Consiglio di Stato, Sez. VI, 19 giugno 2017, n. 2963

Procedura concorsuale professore Prima fascia-Chiamata diretta

Data Documento: 2017-06-19
Area: Giurisprudenza
Massima

L’art. 1 comma 9 della legge 4 novembre 2005, n. 230, prevede che le università previo parere del Consiglio universitario nazionale (CUN), formulando specifiche proposte al ministro dell’istruzione che concede il nulla osta, possono procedere alla copertura di una percentuale non superiore al 10 per cento dei posti di professore ordinario e associato mediante chiamata diretta di studiosi stranieri, o italiani impegnati all’estero, che abbiano conseguito all’estero una idoneità accademica di pari livello. La norma, tuttavia, non prescrive l’assoluta ed oggettiva equipollenza di posizioni accademiche bensì l’idoneità accademica di pari livello; l’equipollenza presuppone infatti una statica corrispondenza biunivoca fra posizioni accademiche che difficilmente è dato rinvenire fra plessi accademici organizzati su basi scientifiche affatto diverse.

Contenuto sentenza

N. 02963/2017REG.PROV.COLL.
N. 06984/2010 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 6984 del 2010, proposto da: 
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], rappresentato e difeso dall’avvocato [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] C.F. VNADGI67T23F839N, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, Lungotevere [#OMISSIS#] N. 3; 
contro
Ministero Università e Ricerca, Università degli Studi di Bari, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentati e difesi per legge dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12; 
Facoltà di Medicina dell ‘Università degli Studi di Bari, Consiglio Universitario Nazionale non costituiti in giudizio; 
per la riforma
della sentenza del T.A.R. LAZIO – ROMA: SEZIONE III n. 01221/2010, resa tra le parti, concernente nomina a professore ordinario di prima fascia.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ministero Universita’ e Ricerca e di Universita’ degli Studi di Bari;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 4 maggio 2017 il Cons. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] e uditi per le parti gli avvocati [#OMISSIS#] Vergerio di Cesana per delega dell’avv. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] e [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] dell’Avvocatura Generale dello Stato.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. È appellata la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sez. III, che ha respinto il ricorso proposto dal prof. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] avverso il decreto rettorale del 28.12.2007 con il veniva nominato, ex art. 1 comma 9 della legge n. 230/2005, anziché professore ordinario, professore associato confermato per il settore scientifico disciplinare MED/26 (Neurologia) presso la Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Ateneo barese.
Esponeva il ricorrente di aver ricoperto il ruolo di Associate Professor, sin dal 2002, presso il Department of Epidemiology della “School of Public Health”della Harvard University in Boston, Massachussets, USA, che, quanto ad idoneità accademica di pari livello, diversamente dal parere reso dal CUN reso nella seduta del 12 dicembre 2007, corrisponderebbe a quella di professore di prima fascia.
2. Denunciava nei motivi d’impugnazione:
Violazione e falsa applicazione dell’art. 1 comma 9 della legge 4 novembre 2005, n. 230; eccesso di potere per illogicità, contraddittorietà, difetto di istruttoria, carenza di motivazione; eccesso di potere per disparità di trattamento e ingiustizia grave e manifesta. Illegittimità derivata per l’illegittimità del parere del CUN.
3. Le Amministrazioni intimate si sono costituite in giudizio, instando congiuntamente per la reiezione del ricorso.
4. Il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sez. III, oltre a respingere le censure proposte avverso il parere del Cun, ha escluso, a mente dell’art. 1, comma 9, l. 4 novembre 2005 n.230 l’equipollenza fra la posizione di assicate professor, rivestita dal ricorrente presso l’Università di Harvard, e quella di professore ordinario pretesa dal ricorrente.
Né, secondo i giudici di prime cure, un diverso trattamento sarebbe stato riservato ad altri professori che hanno conseguito, al pari del ricorrente, all’estero l’idoneità accademica.
5. Appella la sentenza il prof. [#OMISSIS#] Logoscino. Resistono il Ministero Università e Ricerca e Università degli Studi di Bari.
6. Alla pubblica udienza del 4.05.2017 la causa, su richiesta delle parti, è stata trattenuta in decisione.
7. Col primo motivo, l’appellante denuncia l’erroneità della sentenza nella parte in cui ha escluso l’equipollenza della posizione di assicate professor, rivestita presso l’Università di Harvard, e quella di professore ordinario di un’Università italiana.
8. Il motivo è fondato.
8.1 L’art. 1 comma 9 della legge n. 230/2005, ratione temporis applicabile al caso di specie, prevede che le Università, previo parere del Consiglio universitario nazionale (CUN), formulando specifiche proposte al Ministro dell’istruzione che concede il nulla osta, possono procedere alla copertura di una percentuale non superiore al 10 per cento dei posti di professore ordinario e associato mediante chiamata diretta di studiosi stranieri, o italiani impegnati all’estero, che abbiano conseguito all’estero una idoneità accademica di pari livello.
8.2 La norma non prescrive, contrariamente a quanto ritenuto dal T.A.R. con la sentenza appellata, l’assoluta ed oggettiva equipollenza di posizioni accademiche bensì l’idoneità accademica di pari livello.
L’equipollenza presuppone infatti una statica corrispondenza biunivoca fra posizioni accademiche che difficilmente è dato rinvenire fra plessi accademici organizzati su basi scientifiche affatto diverse.
Emblematico è il caso in esame: laddove l’Università italiana ripartisce i docenti in due fasce, quella statunitense suddivide la classe degli insegnanti accademici in tre o quattro distinti livelli. Predicarne l’equipollenza accademica equivale a comprimere surrettiziamente le posizioni accademiche e con essi i livelli scientifici svilendone le peculiarità, o , in alternativa, a non dare alcuna concreta applicazione alla norma intesa ad arricchire il corpo docente mediante l’assunzione di professori di estrazione accademica e preparazione epistemologica diversa.
8.3 Viceversa l’idoneità accademica, di cui è parola nella norma richiamata, obbedisce ad un giudizio orientato dinamicamente all’individuazione del reale livello accademico raggiunto; riposa sulla valorizzazione dei titoli scientifici acquisiti, sull’esperienza didattica maturata dal docente per poi stabilire infine il livello accademico corrispondente a quello nazionale.
Emblematico a riguardo è il criterio sotteso alla individuazione della posizione di destinazione dei docenti per c.d. chiara fama, di cui al decreto 25 luglio 1997 ed al parere generale del CUN n.27 del 10 marzo 1999, che è conformata alla valutazione di tre elementi: la rilevanza dei contributi apportati, la qualificazione dell’istituzione universitaria, la posizione rivestita dall’interessato.
9.4 Oltretutto, nel caso in esame, il parere negativo alla nomina diretta dell’istante come professore di prima fascia, rassegnato dal CUN è ellitticamente espresso nei seguenti termini: “data la qualifica ricoperta dal docente presso l’Università estera di origine”.
Nella motivazione scarna, generica ed indefinita, rassegnata dal Consiglio universitario nazionale, il TAR ha rintracciato l’applicazione del criterio – ritenuto in questo caso assente – dell’equipollenza, che, in considerazione della qualifica dell’organo consultivo, dei titoli posseduti e dell’esperienza accademica maturata presso l’Università di Harvard dal ricorrente, avrebbe dovuto essere più approfonditamente formulata, dandosi almeno conto della ragioni ostative all’individuazione dell’idoneità accademica di pari livello a quella di professore ordinario.
10. L’accoglimento del principale motivo d’appello assorbe il secondo motivo d’appello relativo alla disparità di trattamento.
11. Conclusivamente l’appello deve essere accolto, e per l’effetto, in riforma dell’appellata sentenza, va accolto il ricorso di prime cure.
12. La novità e la particolarità delle questioni dedotte in causa giustificano la compensazione delle spese del doppio grado di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie.
Compensa le spese del doppio grado di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 4 maggio 2017 con l’intervento dei magistrati:
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Presidente
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Consigliere
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Consigliere
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Consigliere, Estensore
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Consigliere
Pubblicato il 19/06/2017