Corte dei conti reg., Emilia-Romagna, 29 giugno 2017, n. 150

Dirigente medico – Professore ordinario – Incompatibilità – Danno per violazione del rapporto di esclusività – Partita Iva – Prescrizione e occultamento – Quantificazione del risarcimento

Data Documento: 2017-06-29
Area: Giurisprudenza
Massima

[X] La notificazione è inesistente quando sia stata effettuata in un luogo o nei confronti di una persona che non presentino alcun collegamento con il destinatario dell’atto, risultando a costui del tutto estranei, mentre è affetto da nullità, sanabile con effetto ex tunc attraverso la costituzione del convenuto (ovvero attraverso la rinnovazione della notifica cui la parte istante provveda spontaneamente o in esecuzione dell’ordine impartito dal giudice), quando, pur essendo stata eseguita mediante consegna a persona o in luogo diversi da quelli stabiliti dalla legge, un simile collegamento risulti tuttavia ravvisabile, così da rendere possibile che l’atto pervenuto a persona non del tutto estranea al processo, giunga a conoscenza del destinatario.Il rapporto tra i contenuti dell’invito a dedurre e della citazione non può configurarsi in termini di immutabilità della domanda, poiché l’invito è atto preprocessuale che non determina l’instaurazione di un contraddittorio tra le parti e l’oggetto del processo si determina con l’atto introduttivo costituito dalla citazione. Di conseguenza, deve escludersi la necessità di una piena e totale corrispondenza tra invito a dedurre e citazione, in quanto i nuovi elementi di prova e di conoscenza acquisiti dal procuratore regionale nella fase istruttoria devono essere adeguatamente valutati, considerato anche che il limite di variabilità dell’atto di citazione è costituito unicamente dal quadro generale dell’ipotesi dannosa, che va mantenuto nella sua essenza tipica di modo che la citazione non si discosti totalmente dal nucleo essenziale della causa petendi e del petitum tipizzanti la fattispecie ipotizzata.Qualora le varie attività svolte dal docente universitario al di fuori delle mansioni istituzionali siano astrattamente ricomprese nelle attività liberamente espletabili dai professori a tempo pieno, se poste in essere occasionalmente, l’incompatibilità con la posizione di dipendente pubblico sorge quanto esse siano tutte unitariamente riconducibili all’esercizio di un’attività libero-professionale comunque vietata dalle norme applicabili in tema di cumulo di incarichi.L’attribuzione al contribuente di un numero di partita Iva presuppone, da un lato, l’intendimento del soggetto di intraprendere l’esercizio di un’impresa, arte o professione, e, dall’altro, il riscontro positivo, da parte dell’amministrazione delle entrate, dei connotati di una attività di lavoro autonomo, laddove peraltro l’ordinamento fiscale offre notorie modalità, di ben più agevole praticabilità dell’apertura di una partita Iva, al fine di dichiarare gli introiti ricavati da occasionali e comunque non professionali attività extralavorative: si pensi all’inclusione nel quadro D del modello 730 delle voci relative ai redditi derivanti da attività di lavoro autonomo non esercitate abitualmente e dall’utilizzazione economica di opere dell’ingegno.Risulta priva di rilevanza la circostanza che l’art. 53, comma 7-bis, d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165 sia stato aggiunto all’art. 53 successivamente ai fatti oggetto di causa: secondo pacifica giurisprudenza, infatti, si tratta di norma non innovativa ma meramente confermativa di un pregresso consolidato orientamento giurisprudenziale in materia, con il quale si pone in rapporto di continuità regolativa.L’indebito espletamento da parte del convenuto dell’attività libero-professionale risulta indubitabilmente connotato quantomeno da colpa grave, nel senso di palese e inescusabile noncuranza delle disposizioni regolatrici della materia di cui è controversia, tenuto conto sia dello status giuridico lavorativo e dell’elevato livello culturale del convenuto medesimo, sia, e soprattutto, dell’ingente ammontare degli importi conseguiti anno per anno, nonché della fatturazione degli stessi con utilizzo della partita Iva.Secondo pacifica giurisprudenza contabile, perché si configuri occultamento ex art. 1, comma 2, l. 14 gennaio 1994, n. 20 non è sufficiente una condotta, anche dolosa, violativa degli obblighi di servizio, ma è necessario un quid pluris consistente in una condotta specifica, ingannatrice e fraudolenta, diretta intenzionalmente ad occultare l’esistenza del danno. D’altra parte, anche a voler ritenere l’omessa comunicazione comportamento omissivo idoneo a occultare il danno, è comunque necessario che nel contesto comportamentale del soggetto agente si rinvengano elementi idonei a far ritenere l’intenzionalità del silenzio e la sua preordinazione a nascondere il danno, laddove il silenzio che fosse eventualmente ascrivibile a colpa, più o meno grave, dell’obbligato, non sarebbe idoneo a determinare il ritardato esordio del termine prescrizionale.Sulla base della lettera dell’art. 53, comma 7, d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165, che fa testuale riferimento al compenso dovuto per le prestazioni eventualmente svolte e, quindi, al corrispettivo dell’attività non autorizzata al lordo dell’imposta sul medesimo dovuta, il criterio di quantificazione del danno ivi disciplinato va determinato affermando l’irrilevanza delle ritenute che, su tale compenso, siano state eventualmente operate dal soggetto erogante.

Contenuto sentenza

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DEI CONTI
SEZIONE GIURISDIZIONALE REGIONALE
PER l’EMILIA-ROMAGNA
composta dai seguenti magistrati:
dott. Donato [#OMISSIS#] Fino Presidente
dott. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] Consigliere relatore
dott. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] Consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sui giudizi rispettivamente iscritti al n. 44486/R e al n. 44487/R R.G. instaurati dalla Procura Regionale nei confronti di [#OMISSIS#] Guido, nato il 18 dicembre 1955, rappresentato e difeso dagli avvocati [#OMISSIS#] Michiara, [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] e [#OMISSIS#] Dugato, ed elettivamente domiciliato presso lo studio di quest’ultimo in Bologna via Della Zecca n. 1;
Visti gli atti di citazione rispettivamente datati 23 marzo 2016 e 24 marzo 2016;
Visti gli altri atti e documenti di causa;
Uditi, nella pubblica udienza dell’8 febbraio 2017, il Consigliere relatore dott. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], il Pubblico Ministero nella persona del Sostituto Procuratore Generale dott. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] e gli avvocati [#OMISSIS#] Michiara, [#OMISSIS#] Dugato e Barbara Mazzullo, quest’ultima su delega dell’avv. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], per il prof. [#OMISSIS#] Guido;
MOTIVAZIONE
Con nota prot. n. 655864 del 5 novembre 2013 la Guardia di Finanza – Tenenza di Seregno, a seguito di accertamenti condotti nei confronti del prof. [#OMISSIS#] Guido, medico dirigente presso l’Azienda Ospedaliero Universitaria di Parma, inviava alla Procura Regionale della Corte dei Conti presso questa Sezione giurisdizionale relazione informativa, nella quale si esponeva quanto segue.
Il Nucleo Speciale Spesa Pubblica e Repressione Frodi Comunitarie della Guardia di Finanza di Roma aveva avviato un lavoro a progetto denominato “Intramoenia” nel settore della spesa sanitaria, avente per oggetto il controllo del rispetto della normativa da parte dei medici dirigenti dipendenti delle aziende sanitarie locali per i quali vige il divieto dello svolgimento di altre attività lavorative di natura professionale in relazione al vincolo di dipendenza con la pubblica amministrazione.
Nell’ambito di tale progetto, era stato effettuato un lavoro preliminare di analisi dei dati a disposizione del Reparto sopraindicato, che aveva avuto l’obiettivo di individuare l’eventuale violazione delle disposizioni concernenti l’incompatibilità, con il vincolo di rapporto esclusivo stabilito nei confronti della pubblica amministrazione, di altre attività lavorative svolte dai dirigenti medici.
Alla luce di quanto sopra, il Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Milano aveva assegnato alla Tenenza sopraindicata l’esecuzione di un accertamento nei confronti del dott. [#OMISSIS#] Guido, dipendente presso l’ Universitàdi Parma in qualità di Professore Ordinario nel settore scientifico-disciplinare di “Anestesiologia” presso la Facoltà di Medicina e Chirurgia (v. certificato in data 6 agosto 2013 dell’ Università degli Studi di Parma), nonché Direttore di Struttura Complessa della U.O. 2 “Anestesia, Rianimazione e Terapia Antalgica” presso l’Azienda Ospedaliero-Universitaria di Parma a partire dal 1° gennaio 2007.
In data 18 giugno 2013 era stata inoltrata alla suddetta Azienda O.U. una comunicazione ai sensi degli artt. 2 e 3 del d.lgs. 68/2001, con la quale si richiedevano:
– la documentazione attestante il rapporto di lavoro in essere nelle annualità 2008, 2009 e 2010;
– la richiesta avanzata dal dirigente medico e la relativa autorizzazione all’esercizio dell’attività intramuraria (intramoenia) ovvero comunicazione della scelta dell’esercizio dell’attività non esclusiva (extramoenia);
– le certificazioni attestanti la corresponsione delle somme erogate dalla struttura sanitaria relativamente al rapporto di lavoro dipendente instaurato con il dirigente;
– un’attestazione dell’azienda ospedaliera relativa agli importi erogati al dirigente medico distintamente negli anni 2008, 2009 e 2010 a titolo di: 1) indennità di esclusività; 2) retribuzione di posizione variabile; 3) retribuzione di risultato;
– copia delle eventuali autorizzazioni concesse al dirigente medico per le attività esercitate negli anni 2008, 2009 e 2010 rientranti nell’ambito degli artt. 13 D.P.C.M. 27 marzo 2000 e 53 del d.lgs. 30 marzo 2001 n. 165;
– copia dei regolamenti emanati dall’ente di appartenenza disciplinanti l’attività libero professionale intramuraria.
A riscontro di detta richiesta, l’Azienda O.U. aveva inviato la documentazione precisando nel contempo che:
– il prof. Guido [#OMISSIS#] dal 25 febbraio 2002 al 30 dicembre 2007 aveva ricoperto presso la medesima Azienda O.U. la funzione di Dirigente Medico – disciplina anestesista –, e dal 1° gennaio 2008 era stato collocato in aspettativa, con conservazione del posto, in quanto nominato docente presso l’ Università degli Studi di Parma;
– dal 1° gennaio 2007 risultava inserito negli elenchi del personale universitario convenzionato sulla base del Protocollo Attuativo siglato con il citato Ateneo e svolgeva, pertanto, l’attività assistenziale nell’ambito dell’Azienda Sanitaria Locale, per la quale gli veniva corrisposto, per il tramite dell’ Università , il trattamento aggiuntivo previsto dall’art. 6, comma 1, lett. a) e b) del d.lgs. n. 517/1999;
– per la certificazione delle somme erogate all’interessato, così come per le eventuali autorizzazioni concesse per le attività rientranti nell’ambito degli artt. 13 D.P.C.M. 27 marzo 2000 e 53 del d.lgs. n. 165/2001, era necessario rivolgersi all’ Università degli Studi di Parma in quanto datore di lavoro del medesimo.
Da parte sua, il dottor [#OMISSIS#] aveva esibito una dichiarazione a firma della dott.ssa [#OMISSIS#] Oddi del Servizio Sanitario Regionale Emilia Romagna – Azienda O.U. di Parma, con la quale si attestava che il predetto non aveva percepito alcun compenso relativo all’esercizio dell’attività intramuraria.
Inoltre, l’Azienda Sanitaria Locale di Parma aveva inviato una certificazione attestante l’erogazione al prof. Guido [#OMISSIS#] dei seguenti importi: anno 2008: € 17.900,48 per indennità di esclusività – € 16.400,00 per indennità di posizione – € 1.726,33 per indennità di risultato – totale = € 38.034,81; anno 2009: € 17.900,48 per indennità di esclusività – € 16.400,00 per indennità di posizione – € 2.170,33 per indennità di risultato – totale = € 38.479,81; anno 2010: € 17.900,48 per indennità di esclusività – € 16.400,00 per indennità di posizione – € 2.829,48 per indennità di risultato – totale = € 39.139,96.
Dagli accertamenti eseguiti era emerso, altresì, che il dott. [#OMISSIS#]: 1) era titolare di partita IVA n. 02414960969 per l’esercizio dell’attività professionale dichiarata di “altri studi medici e poliambulatori specialistici (8512b)” in Correzzana (MB) via G. [#OMISSIS#] n. 2 (luogo della sua residenza anagrafica); 2) risultava essere socio unico al 100% della società a responsabilità limitata “CRAG UP S.r.l” con sede in Correzzana (MB) via G. [#OMISSIS#] n. 2, avente come scopo sociale “ricerche di mercato e sondaggi d’opinione”.
Nella stessa relazione amministrativa si riferiva che il Nucleo Speciale Pubblica Amministrazione della Guardia di Finanza di Roma, con nota del 27 agosto 2012, aveva sub-delegato il Nucleo di Polizia Tributaria di Parma ad esperire accertamenti su eventuali attività lavorative svolte in violazione della disciplina di incompatibilità, cumulo di impieghi e incarichi, nei confronti del prof. [#OMISSIS#] nella sua qualità di docente universitario.
Pertanto, il Nucleo P.T. di Parma aveva avviato una verifica ex art. 1, comma 62, della legge n. 662/1996, per accertare l’esatto ammontare dei compensi percepiti dal dott. [#OMISSIS#] nell’esecuzione delle prestazioni extra-professionali e di verificarne la legittimità.
All’esito della compiuta attività accertativa, riferita agli anni 2002 – 2012, il Nucleo P.T. di Parma aveva inviato la relazione conclusiva prot. n. 137612/13 del 17 aprile 2013 (trasmessa al Nucleo Speciale Pubblica Amministrazione), senza la contestazione di alcuna irregolarità, essendo stato accertato che:
– in alcuni casi il dott. [#OMISSIS#] era provvisto di apposita autorizzazione richiesta all’ Università degli Studi di Parma in relazione alle attività extraprofessionali richieste al medesimo da enti e società esterne;
– in altri casi, le prestazioni rese dal prof. [#OMISSIS#] a favore di soggetti esterni, a mente di quanto disposto dall’art. 53, comma 6, del d.lgs. n. 165/2001, dall’art. 6, comma 10, della legge n. 240/2010 e dal Regolamento universitario non rientravano tra quelle il cui esercizio era subordinato al rilascio di apposita preventiva autorizzazione dell’Ente di appartenenza.
Si era quindi proceduto, da parte della Tenenza di Seregno, ad estrapolare le prestazioni extra-professionali effettuate dal dirigente medico nel periodo oggetto del controllo, ovvero dal 1° gennaio 2008 al 31 dicembre 2010, individuando incarichi di vario tipo (di consulenza scientifica, di prestazione d’opera intellettuale, nonché relativi alla partecipazione a congressi, seminari, convegni, corsi, incontri scientifici e alla realizzazione di materiale per corsi di formazione) analiticamente descritti, e numerose cessioni di diritti d’autore relativi a testi scientifici, ricevendo compensi pari a complessivi € 490.022,00 (di cui € 119.387,00 nell’anno 2008, € 121.285,00 nell’anno 2009 ed € 249.350,00 nell’anno 2010).
Sulla base del compiuto esame delle suddette prestazioni, la suindicata Tenenza aveva conclusivamente rilevato l’evidente violazione, da parte del prof. [#OMISSIS#], del vincolo di esclusività instaurato con il Servizio Sanitario nazionale a cui era soggetto, “avendo svolto in via abituale attività extraprofessionali senza aver informato e senza aver richiesto né ottenuto alcun tipo di autorizzazione da parte della medesima Azienda Sanitaria, dalla quale, tuttavia, egli ha continuato a percepire le indennità di esclusività così determinate: ‘Anno 2008 € 17.900,48 – Anno 2009 € 17.900,48 – Anno 2010 € 17.900,48 – Totale € 53.701,44’, procurando un danno al Servizio Sanitario Nazionale che si valuta ammontare a complessivi € 53.701,44 pari alle indennità di esclusività percepite nei tre anni oggetto di accertamento” (vedasi relazione informativa trasmessa con nota prot. n. 0655864 in data  5 novembre 2013 della Tenenza di Seregno).
Sulla base di tali risultanze, la Procura Regionale riteneva configurarsi una fattispecie di responsabilità amministrativa in capo al prof. [#OMISSIS#], ipotizzando una duplice voce di danno all’erario, di cui:
– la prima rappresentata dai compensi lordi stimati provvisoriamente, e “fatta salva ogni eventuale modifica o rettifica in relazione ad ulteriori accertamenti istruttori in corso”, in complessivi € 340.615 (conseguiti negli anni 2008, 2009 e 2010) a titolo di prestazioni di lavoro autonomo, indebitamente rese in quanto unitariamente caratterizzanti l’esercizio di un’attività libero professionale in regime di incompatibilità assoluta, in violazione della normativa riferita ai docenti universitari in regime di tempo pieno ed ai medesimi professori universitari, in quanto esercenti attività assistenziale in regime di c.d. intramoenia (in mancanza della previa autorizzazione di cui all’art. 13 D.P.C.M. del 27.03.2000);
– la seconda costituita dalla indebita percezione da parte del prof. [#OMISSIS#], con specifico riferimento agli anni dal 2008 al 2012 e “fatto salvo l’accertamento in corso di ulteriori, successive annualità illecitamente ed indebitamente corrisposte”, della c.d. indennità di esclusività, pari a complessivi € 71.601,92 (v. invito a dedurre datato 17 settembre 2015).
Pertanto – in conformità a quanto stabilito dall’art. 5, 1° comma, del decreto-legge 15 novembre 1993 n. 453, convertito, con modificazioni, nella legge 14 gennaio 1994 n. 19 -, con invito a dedurre in data 17 settembre 2015 il Pubblico Ministero comunicava al prof. [#OMISSIS#] che si intendeva procedere nei suoi confronti per l’eventuale chiamata in giudizio avanti a questa Sezione giurisdizionale per “l’integrale risarcimento dei danni cagionati all’ Universitàdegli Studi di Parma ed all’Azienda ospedaliero-universitaria di Parma, nella misura delle somme provvisoriamente quantificate di € 412.216,92, salva variazione in aumento o in diminuzione, oltre interessi e rivalutazione monetaria e salvo ed impregiudicato anche ogni ulteriore addebito – in particolare per eventuali danni erariali – in corso di accertamento – riferibili a prestazioni professionali, dal medesimo dipendente rese in regime d’incompatibilità (assoluta e/o relativa), o diversa quantificazione del danno in dipendenza delle medesime cause”.
Successivamente, all’esito degli accertamenti ispettivi delegati alla Guardia di Finanza, di cui alla relazione inviata con nota prot. n. 0614940/15 in data 23 ottobre 2015 della Compagnia di Seregno, con invito a dedurre integrativo del 12 novembre 2015 la Procura Regionale provvedeva a rettificare e ad aggiornare le due voci di danno, rideterminando la prima voce (compensi lordi conseguiti a titolo di prestazioni di lavoro autonomo), estesa agli anni 2007, 2011 e 2012, in complessivi € 656.048,25 (a fronte dei complessivi € 340.615,00 contestati – in riferimento agli anni 2008, 2009 e 2010 – con l’invito a dedurre del 23 settembre 2015), e la seconda voce in complessivi € 107.975,66, siccome incrementata in relazione all’indebito conseguimento della c.d. indennità di esclusività sia per l’anno 2007 (pari ad € 17.900,48) che per l’anno 2012 (pari ad € 18.473,26).
Con il secondo invito, dunque, il Pubblico Ministero comunicava al prof. [#OMISSIS#] che con riferimento ai fatti in esso descritti, e ad integrazione delle poste di danno come sopra specificate dell’invito a dedurre del 23 settembre 2015, si intendeva procedere nei suoi confronti per “l’integrale risarcimento dei danni cagionati all’ Università degli Studi di Parma ed all’Azienda ospedaliero-universitaria di Parma, nella misura delle somme provvisoriamente quantificate di € 764.023,91, salva variazione in aumento od in diminuzione, oltre interessi e rivalutazione monetaria e salvo ed impregiudicato anche ogni ulteriore addebito”.
A fronte dei suddetti inviti il prof. [#OMISSIS#], a mezzo dei propri difensori, depositava deduzioni scritte; chiedeva, inoltre, di essere sentito personalmente, e il giorno 25 febbraio 2016 si svolgeva l’audizione dello stesso, a seguito della quale era presentato ulteriore scritto difensivo.
Le deduzioni addotte, formulate in due scritti difensivi (rispettivamente del 28 dicembre 2015 e del 2 marzo 2016), non sono apparse idonee a consentire l’archiviazione del procedimento, e con il primo degli atti di citazione (datato 23 marzo 2016) la Procura Regionale ha chiamato il prof. [#OMISSIS#] Guido a comparire davanti a questa Sezione giurisdizionale per sentire ivi accogliere le seguenti conclusioni: condannare il convenuto al risarcimento a favore dellaUniversità degli Studi di Parma per il danno patrimoniale prospettato e quantificato, in via alternativa, pari a complessivi euro 656.048,25 o a complessivi euro 107.975,66”, o comunque nella diversa somma ritenuta di giustizia, oltre rivalutazione monetaria ed interessi decorrenti dalla data di ciascun illecito pagamento e fino all’effettivo soddisfo, e con condanna del convenuto al pagamento integrale delle spese del giudizio.
A fondamento della domanda risarcitoria, si è rilevato che il prof. [#OMISSIS#] ha svolto, nel periodo considerato (2007 – 2012), “numerose attività all’infuori delle mansioni istituzionali, in diverse località del territorio nazionale, in ragione del rispettivo status di docente universitario, nei settori dell’anestesiologia e nella terapia del dolore”.
Si è dedotto, con richiamo all’art. 11 del d.P.R. n. 382/1980, che le varie attività scientifiche – tra le altre, di docenza, consulenza scientifica, congressuali e seminariali -, ancorché astrattamente ricomprese nelle attività liberamente espletabili dai docenti universitari c.d. a tempo pieno, se poste in essere occasionalmente, palesano un “evidente scollamento” con la norma dianzi citata, in quanto tutte unitariamente riconducibili all’esercizio di un’attività libero professionale.
Si è sottolineato che la norma anzidetta (applicabile ratione temporis) fa un chiaro riferimento all’espletamento di una qualsiasi attività libero professionale, e non solo a quella medico-assistenziale.
Sul punto, sono stati, poi, ricordati l’art. 60 del d.P.R. n. 3 del 1957 nonché l’art. 6, comma 9, della legge n. 240/2010, che ha sancito che “…L’esercizio di attività libero-professionale è incompatibile con il regime a tempo pieno”.
Inoltre, sono stati citati il regolamento dell’Ateneo di Parma adottato con decreto rettorale n. 818 del 19 agosto 1999, ove all’art. 3 si prevedeva un divieto assoluto, per i professori e ricercatori universitari a tempo pieno, di svolgere qualsiasi attività libero-professionale, e i successivi decreti rettorali nn. 875 del 6 novembre 2009 e 310 del 28 aprile 2010, che hanno consentito (all’art. 3 dei rispettivi regolamenti) la partecipazione dei docenti universitari a tempo pieno ad attività didattiche e tecnico-scientifiche presso committenti privati, previa autorizzazione datoriale, solo qualora non comportino alcun esercizio professionale delle stesse e compatibilmente ai compiti istituzionali”.
Si è evidenziato che il quadro normativo in questione fa emergere una fattispecie di incompatibilità assoluta, con presunzione legale, non superabile da prova contraria, di esercizio illecito e indebito delle prestazioni extralavorative del docente universitario, in quanto poste in essere in conflitto (presunto ex lege) con le funzioni istituzionali e conseguente obbligo di ripetizione dei compensi percepiti, a titolo di danno erariale.
Ad ulteriore conferma dell’assunto accusatorio, si è rilevato che il prof. [#OMISSIS#] risulta titolare di partita IVA, con la quale esercita l’attività di “altri studi medici e poliambulatori specialistici (8512b)” in Correzzana (MB), come evincibile dalle fatture per le attività extraprofessionale di cui trattasi, precisandosi che l’attribuzione di una partita IVA presuppone l’esercizio di un’attività professionale, come definita dall’art. 5 del d.P.R. n. 633/1972.
Si è sottolineato che l’attività libero professionale del prof. [#OMISSIS#] avrebbe avuto “formalmente” inizio già in data 25 maggio 1994 (data certa di attribuzione del numero di partita IVA), protraendosi nel corso del tempo, e tale riferimento temporale assume rilievo determinante in quanto “attesta formalmente l’inizio di un illecito permanente: l’attribuzione del numero di partita IVA (era ed) è vietata a chi, come nella fattispecie, ricopre lo status di pubblico dipendente (anche nell’ipotesi di svolgimento di prestazioni meramente occasionali).
Pertanto – si è dedotto -, essendo il prof. [#OMISSIS#] dal 30 dicembre 2004 già professore straordinario a tempo pieno presso l’Ateneo di Parma, ne consegue che “in assenza dell’occorsa chiusura della partita IVA, l’interessato, dal 2004 (data in cui ha assunto lo status di professore universitario a tempo pieno) in poi, ha continuato ad esercitare una vera e propria attività libero professionale, connotata da continuità e sistematicità nel corso del tempo, con conseguente violazione permanente della normativa in tema di incompatibilità assoluta”.
Si è inoltre osservato che a suffragare la natura professionale dell’attività extralavorativa complessivamente posta in essere dal prof. [#OMISSIS#] ricorrono i seguenti indici fattuali: 1) la natura assolutamente autonoma – ancorché non esclusiva – delle prestazioni erogate in favore di diversi committenti privati (società, enti pubblici, imprese, ecc.); 2) la varietà e il rilevante numero di prestazioni extra-lavorative eseguite dal 2007 al 2012 (per quanto formalmente accertato dalla Guardia di Finanza); 3) l’ammontare complessivo degli emolumenti fatturati/percepiti, utilizzando una partita IVA, per le predette prestazioni dal 2007 al 2012, pari a complessivi euro lordi 656.048,55.
Si è dunque ribadito che, nella specie, sono in discussione attività che non possono definirsi occasionali, in quanto, nei fatti, prestazioni non isolate bensì eseguite con continuità e abitualità nel corso degli anni, con un rilevante impegno professionale e con compensi finanziari particolarmente significativi, spesso superiori alle retribuzioni annue del dipendente, sicché si tratta di un’attività professionale a tutti gli effetti, svolta in parallelo alla rispettiva attività di docente universitario.
Sul punto, è stata anche ampiamente riportata la sentenza n. 305 in data 30 marzo 2015 della Sezione giurisdizionale della Corte dei Conti per la Regione Campania, e si è rilevato, altresì, come non risulti che i singoli incarichi siano mai stati comunicati all’Ateneo, ai sensi dell’art, 53 del d.lgs. n. 1675/2001 e s.m.i.
Si è poi evidenziato che l’attività professionale del prof. [#OMISSIS#] non è risultata circoscritta alla mera attività di ricerca e di docenza presso l’ Università di Parma, in quanto il medesimo ha svolto (e tuttora espleta) attività assistenziale presso l’Azienda Ospedaliero-Universitaria della detta città, assistendo e supportando, nel ruolo di anestesista, interventi chirurgici eseguiti su pazienti in regime di ricovero ospedaliero presso tale struttura del Servizio Sanitario Nazionale.
Al riguardo, si è precisato che il sunnominato, con decorrenza 1° gennaio 2007, è Direttore della Seconda unità operativa di Anestesiologia della precitata A.O.U., e per l’esercizio delle relative prestazioni è prevista, in virtù di alcune convenzioni tra la Regione Emilia-Romagna e l’omonima Università , la corresponsione di una retribuzione articolata in tre voci – indennità di esclusività, indennità di posizione e indennità di risultato -, che grava finanziariamente sul Servizio sanitario nazionale, ma che viene erogata ai “medici autorizzati prestati all’assistenza” per il tramite dell’Ateneo di appartenenza.
Pertanto – si è soggiunto -, il prof. [#OMISSIS#] ha esercitato, dal 1° gennaio 2007 in poi, una duplice attività istituzionale: quella di professore universitario (dal 30 dicembre 2004 al 29 dicembre 2007 con la qualifica di straordinario, e dal 30 dicembre 2007 ad oggi con la qualifica di ordinario), a tempo pieno, presso la Facoltà di medicina e chirurgia dell’ Università degli Studi di Parma, nonché quella di dirigente medico, con l’incarico di Direttore di Struttura complessa della 2° Anestesia, Rianimazione e Terapia Antalgica presso la Azienda O.U. della stessa città, dichiarando, per le due attività professionali, per gli anni di imposta 2008 – 2010, compensi pari a complessivi € 300.052,42, di cui € 251.898,42 a titolo di retribuzione ordinaria in qualità di docente (di cui € 79.379,27 nel 2008, € 84.141,01 nel 2009 ed € 88.378,14 nel 2010) ed € 48.154.00 a titolo di retribuzione assimilata in qualità di dirigente medico (di cui € 18.851,50 nel 2008, € 19.451,25 nel 2009 ed € 9.851,25 nel 2010).
Per quanto attiene specificamente alle funzioni di dirigente medico, ossia relativamente alle attività assistenziali (“inscindibilmente commesse con quelle di didattica e di ricerca”) condotte all’interno dell’A.O.U., è stata parimenti contestata la manifesta violazione, da parte del prof. [#OMISSIS#], del rapporto di esclusività intercorrente tra il Servizio Sanitario Nazionale ed ogni medico che abbia optato per la c.d. attività libero-professionale intramuraria.
Rimarcato che il principio di esclusività opera anche rispetto ad attività extralavorative non aventi carattere medico, è stato svolto un ampio excursus dell’assetto normativo riguardante il regime di incompatibilità dei dirigenti medici appartenenti al servizio sanitario nazionale ed esercenti attività libero professionale, esteso anche ai professori universitari “prestati all’attività assistenziale”.
Nell’ambito di tale esposizione, sono state richiamate le disposizioni di cui all’art. 5 della legge 23 dicembre 1996 n. 662 (legge finanziaria anno 1997), prevedente un regime extramurario (c.d. attività extramoenia), in cui il rapporto di impiego con la struttura pubblica è a tempo parziale e caratterizzato dalla possibilità di svolgere attività professionale come libero professionista al di fuori della struttura pubblica, ed un regime intramurario (c.d. attività intramoenia), caratterizzato da un rapporto di esclusività, a tempo pieno, con il servizio sanitario nazionale, e dalla possibilità di svolgere, al di fuori del monte ore di lavoro, solo attività quale libero professionista all’interno della struttura sanitaria
Si è osservato che con l’art. 72, comma 4 e ss., della legge 23 dicembre 1998 n. 448: a) è stata devoluta alla contrattazione collettiva nazionale la disciplina della libera professione dei dirigenti sanitari; b) sono stati prefigurati i contenuti della predetta contrattazione; c) sono state fissate le regole transitorie da valere in attesa del contratto collettivo, rivolte a disincentivare la scelta per la professione in extramoenia; d) è stato istituito il rapporto esclusivo  e il fondo per l’esclusività; e) sono state regolate le incompatibilità conseguenti alla professione interna e a quella esterna; f) poste ulteriori statuizioni in tema di obblighi, responsabilità e sanzioni.
Inoltre, è stato ricordato il d.lgs. 19 giugno 1999 n. 229, il quale all’art. 13 ha confermato il principio di esclusività del rapporto di lavoro del medico dipendente del S.S.N., introducendo nel d.lgs. n. 502/1992 gli artt. 15 quater (“Esclusività del rapporto di lavoro dei dirigenti del ruolo sanitario”) e 15 quinquies (“Caratteristiche del rapporto di lavoro esclusivo dei dirigenti”).
E’ stato sottolineato che il suddetto art. 15-quinquies ha precisato, al comma 9, (confermando in ciò l’art. 1, comma 6, della legge n. 662/1996) che il regime delle incompatibilità del personale medico ospedaliero si applica anche al personale medico universitario “convenzionato” e “strutturato” con il S.S.N., e tale ultima statuizione ha trovato conferma nei commi 2 e 3 dell’art. 5 del d.lgs. n. 517 del 21 dicembre 1999.
Dello stesso art. 5 d.lgs. n. 517/1999 sono stati, altresì, richiamati i commi 7, 8 e 12, nei quali – si è rilevato – lo status lavorativo del prof. [#OMISSIS#] trova espressa regolamentazione normativa, per quanto concerne l’esercizio dell’attività libero professionale in regime di esclusività.
E’ stato citato anche il D.P.C.M. del 27 marzo 2000, del quale sono stati integralmente riportati l’art. 4, comma 2, e l’art. 13 (“Attività diverse dall’attività libero-professionale”), assumendosi che detto decreto trova applicazione anche per i docenti universitari a tempo pieno, impegnati nell’attività assistenziale, i quali, come nel caso di specie, abbiano optato per il regime di intramoenia.
Si è dedotto che il prof. [#OMISSIS#] era (ed è) soggetto, per quanto riguarda lo svolgimento dell’attività assistenziale, alla normativa, di carattere speciale, stabilita per il Servizio sanitario nazionale (cit. art. 5, comma 2, d.lgs. n. 517/1999) e, pertanto, anche al D.P.C.M. 27 marzo 2000, rispondendone direttamente, al direttore generale, sicché per lo svolgimento delle prestazioni autonome, rese a titolo non gratuito, per conto di privati o pubblici committenti, “il medesimo avrebbe dovuto richiedere ed ottenere dal Direttore generale p.t. o, a tutto concedere, in forza del principio d’inscindibilità tra attività didattiche, di ricerca e assistenziali dal Rettore p.t., d’intesa con il Direttore generale azienda ospedaliero universitaria di Parma, apposite autorizzazioni da motivarsi sulla scorta dei parametri qualitativi e quantitativi indicati nell’art. 13, c. 2, D.P.C.M. del 27.03.2000”.
Rilevata, poi, la pacifica sussistenza, nella fattispecie, del requisito del c.d. rapporto di servizio, essendo il prof. [#OMISSIS#] titolare di uno status di pubblico impiegato, per quanto concerne il danno erariale, a parziale modifica della prospettazione effettuata in sede di invito a dedurre, ed alla luce del descritto quadro normativo di riferimento, sono state ipotizzate due poste “tra loro alternative e non cumulative”, sul rilievo che una prima prospettazione di danno origina da fattispecie di incompatibilità assoluta, mentre una seconda deriva da una fattispecie di incompatibilità relativa.
In particolare, ad avviso della Procura attrice il primo profilo è rappresentato dai compensi lordi stimati (come da “aggiornamento e rettifica avvenuti con l’invito a dedurre integrativo p.n. 0009005 del 18.11.2015” depositato unitamente all’atto di citazione) in complessivi € 656.048,25 “conseguiti a titolo di prestazioni di lavoro autonomo, indebitamente rese in quanto unitariamente caratterizzanti l’esercizio di un’attività libero professionale, da parte del prof. [#OMISSIS#], in regime d’incompatibilità assoluta, in violazione della sopracitata normativa riferita ai docenti universitari in regime di tempo pieno”.
Sul punto, è stato richiamato quanto disposto dall’art. 53, comma 7-bis del d.lgs. n. 165/2001 e s.m.i., deducendosi che le prestazioni rese dal convenuto con continuità e abitualità, dal 2007 al 2012 (come da “aggiornamento e rettifica avvenuti con l’invito a dedurre integrativo p.n. 0009005 del 18.11.2015” depositato unitamente all’atto di citazione), unitamente all’apertura di una partita IVA (sin dal 1994), configurano “un illecito permanente (attività libero professionale, dunque abituale, nei limiti di quanto denunziato e istruito dalla Guardia di Finanza), ad oggi non cessato, con conseguente mancato decorso di ogni termine di prescrizione”.
Qualora, invece, questa Sezione “volesse prendere in considerazione, nell’esercizio del principio del libero convincimento, un profilo alternativo di danno erariale”, questo è stato indicato nella indebita percezione, da parte del prof. [#OMISSIS#], della c.d. indennità di esclusività dal 2007 al 2012 (come da “aggiornamento e rettifica avvenuti con l’invito a dedurre integrativo p.n. 0009005 del 18.11.2015” depositato unitamente all’atto di citazione), in violazione della normativa in tema d’incompatibilità relativa (rich.: art. 42 del CCNL Area dirigenza medica e veterinaria 1998 – 2001 dell’8 giugno 2000, e art. 5 della parte economica del medesimo CCNL; art. 12 del CCNL 6 maggio 2010 – Area dirigenza medica – biennio economico 2008/2009; art. 13, c. 2, DPCM 27.03.2000).
Si è osservato che, in materia, non è conferente la circostanza –rappresentata dal prof. [#OMISSIS#] – di non avere svolto attività di intramoenia in costanza di violazione della normativa sull’incompatibilità, rimarcandosi che l’opzione per il regime in questione è solo il presupposto per far maturare l’indennità di esclusività, e ogni qualvolta il vincolo in esame viene vulnerato con l’esercizio di prestazioni incompatibili, di qualsiasi tipo, l’emolumento non è più dovuto e va ripetuto.
Soggiunto che la predetta voce di danno, con specifico riferimento agli anni 2007 – 2012, ammonta a complessivi € 107.975,66, da ultimo si è precisato che la prospettazione della stessa come sopra formulata “non comprende eventuali ed ulteriori componenti di pregiudizio economico da accertare in relazione all’effettività delle prestazioni rese dal docente universitario con la presenza in servizio, sulle quali l’Ufficio inquirente formula riserva (v. nota A.O.U. di Parma p.n. 0005071 del 12.02.2016 depositata in atti)”.
Sono state, poi, evidenziate sia la “chiara ricorrenza” di un nesso di causalità tra i comportamenti antigiuridici del convenuto e le voci di danno contestate, sia la presenza, in capo al prof. [#OMISSIS#], dell’elemento soggettivo del dolo, supportata dai seguenti indici fattuali:
– la complessa posizione apicale ricoperta, sia nella veste di professore ordinario, a tempo pieno, presso l’Ateneo parmense che nel ruolo di direttore della Struttura Complessa della Unità Ospedaliera n. 2 “Anestesia, Rianimazione e Terapia Antalgica” presso l’Azienda O.U. di Parma;
– la chiarezza ed univocità della normativa di riferimento, sia quanto al divieto assoluto di esercitare un’attività al di fuori dei compiti istituzionali, in guisa da assumere caratteristiche proprie di un’attività libero professionale, sia quanto al profil