L’art. 103 comma 5 del D.P.R. 382/1980 assegna, per far valere i diritti riconosciuti dai commi precedenti, e quindi anche per far valere la pretesa del ricorrente appellato per cui è causa, un termine di un anno: “Il riconoscimento dei servizi di cui ai precedenti commi può essere chiesto, entro un anno dalla conferma in ruolo”.
Consiglio di Stato, Sez. VI, 2 luglio 2019, n. 4521
Ricercatore-Ricostruzione carriera
N. 04521/2019 REG.PROV.COLL.
N. 03270/2015 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 3270 del 2015, proposto dalla
Universita’ degli studi di Cagliari, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
contro
il signor [#OMISSIS#] Rescigno, rappresentato e difeso dall’avvocato [#OMISSIS#] Andreozzi con domicilio determinato presso la Segreteria della Sesta Sezione del Consiglio di Stato, in Roma, piazza Capo di Ferro 13;
per l’annullamento
previa sospensione
della sentenza del TAR Sardegna, sezione I, 13 ottobre 2014 n.791, che ha accolto il ricorso n.192/2011, proposto:
a) per l’annullamento della nota 30 novembre 2010 prot. n.24053, con la quale il Dirigente del Settore ricercatori dell’Università degli studi di Cagliari ha dichiarato di non riconoscere ai fini della ricostruzione di carriera di [#OMISSIS#] Rescigno il servizio da lui precedentemente prestato presso l’Università quale funzionario tecnico e quindi di voler procedere al recupero delle somme a lui corrisposte in dipendenza dal già avvenuto riconoscimento di tale servizio;
b) per la condanna dell’amministrazione intimata a corrispondere le somme a lui dovute per effetto del riconoscimento, ai sensi dell’art. 103 D.P.R. 1980 n.382 come risultante a seguito della sentenza C. cost. 6 giugno 2008 n.191, del servizio precedentemente prestato di cui sopra, dalla data del suo inquadramento come ricercatore confermato, con interessi e rivalutazione monetaria fino al soddisfo;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di [#OMISSIS#] Rescigno;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 20 giugno 2019 il Cons. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] e udito per la parte appellante l’avvocato dello Stato [#OMISSIS#] Vittoria [#OMISSIS#];
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Il ricorrente appellato ha prestato servizio presso l’università intimata appellante, dal 25 gennaio 1989 al successivo 31 gennaio 2001 come funzionario tecnico presso la facoltà di Medicina e chirurgia; dal 1 febbraio 2001 è stato nominato ricercatore confermato presso la stessa facoltà, dopo aver superato l’apposito concorso riservato indetto ai sensi dell’art. 1 comma 10 della l. 14 gennaio 1999 n.4 (doc. 4 in I grado ricorrente appellato, atto di ricostruzione della carriera 3 dicembre 2008; sentenza impugnata, prime righe del “fatto”; il superamento del concorso indicato è non contestato in causa).
2. Dopo aver superato il concorso predetto, il ricorrente appellato ha quindi chiesto all’amministrazione, con una prima istanza 3 aprile 2001 ricevuta al n.2681 di protocollo, ai fini della ricostruzione della propria carriera, il riconoscimento di tale servizio precedentemente prestato ai sensi dall’art. 103 del D.P.R. 11 luglio 1980 n.382 nel testo allora vigente; avendo ottenuto risposta negativa, proponeva quindi un primo ricorso al TAR territoriale, n.1387/2001, depositato il giorno 5 novembre 2001 e dichiarato improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse con sentenza sez. I 17 marzo 2005 n.373 (per tutto ciò, sempre doc. 4 in I grado ricorrente appellato, cit.)
3. Interveniva quindi la sentenza della Corte costituzionale 6 giugno 2008 n.191, la quale, come è noto, ha dichiarato incostituzionale il comma 3 dell’art. 103 d. lgs. 382/1980 predetto, nella parte in cui esso non riconosce ai ricercatori universitari, all’atto della loro immissione nella fascia dei ricercatori confermati, per intero ai fini del trattamento di quiescenza e previdenza e per i due terzi ai fini della carriera, l’attività effettivamente prestata nelle università in qualità di tecnici laureati con almeno tre anni di attività di ricerca.
4. Con una successiva istanza ricevuta il giorno 20 giugno 2008 (doc. 2 ricorrente in I grado, istanza in questione), il ricorrente appellato ha quindi chiesto nuovamente il riconoscimento del servizio precedentemente svolto, sempre ai fini della ricostruzione di carriera. Con nota 3 dicembre 2008, l’università ha accolto in parte l’istanza, nel senso di riconoscergli il predetto servizio dal 25 gennaio 1989 al 31 gennaio 2001 ai soli fini giuridici, di riconoscerglielo invece ai fini sia giuridici, sia economici soltanto dal giorno 11 giugno 2008, data di pubblicazione della sentenza della Corte costituzionale di cui si è detto, il tutto presupponendo, secondo logica, che la sua precedente qualifica di “funzionario tecnico” equivalesse a quella di “tecnico laureato” cui espressamente la sentenza della Corte si riferisce (doc. 4 in I grado ricorrente appellato, cit.).
5. Con la nota 31 aprile 2010 meglio indicata in epigrafe, l’università è peraltro tornata su tale propria precedente decisione, ed ha comunicato al ricorrente appellato di poter riconoscere, ai fini citati, solo il servizio come tecnico laureato propriamente detto, e quindi non quello da lui prestato; ha quindi reso noto di voler procedere al recupero delle somme pagate in dipendenza dal proprio precedente parziale riconoscimento, di cui si è detto (doc. 1 in I grado ricorrente appellato, nota citata).
6. A seguito di tale nota, l’interessato ha proposto ricorso al TAR territoriale per farla annullare, e quindi per non dover restituire quanto già ricevuto, nonché per sentir condannare l’amministrazione a riconoscergli il servizio pregresso per intero, anche ai fini economici e non solo a quelli giuridici, con decorrenza da quando egli era stato nominato ricercatore, e non dalla successiva data di pronuncia della sentenza della Corte.
7. Con la sentenza pure meglio indicata in epigrafe, il TAR ha accolto il ricorso proposto dall’interessato contro tale diniego. In motivazione ha in sintesi respinto l’eccezione preliminare di inammissibilità del ricorso per mancata tempestiva impugnazione del provvedimento di ricostruzione della carriera del 3 dicembre 2008 di cui si è detto. Ha poi qualificato la pretesa come relativa ad un diritto soggettivo a prescrizione quinquennale quanto ai singoli ratei di retribuzione dovuti, ed ha respinto la relativa eccezione, ritenendo tempestivo il ricorso introduttivo di questo processo. Nel merito; ha infine affermato che la qualifica di “funzionario tecnico” costituiva, in sostanza, solo la diversa denominazione, adottata successivamente, dell’originaria qualifica di “tecnico laureato” ed ha riconosciuto gli effetti economici di cui alla domanda.
8. Contro tale sentenza, ha proposto impugnazione l’università intimata, con appello che contiene un’unica complessa censura, corrispondente in ordine logico ai quattro motivi che seguono:
– con il primo di essi, sostiene l’inammissibilità del ricorso perché non sarebbe stato impugnato il provvedimento di ricostruzione della carriera;
– con il secondo motivo, sostiene l’ulteriore inammissibilità del ricorso in dipendenza dal giudicato che si sarebbe formato sulla sentenza TAR Sardegna 373/2005 di cui si è detto;
– con il terzo motivo, reitera l’eccezione di prescrizione;
– con il quarto motivo, sostiene che comunque la pretesa sarebbe infondata nel merito.
9. Il ricorrente appellato ha resistito, con memoria 20 gennaio 2012, in cui chiede che l’appello sia respinto; in particolare evidenzia di avere interrotto la prescrizione con la prima domanda di ricostruzione della carriera, con il ricorso che ne è seguito di cui si è detto e con la ulteriore domanda di riconoscimento che ha dato origine a questo processo.
10. Con l’ordinanza 27 maggio 2015 n.2329, la Sezione ha respinto la domanda cautelare, ritenendo che non vi fosse il periculum in mora.
11. Con memoria 20 maggio 2019, l’appellato ha ribadito le proprie tesi.
12. All’udienza del giorno 20 giugno 2019, la Sezione ha trattenuto il ricorso in decisione.
13. L’appello è infondato e va respinto, per le ragioni di seguito precisate.
14. Il primo motivo, centrato sulla presunta inoppugnabilità dell’atto, o degli atti con i quali fu ricostruita la carriera del ricorrente appellato, è infondato: gli atti in questione, citati precedentemente, non rappresentano provvedimenti amministrativi da impugnare nel termine di decadenza, ma atti cd paritetici di determinazione del dovuto ad un dipendente, che questi è tenuto, ove lo ritenga, a contestare negli ordinari termini di prescrizione: in tal senso, per implicito ma in modo inequivocabile, tutte le sentenze di cui oltre, che appunto si occupano della possibile prescrizione della pretesa, nei termini di cui si vedrà.
15. Allo stesso modo, va respinto il secondo motivo di appello, perché la sentenza TAR Sardegna 373/2005 cui esso si riferisce è una sentenza di improcedibilità, e le sentenze a contenuto soltanto processuale, per [#OMISSIS#] e pacifica giurisprudenza, che come tale non richiede puntuali citazioni, non hanno efficacia preclusiva sulla pretesa nel merito.
16. Va respinto anche il terzo motivo, che ripropone appunto l’eccezione di prescrizione della pretesa, e richiede di ricostruire la normativa e il fatto specifico, così come segue.
16.1 In primo luogo, va ricordato che l’art. 103 comma 5 del D.P.R. 382/1980 assegna, per far valere i diritti riconosciuti dai commi precedenti, e quindi anche per far valere la pretesa del ricorrente appellato per cui è causa, un termine di un anno: “Il riconoscimento dei servizi di cui ai precedenti commi può essere chiesto, entro un anno dalla conferma in ruolo”. Nel caso di specie, il termine è stato rispettato, perché il ricorrente appellato è stato confermato in ruolo il 31 gennaio 2001 ed ha presentato la prima domanda il giorno 3 aprile 2001; solo per completezza si ricorda che un’eventuale ritardo non lo avrebbe pregiudicato, dato che non si tratta di un termine di decadenza: fra le molte, C.d.S. sez. VI 2 dicembre 2016 n.5065, ove ampie citazioni ulteriori.
16.2 Trattandosi poi di riconoscere diritti di natura economica, e sostanzialmente di differenze retributive nello stipendio, vale l’ordinario termine di prescrizione quinquennale di cui all’art. 2948 c.c. – come ritenuto fra le molte da C.d.S. sez. VI 2 dicembre 2016 n.5064- e non rileva la circostanza per cui la norma che prevede il diritto in questione originariamente escludesse l’interessato, a ragione della sua incostituzionalità successivamente dichiarata. Secondo [#OMISSIS#] giurisprudenza, infatti il vizio di illegittimità non ancora dichiarato dalla Corte Costituzionale non costituisce un impedimento legale all’esercizio di un diritto che sia negato da atti aventi forza di legge contrari alla Costituzione; costituisce invece una semplice difficoltà di fatto, che l’interessato ha l’onere di superare proponendo azione davanti al Giudice e sollevando in tale sede l’incidente di costituzionalità. Per conseguenza, la retroattività della pronuncia che accerta l’incostituzionalità della norma non potrebbe recuperare le situazioni giuridiche ormai esaurite o consolidatesi, per effetto di fattispecie preclusive come è la prescrizione, di fronte alle quali l’interessato non si è attivato: in tal senso C.d.S. sez. VI 22 agosto 2007 n.4476, relativa ad un caso identico al presente. In conclusione, e semplificando, occorre quindi verificare se la prescrizione sia maturata o no calcolando i relativi termini come se la pronuncia della Corte non esistesse.
16.3 Nel caso presente, la prescrizione del diritto del ricorrente appellato non è maturata. Come si è detto, egli ha presentato una prima domanda per far riconoscere la propria pretesa, esigibile dal 31 gennaio 2001, il giorno 3 aprile 2001 successivo, quindi ampiamente nei termini; dal 3 aprile 2001 decorreva quindi un nuovo termine quinquennale, per effetto dell’atto interruttivo. Il termine in corso è stato nuovamente interrotto con certezza dal 5 novembre 2001, data di deposito del ricorso al TAR Sardegna 1387/2001: dal sistema elettronico, non risulta la data della notifica, ma essa è con ragionevole certezza avvenuta nei termini, dato che la parte pubblica si è costituita pure nei termini nulla contestando, e quindi la pretesa è stata formulata ritualmente nei suoi confronti. Il termine così interrotto è rimasto poi sospeso sino al passaggio in giudicato della sentenza sez. I 17 marzo 2005 n.373, che ha definito quel giudizio, e quindi non ha cominciato a ridecorrere prima di tal data: sull’efficacia sospensiva del termine di prescrizione anche di una sentenza di contenuto processuale, si vedano fra le molte C.d.S. sez. VI 26 gennaio 2008 n.3229 e sez. V 8 novembre 2006 n.6961. Di conseguenza, la nuova domanda di riconoscimento presentata il giorno 20 giugno 2008, che ha dato origine agli atti qui contestati, era sicuramente nei termini, come lo è stato il ricorso di I grado, che è del 2011.
17. Va infine respinto anche l’ultimo motivo di appello, che contesta la pretesa nel merito: la Sezione non può che ricordare il proprio [#OMISSIS#] orientamento, espresso per tutte nella sentenza 6 maggio 2013 n.2412, per cui la figura del funzionario tecnico va considerata sostitutiva, quanto alle mansioni svolte, di quella del tecnico laureato, e pertanto le disposizioni originariamente previste per il secondo devono intendersi applicabili anche al primo, ovvero a chi ricopriva la qualifica del ricorrente appellato.
18. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull’appello come in epigrafe proposto (ricorso n.3270/2015 R.G.), lo respinge.
Condanna l’Università intimata appellante a rifondere al ricorrente appellato le spese del presente grado di giudizio, spese che liquida in € 3.000 (tremila/00), oltre accessori di legge, se dovuti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 20 giugno 2019 con l’intervento dei magistrati:
[#OMISSIS#] De Felice, Presidente
[#OMISSIS#] Mele, Consigliere
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Consigliere
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Consigliere, Estensore
Giordano [#OMISSIS#], Consigliere
Pubblicato il 02/07/2019