Consiglio di Stato, Sez. VI, 6 marzo 2018, n. 1439

Gara pubblica in materia di appalti-Dato informativo

Data Documento: 2018-03-06
Area: Giurisprudenza
Massima

Per una stazione appaltante, il dato informativo (utile ai fini della configurazione della base economica d’asta) costituito dal fatturato conseguito, durante il corso del rapporto, ormai esaurito, dal precedente affidatario non può essere assunto né come unico né come dirimente ai fini della predetta configurazione posto che, allora, per un appaltante pubblico sarebbe sempre praticamente impossibile operare miglioramenti a proprio vantaggio e, periodicamente, in occasione di ogni scadenza contrattuale ,delle condizioni economiche che caratterizzano il rapporto che viene nuovamente messo a gara.
Quel dato informativo, piuttosto, assume una posizione di rilievo le volte in cui il quadro conoscitivo d’insieme delle opportunità di ricavi – da parte dei contendenti che operano sul mercato e che possono aspirare ad aggiudicarsi un contratto attivo per l’amministrazione – è carente dal punto di vista della stazione appaltante, la quale appunto, a causa del suo deficit informativo, non è in grado da sé di ricavare gli ‘spazi’ equilibrati ed effettivi di quei margini di miglioramento sopra detti che, in una data fattispecie concreta, è per essa legittimo tentare di conseguire (almeno fino al punto di non rischiare che una gara le vada deserta ovvero, all’opposto, che un aggiudicatario che abbia ecceduto – attraverso offerte migliorative poi non sopportabili economicamente – nell’aderire alla pretesa di miglioramento desiderata dalla stazione appaltante sia poi costretto ad abbassare, in corso di rapporto, quantità e/o qualità del servizio acquisito o, addirittura, ad interromperlo anticipatamente).

Contenuto sentenza

N. 01439/2018REG.PROV.COLL.
N. 08081/2017 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 8081 del 2017, proposto dalla SDA 2000-Società di Distribuzione Automatica s.p.a., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli avvocati [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], [#OMISSIS#] Curri, [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] e [#OMISSIS#] Cerbo, con domicilio eletto presso lo studio del primo in Roma, Via del Viminale, n. 43;
contro
Università degli Studi Genova, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa per legge dall’Avvocatura generale dello Stato, domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi, n. 12;
nei confronti di
Gruppo [#OMISSIS#] s.p.a., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall’avvocato [#OMISSIS#] Donati, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via [#OMISSIS#] De Cavalieri, n. 11;
Gedam Service s.r.l., Adib Vending s.r.l., non costituiti in giudizio;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. LIGURIA – GENOVA: SEZIONE I, n. 586/2017, resa tra le parti, in tema di aggiudicazione del servizio di installazione e gestione di distributori automatici di bevande calde e fredde, di generi alimentari e di gelati.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’Università’ degli Studi Genova e del Gruppo [#OMISSIS#] s.p.a.;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 22 febbraio 2018 il Cons. Italo Volpe e uditi per le parti gli avvocati [#OMISSIS#] Chiummiento, per delega di [#OMISSIS#] Cerbo, e dello Stato M. Vittoria [#OMISSIS#];
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Col ricorso in epigrafe la SDA 2000-Società di distribuzione automatica s.p.a. (di seguito “SDA 2000”) ha impugnato la sentenza del Tar per la Liguria n. 586/2017, pubblicata il 4.7.2017, che – a spese compensate – ha respinto l’originario ricorso ed i motivi aggiunti da essa proposti per:
– l’annullamento:
— in principalità, del decreto del Direttore del DISFOR dell’Università di Genova 19.2.2016, n. 615, e del conseguente invito del 29.2.2016, prot. n. 13528, a presentare offerte nella procedura per l’affidamento in concessione del servizio di installazione e gestione di n. 14 distributori automatici di prodotti alimentari;
— coi motivi aggiunti, del decreto del Direttore del DISFOR 6/5/2016, n. 1601, di aggiudicazione definitiva della procedura, nonché del verbale n. 2 della commissione di gara del 6.4.2016 recante l’aggiudicazione provvisoria della gara;
– la dichiarazione di inefficacia del contratto stipulato dopo l’aggiudicazione definitiva.
1.1. La sentenza impugnata:
– ricordato introduttivamente che:
— il bando di gara aveva previsto l’aggiudicazione in favore del concorrente col più alto punteggio determinato dalla somma di due criteri, ossia il maggior ribasso del prezzo medio dei prodotti a base d’asta da vendere e il maggior rialzo sul corrispettivo annuale di gestione;
— il corrispettivo era stato quantificato in euro 2.000,00 per singolo distributore, onde la base d’asta era di euro 28.000,00 annui e, quindi, di euro 84.000,00 per il previsto triennio di affidamento;
— la SDA 2000 era rimasta estranea alla censurata procedura, sostanzialmente reputando escludenti una previsione di solo rialzo dell’offerta per il canone di concessione e l’inattendibilità dei dati conoscitivi offerti dall’appaltante, che per di più non aveva preso in considerazione la contabilità dell’affidataria uscente;
— alla procedura avevano presentato offerte tre concorrenti, quella aggiudicata essendo contraddistinta da un rialzo sul canone a base d’asta pari al 18,90 per cento;
– respinte preliminarmente tre eccezioni di inammissibilità del ricorso sollevate dalla difesa erariale della stazione appaltante;
– ha poi respinto nel merito affermando, in sostanza, che:
— non era ragionevole presumere che più concorrenti avessero tutti inteso presentare offerte ‘in perdita’, onde – quale valutazione ex post – poteva reputarsi dimostrato che “il canone a base d’asta determinato dall’amministrazione era tale da garantire la rimuneratività del servizio”;
— anche valutando ex ante, tuttavia, la regola di gara risultava corretta, dato che l’Amministrazione aveva (nella fissazione dei parametri base della procedura selettiva) “applicato criteri empirici e ragionevoli, del tutto congrui alle caratteristiche del servizio da affidare in concessione”, tenendo conto del “bacino di utenza” del servizio medesimo (studenti, personale di ruolo e collaboratori del DISFOR, per complessive 2.059 persone), ipotizzando che il 30% di costoro avrebbero usufruito del servizio (spesa al giorno euro 1,00 pro-capite), così pronosticando i ricavi complessivi dell’affidatario, prevedendo una percentuale di utile (40 per cento) stimata tenendo conto dei soli costi diretti a carico dell’affidataria, essendo gli oneri per acqua ed energia elettrica a carico dell’Università;
— non era risolutivo il precedente invocato (CdS, V, n. 748/2017) riguardante la rilevanza del fatturato dell’affidatario uscente perché “Il fatturato del precedente concessionario, infatti, costituisce sicuramente un elemento utile ai fini della determinazione del canone, soprattutto laddove gli elementi a disposizione dell’amministrazione siano incerti e non consentano stime fondate su una metodologia obiettiva. Il “dato storico”, però, deve essere superato nel caso in cui la conoscenza della realtà di fatto (nella specie assai circoscritta) consenta di formulare previsioni attendibili che implicano un incremento della redditività del servizio.”. Inoltre, un eventuale “appiattimento” sui dati del precorso fatturato avrebbe potuto determinare “un rischio di sottostima del canone concessorio”.
2. L’appello è affidato alle seguenti censure:
a) ingiustizia della sentenza impugnata per mancato accoglimento del primo motivo di ricorso, riguardante eccesso di potere per violazione dei principi di ragionevolezza e logicità ed eccesso di potere per carenza di istruttoria e della motivazione;
b) ingiustizia della sentenza impugnata per mancato accoglimento del secondo motivo di ricorso relativo ad eccesso di potere per violazione dei principi di ragionevolezza e logicità nonchè ad eccesso di potere per carenza dell’istruttoria e per violazione di legge per errata applicazione degli artt. 29 e 30 del d.lgs. 163/2006.
2.1. Ad avviso della SDA 2000, in sintesi:
a.1) oltre al fatto che nella compilazione del bando di gara si era fatto confusione tra ‘ricavi’ ed ‘utili’ di azienda, l’affidatario uscente risultava aver conseguito nel triennio precedente ricavi (non utili, dunque) per euro 76.000,00, per cui la previsione di un canone a base d’asta di complessivi euro 84.000,00 dimostrava ex se che l’utile del nuovo affidatario sarebbe stato praticamente azzerato. Da ciò altresì la ragionevole previsione che il nuovo contraente sarebbe andato incontro ad una spiacevole scoperta (l’assenza di [#OMISSIS#]) a tutto svantaggio dell’efficienza del servizio che l’Università intendeva offrire. Inoltre, dati statistici di settore alla mano, le valutazioni compiute dall’Università ed i dati conoscitivi offerti al mercato di riferimento non potevano considerarsi né completi né trasparenti e chiari. Da ciò la portata ‘escludente’ della parte di rilievo del bando di gara;
b.1) gli atti di gara impugnati non consentivano alle imprese partecipanti di formulare un’offerta consapevole e, poi, andava rilevata l’erroneità della sentenza di primo grado lì dove essa non aveva preso in considerazione il precedente giurisprudenziale riguardante l’importanza del dato costituito dal fatturato dell’affidatario uscente.
3. Costituitasi, la controinteressata (nuova affidataria del servizio messo in gara) con memoria del 5.2.2018 ha replicato partitamente alle tesi della SDA 2000, sottolineando fra l’altro che quest’ultima era la società partecipante totalitariamente al capitale dell’affidataria uscente, come tale nelle migliori condizioni per conoscere tutti i dati riguardanti il servizio in questione, oltre che naturalmente portata a preferire il più basso canone preteso dall’Università durante il triennio del decorso periodo di affidamento.
4. SDA 2000 ha depositato anch’essa una memoria datata 5.2.2018.
4.1. Con memoria depositata il 13.2.2018 la SDA 2000 ha quindi replicato alla predetta memoria della controinteressata, insistendo riepilogativamente nelle proprie tesi.
5. La causa quindi, chiamata alla pubblica udienza di discussione del 22.2.2018, è stata ivi trattenuta in decisione.
6. L’appello risulta infondato e, come tale, da respingere, con la conferma della sentenza impugnata.
6.1. Merita, per ragioni d’ordine logico, affrontare in primo luogo la seconda delle censure proposte, la quale non è condivisibile.
Posizione e ruolo della parte appellante, quale totalitariamente proprietaria del capitale della società precedente affidataria del servizio di ristorazione attraverso distributori automatici oggetto del presente giudizio, inducono a ritenere che parte appellante fosse oggettivamente nelle migliori condizioni per conoscere appieno tutti i dati e le informazioni che sarebbero stati necessari per partecipare, cognita causa, alla procedura selettiva bandita dall’Università di Genova.
Perciò, ove pure in ipotesi si dovesse ritenere che il set informativo messo a disposizione della stazione appaltante, nella fase di avvio della procedura selettiva, fosse in parte carente, non si può credere che, all’opposto, l’appellante non potesse sopperire da sé nella conoscenza degli eventuali dati mancanti, bastando allo scopo indagare nel bagaglio di know how che la sua partecipata totalitariamente aveva avuto modo di costituirsi lungo tutto l’arco temporale del precedente rapporto negoziale.
Sotto altro aspetto, poi, è condivisibile l’argomento difensivo speso dalla controinteressata secondo il quale il precedente giurisprudenziale ex adverso invocato non può attagliarsi, in modo dirimente, al caso di specie.
Invero – per una stazione appaltante – il dato informativo (utile ai fini della configurazione della base economica d’asta) costituito dal fatturato conseguito, durante il corso del rapporto, ormai esaurito, dal precedente affidatario non può essere assunto né come unico né come dirimente ai fini della predetta configurazione posto che, allora, per un appaltante pubblico sarebbe sempre praticamente impossibile operare miglioramenti – a proprio vantaggio e, periodicamente, in occasione di ogni scadenza contrattuale – delle condizioni economiche che caratterizzano il rapporto che viene nuovamente messo a gara.
Quel dato informativo, piuttosto, assume una posizione di rilievo le volte in cui il quadro conoscitivo d’insieme delle opportunità di ricavi – da parte dei contendenti che operano sul mercato e che possono aspirare ad aggiudicarsi un contratto attivo per l’amministrazione – è carente dal punto di vista della stazione appaltante, la quale appunto, a causa del suo deficit informativo, non è in grado da sé di ricavare gli ‘spazi’ equilibrati ed effettivi di quei margini di miglioramento sopra detti che, in una data fattispecie concreta, è per essa legittimo tentare di conseguire (almeno fino al punto di non rischiare che una gara le vada deserta ovvero, all’opposto, che un aggiudicatario che abbia ecceduto – attraverso offerte migliorative poi non sopportabili economicamente – nell’aderire alla pretesa di miglioramento desiderata dalla stazione appaltante sia poi costretto ad abbassare, in corso di rapporto, quantità e/o qualità del servizio acquisito o, addirittura, ad interromperlo anticipatamente).
Nel caso di specie la realtà dei fatti, sia per sufficiente consistenza dei partecipanti alla gara di cui si discute sia – ad ormai adeguato lasso di tempo dal momento in cui il servizio è stato nuovamente affidato, all’esito della gara – per insussistenza di prove in ordine al fatto che il servizio reso non sia all’altezza di quello atteso al tempo in cui la selezione è stata bandita, testimonia nel senso che, invece, il quadro informativo di cui era dotata la stazione appaltante (prima della gara) e quello messo a disposizione del mercato (in occasione del bando della gara stessa) sia stato più che sufficiente per il conseguimento di un livello di servizio adeguato rispetto alle attese (reciproche, della stazione appaltante e dell’aggiudicatario della gara).
6.2. Non risulta fondata neppure la prima censura.
Per quanto il testo del bando di gara possa non essere stato del tutto preciso nell’enunciare al mercato la prospettazione di ricavi e utili (causa una qualche lieve confusione terminologica al riguardo) ritraibili dall’esercizio del servizio posto ad oggetto della selezione concorrenziale, costituisce dato di fatto storico (come tale incontrovertibile) che il mercato è riuscito nella specie a rispondere in modo sufficiente alla sollecitazione fatta col bando stesso.
Il punto è, semmai, che le attese dell’appellante – rimaste in concreto frustrate – erano piuttosto nel senso che la stazione appaltante rinnovasse, identicamente, le condizioni economiche di offerta del servizio oneroso messo a gara, perpetuando al riguardo gli stessi margini di opportunità di cui aveva potuto fruire la precedente aggiudicataria, società partecipata dalla parte appellante (la quale dunque ne avrebbe goduto mediatamente i margini di [#OMISSIS#] già in passato fruiti).
Queste attese, tuttavia, non erano (nè sono) tali da poter assurgere ad un livello di vera e propria ‘pretesa’ della parte privata, suscettibile di ottenere tutela in sede giurisdizionale, proprio perché – come detto – è piuttosto legittimo per la stazione appaltante pubblica operare al fine di ottenere, in occasione dei rinnovi negoziali del servizio offerto in contratto, condizioni per essa più convenienti, anche sulla base dell’esperienza conseguita durante il tempo del precedente periodo contrattuale.
La sufficiente partecipazione alla procedura selettiva da parte di concorrenti, la positiva aggiudicazione della gara e – in una valutazione ex post – la perdurante soddisfazione (per la stazione appaltante e per l’aggiudicataria) dello sviluppo del rapporto contrattuale in atto, depongono infine a conferma della non persuasività delle tesi di parte appellante.
In conclusione, la sentenza di primo grado merita conferma, con la reiezione dell’appello.
6.3. Ricorrono giustificati motivi per compensare integralmente fra le parti le spese del giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge, con la conferma della sentenza impugnata.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 22 febbraio 2018 con l’intervento dei magistrati:
[#OMISSIS#] Carbone, Presidente
Silvestro [#OMISSIS#] Russo, Consigliere
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Consigliere
Giordano [#OMISSIS#], Consigliere
Italo Volpe, Consigliere, Estensore
 Pubblicato il 06/03/2018