[X] Dal chiaro dettato dell’art. 53, d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165 si desume che lo status giuridico ed economico dei dipendenti pubblici è contraddistinto da uno specifico divieto, poiché i medesimi non possono svolgere incarichi retribuiti che non siano stati conferiti o previamente autorizzati dall’amministrazione di appartenenza, e che dalla inosservanza di tale divieto discende – salve le più gravi sanzioni e ferma restando la responsabilità disciplinare – l’obbligo, con adempimento a cura dell’erogante od in difetto del percettore, di versare il compenso dovuto per le prestazioni eventualmente svolte nel conto dell’entrata del bilancio dell’amministrazione di appartenenza del dipendente, per essere destinato ad incremento del fondo di produttività o di fondi equivalenti. Ai fini di comprendere il significato che si deve attribuire alle locuzioni “attività di collaborazione scientifica e di consulenza” di cui all’art. 6, comma 10, l. 30 dicembre 2010, n. 240, e di “attività libero–professionali” di cui al successivo comma 12 (attività quest’ultima che, pur essendo compatibile per i professori universitari a tempo definito, rimane incompatibile per i professori a tempo pieno), appare significativa la struttura del testo dello stesso comma 10 che, nel fare l’elenco delle attività svolgibili liberamente, utilizza locuzioni composte da due parole appartenenti alla medesima categoria e unite dalla congiunzione “e” in relazione di uguaglianza e quasi-uguaglianza tra i due termini quali: “valutazione e referaggio, lezioni e seminari, collaborazione scientifica e consulenza, comunicazione e divulgazione, pubblicistica e editoriali.” In altre parole, ogni singolo temine del binomio, si pone in rapporto di specificazione, completando il significato del termine ad esso collegato. L’attività di consulenza liberamente svolgibile dai professori e ricercatori a tempo pieno non va intesa come qualcosa di diverso dalla collaborazione scientifica, di cui conserva la stessa natura e caratteristica e non può in ogni caso coincidere, confondendosi, con l’attività libero-professionale (con il privato o con il pubblico). Tale ultima attività, infatti, non è consentita ai sensi dell’art. 6, comma 9, l. 30 dicembre 2010, n. 240 secondo cui “L’esercizio di attività libero-professionale è incompatibile con il regime di tempo pieno”. Diversamente, l’attività di consulenza, intesa come consulenza scientifica, diventa possibile anche per i professori a tempo pieno, così come espressamente previsto per tutte le altre attività compatibili citate nel comma 10 dello stesso articolo.
Corte dei conti reg., Emilia-Romagna, 6 novembre 2017, n. 214
Ricercatore di ruolo a tempo pieno – Incompatibilità – Nozione di consulenza
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DEI CONTI
SEZIONE GIURISDIZIONALE
PER LA REGIONE EMILIA-ROMAGNA
composta dai seguenti magistrati:
dott. Donato [#OMISSIS#] Fino Presidente
dott. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] Consigliere
dott. Massimo Chirieleison Consigliere relatore
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di responsabilità iscritto al n. 44601/R R.G. instaurato dal Procuratore Regionale nei confronti del Dott. BARBARESI [#OMISSIS#] C.F. BRBLCU77A05G479E, nato a Pesaro (PU) il 05/01/1977 e residente in Bologna (BO), via [#OMISSIS#] Lianori n. 16, rappresentato e difeso dall’Avv. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] e Avv. Barbara [#OMISSIS#], presso lo studio dei quali è elettivamente domiciliato in Bologna alla via San [#OMISSIS#], n.55.
Uditi nella pubblica udienza del 28 giugno 2017, con l’assistenza del Segretario sig.ra [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], il Consigliere relatore Massimo Chirieleison, il rappresentante del Pubblico Ministero nella persona del Sostituto Procuratore Generale dott. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] e gli avv.ti [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] e Barbara [#OMISSIS#] per il convenuto
MOTIVAZIONE
1. Con atto di citazione regolarmene notificato, la Procura Regionale presso la Sezione giurisdizionale della Corte dei conti per l’Emilia Romagna, citava in giudizio il dott. Barbaresi [#OMISSIS#], ricercatore di ruolo a tempo pieno dell’ Universitàdegli Studi di Bologna, per lo svolgimento, a partire dall’anno 2010, di attività economiche e prestazioni professionali svolte in situazione di incompatibilità e senza autorizzazione dell’amministrazione di appartenenza.
2. Dall’esame degli atti si evince, tra l’altro, che il dott. Barbaresi:
(a) è entrato in ruolo il 01/10/2010 come Ricercatore, mentre dal 01/10/2013 è Ricercatore confermato. Il regime di impegno orario è sempre stato quello di tempo pieno dalla data della nomina in ruolo;
(b) dal 2010, oltre a redditi di lavoro dipendente per l’attività d’insegnamento presso l’ Università , ha dichiarato anche redditi diversi percepiti da società e da soggetti privati;
(c) è titolare di partita IVA dal 2005;
(d) è titolare dell’omonima ditta individuale esercente l’attività degli studi di ingegneria, in attività dal 21/02/2005 e con sede in Pesaro, via M. del Monaco n. 3, ed altro luogo di esercizio in Bologna, via Calvart n, 4;
(e) non ha fatto mai alcuna comunicazione all’ Università circa la titolarità della predetta ditta individuale e la conseguente attività libero professionale svolta in regime di partita IVA;
(f) il volume d’affari dell’attività professionale svolta (quadro VE del Modello IVA) ammonta a € 45.629,00 per l’anno 2010; € 15.828,00 per l’anno 2011; € 23.538,00 per l’anno 2012; € 16.516,00 per l’anno 2013; € 23.261,00 per l’anno 2014 e €16.148,00 per l’anno 2015.
(e) il reddito di lavoro autonomo (quadro RE del Modello Unico-Persone Fisiche) derivante dall’esercizio della professione, ammonta a euro 39.157,00 per gli anni dal 2011 al 2015.
3. Alla luce di tali considerazioni, la Procura Regionale ipotizza un danno erariale nella misura di euro 104.249,02 (differenza fra le somme percepite a titolo stipendiale, nel periodo considerato, nella qualità di docente a tempo pieno rispetto a quelle che sarebbero spettate a titolo di docente a tempo definito) o, in alternativa, nella diversa misura di euro 39.157,00 (totale netto dei redditi da lavoro autonomo percepiti nello stesso periodo), oltre rivalutazione monetaria ed interessi legali.
4. Con memoria di costituzione e risposta, il convenuto richiama la disciplina delle incompatibilità dei professori e dei ricercatori universitari e, nello specifico, l’art. 53 “Incompatibilità, cumulo di impieghi e incarichi” del D. Lgs. n. 165/2001 che ha dettato le norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche.
Riferisce che, in attuazione del comma 7 del citato art. 53, l’ Università di Bologna ha emanato il Regolamento di cui al Decreto Rettorale n. 379/1235 del 5.10.1998, “al fine di disciplinare criteri e procedure per il rilascio di autorizzazione a svolgere incarichi retribuiti da parte di docenti e ricercatori a tempo pieno”.
L’ambito di applicazione è riservato “al personale docente e ai ricercatori universitari che si trovino in regime di impegno a tempo pieno” (art. 1, comma 2 del Regolamento citato).
Richiama la circolare prot. n. 7221 del 16.2.2011 dell’ Università di Bologna la quale, in attuazione all’art. 6 comma 10 della legge cd. “[#OMISSIS#]” n. 240/2010, ha stabilito che “i professori ed i ricercatori a tempo pieno, a far tempo dal 29 gennaio, possono svolgere liberamente, anche con retribuzione, le seguenti attività, fino ad oggi soggette all’obbligo di autorizzazione preventiva: attività di valutazione e di referaggio; lezioni di carattere occasionale; attività di collaborazione scientifica e attività di consulenza”.
La difesa ritiene che l’attività extraistituzionale svolta dal Barbaresi in campo acustico, non atterrebbe alla progettazione, cioè alla prestazione professionale tipica degli ingegneri, ma rappresenterebbe un’attività tipica di consulenza, prestata a soggetti per la valutazione e verifica dell’impatto e dell’isolamento acustico e, pertanto, attività esercitabile senza autorizzazione.
Infine, evidenzia che il Barbaresi ha chiesto ed ottenuto, per ciascuno degli incarichi conferitigli, le autorizzazioni necessarie.
5. L’azione erariale, avente ad oggetto l’esercizio di attività libero-professionali da parte di un professore universitario in regime di incompatibilità con il suo status giuridico, si palesa fondata e, come tale, va accolta nei termini che seguono.
Con atto di citazione la Procura, all’esito dell’attività istruttoria espletata, ha ipotizzato la sussistenza della responsabilità amministrativa a carico del Dott. Barbaresi individuando la lesione del bilancio dell’amministrazione universitaria nello svolgimento di prestazioni professionali non autorizzate e determinando una duplice ipotesi di calcolo del danno erariale: euro 39.157,00 (totale netto dei redditi da lavoro autonomo percepiti nello stesso periodo), oppure un profilo alternativo definito dalla differenza fra le somme percepite a titolo stipendiale nella qualità di docente a tempo pieno, rispetto a quelle che sarebbero a lui spettate a titolo di docente a tempo definito.
6. Innanzitutto il Collegio ritiene importante ribadire come il quadro normativo, ermeneutico ed applicativo di riferimento sia sostanzialmente chiaro ed intellegibile nei suoi contenuti. Opportuna appare comunque una ricognizione della normativa in tema di cumulo di impieghi e di incarichi presso le pubbliche amministrazioni, al fine dell’individuazione dei principi fondamentali, rilevanti ed applicabili alle condotte contestate.
6.1. Sulla incompatibilità e sul cumulo di impieghi, il decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 “Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche”, all’art. 53 (Incompatibilità, cumulo di impieghi e incarichi, già art. 58 del d.lgs n. 29 del 1993, come modificato prima dall’art. 2 del decreto legge n.358 del 1993, convertito dalla legge n. 448 del 1993, poi dall’art. 1 del decreto legge n. 361 del 1995, convertito con modificazioni dalla legge n. 437 del 1995 e, infine, dall’art. 26 del d.lgs n. 80 del 1998 nonché dall’art. 16 del d.lgs n. 387 del 1998) prevede che :
6.1.1. “Resta ferma per tutti i dipendenti pubblici la disciplina delle incompatibilità dettata dagli articoli 60 e seguenti del testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica 10 gennaio 1957 n. 3, nonché, per i rapporti di lavoro a tempo parziale, dall’articolo 6, comma 2, del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 17 marzo 1989 n. 117 e dall’articolo 1 commi 57 e seguenti della legge 23 dicembre 1996 n. 662. Restano ferme altresì le disposizioni di cui agli articoli 267, comma 1, 273, 274, 508 nonché 676 del decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297, all’articolo 9, commi 1 e 2, della legge 23 dicembre 1992, n. 498, all’articolo 4, comma 7, della legge 30 dicembre 1991, n. 412, ed ogni altra successiva modificazione ed integrazione della relativa disciplina”.
6.1.2. “Le pubbliche amministrazioni non possono conferire ai dipendenti incarichi, non compresi nei compiti e doveri di ufficio, che non siano espressamente previsti o disciplinati da legge o altre fonti normative, o che non siano espressamente autorizzati”.
6.1.3. “Ai fini previsti dal comma 2, con appositi regolamenti, da emanarsi ai sensi dell’articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, sono individuati gli incarichi consentiti e quelli vietati ai magistrati ordinari, amministrativi, contabili e militari, nonché agli avvocati e procuratori dello Stato, sentiti, per le diverse magistrature, i rispettivi istituti”.
6.1.4. “Nel caso in cui i regolamenti di cui al comma 3 non siano emanati, l’attribuzione degli incarichi è consentita nei soli casi espressamente previsti dalla legge o da altre fonti normative”.
6.1.5. “In ogni caso, il conferimento operato direttamente dall’amministrazione, nonché l’autorizzazione all’esercizio di incarichi che provengano da amministrazione pubblica diversa da quella di appartenenza, ovvero da società o persone fisiche, che svolgano attività d’impresa o commerciale, sono disposti dai rispettivi organi competenti secondo criteri oggettivi e predeterminati, che tengano conto della specifica professionalità, tali da escludere casi di incompatibilità, sia di diritto che di fatto, nell’interesse del buon andamento della pubblica amministrazione”.
6.1.6. “I commi da 7 a 13 del presente articolo si applicano ai dipendenti delle amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2, compresi quelli di cui all’articolo 3, con esclusione dei dipendenti con rapporto di lavoro a tempo parziale con prestazione lavorativa non superiore al cinquanta per cento di quella a tempo pieno, dei docenti universitari a tempo definito e delle altre categorie di dipendenti pubblici ai quali è consentito da disposizioni speciali lo svolgimento di attività libero-professionali. Gli incarichi retribuiti, di cui ai commi seguenti, sono tutti gli incarichi, anche occasionali, non compresi nei compiti e doveri di ufficio, per i quali è previsto, sotto qualsiasi forma, un compenso. Sono esclusi i compensi derivanti: a) dalla collaborazione a giornali, riviste, enciclopedie e simili; b) dalla utilizzazione economica da parte dell’autore o inventore di opere dell’ingegno e di invenzioni industriali; c) dalla partecipazione a convegni e seminari; d) da incarichi per i quali è corrisposto solo il rimborso delle spese documentate; e) da incarichi per lo svolgimento dei quali il dipendente è posto in posizione di aspettativa, di comando o di fuori ruolo; f) da incarichi conferiti dalle organizzazioni sindacali a dipendenti presso le stesse distaccati o in aspettativa non retribuita”.
6.1.7. “I dipendenti pubblici non possono svolgere incarichi retribuiti che non siano stati conferiti o previamente autorizzati dall’amministrazione di appartenenza. Con riferimento ai professori universitari a tempo pieno, gli statuti o i regolamenti degli atenei disciplinano i criteri e le procedure per il rilascio dell’autorizzazione nei casi previsti dal presente decreto. In caso di inosservanza del divieto, salve le più gravi sanzioni e ferma restando la responsabilità disciplinare, il compenso dovuto per le prestazioni eventualmente svolte deve essere versato, a cura dell’erogante o, in difetto, del percettore, nel conto dell’entrata del bilancio dell’amministrazione di appartenenza del dipendente per essere destinato ad incremento del fondo di produttività o di fondi equivalenti.”
7. Dalla ricostruzione del quadro legislativo, si desume quindi che lo status giuridico ed economico dei dipendenti pubblici è contraddistinto da uno specifico divieto, poiché i medesimi non possono svolgere incarichi retribuiti che non siano stati conferiti o previamente autorizzati dall’amministrazione di appartenenza, e che dalla inosservanza di tale divieto discende -salve le più gravi sanzioni e ferma restando la responsabilità disciplinare- l’obbligo, con adempimento a cura dell’erogante od in difetto del percettore, di versare il compenso dovuto per le prestazioni eventualmente svolte nel conto dell’entrata del bilancio dell’amministrazione di appartenenza del dipendente, per essere destinato ad incremento del fondo di produttività o di fondi equivalenti.
7.1. I medesimi principi e la stessa ratio, sono ravvisabili nello status giuridico ed economico del professore universitario, il quale è assoggettato alla medesima disciplina giuridica in materia di incompatibilità e di cumulo di incarichi a garanzia del buon andamento amministrativo dell’attività didattica, di ricerca e di studio. A tal proposito si veda l’art. 53 co. 7 d.lgs. 30 marzo 2001 n. 165 il quale espressamente prevede che ”Con riferimento ai professori universitari a tempo pieno, gli statuti o i regolamenti degli atenei disciplinano i criteri e le procedure per il rilascio dell’autorizzazione nei casi previsti dal presente decreto”; nonché il DPR 11 luglio 1980 n. 382, in materia di riordinamento della docenza universitaria.
7.2. Il quadro normativo dei principi e delle disposizioni vigenti in materia di cumulo di incarichi, di incompatibilità e di conflitto d’interessi tra funzioni ed incarichi, risulta essere stato rafforzato e consolidato nei più recenti interventi del legislatore in materia.
In particolare, la legge 30 dicembre 2010 n. 240, recante “Norme in materia di organizzazione delle università , di personale accademico e reclutamento, nonché delega al Governo per incentivare la qualità e l’efficienza del sistema universitario” all’art. 6 comma 12 ha richiamato il principio del divieto di conflitto d’interesse tra funzioni didattiche ed incarichi professionali, e tra questi ultimi e le cariche accademiche (i professori e i ricercatori a tempo definito possono svolgere attività libero professionale di lavoro autonomo anche continuative, purché non determinino situazioni di conflitto di interesse rispetto all’ateneo di appartenenza. La condizione di professore a tempo definito è incompatibile con l’esercizio di cariche accademiche. Gli statuti di ateneo disciplinano il regime della predetta incompatibilità).
7.3. Infine la legge 6 novembre 2012 n. 190 recante “Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell’illegalità nella pubblica amministrazione”, all’art. 1 comma 42, nell’introduzione di alcune modifiche apportate all’art. 53 decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 ha confermato la giurisdizione della Corte dei conti sulla responsabilità patrimoniale del dipendente pubblico gravato dall’obbligazione restitutoria dei compensi illegittimamente percepiti (dopo il comma 7 è inserito il seguente : «7-bis. L’omissione del versamento del compenso da parte del dipendente pubblico indebito percettore costituisce ipotesi di responsabilità erariale soggetta alla giurisdizione della Corte dei conti»).
Tale ultimo intervento normativo, appare confermativo della sussistenza della giurisdizione della Corte dei conti in conformità agli orientamenti già enunziati in materia dalla Corte di Cassazione.
8. Dalla documentazione acquista agli atti, pienamente provata risulta essere la responsabilità amministrativa del convenuto, per l’omesso versamento dei compensi percepiti in violazione delle norme sull’incompatibilità.
9. La memoria difensiva espressamente ritiene che sarebbero esclusi dal regime autorizzativo, alcuni incarichi riconducibili ad attività di consulenza, liberamente espletabili dal docente anche a tempo pieno ex art. 6, comma 10 della L. 240/2010 cd. Legge [#OMISSIS#].
9.1. Com’è noto, le nuove disposizioni contenute nella legge di riforma del sistema universitario hanno, tra l’altro, innovato il previgente regime delle incompatibilità dei docenti universitari e dei ricercatori a tempo pieno, liberalizzando di fatto alcune attività extraistituzionali per cui era prevista la necessaria autorizzazione dei Rettore prima di avviarne lo svolgimento.
9.1.1 L’ art. 6 della Legge n. 240/2010 (“Riforma [#OMISSIS#]’) intitolata “Nuovo regime delle incompatibilità dei professori e dei ricercatori universitari a tempo pieno e Iimiti all’esercizio delle attività libero professionali per i professori e i ricercatori a tempo definito”, dispone al comma 10 che “I professori e i ricercatori a tempo pieno, fatto salvo il rispetto dei loro obblighi istituzionali, possono svolgere liberamente, anche con retribuzione, attività di valutazione e di referaggio, lezioni e seminari di carattere occasionale, attività di collaborazione scientifica e di consulenza, attività di comunicazione e divulgazione scientifica e culturale, nonché attività pubblicistiche ed editoriali”.
9.1.2. Il successivo comma 12 stabilisce che “I professori e i ricercatori a tempo definito possono svolgere attività libero-professionali e di lavoro autonomo anche continuative, purché non determinino situazioni di conflitto di interesse rispetto all’ateneo di appartenenza. La condizione di professore a tempo definito è incompatibile con l’esercizio di cariche accademiche”.
9.2. Il Collegio ritiene di dover approfondire il significato che si debba attribuire alle locuzioni “attività di collaborazione scientifica e di consulenza” di cui al comma 10 della novella legislativa e di “attività libero–professionali” di cui al successivo comma 12, attività quest’ultima che, pur essendo compatibile per i professori universitari a tempo definito, rimane, analogamente alla precedente disciplina, incompatibile per i professori a tempo pieno.
9.3. Significativa appare, a parere di questo giudice, la struttura del testo del comma 10 della L. 240/2010 che, nel fare l’elenco delle attività svolgibili liberamente, utilizza “binomi copulativi”, ovvero locuzioni composte da due parole appartenenti alla medesima categoria e unite dalla congiunzione “e” in relazione di uguaglianza e quasi-uguaglianza tra i due termini quali: “valutazione e referaggio, lezioni e seminari, collaborazione scientifica e consulenza, comunicazione e divulgazione, pubblicistica e editoriali.” In altre parole ogni singolo temine del binomio, si pone in rapporto di specificazione, completando il significato del termine ad esso collegato.
9.4 L’attività di consulenza, pertanto, non va intesa come qualcosa di diverso dalla collaborazione scientifica, di cui conserva la stessa natura e caratteristica e non può in ogni caso coincidere, confondendosi, con l’attività libero-professionale (con il privato o con il pubblico).
Tale ultima attività, infatti, non è consentita ai sensi del comma 9 secondo cui “L’esercizio di attività libero-professionale è incompatibile con il regime di tempo pieno”. Diversamente, l’attività di consulenza, intesa come consulenza scientifica, diventa possibile anche per i professori a tempo pieno, così come espressamente previsto per tutte le altre attività compatibili citate nel comma 10.
Il Collegio ritiene che quanto sopra specificato precisi sia il significato sia la ratio legis del combinato disposto dei commi 9 e 10 dell’art. 6.
Una diversa lettura, infatti, consentirebbe ad un docente a tempo pieno di svolgere qualsiasi attività genericamente definita “di consulenza” retribuita (con il pubblico e con il privato), anche in maniera continuativa, il che sarebbe in aperto contrasto con lo spirito dello stesso comma 10 e, in particolare, con il richiamato comma 9.
9.5. Pertanto, resta fermo in ogni caso che, anche in base alla nuova normativa di cui alla “Riforma [#OMISSIS#]”, lo svolgimento di qualsiasi attività di consulenza, riconducibile anche solo in astratto ad esercizio di attività libero-professionale, rimane, in assoluto, incompatibile con il regime di impegno a tempo pieno. Il divieto di esercizio della professione per coloro che abbiano optato per il regime a tempo pieno, così come espressamente richiamato nella normativa de qua, deve intendersi riferito a tutte le professioni, comprese quelle che possono essere svolte soltanto dai soggetti iscritti agli Albi professionali. A tal proposito, è sufficiente ricordare che i nominativi dei professori a tempo pieno, vengono comunicati all’ordine professionale al cui albo i professori risultano iscritti al fine della loro inclusione in un elenco speciale.
9.6. Nello specifico caso di cui al presente giudizio, l’attività extraistituzionale svolta dal Barbaresi in campo di “impatto acustico” prestata in regime di tempo pieno a favore di terzi per la valutazione e verifica dell’impatto e dell’isolamento acustico (e che secondo la difesa rientrerebbe nel novero delle attività di collaborazione scientifica e di consulenza liberamente esercitabili), in realtà altro non è che un’attività di progettazione, ovvero di una prestazione professionale tipica degli ingegneri, attività libero professionale svolta, peraltro, da un soggetto titolare di partita IVA, circostanza, quest’ultima, che avalla e conferma la tesi accusatoria, circa il carattere professionale e non occasionale delle prestazioni eseguite dal convenuto.
10. In ordine all’eccezione di prescrizione sollevata dal convenuto, la stessa va respinta. Il Collegio ritiene condividere quanto già espresso nell’atto di citazione, evidenziando che la contestazione di responsabilità, non riguarda la mera tenuta di una partita Iva, ma il suo consapevole utilizzo per lo svolgimento di una attività libero professionale (cioè non meramente occasionale) e che, in tal senso, le (singole) autorizzazioni e comunicazioni sono da ritenersi inutiliter datae, in considerazione del fatto che non poteva sicuramente essere autorizzato lo svolgimento di una attività (l’attività libero professionale) assolutamente vietata ai docenti a tempo pieno. Parimenti, non appare possibile invocare le esibite autorizzazioni e/o comunicazioni, richiamate dalla difesa, come dimostrative di una condizione soggettiva di buona fede perché con esse l’ Università non ha fatto altro ( né avrebbe potuto fare altrimenti) che autorizzare (o prendere atto, per quelle singolarmente soggette a mera comunicazione) di attività, di volta in volta, singolarmente dichiarate.
Ciò determina che ai fini del computo del tempo per la prescrizione del diritto al risarcimento del danno, il dies a quo vada individuato, ai sensi del combinato disposto dell’art. 1 della L. n. 20/1994 e dell’art. 2935 c.c., a decorrere dal giorno in cui il diritto al risarcimento può essere fatto valere: quindi dal giorno in cui l’amministrazione ha avuto cognizione del fatto dannoso in quanto il danno si è manifestato all’esterno, divenendo obiettivamente percepibile al soggetto danneggiato.
11. Va conclusivamente affermata la responsabilità del Prof. Barbaresi [#OMISSIS#] per il danno arrecato all’ Università degli studi di Bologna, in relazione allo svolgimento di attività professionale in regime di incompatibilità. Il danno erariale risarcibile è determinato nella misura pari ad euro 39.157,00, oltre rivalutazione monetaria e interessi legali calcolati come in dispositivo.
Le spese del giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte dei conti, Sezione Giurisdizionale per la Regione Emilia Romagna, definitivamente pronunciando, accoglie la domanda della Procura regionale e, per l’effetto, condanna BARBARESI [#OMISSIS#] al pagamento della somma di euro 39.157,00 a titolo di risarcimento del danno in favore all’ Università degli studi di Bologna, oltre rivalutazione monetaria, calcolata in base agli indici FOI/ISTAT, dalla data di ciascun singolo pagamento sino al deposito della sentenza ed interessi legali dal deposito della sentenza medesima sino al soddisfo.
Le spese di giudizio seguono la soccombenza e sono quantificate in euro
440,35 (quattrocentoquaranta/35).
Cosi deciso in Bologna, nella camera di consiglio del 28 giugno 2017.
Depositata in Segreteria il giorno 6 novembre 2017