La commissione che valuta il conseguimento dell’abilitazione scientifica nazionale è composta da cinque membri. L’abilitazione si consegue (a seguito dell’intervento giurisprudenziale: Consiglio di Stato VI, n. 470/2016) o non si consegue (sulla base del principio della maggioranza semplice) con il punteggio minimo di tre su cinque. Dato atto di questo, la motivazione del giudizio finale deve manifestare semplicemente l’esito della votazione; e non essere più o meno approfondita (ma, com’è ovvio, nel caso di sola inidoneità) a seconda del risultato numerico finale (3/5).
Consiglio di Stato, Sez. VI, 18 settembre 2017, n. 4363
Abilitazione scientifica nazionale-Motivazione giudizio
N. 04363/2017 REG.PROV.COLL.
N. 10069/2015 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 10069 del 2015, proposto dal Ministero dell’istruzione dell’università e della ricerca, ANVUR – Agenzia nazionale di valutazione del sistema nazionale universitario e della Ricerca, Commissione per l’abilitazione scientifica nazionale alle funzioni di professore universitario di I e II fascia, Settore 10/D3, in persona dei rispettivi legali rappresentanti.t., rappresentati e difesi per legge dall’Avvocatura generale dello Stato, domiciliataria in Roma, via dei Portoghesi, 12;
contro
Grazia [#OMISSIS#] Maselli, rappresentata e difesa dagli avvocati [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] e [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], con domicilio eletto presso lo studio [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] in Roma, via [#OMISSIS#] Bellotti Bon, 10;
per la riforma
della sentenza in forma semplificata del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sezione III bis n. 08528/2015, resa tra le parti, concernente valutazione negativa in relazione al conseguimento dell’abilitazione scientifica nazionale alle funzioni di professore universitario di I fascia per il settore scientifico 10/D3.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Grazia [#OMISSIS#] Maselli;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 7 luglio 2016 il consigliere [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] e uditi per le parti l’avvocato dello Stato Bacosi e l’avvocato [#OMISSIS#] per se e in dichiarata delega di [#OMISSIS#];
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Deduce l’appellata di essere professore associato presso il Dipartimento di “Studi umanistici – Lettere, beni culturali, scienze della formazione” dell’Università di Foggia nel settore scientifico disciplinare L-FIL-LET/04 “Lingua e letteratura latina”.
Con il decreto direttoriale n. 161 del 28 gennaio 2013 il MIUR ha «indetto la procedura per il conseguimento dell’abilitazione scientifica nazionale alle funzioni di professore universitario di prima e di seconda fascia» (anche) per il settore concorsuale 10/D3 “Lingua e letteratura latina”.
In data 29.10.2013 l’appellata ha presentato domanda di partecipazione alla citata procedura per PASN (di cui al d.d. MIUR n. 161/13) nel settore concorsuale 10/D3 (Lingua e letteratura latina) per l’abilitazione alle funzioni di professore universitario di prima fascia.
L’ambito delle materie ricomprese nel settore concorsuale 10/D3 coinvolge non solo gli studi filologici, ma anche quelli letterari sulle opere e gli autori in lingua latina, sulla loro trasmissione e fortuna nelle età successive a quella tardoantica nonché la conoscenza della lingua latina, della sua storia e delle tecniche didattiche.
La prof.ssa Masselli ha allegato alla domanda di partecipazione un curriculum vitae particolarmente denso e ricco, nel quale si specifica che essa (tra l’altro):
ha redatto complessivamente ben 38 lavori, tra i quali figurano numerose monografie e articoli pubblicati su importanti riviste scientifiche di settore di “fascia A”;
fa parte del comitato editoriale di collane di primissimo rilievo, anche internazionale (“ECHO” e “Mousikòs anér”);
ha conseguito nel 2009 il prestigioso premio alla ricerca “Gian [#OMISSIS#] Montel”;
ha partecipato a numerosi PRIN ed è stata componente del gruppo di ricerca di numerosi progetti di ricerca;
ha partecipato in qualità di relatore a convegni di rilievo anche internazionale.
Inoltre, la prof.ssa Masselli ha conseguito le “mediane” stabilite per la suddetta procedura abilitativa; in particolare:
a fronte di una mediana di riferimento per «libri normalizzati> pari a 1, l’appellata ha un punteggio pari a 8;
a fronte di una mediana di riferimento per «articoli su rivista e capitoli di libri normalizzati» pari a 14, l’appellata ha un punteggio pari a 21; a fronte di una mediana di riferimento per «articoli in riviste di fascia A normalizzati> pari a 3, l’appellata ha un punteggio pari a 3.
Inoltre, delle 38 pubblicazioni complessivamente redatte, l’appellata ha allegato alla suddetta domanda di partecipazione il numero massimo consentito dalla disciplina applicabile (18 pubblicazioni), sulle quali la Commissione avrebbe dovuto compiere l’analitica valutazione normativamente richiesta ai fini della formulazione dei giudizi, individuale e collegiali.
In data 19 maggio 2014 la Commissione per l’ASN (nominata con i d.d. MIUR n. 735/’12, n. 932/’13, n. 977/’13, n. 2420/14, n. 2457/’14, n. 2566/’14, n. 2613/’14 si è riunita per nominare il presidente e il segretario, per stabilire i criteri e i parametri di valutazione dei candidati nonché per precisare le modalità organizzative dei lavori. […].
La Commissione ha poi stabilito che per il conferimento dell’abilitazione alle funzioni di professore di prima fascia è «necessario sia il raggiungimento della piena maturità scientifica sia il superamento della mediana stabilita secondo gli indicatori numerici forniti dall’ANYUR. Tuttavia, in presenza di un giudizio di eccellenza della Commissione sull’insieme dell’attività scientifica del candidato, l’abilitazione potrà essere conferita anche in assenza del superamento della mediana».
Nonostante l’evidente rilevanza, quantitativa e qualitativa, dei titoli e delle pubblicazioni, con una maggioranza di tre voti su cinque e sulla base di giudizi non motivati e, comunque, contraddittori, la Commissione ha illegittimamente deliberato la non abilitazione dell’appellata.
2. La sentenza (in forma semplificata) appellata dal Ministero dell’istruzione ha accolto il ricorso:
<<Ritenuto, a giudizio del Collegio, che il ricorso sia fondato – avuto riguardo ai precedenti giurisprudenziali in materia (Sezione III bis, n. 7349 del 21/05/2015, Sez. III, sent. nn. 01647/2015 del 29/01/2015, 8049 del 23/07/2014, 6393 del 05/05/2015, ord. n. 4648/2014 del 26/09/2014) – sotto il profilo della incongruenza della motivazione e della contraddittorietà del giudizio finale di non abilitazione, espresso a maggioranza dalla Commissione (tre giudizi individuali negativi e due positivi), in quanto:
– la ricorrente ha superato tutte e tre le mediane previste per il settore disciplinare di competenza, il che avrebbe richiesto una più pregnante valutazione analitica dei titoli che invece non vi è stata;
– inoltre, lo stesso giudizio collegiale presenta ampi elementi a favore della candidata, per cui sia dal giudizio collegiale che da quelli individuali non si evincono in modo chiaro le ragioni per cui la Commissione non ha concesso l’abilitazione, a fronte delle significative e numerose espressioni favorevoli rese nei confronti del candidato sia riguardo alle pubblicazioni e all’attività di ricerca;
– nelle ipotesi, come quella in esame, in cui è attribuita all’Amministrazione un’ampia discrezionalità, è necessaria una ancor più rigorosa motivazione che dia conto in concreto degli elementi sui quali la Commissione ha fondato il proprio giudizio, in modo da comprendere quale sia stato l’iter logico seguito (sentenze nn. 6393/2015 e 6267/2015);
Considerato pertanto che:
– il ricorso, conformemente ai precedenti sopra richiamati, va accolto con conseguente annullamento del giudizio valutativo formulato nei confronti della ricorrente;
– ai sensi dell’art. 34 comma 1 lettera c) il Collegio ritiene che, in esecuzione della presente sentenza, la posizione dell’interessata debba essere riesaminata da parte di una commissione in diversa composizione entro il termine di 90 (novanta) giorni dalla comunicazione in via amministrativa ovvero dalla sua notificazione se antecedente>>.
3. Propone ricorso in appello il Ministero dell’istruzione deducendo quanto segue:
<<Il Tar Lazio ha erroneamente accolto il ricorso della prof.ssa Masselli sulla base della contraddittorietà e irragionevolezza dei giudizi individuali dei commissari e del giudizio collegiale, nella parte in cui, pur presentando elementi a favore della candidata, hanno comunque concluso per il diniego dell’abilitazione. Inoltre, il medesimo Giudice di prime cure ha statuito che, in ragione del superamento di tutti gli indicatori di riferimento da parte della ricorrente, la commissione avrebbe dovuto motivare il diniego con una “più pregnante valutazione analitica dei titoli”. Tale ultimo assunto, tuttavia, non appare corretto, proprio in considerazione del fatto che l’operato della Commissione, contrariamente a quanto statuito dal TAR, si è distinto per la completa aderenza a quanto predeterminato nei criteri di valutazione e a quanto stabilito dal D.M. 76/2012. Con riferimento alla contraddittorietà ed illogicità dei giudizi, il Giudice di prime cure non tiene conto della mera circostanza che il giudizio – anche per esigenze di rispetto nei confronti del candidato sottoposto a valutazione – ponga in luce le attività svolte ed alcuni aspetti positivi del curriculum presentato, ma ciò non è sufficiente a far ritenere contraddittorio il giudizio finale negativo. A ben vedere, da una lettura ictu oculi del giudizio, emerge chiaramente la coerenza dello stesso nella parte in cui a fronte di taluni aspetti positivi, ragionevolmente insiti in un percorso scientifico, sottolinea e pone in luce gli elementi che ostano all’attribuzione dell’abilitazione: la bontà di un percorso scientifico non equivale automaticamente all’adeguatezza ed all’idoneità del medesimo ai fini del conseguimento dell’abilitazione. La Commissione, infatti, rileva che <<si osserva però nella candidata un approccio ai testi talora carente sotto il profilo della metodologia filologica ed esegetica, che finisce per rendere fragili progetti molto interessanti e ben impostati. Questo si rende particolarmente evidente nelle pubblicazioni che richiedono un’aderenza particolare al testo, tipicamente i saggi di commento, mentre [#OMISSIS#] prova dà la candidata nelle sezioni di tipo saggistico dei suoi contributi. La pubblicazione n. 1 è un commento a Culex 268-295, di cui viene fornita una traduzione con ampio corredo di note. Si tratta di un testo di grande complessità filologica, irto di problemi irrisolti: la candidata molto spesso evita le questioni più complesse dell’esegesi e per questo il risultato non appare soddisfacente. Il volume sull’Ibis ovidiana del 2002 cerca di applicare all’opera gli schemi della teoria retorica sull’invectiva e i riferimenti di commentatori antichi su passi di invectio/invectiva soprattutto virgiliani, ma appare rimanere a un livello astratto e non riesce a illuminare veramente aspetti specifici dell’opera. Anche il commento dedicato all’episodio di [#OMISSIS#] e Esone nelle Metamorfosi ovidiane non porta contributi originali all’interpretazione di Ovidio. Per quanto riguarda l’impatto della produzione scientifica complessiva misurato mediante gli indicatori, la candidata risulta superare tre mediane su tre. La candidata partecipa alle collane, “Echo” e “Mousikòs anér”, ha partecipato a numerosi progetti Prin, ha vinto nel 2009 il premio alla ricerca “Gian Lucs Montel”>>. Dal giudizio collegiale si evince, dunque, chiaramente che mancano dal profilo scientifico della ricorrente quegli elementi necessari per il conseguimento dell’abilitazione. Il Tar, quindi, erra nella parte in cui afferma che non si evincono le ragioni su cui si fonda il diniego della Commissione. Ebbene, il negativo giudizio collegiale de quo, sottolineando gli elementi negativi e positivi della produzione scientifica della candidata, realizza una valutazione d’insieme, operata all’esito di un’analisi e di un dibattito all’interno della Commissione volto a trovare un punto di incontro e ad esprimere una posizione unitaria. La Commissione, all’esito del giudizio, rileva che le posizioni espresse dai singoli Commissari (il giudizio negativo è stato reso da 3 commissari su 5) non erano sufficienti a deliberare, con la maggioranza di quattro quinti richiesta dalla normativa di riferimento (art. 8, coma 5 del DPR 222/2011), l’abilitazione della candidata alla funzioni di professore di prima fascia. Nello specifico, la normativa vigente richiede che il candidato per ottenere l’abilitazione deve aver raggiunto la piena maturità scientifica e risultati di rilevante qualità e originalità, tali da conferirgli una posizione riconosciuta nel panorama anche internazionale della ricerca. È importante ribadire, inoltre, che secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale, in materia di concorsi pubblici, fattispecie alla quale è assimilabile il giudizio in questione, le commissioni giudicatrici sono titolari di un’ampia discrezionalità tecnica, che per [#OMISSIS#] giurisprudenza sfugge al sindacato di legittimità del giudice amministrativo, salvo che il suo uso non sia caratterizzato da macroscopici vizi di eccesso di potere per irragionevolezza e arbitrarietà, da sviamento logico o da contraddittorietà ictu oculi rilevabile (Cons. di Stato, VI, sent. n. 3447 del 01.06.2010). È peraltro ben noto che nel caso di procedure di valutazione in ambito universitario, la discrezionalità tecnica dell’Amministrazione abbia una portata molto ampia. In tal caso, infatti, il giudizio della commissione comporta una valutazione essenzialmente “qualitativa” della preparazione scientifica dei candidati, censurabile unicamente qualora essa sia inficiata in maniera evidente da superficialità, incompletezza, arbitrarietà, travisamento dei fatti o disparità di trattamento tali da configurare un eccesso di potere, senza che con ciò il giudice possa o debba entrare nel merito della valutazione, non essendo configurabile la sostituzione dell’autorità giurisdizionale dell’organo amministrativo appositamente competente (Cons. di Stato, sez. IV, sent. n. 3552 del 30.06.2005; Cons. di Stato, sez VI, sent. n.5608 del 25.09.2006). È fin troppo chiaro che, nel caso di specie, vi sia stata un’ingerenza illegittima del Tar negli ambiti riservati alla discrezionalità tecnica dell’organo valutatore, avendo il giudice di prime cure sostituito il proprio giudizio a quello della Commissione. Le censure mosse dalla candidata nel ricorso introduttivo ed erroneamente accolte dal Tar, lungi dall’integrare vizi di legittimità, si estendono al merito dei giudizi dei Commissari riguardo la concreta motivazione sottesa alla valutazione negativa espressa dagli stessi. Nel caso specifico, peraltro, la motivazione del diniego si può evincere dall’argomentato giudizio reso sull’intera produzione scientifica e sui titoli della candidata che, ad avviso della commissione, non attesterebbero la maturità scientifica necessaria all’ottenimento del titolo di idoneità per le funzioni di professore universitario. Pertanto alla luce di quanto su detto, è evidente che nel caso in esame non sussiste alcun difetto di motivazione>>. 4. L’appellata ha preliminarmente dedotto: <<Controparte non rivolge motivi d’appello nei confronti del capo (autonomo, com’è evidente) della sentenza con il quale il giudice di prime cure ha disposto la rivalutazione della candidata ad opera di una commissione in diversa composizione.
Pertanto, quel capo (autonomo, lo ribadiamo) della pronuncia gravata è ormai passato in giudicato.
Da ciò discende l’inammissibilità per difetto d’interesse dell’intera impugnativa avversaria>>.
5. Questo Collegio ritiene l’eccezione preliminare dell’appellata infondata.
È vero che la statuizione cui fa riferimento l’appellata rimane (in termini generali) meramente eventuale in giudizio come quello su cui si controverte ben potendo il giudice adito non specificare alcunché in proposito: non a caso il giudice di primo grado non indica la fonte normativa che obbligherebbe l’autorità giurisdizionale a indicare la specifica modalità di esecuzione della sentenza. In altri termini non è dato comprendere se la necessità che il giudizio sia svolto da una diversa commissione derivi da un’applicazione analogica delle orme del Cod. di proc. civ., ovvero sia una sorta di sanzione nei confronti della precedente commissione che ha adottato un giudizio errato.
La statuizione non specificamente impugnata è, com’è ovvio, una conseguenza dell’accoglimento del ricorso al quale è legata da un nesso di ineludibile presupposto logico.
L’amministrazione soccombente avrebbe potuto specificamente impugnare sia l’accoglimento del ricorso che la modalità di esecuzione della sentenza di accoglimento. Ma l’amministrazione avrebbe potuto impugnare anche la sola modalità di esecuzione facendo valere il vizio di motivazione della sentenza che, come innanzi indicato, non offre ragioni della scelta (diversa commissione) effettuata.
In questa seconda ipotesi, ove il giudice d’appello avesse accolto il ricorso, il giudizio si doveva ripetere, ma a cura dell’originaria commissione.
Nella prima ipotesi (impugnazione anche dell’indicazione della diversa commissione), ove il giudice d’appello avesse ritenuta fondata l’impugnativa dell’annullamento del provvedimento impugnato, si sarebbe dovuto esprimere anche sulla censura riguardante la diversa commissione? Certamente no, perché l’accoglimento della domanda (per così dire principale) assorbiva la domanda secondaria: ripristinato (con l’accoglimento dell’appello) l’atto annullato non v’era alcuna necessità di attività amministrativa di esecuzione di una sentenza oramai inefficace.
In tal modo si ritiene di aver dimostrato che, ai fini dell’ammissibilità dell’appello, non era necessario impugnare anche la specifica statuizione sulla composizione della commissione, che non può godere di vita autonoma e non può quindi rendere inammissibile il ricorso in appello.
6. Il ricorso in appello è fondato.
Un dato normativo è pacifico: la commissione che valuta il conseguimento dell’abilitazione scientifica nazionale è composta da cinque membri. L’abilitazione si consegue (a seguito dell’intervento giurisprudenziale: Consiglio di Stato VI, n. 470/2016) o non si consegue (sulla base del principio della maggioranza semplice) con il punteggio minimo di tre su cinque.
Il giudizio finale, espresso collegialmente dalla commissione, deve tener conto della maggioranza formatasi nel corso del procedimento.
È di tutta evidenza che il giudizio sintetico sarà di più immediata percezione se la votazione finale sia unanime (5/5) ovvero a maggioranza (3/5).
Questo collegio ritiene che la motivazione del giudizio finale debba manifestare semplicemente l’esito della votazione; e non essere più o meno approfondita (ma, com’è ovvio, nel caso di sola inidoneità) a seconda del risultato numerico finale (3/5).
La sentenza impugnata è certamente censurabile quando ritiene che non si evincono in modo chiaro le ragioni per cui la Commissione non ha concesso l’abilitazione, a fronte delle significative e numerose espressioni favorevoli rese nei confronti del candidato.
Nel caso di specie si tratta di un giudizio negativo espresso a maggioranza; è ovvio che gli altri due commissari abbiano usato espressioni favorevoli alla candidata.
Una patente contraddizione si sarebbe potuta verificare se nel corso del procedimento un commissario avesse cambiato giudizio (ipotesi possibile ma improbabile) trasformando l’originario giudizio favorevole in un giudizio negativo: in tal caso occorreva, sì, un’approfondita motivazione.
Ma a tali evenienze non si è fatto cenno né nella sentenza, né, in via incidentale, dall’appellata.
In conclusione questo Collegio ritiene che la valutazione finale esprima con la dovuta proprietà il giudizio formatosi a maggioranza.
7. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, rigetta il ricorso di primo grado.
Condanna l’appellata al pagamento in favore di parte appellante della somma di € 3.000,00 (euro tremila/00), oltre accessori se dovuti, per le spese del doppio grado di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 7 luglio 2016 con l’intervento dei magistrati:
[#OMISSIS#] de [#OMISSIS#], Presidente
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Consigliere
Dante D'[#OMISSIS#], Consigliere
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Consigliere, Estensore
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Consigliere
Pubblicato il 18/09/2017