, sez. VI, n. 4122/2018”, anch’essa rimasta priva di esito.
In data 13 febbraio 2019 si costituiva in giudizio l’Università degli studi di Pisa, tramite la propria avvocatura.
Con atto del 18 marzo 2019, l’attuale ricorrente proponeva motivi aggiunti che, unitamente alla successiva memoria del 16 aprile 2019 dell’Università, evidenziavano l’esistenza di una serie di sopravvenienze di fatto rilevanti. In particolare veniva dedotto che l’Università provvedeva ad una nuova attività istruttoria all’esito della pronuncia n. 4122/18, originata da una richiesta del Rettore dell’Ateneo al direttore del Consiglio di Dipartimento di ricerca traslazionale e delle nuove tecnologie in medicina e chirurgia, che aveva proposto il posto messo a concorso col bando emanato con DR n. 15931 del 25.11.10, di valutare la sussistenza e persistenza dell’interesse alla ripetizione della procedura, “in considerazione del rilevante lasso di tempo intercorso tra la nomina del vincitore e la sentenza di annullamento della procedura, sia del venir meno, per effetto delle sopraggiunte disposizioni normative, della specifica figura professionale del posto messo a concorso”. Tale fase interna portava all’emanazione della delibera n. 15 del 8 novembre 2018 con cui il Consiglio di Dipartimento, preso atto che il docente ordinario (prof. Selli) del settore scientifico disciplinare Med/24 Urologia riteneva “non prioritario per le esigenze del settore e del dipartimento, a distanza di diversi anni, un posto di ricercatore a tempo indeterminato, perché il professor Selli ritiene invece che il Dipartimento valuti, quando possibile, il reclutamento di professore associato anche in considerazione del suo futuro pensionamento…” e rilevato che la figura oggetto della procedura impugnata, quella di ricercatore universitario tempo indeterminato, apparteneva ad un ruolo divenuto ad esaurimento, disponeva che “il posto di ricercatore a tempo indeterminato …di cui alla sentenza del Consiglio di Stato n. 4122/18 non è più rispondente alle esigenze di personale del Dipartimento. Il Dipartimento non ha interesse a ripetere la procedura comparativa”.
Ne scaturiva quindi un ulteriore procedimento finalizzato alla revoca del bando R.10.01 Med/24 che si concludeva quando il Rettore, con decreto n. 520 del 19 marzo 2019 previa delibera del Consiglio di Amministrazione n. 51 del 22 febbraio 2019, revocava il bando di cui al DR n. 15931 del 25 novembre 2010 e, per effetto della sentenza del Consiglio n. 4122/18, annullava con effetti ex tunc tutti gli atti impugnati con il ricorso in primo grado, oltre al decreto rettorale di nomina della dott.ssa [#OMISSIS#].
Pertanto, con i motivi aggiunti depositati il 18 marzo 2019, veniva gravata la detta delibera del Consiglio di amministrazione mentre, con i successivi motivi aggiunti depositati il 29 aprile 2019, veniva aggredito anche il decreto rettorale.
In data 2 [#OMISSIS#] 2019 si costituiva altresì l’Avvocatura dello Stato, anch’essa in funzione difensiva dell’Università.
All’udienza del 9 [#OMISSIS#] 2019, la discussione veniva quindi rinviata per consentire all’Università una adeguata difesa di fronte ai motivi aggiunti proposti.
All’udienza del 4 luglio 2019, il ricorso è stato discusso e assunto in decisione.
DIRITTO
1. – Il ricorso non è fondato e va dichiarato in parte improcedibile e in parte respinto per i motivi di seguito precisati.
2. – In via preliminare, va dichiarata la sopravvenuta improcedibilità del ricorso introduttivo, che era stato proposto in relazione al comportamento inerte tenuto dall’Università a seguito della sentenza di questa Sezione, 4 luglio 2018 n. 4122 e delle plurime azioni svolte dalla parte ricorrente per accelerare la sua attuazione, con solleciti del 17 settembre 2018 e del 11 ottobre 2018.
Infatti, gli ulteriori atti intercorsi, e oggetto di impugnazione tramite motivi aggiunti, hanno sicuramente eliminato la situazione di inerzia, dando [#OMISSIS#] ad una vicenda procedimentale autonoma, culminata col provvedimento finale del Rettore dell’Ateneo, dato con decreto n. 520 del 19 marzo 2019 previa delibera del Consiglio di Amministrazione n. 51 del 22 febbraio 2019 che, sebbene non satisfattivo dell’interesse del ricorrente, ha sicuramente l’effetto di rendere improcedibile il ricorso originario, trasferendo sull’atto emanato successivamente le censure sulle modalità con cui si è reagito all’inerzia stessa.
3. – L’emanazione, da parte dell’Università, del decreto rettoriale n. 520 del 19 marzo 2019 previa delibera del Consiglio di Amministrazione n. 51 del 22 febbraio 2019, ha annullato con effetti ex tunc tutti gli atti impugnati con il ricorso in primo grado, oltre al decreto rettorale di nomina della controinteressata [#OMISSIS#].
La motivazione di tale scelta è desumibile dal testo della delibera del Consiglio di Amministrazione, 22 febbraio 2019 n. 51 dove si legge “che il reclutamento di personale docente, allo stato della normativa vigente, contempla ruoli che annoverano tra i compiti istituzionali anche quello dello svolgimento dell’attività didattica; considerato che la figura oggetto della procedura impugnata, il ricercatore universitario a tempo indeterminato, appartiene invece a un ruolo a esaurimento a seguito dell’emanazione della legge 240/2010, e non è tenuto a svolgere attività didattica curriculare in osservanza dei commi 3 e 4 dell’art. 6 della stessa legge; considerato che è venuto meno l’interesse pubblico al reclutamento della figura di cui al bando emanato con decreto rettorale n. 15931 del 25.11.2010; visto l’art. 21 quinquies della L. 241/90 che disciplina la revoca del provvedimento amministrativo “per sopravvenuti motivi di pubblico interesse ovvero nel [#OMISSIS#] di mutamento della situazione di fatto non prevedibile al momento dell’adozione del provvedimento o, …, di nuova valutazione dell’interesse pubblico originario”; considerato che, rispetto all’aspettativa di partecipazione alla selezione dei candidati, deve ritenersi prevalente l’interesse attuale dell’Università a procedere al reclutamento di personale universitario tenuto allo svolgimento di attività didattica istituzionale; ritenuto quindi opportuno, in ossequio ai principi di buona amministrazione, procedere alla revoca, ex art. 21 quinquiesL. 241/90, della procedura per il reclutamento di un posto per ricercatore a tempo indeterminato.”, pertanto deliberava di autorizzare la revoca del bando emanato con decreto rettorale n. 15931 del 25 novembre 2010, nonché tutti gli atti ad esso presupposti.
Avverso tale atto, la parte ricorrente ha proposto motivi distinti rispetto all’iniziale doglianza per inerzia, che devono quindi essere qui scrutinati, facendo riferimento alla numerazione indicata nei motivi aggiunti del 18 marzo 2019 come integrati successivamente con i motivi aggiunti del 29 aprile 2019.
4. – Con il primo motivo di diritto, rubricato come elusione o violazione del giudicato, violazione o falsa applicazione di legge sub specie dell’art. 21 septies della legge 7 agosto 1990 n.241, si lamenta l’illegittimità del comportamento dell’amministrazione, atteso che, stante l’inequivoca statuizione sull’annullamento del concorso impugnato in quanto si è omesso di notificare al ricorrente la riapertura del procedimento, ne derivava coerentemente una unica soluzione (“a rime obbligate”, come icasticamente definita dalla difesa), ossia la riapertura del procedimento dal momento in cui si è verificato il vizio rilevato.
4.1. – La censura non può essere condivisa.
Occorre evidenziare come il contenuto decisionale della sentenza ottemperanda abbia riguardato unicamente una fase procedimentale dello stesso, in particolare il mancato rispetto dell’obbligo di comunicazione dell’avvio del procedimento di autotutela, che si [#OMISSIS#] in un momento diverso e successivo rispetto a quello sul quale interviene il provvedimento oggi gravato, ossia il decreto rettoriale di revoca dell’intera procedura. Nel primo [#OMISSIS#], la sentenza riconosce l’intervenuta lesione dell’interesse procedimentale del ricorrente; nel secondo [#OMISSIS#], il provvedimento [#OMISSIS#] integralmente il procedimento in cui tale lesione si è avuta, ritenendo non più sussistenti le ragioni che ne avevano determinato l’avvio.
L’ipotizzata violazione del giudicato si fonda allora su una estensione dei contenuti della sentenza che non può essere condivisa, in quanto postula che la ritenuta esistenza di un vizio procedimentale debba essere unicamente risolta tramite la ripresa del detto procedimento (“a rime obbligate”, come si è detto), con contestuale azzeramento delle altre possibilità normativamente disciplinate, prima di tutte proprio la possibilità di revoca.
Deve infatti ribadirsi che l’obbligo di esecuzione non coinvolge integralmente l’azione amministrativa ma solo la parte di essa direttamente incisa dalla statuizione giurisdizionale. Pertanto, esulano dagli ambiti oggetto di ottemperanza le ulteriori facoltà residue, fondate su poteri non esercitati e radicati su presupposti fattuali e normativi diversi e successivi rispetto al provvedimento viziato. Pertanto, qualora all’amministrazioni rimangano spazi ulteriori, discendenti direttamente dalla legge o correlati ai poteri discrezionali, e tali spazi consentano di riconfigurare l’assetto di interessi nel senso più congruo all’interesse pubblico ed in modo da non collidere con i contenuti conformativi del giudicato, si è materialmente fuori dal perimetro delimitato dalla sentenza ottemperanda.
Predicare quindi che, in via generale, l’esistenza di un giudicato comporti l’impossibilità tout court della riedizione del potere amministrativo è affermazione che non può essere condivisa.
5. – Con il secondo motivo di diritto, rubricato come illogicità manifesta e difetto dei presupposti, viene dedotta l’illegittimità del provvedimento gravato, in quanto la facoltà di ripetere o meno il concorso, e il successivo esercizio di tale facoltà in senso negativo, è fatto contrastante ed illogico rispetto al giudicato amministrativo “qualsiasi interpretazione di esso si voglia assumere”.
5.1. – La censura va respinta.
Come sopra evidenziato, il contenuto conformativo della sentenza non può essere esteso tanto da impedire le ordinarie facoltà dell’amministrazione di cura dell’interesse pubblico ad essa affidato.
Il vincolo non può quindi dedursi dalla sentenza e quindi non può essere condivisa la doglianza proposta.
6. – Con il terzo motivo, rubricato come eccesso di potere, contraddittorietà della motivazione, illogicità manifesta della motivazione e disparità di trattamento, si evidenzia l’inconferenza della circostanza che la figura del ricercatore a tempo indeterminato appartenga ad un ruolo divenuto ad esaurimento nelle more della decisione, in quanto il tempo del processo non può [#OMISSIS#] essere fatto idoneo a far caducare i diritti del ricorrente.
6.1. – La doglianza non può essere accolta.
Facendo rinvio a quanto finora detto sui contenuti del giudicato, va rimarcato come la sentenza ottemperanda non ha statuito alcunché sulla pretesa attribuibilità al ricorrente del posto oggetto della procedura concorsuale. Pertanto, il principio per cui la durata del processo non deve ledere le posizioni delle parti non viene evocato correttamente, atteso che l’unico interesse che il giudizio ha ritenuto tutelabile è stato solo quello procedimentale, dato dalla mancata comunicazione dell’avvio in autotutela, e non quello sostanziale, di pretesa al conferimento dell’incarico.
Su tale base, non può quindi che ribadirsi come, al momento dell’emanazione dei provvedimenti gravati, l’Università ha correttamente ritenuto, da un lato, di dover ritenere prioritaria l’esigenza di reclutare figure di docenti che avessero un obbligo di svolgere attività didattica curriculare (mentre tale onere non ricade sul ricercatore di ruolo che non è obbligato ad assumere la titolarità di un corso di insegnamento, ex art. 6, commi 3 e 4 della L. 30 dicembre 2010 n. 240) e, dall’altro, di considerare il sopravvenuto esaurimento del ruolo del ricercatore universitario a tempo indeterminato a seguito dell’emanazione della stessa legge 240 del 2010 che, all’art. 24, ne ha soppresso la figura introducendo le due tipologie di ricercatori a tempo determinato ivi previste.
La doglianza va quindi respinta.
7. – [#OMISSIS#] infine da valutare la domanda risarcitoria proposta dal ricorrente sia nell’atto introduttivo di giudizio che nei motivi aggiunti, utilizzando la stessa formula, ossia richiedendo la condanna dell’Amministrazione, in [#OMISSIS#] di suo ulteriore inadempimento, al pagamento di una somma a favore della ricorrente da determinarsi dall’organo giudicante in via equitativa, così come previsto dall’art.114, n.4 lett.e) del CPA.
Tuttavia, la formula in esame, non supportata da alcuna allegazione né tanto meno da alcun elemento probatorio, può determinare l’accoglimento della richiesta, anche in considerazione che, come prima evidenziato, non vi era alcuna indicazione [#OMISSIS#] sentenza ottemperanda sulla possibilità, più o meno probabile che sia, che il ricorrente conseguisse il [#OMISSIS#] della [#OMISSIS#] sperato né tale elemento può essere considerato acquisito sulla base degli atti.
Conclusivamente, la domanda deve essere ritenuta inammissibile per genericità.
8. – Il ricorso va quindi in parte dichiarato improcedibile e in parte respinto. Tutti gli argomenti di doglianza non espressamente esaminati sono stati dal Collegio ritenuti non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a supportare una conclusione di tipo diverso. Sussistono peraltro motivi per compensare integralmente tra le parti le spese processuali, determinati dall’evoluzione della vicenda e dalle sopravvenienze, anche normative, che hanno inciso sul preventivabile assetto degli interessi.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunziando in merito al ricorso in epigrafe, così provvede:
1. Dichiara il ricorso n. 1193 del 2019 improcedibile, in relazione alla domanda di cui all’atto introduttivo di giudizio, e lo respinge, in relazione alle ulteriori domande proposte con i motivi aggiunti;
2. Dichiara inammissibile la domanda di risarcimento danni;
3. Compensa integralmente tra le parti le spese del presente grado di giudizio.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] di consiglio del giorno 4 luglio 2019 con l’intervento dei magistrati:
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], [#OMISSIS#]
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Consigliere, Estensore
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Consigliere
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Consigliere
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Consigliere
Pubblicato il 11/09/2019