Consiglio di Stato, Sez. VI, 27 luglio 2017, n. 3755

Abilitazione scientifica nazionale-Giudizio di ottemperanza-Giudicato

Data Documento: 2017-07-27
Area: Giurisprudenza
Massima

Quando il giudicato viene a incidere su di un atto indivisibile che, oltre ad essere caratterizzato da una pluralità di destinatari, abbia un contenuto inscindibile sicché non possa essere scisso in distinte ed autonome determinazioni, ovvero su un atto collettivo, che, parimenti, non possa essere ritenuto, all’esito del giudicato di annullamento, esistente per taluni o inesistente per altri, l’individuazione della sfera di efficacia soggettiva della sentenza amministrativa di annullamento dipende a seconda che si abbia riguardo alla sua parte cassatoria dell’atto, ovvero a quella ordinatoria. In ordine alla prima, gli «effetti della sentenza» non possono che prodursi erga omnes; in ordine alla seconda, l’«autorità del giudicato» ‒ e i vincoli conformativi che esso comporta ‒ fa stato unicamente inter partes (cfr. Consiglio di Stato, Sez. VI, 5 dicembre 2005, n. 6964; Sez. IV, 5 settembre 2003, n. 4977; Sez. V, 6 marzo 2000, n. 1142; Sez. IV, 2 agosto 2000, n. 4253; Sez. V, 9 aprile 1994, n. 276; Sez. IV, 18 luglio 1990, n. 561).

Contenuto sentenza

N. 03755/2017 REG.PROV.COLL.
N. 01310/2017 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
ex artt. 114 e 60 cod. proc. amm.
sul ricorso numero di registro generale 1310 del 2017, proposto da: 
[#OMISSIS#] MANCUSO e [#OMISSIS#] MELIS, entrambi rappresentati e difesi dall’avvocato [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], presso il cui studio sono elettivamente domiciliati in Roma, viale Liegi n. 35/B;
contro
MINISTERO DELL’ISTRUZIONE DELL’UNIVERSITÀ E DELLA RICERCA, in persona del ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici è domiciliato in Roma, via dei Portoghesi n. 12; 
PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI – AGENZIA NAZIONALE DI VALUTAZIONE DEL SISTEMA UNIVERSITARIO E DELLA RICERCA (ANVUR) – AGENZIA NAZIONALE DI VALUTAZIONE DEL SISTEMA UNIVERSITARIO E DELLA RICERCA (ANVUR), non costituiti in giudizio; 
nei confronti di
NAVONE [#OMISSIS#], non costituito in giudizio; 
per la riforma:
della sentenza del T.A.R. LAZIO – ROMA – SEZ. III BIS n. 11297/2016;
 Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 22 giugno 2017 il Cons. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] e uditi per le parti gli avvocati [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] e [#OMISSIS#] De [#OMISSIS#] dell’Avvocatura Generale dello Stato;
 1.– Con il ricorso in ottemperanza promosso in primo grado, i signori [#OMISSIS#] MANCUSO e [#OMISSIS#] MELIS premettevano: – di aver partecipato alla procedura di abilitazione scientifica nazionale per il conseguimento dell’idoneità alla funzione di professore universitario di seconda fascia per i settori concorsuali di rispettivo interesse, nella tornata 2012; – di essere stati dichiarati non idonei, pur avendo riportato tre giudizi favorevoli su cinque dei componenti, in applicazione dell’art. 8, comma 5, del d.P.R. n, 222/2011, il quale, all’epoca, disponeva nel senso che «la commissione delibera a maggioranza dei quattro quinti dei componenti»; – di non avere impugnato i suddetti giudizi di non idoneità; – che, con sentenza n. 13121 del 2015, confermata dal Consiglio di Stato, sezione sesta, sentenza n. 470 del 2016, il TAR del Lazio, nel pronunciarsi su ricorso proposto da altro candidato, ha dichiarato l’illegittimità dell’art. 8, comma 5, del d.P.R. n. 222/2011; – che, a seguito di detta sentenza, il Ministero appellato non ha ritenuto di intervenire in via di autotutela per ritirare tutti i giudizi di non idoneità fondati sull’applicazione della norma regolamentare annullata (postulante la maggioranza qualificata dei 4/5) e per riconoscere il conseguimento della idoneità a coloro che, come i ricorrenti, avevano riportato 3 giudizi favorevoli su 5, in forza dell’estensione degli effetti dell’annullamento a tutti i possibili destinatari, ancorché non fossero parti di quel giudizio. Su queste basi, i ricorrenti chiedevano che, in esecuzione del giudicato della citata sentenza, venisse loro riconosciuta l’applicazione della regola generale della maggioranza di tre voti favorevoli su cinque con conseguente riconoscimento dell’abilitazione.
2.– Il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, con la sentenza impugnata, ha respinto il ricorso.
3.– I signori [#OMISSIS#] MANCUSO e [#OMISSIS#] MELIS hanno quindi proposto appello, chiedendo, in riforma della sentenza impugnata, di ordinare al MIUR, in sede di ottemperanza, l’adozione di tutte le misure ed i provvedimenti necessari per assicurare la piena esecuzione degli effetti derivanti dal giudicato, nel senso della loro favorevole estensione ai ricorrenti ai fini del riconoscimento del conseguimento dell’abilitazione in esame.
4.– Il Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca si è costituito in giudizio, chiedendo che l’appello sia dichiarato inammissibile o comunque infondato.
5.‒ All’udienza del 22 giugno 2017, la causa è stata discussa ed è stata trattenuta per la decisione.
6.‒ Gli appellanti lamentano che la sentenza impugnata erroneamente non ha riconosciuto, anche in loro favore, l’effetto conformativo conseguente all’annullamento di un atto amministrativo a contenuto generale ed indivisibile, avente efficacia erga omnes in ragione dell’inscindibilità dell’atto annullato. Invocano a tal fine l’applicazione delle disposizioni relative al giudizio di ottemperanza, precisando che la lettera dell’art. 114 c.p.a., lungi dal restringere il piano della legittimazione attiva, non precluderebbe la proposizione dell’azione a soggetti che non hanno partecipato al giudizio culminato con la sentenza della cui esecuzione si tratta.
7.‒ L’appello va respinto, in quanto è fondata ed assorbente l’eccezione di carenza di legittimazione attiva dei ricorrenti, come correttamente rilevato dal giudice di prime cure.
7.1. ‒ In termini generali, legittimate alla proposizione del giudizio di ottemperanza sono tutte e solo le parti che hanno partecipato al giudizio di cognizione concluso con la pronuncia oggetto della domanda di esecuzione, in coerenza con la nozione di “cosa giudicata” di cui all’art. 2909 c.c., la quale fa stato, ad ogni effetto, tra le parti, i loro eredi o aventi causa.
7.2.‒ Quando il giudicato venga a incidere su di un atto indivisibile che, oltre ad essere caratterizzato da una pluralità di destinatari, abbia un contenuto inscindibile sicché non possa essere scisso in distinte ed autonome determinazioni, ovvero su un atto collettivo, che, parimenti, non possa essere ritenuto, all’esito del giudicato di annullamento, esistente per taluni o inesistente per altri, l’individuazione della sfera di efficacia soggettiva della sentenza amministrativa di annullamento dipende a seconda che si abbia riguardo alla sua parte cassatoria dell’atto, ovvero a quella ordinatoria. In ordine alla prima, gli «effetti della sentenza» non possono che prodursi erga omnes; in ordine alla seconda, l’«autorità del giudicato» ‒ e i vincoli conformativi che esso comporta ‒ fa stato unicamente inter partes (cfr. Consiglio di Stato, sez. VI, 5 dicembre 2005, n. 6964; sez. IV, 5/09/2003, n. 4977; sez. V, 6 marzo 2000, n. 1142; sez. IV, 2 agosto 2000, n. 4253; sez. V, 9 aprile 1994, n. 276; sez. IV, 18 luglio 1990, n. 561). Nel caso di specie, in cui il provvedimento annullato ha natura regolamentare, i ricorrenti intendono inammissibilmente fruire degli effetti rinnovatori e non solo cassatori del giudicato.
7.3.‒ Deve aggiungersi che l’annullamento della regola della maggioranza assoluta per il superamento dell’esame abilitativo non ha impedito il consolidamento dei provvedimenti applicativi (i giudizi negativi), rimasti inoppugnati. La situazione che qui ricorre è infatti quella dell’effetto invalidante (e non travolgente), e per far valere l’invalidità dell’atto successivo sarebbe stata necessaria una sua distinta impugnazione. La connessione tra due atti si connota per l’assenza di una relazione unica e necessaria, in quanto, a differenza da quanto ritenuto dagli odierni appellanti, il ripristino della regola della maggioranza semplice – incidendo sulle modalità di formazione della volontà collegiale ‒ avrebbe comunque comportato una regressione del procedimento alla fase valutativa discrezionale precedente l’assegnazione dei giudizi individuali.
8.‒ Le spese di lite seguono la soccombenza, secondo la regola generale.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge. Condanna gli appellanti al pagamento delle spese di lite in favore della controparte costituita, che si liquidano in € 1.500,00.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 22 giugno 2017 con l’intervento dei magistrati:
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Presidente
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Consigliere
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Consigliere
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Consigliere
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Consigliere, Estensore 
Pubblicato il 27/07/2017