In caso di interruzioni dalla frequenza del dottorato di ricerca riconducibili allo stato di gravidanza, le valutazioni che devono essere effettuate dall’università ai fini dell’esclusione all’anno successivo non possono prescindere dai principi generali, fissati nel d.lgs. 26 marzo 2001, n. 151, che ammette soltanto- in rapporto ai valori tutelati-“condizioni di maggior favore”, dettate in altri testi normativi a titolo di lex specialis (art. 1, comma 2) e che vieta ogni discriminazione o trattamento meno favorevole, “in ragione dello stato di gravidanza, nonché di maternità o paternità” (art. 3).
L’osservanza dei principi vigenti a tutela di maternità (cfr. artt. 31 Cost.; 1 e 3 d.lgs. 26 marzo 2001, n.151) ed, in specie, quello che è alla base della regola della sospensione obbligatoria del rapporto lavorativo, impone all’Amministrazione l’adozione di opportune e ragionevoli iniziative per rimuovere le conseguenti possibili restrizioni di opportunità.
(Nel caso di specie, l’Università avrebbe dovuto stabilire un congruo differimento dell’esame di accesso al quarto anno di corso, al fine di consentire all’interessata di poter recuperare il dislivello riconducibile ad una frequenza così frammentata dei corsi: interruzioni effettuate per fatti non addebitabili alla medesima, non potendo la maternità essere considerata tale).
Consiglio di Stato, Sez. VI, 22 aprile 2014, n. 2034
Dottorato di ricerca-Non ammissione anno successivo dottorato-Interruzione frequenza dottorato per maternita’
N. 02034/2014 REG.PROV.COLL.
N. 01211/2014 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
ex artt. 38 e 60 Cod. proc. amm.
sul ricorso numero di registro generale 1211 del 2014, proposto da
Università degli Studi di Salerno, rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato e presso la medesima domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;
contro
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], rappresentata e difesa dagli avvocati [#OMISSIS#] Lanocita e [#OMISSIS#] Lanocita, con domicilio eletto presso [#OMISSIS#] Fiorentino in Roma, piazza Cola di [#OMISSIS#], 92;
per la riforma della sentenza del t.a.r. campania – sezione staccata di salerno, sezione ii, n. 02401/2013, resa tra le parti, concernente esclusione dal corso di dottorato di ricerca in “biochimica e patologia dell’azione di farmaci”;
Visti il ricorso ed i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio della dott.ssa [#OMISSIS#] [#OMISSIS#];
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 25 marzo 2014 il Cons. [#OMISSIS#] De [#OMISSIS#] e uditi per le parti l’avvocato dello Stato [#OMISSIS#] e l’avv. [#OMISSIS#] Lanocita;
Sentite le stesse parti ai sensi dell’art. 60 Cod. proc. amm.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO e DIRITTO
Con sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Campania, Salerno, sez. II, n. 2401/13 del 5 dicembre 2013, notificata il 12 dicembre 2013, è stato accolto il ricorso proposto dalla dott.ssa [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] avverso il decreto del Rettore dell’Università degli studi di Salerno n. 2053/13, con il quale la stessa veniva esclusa dal corso di dottorato di ricerca in “Biochimica e patologia dell’azione di farmaci”. Nella citata sentenza si rilevava l’esiguità del lasso di tempo (“appena un mese e mezzo”) accordato all’interessata, ai fini di un “appropriato e consapevole svolgimento della prova d’esame” per accedere al quarto anno di corso, essendo la stessa reduce da periodi di aspettativa obbligatoria per gravidanza a rischio e maternità, con omessa considerazione da parte dell’Università delle connesse, “cogenti esigenze” e conseguente manifesta fondatezza dell’impugnativa.
Avverso detta pronuncia è stato proposto l’atto di appello in esame (n. 1211/14, notificato il 7 febbraio 2014), in base a censure di errores in iudicandoper ritenuta legittimità del provvedimento, che aveva disposto l’esclusione della ricorrente dal corso di dottorato di cui trattasi, in quanto il giudice di primo grado avrebbe operato una erronea “ricostruzione cronologica del susseguirsi degli eventi rilevanti nella fattispecie”, avendo l’interessata sostenuto l’esame di ammissione al quarto anno, con esito negativo, dopo 11 mesi e 12 giorni di frequenza del terzo anno di corso, con avvenuto differimento della prova finale dal 2012 al 2013 “proprio in considerazione del periodo di aspettativa per maternità” di cui si discute, con finale valutazione negativa ampiamente motivata e insindacabile nel merito. La composizione del Collegio di valutazione ed il relativo funzionamento, infine, sarebbero stati conformi all’art. 103, punto 3 del Regolamento Generale di Ateneo, emanato con D.R. Rep. 278 del 6 dicembre 2012.
La dott.ssa [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], costituitasi in giudizio, faceva presente di avere ripreso la frequenza del terzo anno di corso, dopo l’ultimo congedo per maternità, il 30 aprile 2013 e di essere stata convocata, al fine di sostenere il relativo esame finale, per il giorno 12 giugno 2013.
In tale contesto – oltre a ribadire l’illogicità e la contraddittorietà dei giudizi negativi, conclusivamente espressi dalla Commissione – l’appellata comunicava anche di essere stata ammessa alla quarta annualità del corso di dottorato, con decorrenza dal 1° gennaio 2014, fino al 31 dicembre 2014, con conseguente intervenuto superamento della precedente esclusione ed improcedibilità dell’appello, per diverso orientamento assunto dall’Amministrazione. In ogni caso, inoltre, la medesima ribadiva le ragioni di accoglimento del ricorso proposto in primo grado, risultando violata nel caso di specie la normativa contenuta nel d.lgs. n. 26 marzo 2001, n. 151 (Testo Unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità), recepita dall’art. 12 del D.R. istitutivo del Corso di Dottorato di Ricerca di cui trattasi.
Premesso quanto sopra, il Collegio ritiene di emettere sentenza in forma semplificata, in presenza dei presupposti applicativi dell’art. 60 Cod. proc. amm., risultando ravvisabili ragioni di infondatezza dell’impugnativa, proposta dall’Università degli Studi di Salerno.
Ugualmente infondata, in ogni caso, è anche l’eccezione preliminare di improcedibilità del gravame, prospettata dall’appellata, tenuto conto del pacifico indirizzo giurisprudenziale che esclude detta improcedibilità quando l’Amministrazione abbia adottato una misura satisfattiva degli interessi di un soggetto, in esecuzione di pronuncia giudiziale ancora non definitiva, come dichiaratamente avvenuto nel caso di specie (cfr. in tal senso, fra le tante, Cons. Giust. Amm. Sicilia, sez. giurisdiz., 12 dicembre 2013, n. 930; Cons. Stato, III, 5 dicembre 2013, n. 5781).
Nel merito, le valutazioni da effettuare non possono prescindere dai principi generali, fissati nel citato Testo Unico n. 151 del 2001, che ammette soltanto – in rapporto ai valori tutelati – “condizioni di maggior favore”, dettate in altri testi normativi a titolo di lex specialis (art. 1, comma 2) e che vieta ogni discriminazione o trattamento meno favorevole, “in ragione dello stato di gravidanza, nonché di maternità o paternità” (art. 3).
Nella situazione in esame – anche a prescindere dall’applicabilità del principio di interruzione (e non di mera sospensione) del terzo anno del corso di dottorato per stato di gravidanza dell’interessata – la stessa amministrazione universitaria riconosce il mancato completamento, sia pure per poco, di dodici mesi interi di frequenza e soprattutto – senza tener conto della prolungata interruzione di tale frequenza, dal 29 agosto al 29 aprile 2013 – nelle prove di esame per l’ammissione al quarto anno, sostenute il 12 giugno 2013, riconduce il parere sfavorevole a risultati, ritenuti “vecchi e superati”, rispetto a quelli “ottenuti nel frattempo dal […] gruppo di ricerca”, ponendo a carico dell’esaminanda, a circa un mese e mezzo dalla ripresa del corso, un onere di aggiornamento per il quale, in effetti, il lasso di tempo intercorso non può ritenersi congruo, visto che la dott.ssa [#OMISSIS#] non aveva potuto partecipare alla maggior parte del programma sperimentale dell’ultimo anno e, quindi, proprio ai più recenti sviluppi scientifici del settore, attinente al suo ciclo formativo. Il giudizio finale espresso, inoltre, appare contraddittorio, in quanto la stessa, incaricata di svolgere funzioni di tutore della medesima dott.ssa [#OMISSIS#], risulta avere espresso giudizi di “insufficiente conoscenza teorica e preparazione pratica sulle tecniche di base richieste per gli esperimenti previsti”, nonché sulla “assoluta mancanza di senso critico nella valutazione dei risultati ottenuti in itinere”, di modo che i risultati ottenuti nel terzo anno avrebbero contribuito solo “in piccola parte” al giudizio negativo globale.
Tale giudizio, tuttavia, appare non in linea non solo con il superamento del concorso pubblico di ammissione al corso di dottorato (dove l’appellata si era collocata al secondo posto in graduatoria, con assegnazione della borsa di studio concessa solo ai primi tre vincitori), ma anche con il superamento delle prime due verifiche per il passaggio agli anni di corso successivi al primo.
Non appare dunque irragionevole collegare un siffatto esito negativo ad una restrizione pratica delle opportunità generato dalle diverse interruzioni effettuate a causa dello stato di gravidanza, in contrasto con i principi vigenti a tutela della maternità (cfr. art. 31 Cost.; artt. 1 e 3 d.lgs. n. 26 marzo 2001, n. 151), in specie quello che è a base della regola della sospensione obbligatoria del rapporto lavorativo., Questi avrebbero richiesto, in un caso particolare come quello in questione, di stabilire un congruo differimento dell’esame di accesso al quarto anno di corso, al fine di consentire all’interessata di poter recuperare il dislivello riconducibile ad una frequenza così frammentata dei corsi: interruzioni effettuate per fatti non addebitabili alla medesima(non potendo la maternità essere considerata tale): dunque avrebbero imposto all’Amministrazione le opportune e ragionevoli iniziative per rimuovere le conseguenti possibili restrizioni di opportunità.
In base alle argomentazioni esposte, il Collegio ritiene che l’appello debba essere respinto, con assorbimento di ogni ulteriore ragione difensiva. Quanto alle spese giudiziali, il Collegio ne ritiene equa la compensazione, tenuto conto delle peculiarità della vicenda sottoposta a giudizio..
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando, respinge il ricorso in appello indicato in epigrafe.
Compensa le spese giudiziali.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 25 marzo 2014 con l’intervento dei magistrati:
[#OMISSIS#] Severini, Presidente
[#OMISSIS#] De Felice, Consigliere
[#OMISSIS#] De [#OMISSIS#], Consigliere, Estensore
[#OMISSIS#] Vigotti, Consigliere
[#OMISSIS#] Mosca, Consigliere
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 22/04/2014
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)