N. 02500/2018REG.PROV.COLL.
N. 08058/2017 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 8058 del 2017, proposto da:
[#OMISSIS#] GENTILESCHI, rappresentato e difeso dall’avvocato [#OMISSIS#] Chiappetti, presso il cui studio è elettivamente domiciliato in Roma, via [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], n. 7;
contro
[#OMISSIS#] SILERI, rappresentato e difeso dall’avvocato [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], presso cui studio è elettivamente domiciliato in Roma, via Dandolo, n. 19/A;
nei confronti
UNIVERSITÀ DEGLI STUDI ROMA TOR VERGATA, in persona del Rettore pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici è domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. Lazio – Roma – Sez. – III-bis n. 3720 del 2017;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di [#OMISSIS#] Sileri e dell’Università degli Studi Roma Tor Vergata;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 29 marzo 2018 il Cons. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] e uditi per le parti gli avvocati [#OMISSIS#] Chiappetti, [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] e [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] dell’Avvocatura dello Stato;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1.‒ Il professore [#OMISSIS#] Sileri ‒ premesso di essere ricercatore universitario confermato nel settore 06/C1 – S.S.D. MED/18 Chirurgia Generale, in servizio a tempo pieno presso l’Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”, e di essere in possesso dell’abilitazione scientifica nazionale ‒ ha impugnato con ricorso straordinario, notificato in data 7 luglio 2015, poi trasposto in sede giurisdizionale: – il verbale del Consiglio del Dipartimento di Medicina Sperimentale e Chirurgia del 10 aprile 2015, pubblicato sul sito web dell’Ateneo, nella parte in cui esso ha deliberato la proposta di chiamata di [#OMISSIS#] Gentileschi come professore universitario di seconda fascia di chirurgia generale; – il decreto rettorale n. 518 del 18 febbraio 2015, pubblicato, in pari data, sul sito web dell’Ateneo, il quale ha nominato la «Commissione esaminatrice per la chiamata ai sensi dell’art. 24, commi 5 e 6, della Legge n. 240 del 2010, di un Professore Universitario di seconda fascia, presso il Dipartimento di Medicina Sperimentale e Chirurgia per il settore concorsuale 06/C1 – settore scientifico-disciplinare MED/18»;- la delibera del Consiglio del Dipartimento di Medicina Sperimentale e Chirurgia del 29 gennaio 2015, menzionata nel decreto rettorale n. 518 del 2015; – per quanto potesse occorrere, l’art. 9, comma 1, del regolamento d’Ateneo.
1.1.‒ Il ricorrente in primo grado censurava l’illegittimità degli atti appena menzionati per violazione dell’art. 24, comma 6, della legge n. 240 del 2010: in particolare, l’Università avrebbe dovuto proceduto all’espletamento di una procedura di tipo comparativo ai fini dell’individuazione del candidato da parte del dipartimento da sottoporre alla valutazione della Commissione appositamente costituita, atteso che, nel dipartimento di interesse, erano presenti una pluralità di candidati astrattamente in possesso dei requisiti richiesti dalla relativa normativa di settore. Nella misura in cui gli atti impugnati fossero stati ritenuti conformi all’art. 9, comma 1, del regolamento di Ateneo sulle chiamate, il ricorrente ne richiedeva espressamente l’annullamento per violazione di legge.
1.2.‒ Il professor Gentileschi si costituiva in giudizio eccependo l’irritualità della trasposizione del ricorso straordinario in sede giurisdizionale e l’irricevibilità del medesimo per tardività. Nel merito, argomentava l’infondatezza dei vizi denunciati.
3.‒ Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, con sentenza n. 3720 del 2017, respinte tutte le eccezioni pregiudiziali, ha annullato gli atti della procedura di cui trattasi, disponendone la ripetizione, onde consentire al ricorrente e a tutti gli altri soggetti in possesso dei requisiti richiesti di potervi partecipare.
4.‒ Il professor [#OMISSIS#] Gentileschi ha quindi proposto appello avverso la sentenza da ultimo citata, chiedendo, in riforma della stessa, il rigetto del ricorso di primo grado.
In via pregiudiziale, reitera l’eccezione secondo cui la trasposizione dell’impugnazione straordinaria in sede giurisdizionale sarebbe stata effettuata in violazione del combinato disposto degli artt. 10 del d.P.R. 1199/1971 e 48 c.p.a., in quanto all’appellante e all’Università Tor Vergata l’avvenuta trasposizione del ricorso straordinario sarebbe stata soltanto “comunicata”. Il contenuto dell’avviso di trasposizione, a suo dire, poiché finalizzato a creare un contraddittorio processuale prima inesistente, avrebbe dovuto riprodurre il ricorso straordinario nella sua interezza.
Ancora in via pregiudiziale, l’appellante eccepisce la tardività del ricorso straordinario, in quanto notificato ‒ avverso la Delibera del Dipartimento di Medicina Sperimentale e Chirurgia del 29 gennaio 2015 (contenente la proposta dei componenti della Commissione valutatrice per chiamata contestata) e il Decreto Rettorale n. 518 del 18 febbraio 2015 (con cui è stata nominata la Commissione) ‒ in data 7 agosto 2015, oltre il termine di 120 giorni previsto dall’art. 9 del d.P.R. n. 1199 del 1971. Si afferma che, sin dal 18 febbraio 2015, il ricorrente avrebbe avuto piena conoscenza che il proprio dipartimento aveva individuato il ricercatore da sottoporre a valutazione per la chiamata come professore associato e che la procedura valutativa non lo riguardava, non avendo egli ricevuto alcuna informazione di essere stato individuato quale candidato da sottoporre a valutazione.
Nel merito, l’appellante afferma che il giudice di primo grado avrebbe erroneamente ritenuto di dover applicare, in un caso riguardante una procedura straordinaria di chiamata diretta e riservata, il regolamento previsto per lo svolgimento di valutazioni comparative (ovvero il d.P.R. n. 117 del 2000, emanato in attuazione dell’art. 1 della legge n. 210 del 1998). Il T.a.r. avrebbe in tal modo arbitrariamente vanificato la differenziazione voluta dal legislatore tra il meccanismo di nomina concorsuale dei professori e quello di cui all’art. 24, comma 6, della stessa legge.
5.‒ Il professor [#OMISSIS#] Sileri – ricorrente vittorioso in primo grado – si è costituito nel presente giudizio, chiedendo che l’appello proposto venga respinto.
6.‒ Nelle more della udienza pubblica, l’Ateneo, con delibera del 29 maggio 2017, ha dato esecuzione alla sentenza di primo grado mediante riedizione della procedura valutativa, ai sensi del regolamento per la disciplina della chiamata dei professori di prima e seconda fascia come nel frattempo modificato (segnatamente, il nuovo comma 1-bis dell’art. 9 del regolamento, introdotto con D.R. n. 1761 del 2016, recita: «[n]el caso in cui nel Dipartimento vi siano più soggetti in possesso della abilitazione nel macrosettore a cui appartiene il settore concorsuale relativo alla procedura valutativa, ai fini della individuazione del candidato da sottoporre a valutazione ai sensi del precedente comma 1, il Dipartimento nomina una commissione istruttoria composta da tre professori di prima fascia inquadrati nel macrosettore a cui appartiene il settore concorsuale relativo alla procedura valutativa stessa. La commissione istruttoria valuta i curricula acquisiti, comprensivi delle pubblicazioni scientifiche e di ogni altro elemento utile, e, effettuata la comparazione, propone al Dipartimento, con relazione motivata, il nominativo del candidato ritenuto più titolato da sottoporre a valutazione ai sensi del successivo comma 2. A garanzia della possibilità per tutti i soggetti potenzialmente interessati di presentare la domanda, il dipartimento invita personalmente i soggetti in possesso della abilitazione nel macrosettore a cui appartiene il settore concorsuale relativo alla procedura valutativa a presentare i curricula, comprensivi delle pubblicazioni scientifiche e di ogni altro elemento utile per la valutazione». Tale rinnovata procedura, per la quale hanno presentato domanda di partecipazione entrambe le parti del presente giudizio, è attualmente in corso.
7.‒ All’esito dell’udienza pubblica del giorno 29 marzo 2018, la causa è stata discussa ed è stata trattenuta per la decisione.
DIRITTO
1.‒ L’eccezione di inammissibilità, sollevata in primo grado e riproposta in appello ‒ secondo cui la trasposizione dell’impugnazione straordinaria in sede giurisdizionale sarebbe stata effettuata in violazione degli artt. 10 del d.P.R. 1199 del 1971 e 48, c.p.a., in quanto all’appellante e all’Università Tor Vergata era stata comunicata soltanto l’avvenuta trasposizione del ricorso straordinario ‒, va disattesa sulla base delle seguenti considerazioni.
1.1.‒ L’art. 48 c.p.a. recita: «[q]ualora la parte nei cui confronti sia stato proposto ricorso straordinario ai sensi degli articoli 8 e seguenti del decreto del Presidente della Repubblica 24 novembre 1971, n. 1199, proponga opposizione, il giudizio segue dinanzi al tribunale amministrativo regionale se il ricorrente, entro il termine perentorio di sessanta giorni dal ricevimento dell’atto di opposizione, deposita nella relativa segreteria l’atto di costituzione in giudizio, dandone avviso mediante notificazione alle altre parti». La disposizione appena citata corrisponde a quella recata dall’art. 10, del d.P.R. 24 novembre 1971, n. 1199, alla cui stregua: «il ricorrente, qualora intenda insistere nel ricorso, deve depositare nella segreteria del giudice amministrativo competente, nel termine di sessanta giorni dal ricevimento dell’atto di opposizione, l’atto di costituzione in giudizio, dandone avviso mediante notificazione all’organo che ha emanato l’atto impugnato ed ai controinteressati».
1.2.‒ La soluzione tecnica prefigurata dal legislatore è quella per cui è lo “stesso” rapporto processuale in origine instaurato innanzi al Capo dello Stato che prosegue innanzi a quello giurisdizionalmente competente, costituendo proprio tale “continuazione” il fondamento dogmatico della salvezza degli effetti processuali e sostanziali della domanda inizialmente proposta. Che non si tratti invece della riproposizione ex novo della domanda (con mera retrodatazione dei suoi effetti al momento di proposizione della prima), risulta chiaramente dall’art. 48, terzo comma, secondo cui «[q]ualora l’opposizione sia inammissibile, il tribunale amministrativo regionale dispone la restituzione del fascicolo per la prosecuzione del giudizio in sede straordinaria», disposizione che è logicamente coerente solo con un fenomeno di continuità del rapporto processuale. Del resto, la configurazione tipica dell’istituto della riassunzione, come illustrata dalla dottrina che meglio ha indagato le diverse figure offerte dal sistema, è quella di un atto di impulso incidente su una situazione di quiescenza del processo, preordinato ad evitarne l’estinzione mediante la ricostituzione del contraddittorio. La riassunzione ha, dunque, ad oggetto il processo già incardinato e non introduce un nuovo processo.
1.3.‒ Le formalità della trasposizione in sede giurisdizionale ‒ segnatamente: il deposito nella relativa segreteria dell’atto di costituzione in giudizio e l’avviso di tale deposito mediante notificazione alle altre parti (con l’avvertenza che entrambi gli atti devono avvenire nel termine perentorio di sessanta giorni dal ricevimento dell’atto di opposizione) ‒ sono state disciplinate in forme volutamente semplificate, proprio sul presupposto che si tratta del medesimo ricorso già notificato in sede straordinaria, e solo trasposto (dunque riassunto), in sede giurisdizionale, per cui mentre è indispensabile assicurare alle controparti la conoscenza legale del deposito dell’atto di insistenza è chiaramente superflua una seconda notificazione del medesimo ricorso (il cui contenuto, per altro, non può per qualsivoglia ragione, essere modificato). La parte che traspone un ricorso straordinario ha evidentemente facoltà di notificare nuovamente il ricorso straordinario, ma non l’obbligo.
1.4.‒ Nel caso in esame il rapporto processuale è stato correttamente incardinato in sede giurisdizionale. Il ricorrente ha, infatti, entro il termine di sessanta giorni dal ricevimento della notificazione nei suoi confronti dell’atto di opposizione, depositato presso il T.a.r. l’atto di trasposizione unitamente all’originario ricorso straordinario. Entro il medesimo termine ha notificato a tutte le altre parti apposito avviso dell’avvenuto deposito dell’atto di trasposizione.
2.‒ Anche la seconda eccezione ‒ con la quale l’odierno appellante deduce l’irricevibilità per tardività del ricorso straordinario, per essere lo stesso stato avviato alla notifica oltre il termine di decadenza, con riguardo, sia alla delibera del Dipartimento di Medicina Sperimentale e Chirurgia del 29 gennaio 2015 , sia al D.R. n. 518 del 18 febbraio 2015 ‒ non può essere accolta.
2.1.‒ Come correttamente ravvisato dal giudice di prime cure, il ricorso straordinario è stato tempestivamente proposto avverso gli atti conclusivi della procedura stessa (la D.R. n. 1011 in data 1 aprile 2015, di approvazione degli atti della Commissione, e il successivo verbale del Consiglio del Dipartimento del 10 aprile 2015), gli unici della sequenza procedimentale idonei a rendere di pubblica evidenza la circostanza che la procedura era stata “riservata” al solo appellante. Prima di essi il ricorrente non poteva verosimilmente avere alcuna contezza della lesione, concreta ed attuale, arrecata al proprio interesse legittimo. Gli atti endoprocedimentali non contenevano infatti l’indicazione del candidato individuato dal dipartimento ai fini della sua valutazione, cosicché non poteva neppure escludersi che questi potesse essere proprio il ricorrente. Va inoltre rimarcato che la menzionata delibera del 29 gennaio 2015 (per quanto menzionato nel decreto rettorale n. 518 del 2015), non risulta essere stata mai pubblicata.
2.2.‒ Da ultimo, contrariamente a quanto adombrato dall’appellante, la volontà di impugnare la delibera del 29 gennaio 2015 è chiaramente espressa a pagina due del ricorso straordinario.
3.‒ Nel merito, il thema decidendum oggetto del presente gravame è così riassumibile.
3.1.‒ Il ricorrente, odierno appellato, non contesta nel merito le risultanze del procedimento, ma esclusivamente le modalità con cui il controinteressato è stato individuato come unico candidato alla procedura di chiamata diretta. Lungi dall’aver svolto una qualsivoglia valutazione comparativa, il Dipartimento avrebbe proceduto de plano ad individuare Gentileschi come il candidato da sottoporre alla valutazione della Commissione prevista dal dall’art. 9 del regolamento di Ateneo sulle chiamate, in violazione dell’art. 24, comma 5, della l. n. 240 del 2010, il quale prevedrebbe che di tale procedura debba darsi apposita pubblicità.
3.2.‒ La tesi opposta dell’appellante ritiene che non esisterebbe, con riguardo alla chiamata ex art. 24, comma 6, della legge n. 240 del 2010, alcuna procedura concorsuale di cui debba essere data pubblicità al fine di consentire di presentare domanda di partecipazione. La ratio sottesa alla pubblicità prevista dalla citata disposizione si differenzierebbe in modo evidente da quella richiesta per le procedure di selezione di tipo concorsuali, quale ad esempio la procedura disciplinata dall’art. 18 della stessa legge, dove la pubblicità deriverebbe dall’esigenza di consentire a tutti i possessori dei requisiti di partecipare. Diversamente, nella procedura in esame, il compito della pubblicità sarebbe unicamente quello di rendere nota la procedura che l’Amministrazione ha attivato.
4.‒ Correttamente il giudice di prime cure ha accolto la prima prospettazione.
4.1.‒ Nell’attuale contesto normativo, la copertura dei posti da professore ordinario e associato può avvenire mediante due diverse modalità: mediante procedura selettiva aperta a tutti i soggetti in possesso dell’abilitazione scientifica nazionale e ai professori già in servizio (art. 18, della legge 30 dicembre 2010, n. 240.); per un massimo della metà dei posti disponibili, attraverso le procedure di selezione mediante “upgrading”, di cui all’art. 24, commi 5 e 6, della legge 30 dicembre 2010, n. 240. Le disposizioni dal ultimo citate consentono alla singola Università, «nell’ambito delle risorse disponibili per la programmazione», di valutare i docenti titolari di contratto, in servizio presso l’Ateneo medesimo ed in possesso di abilitazione scientifica, ai fini della loro chiamata nel ruolo dei professori associati (se ricercatori) ovvero in quello dei professore ordinari (se professori associati).
4.2.‒ Il legislatore ha affidato all’autonomia regolamentare dell’Università l’attuazione dell’art. 24, commi 5 e 6. Nella vicenda in esame, l’art. 9 del «Regolamento per la disciplina della chiamata dei Professori di prima e seconda fascia ai sensi dell’art. 18, comma 1, e dell’art. 24, commi 5 e 6, della legge 30 dicembre 2010, n. 240», stabiliva che «il dipartimento individua il candidato da sottoporre a valutazione» e che «la valutazione è effettuata da una commissione nominata dal Rettore, su proposta del dipartimento interessato che ha richiesto la copertura del posto ed è composta di tre professori di prima fascia inquadrati nel macrosettore a cui appartiene il settore concorsuale per il quale il candidato ha conseguito l’abilitazione, anche esterni ai ruoli dell’Ateneo o attivi in università o centri di ricerca di Paesi OCSE, di cui almeno un professore del settore di abilitazione del candidato». Aggiunge che «la commissione formula le proprie valutazioni tenendo conto dei criteri, dei parametri e gli indicatori stabiliti dal regolamento ministeriale, nonché in conformità agli standard qualitativi riconosciuti a livello internazionale individuati dal regolamento dell’Università nell’ambito dei criteri fissati con il decreto ministeriale 4 agosto 2011, n. 344».
5.‒ Il tratto differenziale dei due dispositivi di accesso è costituito dal fatto che, mentre il primo ha natura concorsuale (quindi aperto a tutti i candidati interessati), la seconda prevede un meccanismo di reclutamento eccezionale riservato agli “interni”, ovvero al ricercatore o al professore già incardinato presso l’università. Sennonché, la rinuncia alla massima concorsualità tipica della procedura aperta, non significa affatto che tale peculiare forma di reclutamento sia rimessa a valutazioni “libere” (secondo il criterio dell’intuitus personae), né tantomeno che possa avvenire a mezzo di procedure opache.
Tale assunto si fonda sui seguenti argomenti ermeneutici.
5.1.‒ In primo luogo, viene in rilievo il dato normativo previsto dal comma 5 dell’art. 24 della legge 240/2010, in quanto richiamato dal comma 6, secondo cui «[…] alla procedura è data pubblicità sul sito dell’ateneo[…]». Questa Sezione, in un caso analogo, ha già evidenziato come la funzione della norma sia quella di rendere edotti dell’esistenza della procedura anche soggetti diversi da quelli individuati autonomamente dagli organi universitari, al fine di accordare loro una chance di partecipazione. Qualificare la prescritta formalità alla stregua di una mera pubblicità-notizia ‒ peraltro, secondo una tassonomia di derivazione prettamente privatistica ‒ porterebbe a concludere che tale “notizia” possa esser data anche dopo la conclusione della procedura, poiché nessun limite temporale viene indicato dalla norma, con la conseguenza, correttamente individuata dalla sentenza impugnata, di un’inammissibile abrogazione della norma in via interpretativa (sentenza 20 aprile 2017, n. 1856).
5.2.‒ Sul piano sistematico, per quanto la disciplina statale (così come quella regolamentare di riferimento) non contenga disposizioni riferite alla peculiare situazione di un dipartimento in cui siano in servizio più candidati in possesso dei medesimi requisiti di accesso alla procedura di chiamata diretta, è possibile ovviare a tale lacuna assiologica attraverso il ricorso ai principi generali dell’ordinamento giuridico in tema di trasparenza, adeguata pubblicità, non discriminazione, parità di trattamento. In base alla loro piana applicazione, l’Università avrebbe dovuto procedere all’espletamento di una procedura di tipo comparativo ai fini dell’individuazione del candidato da parte del Dipartimento da sottoporre alla valutazione della Commissione, atteso che erano presenti una pluralità di candidati astrattamente in possesso dei requisiti richiesti dalla relativa normativa di settore.
5.3.‒ Sovviene poi l’obbligo per il giudice comune dell’interpretazione costituzionalmente orientata. Occorre ricordare che, secondo la giurisprudenza costituzionale, il concorso pubblico è la forma generale ed ordinaria di reclutamento del personale della pubblica amministrazione, in quanto meccanismo imparziale che, offrendo le migliori garanzie di selezione tecnica e neutrale dei più capaci sulla base del merito, garantisce l’efficienza dell’azione amministrativa (ex plurimis, sentenze n. 134 del 2014; n. 277, n. 137, n. 28 e n. 3 del 2013). L’indefettibilità del concorso pubblico come canale di accesso pressoché esclusivo nei ruoli delle pubbliche amministrazioni non è assoluta. Ad essa tuttavia può derogarsi solo in presenza di peculiari e straordinarie esigenze di interesse pubblico (sentenze n.7 del 2015; n. 134 del 2014; n. 217 del 2012). Forme diverse di reclutamento e di copertura dei posti devono essere legislativamente disposte per singoli casi e secondo criteri che, pur involgendo necessariamente la discrezionalità del legislatore, devono rispondere a criteri di ragionevolezza che non contraddicano i principi di buon andamento e di imparzialità dell’amministrazione. L’area delle eccezioni al principio del concorso è stata delimitata in modo assai rigoroso. Sono ritenute legittime le sole deroghe giustificate dall’esigenza di garantire alla pubblica amministrazione specifiche competenze consolidatesi all’interno dell’amministrazione stessa e non acquisibili dall’esterno.
Ebbene, poiché ogni limitazione del precetto costituzionale del pubblico concorso, alterando le condizioni di parità di trattamento degli aspiranti, deve considerarsi del tutto eccezionale, oltre a dover essere sorretta da motivazioni non irragionevoli, deve preferirsi l’interpretazione secondo cui gli “interni” in possesso dei medesimi requisiti devono essere posti in grado di partecipare alla procedura di reclutamento in condizioni di parità.
5.‒ L’appello, in definitiva, va respinto. Alla procedura di chiamata in contestazione non è stata data alcuna preventiva e adeguata pubblicità. L’organismo «informale» che ha operato l’individuazione del candidato non ha documentato la propria attività in alcun verbale e neppure è stato richiesto agli interessati di inviare i relativi curricula.
5.1.‒ Le spese di lite del secondo grado di giudizio possono interamente compensarsi tra le parti attesa la novità della questione.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull’appello n. 8058 del 2017, come in epigrafe proposto, lo rigetta. Compensa interamente tra le parti le spese del secondo grado di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 29 marzo 2018 con l’intervento dei magistrati:
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Presidente
Silvestro [#OMISSIS#] Russo, Consigliere
[#OMISSIS#] Mele, Consigliere
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Consigliere
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Consigliere, Estensore
Pubblicato il 24/04/2018
Consiglio di Stato, Sez. VI, 24 aprile 2018, n. 2500
Procedura di valutazione comparativa copertura posto di professore associato-Chiamata ex art. 24, comma 6, legge 30 dicembre 2010, n. 240-Assenza di pubblicità procedura-Assenza valutazione comparativa-Illegittimità
Data Documento: 2018-04-24
Area:
Giurisprudenza
Contenuto sentenza