Consiglio di Stato, Sez. VI, 7 maggio 2018, n. 2697

Trattenimento in servizio professori universitari fino al termine dell'anno accademico compimento settantesimo anno di età

Data Documento: 2018-05-07
Area: Giurisprudenza
Massima

Rigetto del ricorso, atteso che l’ eliminazione dell’istituto del trattenimento in servizio anche per docenti e ricercatori universitari s’inserisce nel quadro delle misure volte a favorire la più razionale utilizzazione dei dipendenti pubblici, finalità richiamata espressamente nel preambolo del DL 24 giugno 2014, n. 90 e, quindi, ben lungi da esser estranea al contenuto ed alla materia del medesimo decreto, essa costituisce un primo intervento, peraltro puntuale e circoscritto, di un processo laborioso, volto a realizzare il ricambio generazionale nel settore.

Contenuto sentenza

N. 02697/2018REG.PROV.COLL.
N. 09392/2014 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso NRG 9392/2014, proposto da [#OMISSIS#] Impara, rappresentato e difeso dall’avv. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], con domicilio eletto in Roma, circonvallazione [#OMISSIS#] n. 82, 
contro
l’Università degli Studi Roma Tre e il Ministero dell’istruzione dell’ Università e della ricerca, in persona dei loro legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dall’Avvocatura generale dello Stato, domiciliata ex lege in Roma, via dei Portoghesi n. 12, 
per la riforma
della sentenza breve del TAR Lazio, sez. III, n. 11435/2014, resa tra le parti e concernente il diniego di trattenimento in servizio dell’ appellante per un ulteriore biennio, oltre limite di età;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio delle Amministrazioni statali intimate;
Visti gli atti tutti della causa;
Relatore all’udienza pubblica del 29 marzo 2018 il Cons. Silvestro [#OMISSIS#] Russo e uditi altresì, per le parti, l’avv. [#OMISSIS#] e l’Avvocato dello Stato [#OMISSIS#];
 Ritenuto in fatto che:
– il prof. [#OMISSIS#] Impara, ordinario di pedagogia generale e sociale nel Dipartimento Scienza della formazione presso l’Università degli studi Roma Tre, ha chiesto a tal Ateneo d’esser trattenuto in servizio per il biennio 2014/16, all’uopo rappresentando articolate esigenze di continuità didattica;
– l’Ateneo, con decreto rettorale n. 43379 del 26 giugno 2014, ha però respinto tal istanza, poiché il trattenimento in servizio è subordinato alla disponibilità di risorse assunzionali l’assegnazione delle quali non erano ancora state comunicate dal MIUR per il 2014;
– pertanto, il prof. Impara è stato collocato a riposo, per raggiunti limiti di età, a decorrere dal 1° novembre 2014;
– il prof. Impara s’è allora gravato contro tal diniego innanzi al TAR Lazio, con il ricorso NRG 11979/2014, deducendo in diritto:
a) l’erroneità d’un diniego statuito immediatamente, invece di sospenderne ogni determinazione in attesa della comunicazione ministeriale delle eventuali risorse da assegnare da parte del MIUR, già in grave ritardo;
b) la vigenza della regola sul trattenimento biennale ex art. 16 del D.lgs. 30 dicembre 1992 n. 503 (mantenuto in vigore dall’art. 1, c. 3 del DL 24 giugno 2014 n. 90, conv. modif. dalla l. 11 agosto 2014 n. 114), trattenimento che, per i docenti universitari, non sconta alcun limite (cfr. C. cost., 6 maggio 2013 n. 83) e nei cui confronti non è possibile opporre, a pena d’illegittimità costituzionale (la cui questione è sollevata nelle conclusioni), l’applicazione di tal istituto a favore di soli taluni soggetti (i magistrati) proprio in base alla sentenza n. 83/2013
– l’adito TAR, con sentenza breve n. 11475 del 13 novembre 2014, ha respinto la pretesa attorea, in quanto, sebbene la citata sentenza n. 83/2013 avesse stigmatizzato l’irrazionalità dell’esclusione dei docenti universitari dal trattenimento in servizio, tal istituto è stato abolito per tutte le categorie del pubblico impiego e, comunque, ha natura eccezionale;
– ha appellato quindi il prof. Impara, col ricorso in epigrafe, deducendo l’erroneità dell’impugnata sentenza per non aver colto: A) – l’evoluzione di tal istituto, passato da mero diritto potestativo del dipendente a facoltà discrezionale, nella specie, del singolo Ateneo circa l’esperienza e la qualità scientifica del docente che chiede il trattenimento, dall’appellante debitamente documentate; B) – il reale contenuto di quanto contestato in primo grado, ossia non l’eccezionalità del trattenimento o la facoltà del legislatore di modificare in senso sfavorevole il contenuto dei rapporti di durata, bensì le modalità d’irrazionale sacrificio del legittimo affidamento rispetto al diverso trattamento riservato ad altre categorie (p. es., magistrati e notai), che depriva gli Atenei di docenti tuttora utili per qualità ed impegno;
– resistono in giudizio la Amministrazioni intimate, le quali concludono per il rigetto dell’appello:
Considerato in diritto che:
– non può il Collegio tener conto di quanto l’appellante rappresenta nella memoria del 22 febbraio 2018 —dichiarando d’aver svolto in modo ininterrotto, dal 1° gennaio 2014 al 31 dicembre 2016 e senza decadenza durante il presente contenzioso, l’incarico di coordinatore del Collegio didattico nel corso di laurea per Educatore professionale di comunità—, perché da ciò egli inferisce non già l’esaurimento del proprio interesse al ricorso di primo grado, bensì la contraddittorietà dell’azione dell’intimato Ateneo, che corrobora la fondatezza del ricorso in epigrafe;
– invero, l’appellante così deduce un ulteriore vizio del diniego di trattenimento in servizio, rispetto alle censure proposte in prime cure e dianzi descritte, deduzione, però, inammissibile e tale da non apportare alcunché di nuovo alla bontà della sua tesi;
– inoltre, l’unica ragione del diniego si fonda non già sulla legittimità costituzionale, o meno, del citato art. 1, commi 1 e 2 del DL 90/2014 —che ha abolito per tutti i dipendenti pubblici ogni forma di trattenimento in servizio oltre l’età massima prevista per ciascuna loro categoria, compreso l’art. 16 del D.lgs. 503/1992—, bensì sull’assenza, rebus sic stantibus, delle risorse assunzionali che il MIUR avrebbe dovuto assegnare all’Ateneo intimato per l’anno 2014, ossia la condicio juris sine qua l’invocato trattenimento non sarebbe stato possibile ai sensi dell’art. 9, c. 31 del DL 31 maggio 2010 n. 78 (conv. modif. dalla l. 30 luglio 2010 n. 122);
– dalla serena lettura del decreto rettorale n. 43379 del 26 giugno 2014 —praticamente coevo alla entrata in vigore del DL 90/2014 (25 giugno 2014), tant’è che non lo cita—, s’evince facilmente come il procedimento di valutazione del trattenimento in servizio dell’ appellante sia avvenuto alla luce del previgente sistema, secondo la sentenza della Corte costituzionale n. 83/2016, che aveva ripristinato l’istituto pure per il personale docente universitario;
– contro tal statuizione, l’appellante fatto constare solo la mancanza di un atto soprassessorio invece dell’immediata conclusione del predetto procedimento senza attendere l’assegnazione delle risorse assunzionali da parte del MIUR;
– con ogni evidenza, si tratta d’una deduzione al contempo non vera (poiché l’istanza attorea di trattenimento fu proposta il 22 maggio 2012 e decisa nel giugno 2014, dopo, cioè, le vicissitudini dell’istituto per i docenti universitari e nell’imminenza del collocamento a riposo dell’appellante), inammissibile (poiché s’è sostanziata in una censura sul merito amministrativo) ed erronea (ché l’assenza di dette risorse sarebbe stata in sé preclusiva d’ogni favorevole delibazione sul trattenimento in servizio, pur se il sistema non fosse cambiato);
Considerato altresì che:
– anche a voler seguire la tesi attorea sull’inapplicabilità all’appellante del nuovo sistema di cui al DL 90/2014 —la cui inammissibilità era evidente ab origine—, essa è stata un non sequitur rispetto al diniego impugnato, essendo stata introdotta in primo grado solo per far constare la tempestività della richiesta di trattenimento in servizio, cosa, questa, che l’Ateneo intimato non solo non ha mai contestato, ma ha dato per pacifica, tanto da trattare il relativo procedimento in base al vecchio sistema, secondo il principio «tempus regit actum» (cfr. Cons. St., V, 9 maggio 2017 n. 2117);
– in ogni caso, non è vero quel che dice adesso l’appellante sulle questioni inerenti al DL 90/2017, cioè che la contestazione abbia riguardato fin dall’inizio l’irrazionale trattamento deteriore, posto dal jus superveniens nei confronti della categoria dei docenti universitari, avendo affermato su tale aspetto in primo grado la piena applicabilità a se stesso dell’art. 16 del D.lgs. 502/1992, la vigenza della cui disposizione, a suo avviso, era sicura in base al richiamo fattone dall’art. 1, c. 3 del DL 90/2014 ed inopponibile essendo la limitazione del beneficio ai soli magistrati e notai alla luce dei principi posti dalla sentenza n. 83/2013;
– tal normativa sopravvenuta è già passata al vaglio del Giudice delle leggi (cfr. C. cost., 10 giugno 2016 n. 133), secondo cui, per quanto di ragione, non son fondate le questioni di legittimità dell’art. 1, commi 1, 2 e 3 del DL 90/2014, censurato per violazione dell’art. 97, II c., Cost. nelle parti in cui abolisce l’istituto del trattenimento in servizio anche per i docenti e i ricercatori universitari, giacché la disposizione, che aveva previsto tal trattenimento oltre l’età pensionabile, comportava il carico del trattamento di servizio attivo e degli oneri riflessi, in genere complessivamente maggiori rispetto a quelli connessi a nuove assunzioni;
– l’eliminazione dell’istituto del trattenimento in servizio anche per docenti e ricercatori universitari s’inserisce nel quadro delle misure volte a favorire la più razionale utilizzazione dei dipendenti pubblici, finalità richiamata espressamente nel preambolo del DL 90/2014 e, quindi, ben lungi da esser estranea al contenuto ed alla materia del medesimo decreto, essa costituisce un primo intervento, peraltro puntuale e circoscritto, di un processo laborioso, volto a realizzare il ricambio generazionale nel settore;
– inoltre, è manifestamente infondata ogni questione su una pretesa disparità di trattamento a favore dei magistrati, in quanto la disciplina transitoria derogatoria per i magistrati è stata dettata in vista della necessità di ovviare alle conseguenti possibili criticità per il buon funzionamento degli uffici giudiziari, derivanti dall’improvvisa cessazione dal servizio d’un numero rilevante di giudici, onde la ratio sottesa a tal deroga inerisce solo all’organizzazione degli uffici e non allo status dei magistrati;
– non risulta pertinente né il riferimento alla sentenza n. 83/2013 (che ha sanzionato la disparità di trattamento tra universitari e altri dipendenti pubblici e la compressione, in danno agli Atenei, di ogni margine d’autonomo apprezzamento delle esigenze organizzative e funzionali), né alle esigenze di programmazione didattica pluriennale o all’autonomia degli Atenei, in quanto la nuova disciplina ha carattere generale, non discrimina tra Amministrazioni pubbliche, elimina del tutto i già angusti margini di operatività del trattenimento in servizio e non comprime l’autonomia delle Università coinvolte (che possono invece liberare risorse per reperire nuovi docenti);
– anzi, poiché le Amministrazioni (comprese le Università) devono tutte garantire buon andamento ed imparzialità con il minimo dispendio di risorse, nonché l’obbligo di rispettare l’equilibrio di bilancio (che è legato all’andamento del ciclo economico), la valutazione d’un criterio, qual è quello di economicità, non può essere costretta in una dimensione temporale limitata, ma deve svolgersi in riferimento ad un arco temporale sufficientemente ampio, tale da consentire la realizzazione degli obiettivi in una situazione di debito sostenibile e di tendenziale “armonia” fra entrate e spesa, sicché l’obiettivo perseguito con l’abolizione del trattenimento in servizio consiste nel promuovere il ricambio generazionale nel lavoro pubblico e nel favorire risparmi di spesa con l’abbattimento del monte stipendiale derivante dalla sostituzione di lavoratori più anziani, cui normalmente spettano livelli retributivi più elevati, con personale di nuova assunzione e quindi meno costoso;
– speciosa è ogni questione, con riguardo all’istituto del trattenimento in servizio oltre l’età pensionabile, sull’efficienza e l’efficacia dell’attività delle Amministrazioni, compresi gli Atenei, sia perché queste ultime non possono dipendere dalla mera volontà potestativa d’un dipendente, per cui non è configurabile un diritto soggettivo alla permanenza in servizio, quanto piuttosto un mero interesse e, in questa prospettiva, l’eliminazione del trattenimento ha portato a compimento un percorso già avviato, per agevolare, nel tempo, il ricambio generazionale e consentire un risparmio di spesa, proprio in attuazione dei principi di buon andamento e efficienza della P.A., dato che da tempo si era rilevato che il prolungarsi del servizio oltre i limiti d’età non è sempre sicuro indice di accrescimento dell’efficienza organizzativa, oltre a comportare il carico del trattamento di servizio attivo e degli oneri riflessi, in genere complessivamente maggiori rispetto a quelli connessi a nuove assunzioni (cfr. C. cost., 21 dicembre 2016 n. 290);
– pertanto, l’appello è manifestamente infondato, anche per la questione di legittimità costituzionale proposta in primo grado, ma giusti motivi suggeriscono la compensazione integrale, tra le parti, delle spese del presente giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (sez. VI), definitivamente pronunciando sull’appello (ricorso NRG 9392/2014 in epigrafe), lo respinge.
Spese del grado compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio del 29 marzo 2018, con l’intervento dei sigg. Magistrati:
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Presidente
Silvestro [#OMISSIS#] Russo, Consigliere, Estensore
[#OMISSIS#] Mele, Consigliere
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Consigliere
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Consigliere 
Pubblicato il 07/05/2018