Annullamento dell’articolo 2, comma 3, del d.m. 30 giugno 2014, n. 526, nella parte in cui, per i contratti di collaborazione coordinata e continuativa e per altre tipologie contrattuali limita la nozione di anno accademico alle sole ore di insegnamento prestate nei corsi accademici di primo e secondo livello e non anche nei corsi pre-accademici.
Consiglio di Stato, Sez. VI, 22 gennaio 2019, n. 547
Alta formazione artistica musicale e coreutica-Contratti di collaborazione
N. 00547/2019REG.PROV.COLL.
N. 02294/2016 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2294 del 2016, proposto da:
Mariano [#OMISSIS#] Paternoster, rappresentato e difeso dall’avvocato Giovanni [#OMISSIS#] Paternoster, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Virginia Giocoli in Roma, via Tuscolana, 741;
contro
Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso per legge dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici è domiciliato in Roma, via dei Portoghesi, 12;
nei confronti
[#OMISSIS#] Schirinzi, non costituita in giudizio;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. per il LAZIO – ROMA – SEZIONE III, n. 10209/2015, resa tra le parti, concernente esclusione dalla procedura di formazione delle graduatorie nazionali per l’attribuzione di incarichi a tempo determinato per il personale docente delle istituzioni AFAM.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 15 gennaio 2019 il Consigliere [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] e udito, per le parti, l’avvocato [#OMISSIS#] Vittoria [#OMISSIS#] dell’Avvocatura Generale dello Stato;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con ricorso proposto dinanzi al T.A.R. per il Lazio, il sig. Mariano [#OMISSIS#] Paternoster ha impugnato per l’annullamento, previa sospensione dell’esecuzione:
– l’atto con cui è stato disposto il mancato inserimento del ricorrente nelle predette graduatorie, pubblicate in via provvisoria in data 6 ottobre 2014;
– il decreto del Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca n. 526 del 30 giugno 2014 (adottato in esecuzione dell’art. 19, comma 2, del decreto legge n. 104 del 2013, convertito in legge n. 128 del 2013) con cui sono stati definiti i criteri per l’inserimento nelle graduatorie nazionali definitive relative all’attribuzione di incarichi di insegnamento a tempo determinato nelle istituzioni dell’alta formazione artistica, musicale e coreutica.
In sintesi, il ricorrente lamentava l’illegittimità dell’art. 2 del decreto ministeriale impugnato per violazione dell’art. 19, comma 2, del citato decreto legge n. 104 del 2013 nella parte in cui ha inserito, tra i requisiti necessari per l’inserimento in graduatoria dei docenti impiegati con contratto di collaborazione coordinata e continuativa, lo svolgimento di tre anni di insegnamento (per un minimo 125 ore all’anno) nei soli corsi accademici di primo o secondo livello e non anche in quelli c.d. pre-accademici (che, invece, sono quelli in cui il ricorrente ha svolto in passato attività di insegnamento).
Il ricorrente ha, poi, proposto motivi aggiunti avverso la graduatoria definitiva, pubblicata in data 31 ottobre 2014, censurando, sulla base delle doglianze proposte con il ricorso introduttivo del giudizio, il provvedimento di esclusione laddove si afferma che “non avrebbe prestato alcun servizio nella materia per la quale aveva presentato domanda”(ovvero “Teoria ritmica e percezione musicale” e “Teoria, solfeggio e dettato musicale”).
Con la sentenza n. 10209/2015, il T.A.R. ha respinto il ricorso ed i motivi aggiunti, con la seguente motivazione:
“Ed invero, le predette impugnative, sebbene composte da più censure, si incentrano tutte sull’unica questione di fondo riguardante il mancato inserimento nel D.M. n. 526/2014, tra i requisiti di ammissione alla procedura di che trattasi, delle docenze svolte nell’ambito dei c.d. corsi pre-accademici.
La Sezione ha affrontato la questione in più occasioni (vgs, per tutte, TAR Lazio, sez. III, nn. 6279, 6282, 6285, 8497 e 8501 del 2015) affermando, in particolare, quanto segue ovvero che “ai fini dell’inserimento nelle graduatorie nazionali utili per l’attribuzione degli incarichi di insegnamento a tempo determinato, è richiesto, ex art.19, comma 2 del D.L. n.104 del 2013 (conv. in legge n.128 del 2013), oltre alla non titolarità di un contratto a tempo indeterminato ed al superamento di un concorso selettivo per l’inclusione nelle graduatorie d’istituto, anche l’aver maturato almeno tre anni accademici di insegnamento presso le Istituzioni di alta formazione artistica, musicale e coreutica; che del pari nel cennato D.M. n.526 del 2014, all’art.2, comma 1, è prevista la non titolarità di un contratto a tempo indeterminato, il superamento di un concorso selettivo per l’inclusione nelle graduatorie d’istituto e l’aver maturato almeno tre anni accademici di insegnamento presso le Istituzioni di alta formazione artistica, musicale e coreutica; … Ne discende da un lato che il D.M. n.526 del 2014 risulta perfettamente aderente sul punto alla sopraordinata previsione legislativa…”.
Il Collegio, non avendo motivi per discostarsi da quanto affermato nelle predette decisioni, ritiene quindi che vi siano i presupposti per pronunciare, ai sensi dell’art. 74 del codice del processo amministrativo (CPA), una sentenza in forma semplificata, richiamando integralmente le argomentazioni svolte nei precedenti sopra richiamati (ovvero TAR Lazio, sez. Terza, nn. 6279, 6282, 6285, 8497 e 8501/2015)”.
Avverso tale sentenza il sig. Paternoster ha interposto gravame, articolando tre motivi di appello.
Si è costituita l’Amministrazione intimata, per resistere all’appello.
All’udienza del 15 gennaio 2019, la causa è passata in decisione.
DIRITTO
Con un primo motivo l’appellante deduce: difetto assoluto di motivazione, errore di giudizio, violazione di legge, omessa pronuncia su un punto decisivo del ricorso.
Lamenta in primo luogo che – contrariamente a quanto ritenuto dal giudice di primo grado – le previsioni del D.L. n. 104/2013 e quelle del D.M. 526/2014 non sono sovrapponibili.
Invero, la norma di legge, riferendosi al possesso di “almeno tre anni accademici di insegnamento…” non pone alcuna limitazione a particolari tipologie di corsi (accademici o pre-accademici). Il D.M., invece, per il caso di insegnamenti regolati da contratti di co.co.co. o similari, ha ritenuto utilizzabili solo i periodi svolti “nei corsi accademici di primo e di secondo livello”.
Con il secondo motivo parte appellante lamenta: difetto assoluto di motivazione, errore di giudizio, violazione di legge, omessa pronuncia su un punto decisivo del ricorso.
Il giudice di primo grado, infatti, assumendo che il D.M. n. 516/2014 sia perfettamente aderente al D.L. 104/2013, ha implicitamente ritenuto che fosse ammissibile e quindi irrilevante l’introduzione da parte del primo della distinzione (non presente in nessun punto del D.L.) tra corsi accademici di [#OMISSIS#] e secondo livello e corsi “pre-accademici”, avrebbe quantomeno dovuto affermarlo esplicitamente e motivarlo adeguatamente, dal momento che l’introduzione di tale distinzione è stato oggetto di approfondite censure da parte del ricorrente.
Con il terzo motivo lamenta l’erroneità della sentenza, nella parte in cui non era stata accolta la censura fondata sull’argomentazione che la commissione avrebbe sostenuto che il sig. Paternoster non avrebbe prestato alcun servizio per l’insegnamento per il quale aveva presentato domanda di inserimento, mentre al contrario l’odierno appellante aveva insegnato per un tempo persino sovrabbondante la materia per la quale aveva presentato domanda. Il primo giudice non aveva valutato se la motivazione addotta per l’esclusione fosse o meno rispondente alla situazione di fatto, se fosse ragionevole e sufficiente.
L’appello è fondato.
L’articolo 19, comma 2, del D.L. 12-9-2013, n. 104 dispone che “Il personale docente che non sia già titolare di contratto a tempo indeterminato nelle istituzioni dell’alta formazione artistica, musicale e coreutica, che abbia superato un concorso selettivo ai fini dell’inclusione nelle graduatorie di istituto e abbia maturato almeno tre anni accademici di insegnamento presso le suddette istituzioni alla data di entrata in vigore del presente decreto, è inserito ….in apposite graduatorie nazionali utili per l’attribuzione degli incarichi di insegnamento a tempo determinato in subordine alle graduatorie di cui al comma 1 del presente articolo, nei limiti dei posti vacanti disponibili. L’inserimento è disposto con modalità definite con decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca”.
Osserva la Sezione che dalla lettura della disposizione legislativa emerge che in primo luogo che l’inclusione nelle graduatorie è consentita al “personale docente”.
La generica ed ampia dizione utilizzata dalla norma rende, pertanto, legittima la disposizione contenuta nell’articolo 2, comma 1, dell’impugnato decreto ministeriale, laddove indica, quale requisito di ammissione, che si tratti di “personale docente…e che, alla data del presente decreto, abbia maturato, a decorrere dall’anno accademico 2001-2002, almeno tre anni accademici di insegnamento, con contratto di lavoro subordinato a tempo determinato o con contratto di collaborazione, ai sensi dell’art. 273 del decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297, ovvero con contratto di collaborazione coordinata e continuativa o altra tipologia contrattuale nelle medesime istituzioni dell’alta formazione artistica, musicale e coreutica”.
Invero, l’indicazione legislativa di “personale docente” consente di esplicitare le diverse categorie contrattuali rilevanti attraverso le quali l’attività di insegnamento è stata prestata.
Ciò posto e venendo a questo punto alla questione che costituisce il nodo centrale della presente controversia, va rilevato che l’articolo 19, comma 2 citato (come del resto il primo comma dell’articolo 2 del D.M. n. 526 del 2014) richiede la maturazione di “almeno tre anni accademici di insegnamento presso le suddette istituzioni”.
Come è ben chiaro dalla lettera della disposizione, vi è un requisito esclusivamente temporale, tale intendendosi “tre anni accademici di insegnamento”.
L’aggettivo “accademico” è riferito all’anno, mentre il termine “insegnamento” è indicato in termini generici, senza riferimento alcuno alla tipologia di “corso” cui esso si riferisce.
E’ ragionevole, pertanto, ritenere che, in presenza di un dato meramente temporale (anno accademico), riferentesi alla istituzione presso la quale l’attività di “insegnamento” è svolta, il requisito non sconti di una distinzione rilevante in relazione alla tipologia di corsi comunque organizzati da e tenuti presso l’Istituzione (accademico o pre-accademico) e per i quali l’insegnamento sia stato comunque esercitato.
Deve, pertanto, ritenersi non condivisibile l’affermazione del giudice di primo grado che ha interpretato la dizione legislativa “tre anni accademici di insegnamento” come “tre anni di insegnamento in corsi accademici”, trattandosi di conclusione che non trova supporto nella lettera della legge.
Né può ricondursi per altra via il termine “accademico” al tipo di insegnamento, affermandosi che l’insegnamento svolto nell’anno accademico è necessariamente di tipo “accademico”.
Invero, la disposizione non ha utilizzato l’inciso “tre anni di insegnamento accademico”, che ben avrebbe potuto utilizzare ove avesse voluto indiscutibilmente attribuire [#OMISSIS#] alla sola attività prestata su corsi accademici.
Riferendo l’aggettivo “accademico” all’anno ha inteso unicamente operare un’indicazione dell’anno di riferimento in relazione alla Istituzione interessata, la quale è di tipo universitario e, dunque, “accademica”. Con ciò, peraltro, non ha escluso certamente che dalla attività di insegnamento rilevante presso la stessa espletata andassero esclusi i cd. corsi “pre-accademici”, rientrando comunque gli stessi nell’offerta formativa del Conservatorio e costituendo, pertanto, a pieno titolo, attività di insegnamento svolta presso l’Istituzione.
Né può trovare favorevole considerazione l’argomentazione in base alla quale la norma di legge (articolo 19 cit.) non contiene una espressa indicazione dei co.co.co. o di altre tipologie contrattuali, con la conseguenza che la loro inclusione è stata il frutto di una scelta discrezionale dell’Amministrazione la quale, al fine di ampliare la platea degli aspiranti, ha voluto ammettere alla partecipazione anche i co.co.co. e altre tipologie contrattuali, limitando, peraltro, il periodo utile solo a quello svolto in corsi accademici di primo e di secondo livello.
Va, invero, considerato che, quand’anche si fosse trattato di scelta discrezionale, non obbligatoria per legge, la limitazione imposta non troverebbe ragionevole giustificazione – anche sotto il profilo della parità di trattamento con le altre categorie di docenti – considerandosi che il futuro assetto delle Istituzioni (destinato, a dire dell’Amministrazione, a prevedere l’utilizzo dei co.co.co. solo per i corsi di primo e di secondo livello, mentre i corsi pre-accademici risulterebbero svolti presso la scuola secondaria) non giustificherebbero comunque, una volta ammessa la categoria alla selezione, una limitazione relativa ad una attività di insegnamento che comunque è stata prestata presso di essa e ciò operando, altresì, un diverso trattamento rispetto ad altra categoria ammessa.
La norma di legge, invero, si riferisce al “personale docente”, opera riferimento alla attività di insegnamento e non contiene una espressa specificazione delle tipologie contrattuali con cui si instaura il rapporto di lavoro.
Ammesse, pertanto, alcune categorie, non può applicarsi alle stesse un trattamento differenziato relativamente ai corsi nei quali è stata prestata l’attività di insegnamento
Sulla base delle considerazioni sopra svolte – e con assorbimento delle residue doglianze – deve, pertanto, ritenersi la fondatezza del proposto appello, con conseguente riforma della sentenza di primo grado, accoglimento del ricorso introduttivo ed annullamento dell’articolo 2, comma 3 del D.M. n. 526/2014 nella parte in cui, per i contratti di collaborazione coordinata e continuativa e per altre tipologie contrattuali limita la nozione di anno accademico alle sole ore di insegnamento prestate nei corsi accademici di primo e secondo livello e non anche nei corsi pre-accademici.
Come conseguenza di tale statuizione deriva che devono essere altresì annullate, in riforma della sentenza impugnata, le graduatorie impugnate nella parte in cui non includono l’appellante e la comunicazione di esclusione dell’appellante dalla procedura e che deve essere disposto l’inserimento dell’appellante nella graduatoria nazionale definitiva per l’attribuzione di incarichi a tempo determinato per il personale docente delle istituzioni AFAM di cui all’art. 10, comma 1, del D.M. 526/2014 pubblicata in data 31/10/2014.
Le spese del doppio grado di giudizio possono essere integralmente compensate tra le parti del giudizio in considerazione della novità della questione trattata.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, in riforma della appellata sentenza, accoglie il ricorso di primo grado ed annulla l’articolo 2, comma 3, del D.M. n. 526 del 2014, nella parte in cui limita la nozione di anno accademico alle sole ore prestate nei corsi accademici di primo e di secondo livello, nonché le graduatorie impugnate nella parte in cui non includono l’appellante e la comunicazione di esclusione dell’appellante dalla procedura, disponendo l’inserimento dell’appellante nella graduatoria nazionale definitiva per l’attribuzione di incarichi a tempo determinato per il personale docente delle istituzioni AFAM di cui all’art. 10, comma 1, del D.M. 526/2014 pubblicata in data 31/10/2014.
Spese del doppio grado di giudizio compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 15 gennaio 2019 con l’intervento dei magistrati:
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Presidente
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Consigliere
Giordano [#OMISSIS#], Consigliere
Italo Volpe, Consigliere
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Consigliere, Estensore
Pubblicato il 22/01/2019