Consiglio di Stato, Sez. VI, 2 luglio 2019, n. 4513

Procedura concorsuale Ricercatore-Mancata presa di servizio

Data Documento: 2019-07-02
Area: Giurisprudenza
Massima

Per orientamento giurisprudenziale e costante – risalente fin dal lontano 1999 – “Nell’ipotesi di mancata presa di servizio nel termine assegnato dall’amministrazione in occasione della creazione di un nuovo rapporto di pubblico impiego, non occorre alcuna diffida prima di dichiarare la decadenza dall’impiego” (così Cons. Stato, Sez. V, 21 luglio 1999 n.867).
In particolare e nel caso di specie, vertendosi in tema di immissione in servizio all’esito di una procedura concorsuale, trova applicazione, quale norma generale in materia di concorsi presso pubbliche amministrazioni, la previsione recata dal comma 4 dell’art. 17 d.P.R. 9 maggio 1994, n. 487, rubricato “Assunzioni in servizio”, a mente del quale “Il vincitore, che non assuma servizio senza giustificato motivo entro il termine stabilito, decade dalla nomina. Qualora il vincitore assuma servizio, per giustificato motivo, con ritardo sul termine prefissatogli, gli effetti economici decorrono dal giorno di presa di servizio”.

Contenuto sentenza

N. 04513/2019 REG.PROV.COLL.
N. 04993/2016 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 4993 del 2016, proposto dal signor [#OMISSIS#] Caporale, rappresentato e difeso dagli avvocati [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] e [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] ed elettivamente domiciliato presso lo studio dell’avvocato Massimo Letizia in Roma, via Monte Santo, n. 68;;
contro
l’Università degli Studi di Udine, in persona del Rettore pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato nella cui sede domicilia per legge in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;
nei confronti
dei signori [#OMISSIS#] De Toni ed [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], non costituiti in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Friuli Venezia [#OMISSIS#], Sez. I, 18 novembre 2015 n. 522, resa tra le parti.
Visto il ricorso in appello e i relativi allegati;
Vista la costituzione in giudizio dell’Università appellata;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del 21 giugno 2018 il Cons. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] e uditi per le parti l’avvocato [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], in sostituzione degli avvocati [#OMISSIS#] e Angelo [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] e l’avvocato dello Stato [#OMISSIS#] [#OMISSIS#];
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. – Con ricorso in appello il dottor [#OMISSIS#] Caporale ha chiesto a questo Consiglio la riforma della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Friuli Venezia [#OMISSIS#], Sez. I, 18 novembre 2015 n. 522, con la quale è stato respinto il ricorso (R.G. n. 186/2015) proposto per ottenere l’annullamento del decreto rettorale n. 143 del 9 marzo 2015, prot. 5841, con il quale l’Università di Udine dichiarava la sua decadenza dal diritto alla nomina a ricercatore universitario – s.s.d. VET/05 – malattie infettive degli animali domestici – Dipartimento di Scienza degli Alimenti nonché della nota rettorale prot. 3043 del 23 dicembre 2014.
2. – Dall’atto di appello si ricostruisce la vicenda come segue:
– il dottor [#OMISSIS#] Caporale aveva partecipato nell’anno 2010 alla procedura di valutazione comparativa, indetta dall’Università di Udine, per la copertura di un posto di ricercatore universitario presso la Facoltà di Medicina Veterinaria – Settore scientifico-disciplinare VET/05 – Malattie infettive degli animali domestici, classificandosi al secondo posto;
– impugnata la graduatoria definitiva del concorso dinanzi al Tribunale amministrativo regionale per il Friuli Venezia [#OMISSIS#], con sentenza n. 611 del 2003 l’odierno appellante vedeva accolto in parte il ricorso disponendo il Tribunale la riconvocazione della commissione di concorso per una nuova valutazione;
– non avendo l’amministrazione universitaria, ad avviso del dottor Caporale, dato esatta esecuzione alla sentenza del Tribunale amministrativo, dal momento che all’esito della nuova valutazione della commissione il dottor Caporale veniva nuovamente collocato al secondo posto della graduatoria, egli instaurava un giudizio di ottemperanza finanzi al Tribunale amministrativo regionale che, all’esito, con la sentenza n. 482 del 2014, modificava la graduatoria collocandolo al primo posto come vincitore della stessa;
– la dottoressa [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], che era stata precedentemente collocata al primo posto della graduatoria del concorso in questione e l’Università degli Studi di Udine spiegavano appello avverso alla sentenza n. 483 del 2004, ma il Consiglio di Stato, con sentenza della Sesta sezione 1256/2015 respingeva il gravame;
– accadeva però che nel frattempo il ricorrente aveva chiesto all’Università di Udine il differimento della data di assunzione in servizio, originariamente prevista per il 3 novembre 2014 di talché, con una nota del 23 dicembre 2014, il dottor Caporale veniva invitato a presentarsi in servizio per il giorno 10 febbraio 2015;
– il dottor Caporale comunicava all’Università, con lettera del 3 febbraio 2015, le ragioni della inopportunità della individuazione della data di immissione in servizio per il 10 febbraio 2015, in quanto nella medesima data si sarebbe celebrata dinanzi al Consiglio di Stato l’udienza per l’appello proposto dalla Università degli Studi di Udine e dalla dottoressa Galletta nei confronti della sentenza con la quale il Tribunale amministrativo regionale aveva accolto il ricorso per ottemperanza proposto dallo stesso dottor Caporale ponendolo al primo posto della graduatoria ed evidenziando che la presa di servizio senza avere notizia dell’esito del giudizio di appello avrebbe messo a rischio il posto di lavoro occupato fino a quel momento dallo stesso dottor Caporale presso l’Istituto zooprofilattico di Teramo nel caso di riforma della sentenza di ottemperanza di primo grado, di talché contestava formalmente la fissazione del termine del 10 febbraio 2015;
– non essendosi presentato in servizio per tale data il Rettore con decreto n. 143 del 9 marzo 2015 dichiarava il dottor Caporale decaduto dalla nomina di ricercatore universitario.
3. – Nei confronti dell’atto di decadenza il dottor Caporale proponeva ricorso dinanzi al Tribunale amministrativo regionale per il Friuli Venezia [#OMISSIS#] che tuttavia lo respingeva ritenendo infondati i motivi di impugnazione.
Per come si legge nella sentenza qui fatta oggetto di appello, il Tribunale amministrativo regionale ha respinto in ricorso non ritenendo fondati i motivi in esso dedotti in quanto:
– dal momento che il presupposto per l’adozione dell’atto di decadenza di un pubblico impiegato è costituito dalla mancata presentazione presso l’amministrazione datoriale per la data fissata per la immissione in servizio, tale provvedimento assume carattere vincolato e non necessita di previa comunicazione di avvio del procedimento;
– inoltre, nella specie, l’Università aveva già differito la data di assunzione del servizio, originariamente prevista per il 3 novembre del 2014, spostandola al 10 febbraio 2015 ed aveva specificato chiaramente, nell’invito al dottor Caporale a presentarsi in detta data, che il mancato rispetto del termine avrebbe comportato la decadenza, di talché detto termine va qualificato come perentorio ed il provvedimento di decadenza adottato si manifesta come vincolato;
– sotto altro versante, la pendenza del giudizio di ottemperanza nella sede di appello non costituisce giustificato motivo della mancata presa di servizio, come anche non assume rilievo né può ritenersi fondata la censura relativa alla adozione del decreto di nomina solo in coincidenza della data della presa in servizio, non essendovi alcuna disposizione o regola che obblighi l’amministrazione datoriale ad emettere il decreto di nomina prima della presa di servizio, in quanto i due atti possono anche essere contestuali;
– gli ulteriori motivi di ricorso dedotti venivano considerati generici quanto alla loro proposizione e quindi, nel complesso poteva considerarsi legittimo il comportamento mantenuto nella specie dall’università, sicché doveva respingersi anche la domanda risarcitoria pure proposta.
4. – Il dottor [#OMISSIS#] Caporale propone quindi appello nei confronti della suddetta sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Friuli Venezia [#OMISSIS#] ribadendo le censure già dedotte in primo grado e ritenute non accoglibili dal giudice di prime cure la cui sentenza viene ritenuta dall’appellante affetta da numerosi errori che condensa in cinque motivi di appello, oltre a riproporre la domanda di risarcimento dei danni subiti.
In primo luogo la sentenza qui oggetto di appello sarebbe errata nella parte in cui non ha saputo cogliere nell’operato dell’amministrazione universitaria un comportamento violativo delle regole del leale procedimento amministrativo quanto alla partecipazione della parte principalmente ad esso interessata, concretizzabile con la comunicazione di avvio del procedimento che, nella specie, non ha preceduto l’atto di decadenza. Ciò a maggior ragione in una situazione di fatto che poneva in seria difficoltà l’odierno appellante che rischiava di perdere il posto di lavoro che occupava fino a quel momento nell’ipotesi in cui, preso servizio, il Consiglio di Stato non avesse confermato la sentenza di ottemperanza del giudice di primo grado.
Un secondo motivo di appello si incentra sulla contestata considerazione fatta propria dal giudice di primo grado secondo la quale la data di adozione del decreto di nomina ben poteva essere la stessa della presa di servizio, dal momento che “(…) la presa di servizio non può precedere il decreto di nomina, atteso che è solo quest’ultimo espressione di una volontà costitutiva dell’Amministrazione, mentre la indicazione della data per la presa di servizio è adempimento burocratico, subalterno alla nomina, di competenza del Magnifico rettore a differenza della comunicazione organizzativa degli uffici” (così, testualmente, a pag. 10 dell’atto di appello).
Con un terzo motivo di appello si ritiene erronea l’affermazione del giudice di primo grado che non ha considerato fondato il motivo di ricorso con il quale si contestava il comportamento dell’Università che senza ragione non aveva ritenuto di poter accettare la richiesta di differimento della data di presa di servizio per non meglio chiarite esigenze didattiche, seppur integrative dell’attività di ricercatore. Il giudice di primo grado non ha chiarito opportunamente le ragioni che rendono inaccoglibile tale censura a fronte di un comportamento dell’amministrazione universitaria che ha leso il bene giuridico primario, quale il diritto al lavoro, costituzionalmente tutelato, dell’appellante e ciò considerando anche che per un verso “l’assenza del decreto di nomina non supporta, ex se, la imposizione di una data per la presa di servizio, dall’altra l’Amministrazione era stata espressamente richiesta di conciliare l’attesa dell’esito del giudizio di appello con l’organizzazione di nuovo servizio” (così, testualmente, a pag. 14 dell’atto di appello).
Il giudice di primo grado inoltre non ha affatto esaminato il motivo di ricorso con il quale si contesta la legittimità della nota del nota del 23 dicembre 2014 con la quale era stata fissata la data per la presa di servizio quando, contemporaneamente, l’amministrazione aveva interposto appello.
Il Tribunale amministrativo regionale, inoltre, non ha esaminato l’ulteriore motivo di ricorso con il quale si contestava la decisione dell’università di fissare una data perentoria per la presa di servizio seppure fosse pendente il giudizio di appello sulla sentenza di ottemperanza che aveva collocato l’odierno appellante al primo posto della graduatoria, peraltro facendola coincidere con la stessa data nella quale era noto che sarebbe stata discussa la questione nella sede di merito del grado di appello.
5. – Si è costituita in giudizio l’Università degli Studi di Udine con il patrocino dell’Avvocatura generale dello Stato.
6. – L’esame dei motivi di appello non è idoneo a ribaltare la valutazione resa dal giudice di primo grado la cui sentenza deve essere confermata dal Collegio in sede di merito per le ragioni che seguono.
7. – Quanto al primo motivo di appello, che riproduce pressoché in modo identico il primo motivo di ricorso del giudizio di primo grado, va rammentato che per orientamento giurisprudenziale e [#OMISSIS#] – risalente fin dal lontano 1999 – “Nell’ipotesi di mancata presa di servizio nel termine assegnato dall’amministrazione in occasione della creazione di un nuovo rapporto di pubblico impiego, non occorre alcuna diffida prima di dichiarare la decadenza dall’impiego” (così Cons. Stato, Sez. V, 21 luglio 1999 n.867).
In particolare e nel caso di specie, vertendosi in tema di immissione in servizio all’esito di una procedura concorsuale, trova applicazione, quale norma generale in materia di concorsi presso pubbliche amministrazioni, la previsione recata dal comma 4 dell’art. 17 d.P.R. 9 maggio 1994, n. 487, rubricato “Assunzioni in servizio”, a mente del quale “Il vincitore, che non assuma servizio senza giustificato motivo entro il termine stabilito, decade dalla nomina. Qualora il vincitore assuma servizio, per giustificato motivo, con ritardo sul termine prefissatogli, gli effetti economici decorrono dal giorno di presa di servizio”.
Come è facile evincere dalla lettura della surriprodotta disposizione, l’unica ipotesi contemplata dalla norma ai fini della decadenza dalla nomina concerne la mancata assunzione del servizio non supportata da una congrua motivazione. La congrua motivazione deve ritenersi sussistente per giurisprudenza pacifica ove fondata su ragioni serie, gravi ed obiettive che abbiano determinato il comportamento del soggetto. Circostanze similari sono state rinvenute in gravi stati di salute, in vicende inaspettate attinenti allo stato familiare, in situazioni particolari che abbiano reso giustificabile l’azione diversa da quella asseritamene doverosa mentre sono stati esclusi motivi meramente personali tali da rendere il comportamento solo più conveniente e le ragioni che, pur rispondendo ad un interesse apprezzabile, non giustificano comunque la violazione di un comportamento ritenuto doveroso (cfr., ex multis, Cons. Stato, Sez. V, 9 ottobre 2007 n. 5277).
In ogni caso l’onere della prova grava sul pubblico dipendente che, al fine di evitare la risoluzione del proprio rapporto lavorativo, ha l’obbligo di dimostrare il motivo ostativo alla assunzione di servizio, documentando ed argomentando puntualmente i fatti a sostegno delle proprie ragioni. Residua in capo alla Amministrazione il solo compito di indicare il termine entro il quale il vincitore di concorso debba presentarsi sul posto di lavoro non essendo dalla norma richiesta alcuna attività istruttoria ulteriore.
In ragione di quanto sopra, il provvedimento di decadenza va inserito in un iter procedimentale definito dalla legge, che comporta appunto (e notoriamente) la decadenza dalla nomina in caso di mancata assunzione del servizio senza giustificato motivo. Perciò l’odierno appellante, peraltro reso espressamente edotto di tale conseguenza dalla stessa amministrazione universitaria nella nota con la quale si era accordato il rinvio della prima data di presa di servizio, era perfettamente in grado di sapere che il suo comportamento implicava il rischio della dichiarazione di decadenza ai sensi del citato art. 17, comma 4, d.P.R. 487/1994, la cui applicazione costituisce atto necessitato.
Non è trascurabile rammentare, poi, che l’attrazione alla categoria degli atti vincolati del provvedimento di decadenza determina l’applicazione alla relativa procedura delle disposizioni recate dall’art. 21-octies, comma 2, primo periodo, l. 7 agosto 1990, n. 241 per effetto del quale, pur non esentandosi l’amministrazione dall’obbligo di comunicazione di avvio del procedimento ex art. 7 della medesima legge, vengono fatti salvi gli atti il cui contenuto non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato, come è avvenuto nel caso di specie, non avendo l’aspirante dipendente assunto servizio entro il termine fissato dall’amministrazione.
8. – Non coglie nel segno neppure il motivo di appello con il quale si intende valorizzare l’assunto secondo il quale l’amministrazione universitaria non avrebbe potuto far coincidere la data di adozione del decreto di nomina con quella per la presa di servizio, non rinvenendosi un siffatto obbligo di legge nelle norme di settore né in quelle generali in materia di arruolamento di pubblici impiegati.
Analogamente non può accogliersi neppure il motivo di appello con il quale si contesta la irragionevolezza della scelta operata dall’amministrazione universitaria di fissare la data per la presa di servizi nello stesso giorno in cui veniva celebrata l’udienza di discussione per il merito del ricorso in appello proposto dalla stessa università nei confronti della sentenza di esecuzione di giudicato di primo grado in virtù della quale nasceva il diritto del dottor Caporale ad essere assunto.
In disparte considerazioni metagiuridiche circa la conoscenza, al momento della indicazione della data di presa di servizio, della data fissata per la discussione nel merito dell’appello e quindi lo svolgimento di un comportamento volontariamente idoneo a danneggiare il dottor Caporale, circostanza che non è documentalmente provata, sta di fatto che una volta rimasta soccombente nel giudizio di esecuzione di primo grado ed in assenza di una sospensione dell’efficacia della sentenza di primo grado, nella sede cautelare di appello la sentenza doveva essere eseguita e la data del 10 aprile 2015 e il prodotto dell’accoglimento del differimento richiesto dal medesimo dottor Caporale della data del 3 novembre 2014 inizialmente fissata per l’assunzione in servizio.
9. – Gli ulteriori motivi di appello costituiscono, per la gran parte, specificazione dei motivi qui esaminati e respinti e comunque non contengono elementi idonei a ritenere illegittimo l’operato dell’amministrazione universitaria.
L’infondatezza dei motivi di appello rende non scrutinabile la domanda risarcitoria pure (ri)proposta nella sede di appello.
10. – Ritiene quindi il Collegio che le contestazioni proposte con il mezzo di gravame dall’appellante siano infondate e di conseguenza l’appello va respinto.
Le spese del grado di giudizio possono essere compensate, ai sensi dell’art. 92 c.p.c., per come espressamente richiamato dall’art. 26, comma 1, c.p.a..
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull’appello n. R.g. 4993/2016, come in epigrafe proposto, lo respinge e, per l’effetto, confermando la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Friuli Venezia [#OMISSIS#], Sez. I, 18 novembre 2015 n. 522, ribadisce la reiezione del ricorso di primo grado (R.G. n. 186/2015).
Spese del secondo grado di giudizio compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nelle Camere di consiglio del 21 giugno 2018, del 29 novembre 2018 e dell’11 aprile 2019 con l’intervento dei magistrati:
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Presidente
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Consigliere
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Consigliere
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Consigliere
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Consigliere, Estensore
 Pubblicato il 02/07/2019