Consiglio di Stato, Sez. VI, 4 luglio 2018, n. 4120

Data Documento: 2018-07-04
Area: Giurisprudenza
Contenuto sentenza

N. 04120/2018REG.PROV.COLL.
N. 06041/2016 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 6041 del 2016, proposto dalla signora:
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], rappresentata e difesa dagli avv.ti [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] e [#OMISSIS#] Reggio d’Aci, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. [#OMISSIS#] Reggio d’Aci in Roma, via delle Medaglie d’Oro, 122; 

contro
il signor [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], rappresentato e difeso dall’avv. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], con domicilio eletto presso lo studio del dott. Gian [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] in Roma, corso [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] II, 18; 
l’Universita’ degli studi di Bologna, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, domiciliata ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12; 

nei confronti
dei signori [#OMISSIS#] Grigioni e [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], non costituiti in giudizio; 

per l’annullamento ovvero la riforma
della sentenza del TAR Emilia Romagna, sede di Bologna, sezione I, 6 maggio 2015 n.499, resa fra le parti, la quale ha respinto il ricorso n.749/2015 R.G. proposto per l’annullamento in sede di opposizione di terzo della sentenza del medesimo TAR Emilia Romagna Bologna sezione I, 20 maggio 2015 n.468, la quale aveva accolto il ricorso n.482/2014 R.G. proposto da [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] contro l’Università degli studi di Bologna e per l’effetto annullato la nota 21 maggio 2014 prot. n.29329, con la quale il Rettore dell’università predetta aveva respinto l’istanza di ammissione con riserva del ricorrente alla procedura valutativa per la copertura di n. 153 posti di professore universitario di ruolo – II fascia indetta con decreto dello stesso Rettore 8 maggio 2014 n.385, quanto ai due posti di professore di II fascia per il settore scientifico disciplinare- SSD MED/11 – Malattie dell’apparato cardiovascolare, di interesse del ricorrente;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] e dell’Università degli studi di Bologna;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 21 giugno 2018 il Cons. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] e uditi per le parti gli avvocati [#OMISSIS#], Reggio d’Aci e Pafundi, questi in sostituzione dell’avv. [#OMISSIS#], e l’avvocato dello Stato [#OMISSIS#] [#OMISSIS#];
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Questa causa si inserisce in un complesso contenzioso che si è creato attorno alla procedura valutativa per la copertura di n. 153 posti di professore universitario di ruolo – II fascia indetta con decreto 8 maggio 2014 n.385 del Rettore dell’Università di Bologna, nella parte in cui essa riguarda i due posti di professore di II fascia disponibili per il settore scientifico disciplinare- SSD MED/11 – Malattie dell’apparato cardiovascolare, alla quale hanno partecipato la opponente appellante e l’opposto appellato.
Si tratta, nella terminologia usata dalla l. 23 dicembre 2010 n.240 che disciplina la materia, di una procedura di “chiamata”, finalizzata alla concreta assunzione dei docenti universitari, procedura disciplinata dai regolamenti delle singole università nel rispetto dei principi stabiliti dall’art. 18 della stessa l. 240/2010, e in particolare di quanto prevede il comma 1 lettera b) di tale articolo, che ammette a parteciparvi gli “studiosi in possesso dell’abilitazione per il settore concorsuale ovvero per uno dei settori concorsuali ricompresi nel medesimo macrosettore e per le funzioni oggetto del procedimento”.
Come regola generale, la partecipazione alle procedure di tal tipo presuppone infatti il previo conseguimento del titolo previsto dall’art. 16 comma 1 della stessa l.240/2010, per cui appunto “È istituita l’abilitazione scientifica nazionale, di seguito denominata «abilitazione». L’abilitazione ha durata di sei anni e richiede requisiti distinti per le funzioni di professore di prima e di seconda fascia. L’abilitazione attesta la qualificazione scientifica che costituisce requisito necessario per l’accesso alla prima e alla seconda fascia dei professori”.
In concreto, l’abilitazione è conferita con le modalità stabilite da un apposito regolamento di attuazione, che all’epoca dei fatti era il D.P.R. 14 settembre 2011 n.222: per quanto qui interessa, ai sensi dell’art. 2 dello stesso regolamento, la procedura, che in concreto vede la valutazione da parte di apposite commissioni del precedente lavoro scientifico dei candidati, veniva all’epoca indetta ogni anno, con un apposito decreto ministeriale.
Ciò premesso, la prima fase del contenzioso in esame ha riguardato proprio l’abilitazione, dato che per conseguirla entrambi gli interessati hanno partecipato alla procedura indetta in merito con decreto direttoriale del Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca – MIUR 20 luglio 2012 n.222, entrambi in prima battuta sono stati dichiarati non idonei ed entrambi contro tale risultato negativo hanno proposto ricorso giurisdizionale.
In dettaglio, è avvenuto quanto segue.
L’opponente appellante ha impugnato il giudizio negativo in questione con ricorso al TAR Lazio, sede di Roma, depositato il 26 febbraio 2014 e rubricato al n.2436/2014 R.G.; nell’ambito di tale giudizio ha ottenuto dapprima l’ordinanza cautelare della sezione III 6 agosto 2014 n.3882, che ordinava un riesame della sua posizione; dopo che tale riesame è sfociato in un nuovo giudizio negativo, la stessa lo ha impugnato con motivi aggiunti nello stesso ricorso n.2436/2014.
Il ricorso n.2436/2014 in questione è stato definito con la sentenza TAR Lazio Roma sez. III 10 giugno 2016 n.8124, che non consta appellata, e che ha accolto sia il ricorso principale, sia i motivi aggiunti, annullando gli atti impugnati e prescrivendo in motivazione che “l’amministrazione dovrà … procedere ad un riesame del suddetto giudizio, ad opera di una differente commissione, entro il termine di 60 (sessanta) giorni dalla notifica o comunicazione della presente sentenza”.
La commissione che ha proceduto in ottemperanza a tale sentenza si è nuovamente espressa in senso negativo, e l’opponente appellante ha impugnato anche tale ulteriore provvedimento sfavorevole con un nuovo ricorso al TAR Lazio Roma, rubricato al n.9016/2016 R.G. e allo stato non ancora definito (cfr. memoria opposto appellato 21 maggio 2018, p.2 § 2; il fatto storico peraltro è incontestato).
Per parte sua, l’opposto appellato ha impugnato il giudizio negativo che lo riguardava con un proprio ricorso sempre al TAR Lazio sede di Roma, depositato sempre il 26 febbraio 2014 e rubricato al n.2435/2014 R.G., nell’ambito del quale ha a sua volta ottenuto un ordinanza cautelare della sezione III, provvedimento 5 agosto 2014 n.2014, che ordinava anche in questo caso un riesame della sua posizione.
Nel caso dell’opposto appellato, tale riesame ha avuto esito positivo, e quindi il TAR Lazio Roma, con sentenza sez. III 21 aprile 2015 n.5793, che pure non consta impugnata, secondo la lettera del dispositivo ha dichiarato “la cessazione della materia del contendere sul ricorso come in epigrafe proposto”, ovvero sul ricorso contro il diniego di abilitazione; ha poi dichiarato “l’inammissibilità della richiesta di una pronuncia in ordine alla data di decorrenza della abilitazione scientifica del ricorrente” (per tutto ciò, si veda il testo delle due sentenze citate).
Parallelamente, con il decreto 8 maggio 2014 meglio indicato in epigrafe, l’Università di Bologna ha indetto la procedura di chiamata di interesse tanto per l’opponente appellante quanto per l’opposto appellato, i quali presentavano quindi domanda di ammissione con riserva, in dipendenza dai ricorsi proposti, all’epoca pendenti, contro il diniego di abilitazione che li riguardava, e ottenevano entrambi un provvedimento negativo, che impugnavano a sua volta in sede giurisdizionale avanti il TAR Emilia Romagna, sede di Bologna, competente per territorio.
In dettaglio, è accaduto quanto ora si va a spiegare.
L’opponente appellante impugnava anzitutto, con un primo ricorso depositato il giorno 22 maggio 2014 e rubricato al n.484/2014, gli stessi atti di indizione della procedura di chiamata, ritenendola lesiva per il sol fatto di svolgersi nella pendenza del proprio ricorso contro il diniego di valutazione – ciò è a dire nella pendenza del ricorso n.2436/2014 TAR Lazio Roma di cui si è detto; presentava poi domanda di ammissione con riserva alla procedura stessa e, ricevuta una nota 21 maggio 2014 prot. n.29323 ritenuta non satisfattoria, la impugnava con motivi aggiunti al ricorso 484/2014, depositati il giorno 27 maggio 2014; veniva quindi ammessa alla procedura con ordinanza cautelare sez. I 19 giugno 2014 n.311 e si classificava al primo posto su quattro candidati, davanti ai due controinteressati citati in giudizio in questa sede e all’opposto appellato, ultimo fra essi e quindi non collocato in posizione utile; con successivo ricorso depositato il giorno 17 dicembre 2014 e rubricato al n.1146/2014 R.G. impugnava l’atto di approvazione della graduatoria, nella parte in cui il Rettore si riservava di rettificarla in dipendenza dalle ammissioni con riserva.
A questo punto, interveniva un nuovo provvedimento, con il quale il Rettore stesso annullava d’ufficio gli atti della procedura, a cagione di un conflitto di interessi fra la posizione del presidente della commissione e quella della stessa opponente appellante, la quale impugnava tale provvedimento di annullamento con un terzo ricorso, depositato il giorno 31 marzo 2015 e rubricato al n. 227/2015 R.G.
Il TAR Emilia Romagna Bologna riuniva i tre ricorsi dell’opponente appellante e li decideva con l’unica sentenza sez. I 25 agosto 2015 n.770, con la quale dichiarava improcedibili i primi due ricorsi e respingeva il terzo.
In particolare, in ordine al ricorso n.484/2014, osservava in motivazione che all’esito del giudizio da lei promosso, nei termini spiegati, avanti il TAR Lazio Roma, l’opponente appellante si sarebbe dovuta ritenere abilitata, sì che ella aveva legittimamente partecipato alla selezione per cui era causa.
La sentenza 770/2015 veniva impugnata sia dall’opponente appellante, con appello principale diretto contro la reiezione del terzo ricorso, sia dall’Università e da uno dei controinteressati, con appelli incidentali contro le declaratorie di improcedibilità dei due primi ricorsi, dirette a contestare l’affermazione del TAR per cui l’opponente appellante si sarebbe ormai dovuta ritenere in possesso dell’abilitazione scientifica nazionale.
Tutte le predette impugnazioni venivano decise con sentenza di questo Giudice sez. VI 24 ottobre 2016 n.4440, la quale respingeva l’appello principale e accoglieva quelli incidentali “nei sensi di cui in motivazione”, offrendo sul punto precisazioni come si dirà anch’esse rilevanti per la decisione di questa causa.
Per parte sua, l’opposto appellato impugnava a sua volta gli atti della procedura e il provvedimento dell’Università 21 maggio 2014 prot n.29329, che non lo ammetteva alla procedura di chiamata, con ricorso depositato il giorno 22 maggio 2014, rubricato al n.482/2014 R.G. e integrato da motivi aggiunti; nell’ambito di tale giudizio otteneva l’ammissione con riserva alla procedura stessa in forza di un provvedimento cautelare, l’ordinanza 19 giugno 2014 n.312, e come detto si classificava in posizione non utile. Malgrado ciò, il TAR Emilia Romagna Bologna con la sentenza sez. I 20 maggio 2015 n.468, quella qui impugnata con l’opposizione di terzo, decideva il ricorso nel merito, e lo accoglieva, osservando che dall’annullamento dell’esito della procedura, di cui pure si è detto, e dalla conseguente necessità di rinnovarla fermo il bando, scaturiva un interesse del ricorrente a parteciparvi, tutelabile appunto con la decisione nel merito. A tale ultimo proposito, osservava come essendo all’epoca della domanda di partecipazione “sub iudice la sussistenza o meno del requisito dell’abilitazione scientifica nazionale necessario per concorrere alla chiamata, l’Università, nelle more di quel giudizio, altro non poteva che ammettere il ricorrente con riserva alla procedura, salvo poi confermare tale ammissione e partecipazione riscontrando il conseguimento ex tunc del requisito”.
L’interessata, tutto ciò posto, ha proposto opposizione di terzo ai sensi dell’art. 108 c.p.a. contro la suddetta sentenza 468/2015.
In proposito, ha dedotto preliminarmente di avere interesse all’impugnazione a seguito dell’annullamento d’ufficio della procedura: poiché essa si deve ripetere, fermo il bando, ella ha interesse, in sintesi estrema, a che vi partecipino solo concorrenti legittimati.
Nel merito, ha dedotto che legittimato a partecipare non sarebbe l’opposto appellato, poiché, come si desumerebbe dalla citata sentenza del TAR Lazio Roma 5793/2015 che si è pronunciata sul punto, la sua abilitazione daterebbe dal 26 novembre 2014 e non come da lui ritenuto dal 16 dicembre 2013, ovvero sarebbe conseguita in data non utile per partecipare alla selezione.
L’Università e l’opposto appellato hanno contestato tale ordine di idee, ed eccepito in via preliminare il difetto di legittimazione dell’opponente, in quanto allo stato priva di abilitazione nazionale.
Con la sentenza meglio indicata in epigrafe, il TAR ha respinto nel merito l’opposizione, non esaminando l’eccezione preliminare, ritenendo che l’abilitazione decorresse invece da data utile.
Contro tale sentenza, l’opponente ha proposto impugnazione, con appello che contiene due censure, riconducibili ad un unico motivo, in cui deduce un errore di fatto da parte del Giudice di primo grado, nel senso che la decorrenza da data non utile dell’abilitazione dell’opposto appellato sarebbe stabilita con efficacia di giudicato dalla sentenza TAR Lazio Roma 5793/2015 di cui s’è detto.
L’opposto appellato ha resistito, con atto 22 novembre 2017 e memoria 21 maggio 2018, in cui ripropone l’eccezione preliminare di cui sopra e chiede che l’appello sia comunque respinto nel merito.
Con memoria 31 maggio 2018, l’opponente appellante ha ribadito le proprie asserite ragioni.
Alla pubblica udienza del giorno 21 giugno 2018, infine, la Sezione ha trattenuto il ricorso in decisione.
DIRITTO
1. L’appello è infondato e va respinto, per le ragioni di seguito precisate.
2. Va anzitutto respinta l’eccezione preliminare di inammissibilità proposta dalla difesa dell’opposto appellato, secondo la quale, come detto in premesse, l’opponente appellante non sarebbe legittimata a contestare il titolo della sua partecipazione alla procedura perché priva in radice dell’abilitazione, e quindi del titolo che consente a lei stessa di parteciparvi.
La posizione in proposito dell’opponente appellante è contraria, nel senso che ella ritiene, come pure esposto in premesse, di essere pienamente legittimata, in quanto titolare di abilitazione.
3. Ad avviso del Collegio, nessuno di questi punti di vista qualifica in modo corretto la fattispecie.
Incominciando dalla posizione della opponente appellante, è chiaro che ella, al momento presente, non è in possesso dell’abilitazione scientifica nazionale, per l’evidente ragione che è stata dichiarata non idonea, anche se, come si è detto in premesse, ha impugnato tale giudizio di inidoneità al TAR Lazio Roma, con il ricorso n.9016/2016 R.G., allo stato non ancora deciso.
La sua assunzione contraria, ovvero quella di essere abilitata, deriva invece da quanto affermato dal TAR Emilia Romagna Bologna nella sentenza 770/2015, riportata in narrativa, nella parte in cui essa decide sul ricorso n.484/2014, su cui fra poco.
4. Tale affermazione, peraltro, è superata da quanto deciso con la sentenza della Sezione 4440/2016, di cui si è a sua volta detto in premesse, la quale ha accolto l’appello incidentale proposto contro tale capo della sentenza 770/2015, e testualmente ha affermato: “deve … escludersi che, nelle more del presente giudizio (fino al momento del passaggio della causa in decisione), si sia consolidata la situazione dell’originaria ricorrente, posta a base della sua ammissione con riserva alla procedura di chiamata e della sua collocazione con riserva in graduatoria. L’art. 2 del decreto rettorale n. 385/2014, con cui era stata indetta la procedura concorsuale, prevede che tutti i candidati sono ammessi con riserva, ferma restando la facoltà del rettore di disporne l’esclusione, con provvedimento motivato, per mancanza dei requisiti di ammissione previsti, con la conseguenza che ogni relativa determinazione dovrà essere assunta in sede procedimentale, all’esito della fase in rinnovazione disposta con l’atto di annullamento d’ufficio di tutti gli atti successivi al bando”.
E’ appena il caso di notare che, per quanto riguarda il punto specifico, dal passaggio in decisione della causa definita con la sentenza 4440/2016 ad oggi nulla è cambiato, nel senso che circa l’abilitazione della opponente appellante non sono intervenute nuove decisioni, né amministrative né giurisdizionali. Quanto affermato dalla sentenza deve quindi esser tenuto per fermo.
5. In tali termini, non è corretta nemmeno l’affermazione dell’opposto appellato, secondo la quale l’opponente appellante sarebbe da ritenere puramente e semplicemente priva dell’abilitazione. In realtà, la posizione di costei è appunto quella affermata dalla sentenza 4440/2016: è un soggetto ammesso alla procedura con riserva, appunto di verifica del requisito dell’abilitazione, questione che sarà decisa dall’amministrazione, e si potrà se del caso contestare in sede giurisdizionale, solo all’esito della procedura rinnovata. Tale soggetto, come è evidente, può per ciò solo astrattamente contestare prima di ciò l’ammissione di altri soggetti alla procedura stessa, salva la valutazione del merito di quanto dedotto sul punto.
6. Quanto appena esposto in punto legittimazione porta però a respingere l’appello nel merito.
Se la posizione della opponente appellante rispetto alla procedura per cui è causa è quella di soggetto ammesso con riserva, ai sensi di quanto stabilito dalla sentenza 4440/2016, è chiaro che lo stesso deve valere per ogni altro soggetto che partecipi alla procedura, ovvero alla riedizione di essa, e quindi anche per l’opposto appellato.
Anche dell’abilitazione di quest’ultimo, quindi, si discuterà in sede amministrativa all’esito della procedura rinnovata, con decisione che l’attuale opponente appellante potrà contestare, ove a lei sfavorevole, proponendo il relativo ricorso giurisdizionale di primo grado, al quale non incontrerà preclusioni sul punto.
In tal senso, a ben vedere, si è già pronunciata anche la sentenza del TAR 468/2015 impugnata con l’opposizione, nella parte in cui, come già ricordato, ritiene che l’università fosse tenuta ad ammettere l’opposto appellato alla procedura “salvo poi confermare tale ammissione e partecipazione riscontrando il conseguimento ex tunc del requisito”.
Non vi sono quindi affermazioni della sentenza stessa sul punto di interesse, che con l’opposizione si debbano rimuovere.
7. La sentenza TAR Emilia Romagna Bologna 468/2015, non contiene infatti alcuna affermazione, né in positivo né in negativo, sulla data da cui decorrerebbe l’abilitazione dell’opposto appellato nemmeno nella parte in cui richiamerebbe la sentenza del TAR Lazio Roma 5793/2015.
In primo luogo, il richiamo fatto dalla sentenza 468/216 alla sentenza 5793/2015 è molto generico, dato che si limita all’affermazione per cui “il ricorrente è stato ammesso alla procedura, con riserva all’esito del riesame disposto dal TAR Lazio, che si è poi concluso favorevolmente con il conseguimento, ora per allora, della abilitazione scientifica nazionale nella disciplina di appartenenza”, affermazione che come si vede non si riferisce né a un provvedimento individuato né a date precise.
Sotto poi un secondo e più rilevante profilo, la sentenza TAR Lazio Roma 5793/2015 sulla decorrenza dell’abilitazione non si pronuncia, perché, come riportato in premesse, dichiara inammissibile la domanda proposta sul punto. Il riferimento al concetto di inammissibilità non lascia dubbi in proposito, perché, secondo il significato del termine come unanimemente inteso nel diritto processuale, l’inammissibilità corrisponde ad una decisione di [#OMISSIS#], ovvero alla constatazione del Giudice di non poter esprimersi sul merito della questione.
8. La particolarità e complessità del caso deciso, sul quale non constano precedenti editi negli esatti termini, è giusto motivo per compensare le spese.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull’appello in epigrafe indicato (ricorso n.6041/2016 R.G.), lo respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 21 giugno 2018 con l’intervento dei magistrati:
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Presidente
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Consigliere
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Consigliere
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Consigliere
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Consigliere, Estensore

Pubblicato il 4/07/2018