Va riconosciuta la natura pubblica delle libere università, regolate dall’ordinamento dell’istruzione superiore (r.d. 31 agosto 1933 n. 1592) in quanto le stesse hanno una rilevanza di scopi, una struttura organizzativa e poteri amministrativi del tutto analoghi a quelli delle università statali.Considerato che le prescrizioni del provvedimento autorizzativo allo svolgimento della sola attività intramoenia, unitamente a quelle normative e regolamentari di settore cui doveva imperativamente essere conformata l’attività libero professionale, sono di una chiarezza tale da non lasciare margini di opinabilità interpretativa e applicativa e considerata l’elevata qualificazione professionale del convenuto – ordinaria caratteristica di un soggetto che riveste la qualifica di dirigente sanitario – le plurime e rilevantissime violazioni, connesse tutte a condotte volontarie, devono ritenersi imputabili al sanitario a titolo di dolo.La dichiarazione dei redditi professionali unitamente a quelli di lavoro dipendente presso l’università sul modello unico dei redditi non è indicativo di alcuna scelta operata che, invece, deve essere dichiarata e debitamente autorizzata dall’amministrazione proprio al fine di corrispondere determinati emolumenti. In sostanza, è la particolare attività libero professionale che si intende svolgere al di fuori del rapporto di servizio a dover essere dichiarata all’amministrazione e la sua omissione configura attività di occultamento doloso.Il regime di tipo esclusivo, pur non costituendo certo un obbligo per i professionisti legati da rapporto di lavoro subordinato con la ASL – i quali rimangono liberi di scegliere altre tipologie di rapporto –, è caratterizzato da una scelta inequivoca del professionista, alla quale sono connessi, da un lato, speciali emolumenti, previsti dalla riforma con intento premiale, atteso che il legislatore ha voluto favorire tale tipo di regime rispetto alle altre possibilità e, dall’altro, specifici i divieti e incompatibilità, che scattano proprio a tutela della riserva delle energie professionali a favore del regime sanitario pubblico; riserva che costituisce pertanto, ad un tempo l’intento della disciplina di legge e la causa degli speciali emolumenti concessi. Il danno, quindi, risulta correttamente quantificato nella parte di retribuzione erogata nell’inesistente presupposto che il sanitario intrattenesse un rapporto di lavoro in esclusiva con la ASL.
Corte dei conti reg., Lazio, 23 marzo 2016, n. 104
Dirigente medico – Incompatibilità – Regime di esclusiva
GIUDIZIO DI CONTO
C. Conti Lazio Sez. giurisdiz., Sent., 23-03-2016, n. 104
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DEI CONTI
Sezione giurisdizionale per la Regione Lazio composta dai seguenti giudici:
dott. [#OMISSIS#] De MUSSO – Presidente
dott. [#OMISSIS#] TORRI – Consigliere
dott. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] – Consigliere rel.
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di responsabilità iscritto al n 74336 del registro di segreteria, promosso ad istanza del Procuratore regionale presso la Sezione giurisdizionale per la Regione Lazio nei confronti di:
B.A., elettivamente domiciliato in Roma via Oslavia n. 39/F, presso lo studio dell’Avvocato [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] che lo rappresenta e lo assiste nel presente giudizio, giusta delega a margine della comparsa di costituzione;
Visto l’atto introduttivo del giudizio, le memorie scritte e tutti gli altri documenti di causa;
Uditi, alla pubblica udienza del 25 febbraio 2016, con l’assistenza del segretario dott. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], il Consigliere relatore dott. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], il Pubblico Ministero nella persona del Vice Procuratore generale dott. Massimo [#OMISSIS#] e l’Avvocato [#OMISSIS#] per il convenuto;
Ritenuto in
Svolgimento del processo
Con atto di citazione depositato in data 23 settembre 2015, la Procura regionale presso la Sezione giurisdizionale per il Lazio ha convenuto in giudizio il dottor B. per sentirlo condannare al pagamento in favore dell’erario, ed in particolare dell’Università degli studi di Roma Cattolica del Sacro Cuore, della somma di Euro 89.617,67, oltre rivalutazione monetaria, interessi legali e spese di giudizio per la condotta dolosa consistente nell’aver percepito indebitamenti compensi dal proprio datore di lavoro negli anni 2008-2009 e 2010 ed, in particolare, Euro. 53.701,56 come indennità di esclusività, Euro. 18.666,54 come indennità di posizione variabile, Euro. 13.666,89 quale differenza tra indennità di posizione fissa e retribuzione di posizione minima contrattualmente unificata ed infine Euro. 3.582,68 quale intera indennità di risultato.
Assume parte attrice che detti compensi non potevano essere erogati al B. in quanto il medesimo, nella sua qualità di dirigente medico che aveva optato per l’esercizio della professione intramuraria, non poteva assolutamente effettuare prestazioni a propri pazienti nell’ambito dell’attività libero professionale. La violazione di tali obblighi connessi all’esclusività delle prestazioni, determinando conflitto di interessi e insorgenza di situazioni di concorrenza sleale, comportano, ai fini della percezione degli emolumenti, l’obbligo di restituzione.
Nella citazione, la Procura, condividendo le motivazioni contenute nel rapporto della Guardia di Finanza, non ha ritenuto le deduzioni opposte all’invito a dedurre sufficienti a superare l’addebito di responsabilità, per cui ha chiesto a questa Sezione di condannare il convenuto alla refusione dell’intero importo contestato, dichiarandosi contrario ad ogni esercizio di potere riduttivo, trattandosi di illecito doloso.
Ha chiesto, infine, di condannare il convenuto al pagamento delle somme accessorie di rivalutazione monetaria ed interessi legali anch’esse per intero e con indicazione dei criteri legali di computo.
La difesa del convenuto, con memoria depositata in data 5 febbraio 2016, ha preliminarmente eccepito la prescrizione dell’azione di responsabilità amministrativa, essendo decorsi cinque anni dalla percezione delle somme relative alle annualità contestate, non sussistendo alcun occultamento doloso nella percezione dei compensi che il convenuto ha regolarmente dichiarato all’Amministrazione finanziaria, presentando ogni anno la dichiarazione dei redditi modello UNICO 2009-2010 e 2011.
Nel merito, ha contestato le conclusioni alle quali è giunta la Procura, precisando che l’attività svolta non era incompatibile con le funzioni svolte e che, anzi, la stessa Università cattolica avrebbe incentivato l’attività del B., dando vita ad una società di collaborazione R.W.T. s.r.l. di cui la università sarebbe socia.
Alla pubblica udienza, il Pubblico Ministero, nel confermare gli atti e le conclusioni scritte, ha riaffermato la illegittimità del compenso percepito, del quale l’Amministrazione ha avuto contezza solo dopo l’indagine della Guardia di Finanza, per cui nessuna prescrizione può dirsi maturata.
L’avvocato, per conto del convenuto, ha precisato che nella fattispecie nessuna attività di occultamento doloso vi sarebbe stata in quanto il compenso percepito è stato regolarmente dichiarato e sul quale sono state pagate le imposte.
Motivi della decisione
Questo Collegio è chiamato a pronunciarsi in merito alla fattispecie avente come oggetto l’effettuazione da parte del dirigente medico qui convenuto di prestazioni professionali utilizzando la partita Iva, al di fuori dei limiti che la legge pone nell’ambito dell’attività medica svolta alle dipendenze dell’Università cattolica del sacro Cuore-Policlinico universitario Agostino Gemelli in regime di rapporto esclusivo.
In via preliminare al merito, il Collegio deve domandarsi se sussista la propria giurisdizione in ordine all’eventuale danno prodotto dal convenuto nei confronti dell’Università cattolica del Sacro Cuore di Roma – Policlinico Agostino Gemelli.
In argomento è sufficiente richiamare la giurisprudenza di questa Corte Sezione 3^appello n.849/2011 che ha confermato la natura di ente pubblico non economico alla predetta università non statale, nonché la pronuncia delle SS.UU. della Cassazione n. 5054/2004 ( ma ancora prima n. 691/1977) che ha riconosciuto la natura pubblica delle libere università, regolate dall’ordinamento dell’istruzione superiore ( r.d. 31 agosto 1933 n. 1592) in quanto le stesse avrebbero una rilevanza di scopi, una struttura organizzativa e poteri amministrativi del tutto analoghi a quelli delle Università statali. Si fa presente, altresì, che nello stesso statuto dell’Università in questione, all’articolo 1 comma 1 è previsto che l’Università è da considerarsi ente morale, giuridicamente riconosciuta quale libera università con R.D. n. 1661 del 1924, ed espressamente qualificata come università non statale, “persona giuridica di diritto pubblico, secondo le leggi vigenti”.
Deve essere successivamente delibata l’eccezione di prescrizione quinquennale.
Come evidenziato in narrativa, il danno che parte attrice intende far valere è riconducibile al periodo compreso tra il 2008 e il 2010 e fa riferimento alla spesa per il pagamento delle indennità succitate che la Procura ha assunto come indebite.
Sostiene il B. che detto danno sarebbe prescritto, posto che l’invito a dedurre è stato notificato il 4 giugno 2015 e il pagamento delle indennità risale ad un periodo anteriore al quinquennio.
L’eccezione è infondata.
Posto che nel caso di specie si configura, come meglio si vedrà nel prosieguo della motivazione, un occultamento doloso del danno così da poter spostare il dies a quo della prescrizione alla data della sua scoperta (1, comma 2, della L. 14 gennaio 1994, n. 20), il Collegio non può che far risalire la giuridica conoscibilità del credito erariale e con essa l’esordio della prescrizione al momento della scoperta dell’evento dannoso, come risultante dalle indagini svolte dalla Guardia di Finanza, i cui esiti sono contenuti nella relazione ispettiva trasmessa al P.M. contabile.
E’ bene precisare, infatti, che in tema di responsabilità amministrativa, il dolo che assume rilevanza è quello cosiddetto contrattuale siccome connesso all’inadempimento volontario degli obblighi di servizio e/o con la previsione e la piena coscienza degli effetti da esso derivanti.
Considerato che le prescrizioni del provvedimento autorizzativo allo svolgimento della sola attività intramoenia da parte del B., unitamente a quelle normative e regolamentari di settore, che a breve saranno esaminate dal Collegio, cui doveva imperativamente essere conformata l’attività libero professionale, sono di una chiarezza tale da non lasciare margini di opinabilità interpretativa e applicativa e considerata l’elevata qualificazione professionale del convenuto – ordinaria caratteristica di un soggetto che riveste la qualifica di dirigente sanitario – le plurime e rilevantissime violazioni, connesse tutte a condotte volontarie, devono ritenersi imputabili al sanitario a titolo di dolo. Inoltre, come fra breve si vedrà, al dirigente medico di struttura pubblica non è interdetto lo svolgimento di attività professionale anche con partita IVA e quindi in regime di extramoenia, ma la scelta deve essere dichiarata alla struttura pubblica dove si svolge l’attività di lavoro a tempo pieno sia al fine di essere autorizzato e sia al fine della corresponsione di emolumenti determinati che non sono identici a quelli da corrispondere quando l’attività professionale viene svolta in regime di intramoenia.
Dacché ne consegue che la dichiarazione dei redditi professionali unitamente a quelli di lavoro dipendente presso la predetta Università sul modello unico dei redditi non è indicativo di alcuna scelta operata che, invece, deve essere dichiarata e debitamente autorizzata dall’Amministrazione proprio al fine di corrispondere determinati emolumenti.
In sostanza è la particolare attività libero professionale che si intende svolgere al di fuori del rapporto di servizio a dover essere dichiarata all’Amministrazione e la sua omissione configura attività di occultamento doloso.
Per quanto concerne, infine, l’attività svolta nella società costituita anche con l’Università cattolica, la medesima risale all’anno 2011, quindi in epoca diversa rispetto alle contestazioni dei fatti oggetto del giudizio.
Dacché ne consegue la tempestività dell’azione erariale e il rigetto dell’eccezione prodotta.
Nel merito, il Collegio ritiene di non doversi soffermare a lungo, tenuto conto che lo stesso convenuto ha ammesso di aver svolto attività libero professionale con partita IVA e di averne persino denunciato i compensi percepiti nelle dichiarazioni dei redditi presentati all’Amministrazione finanziaria.
Il dirigente medico avente rapporto esclusivo con la struttura aziendale di riferimento può svolgere, invece, soltanto attività libero professionale in regime di intramoenia, e a fronte di questa scelta, oltre a particolari misure premiali e di accelerazione di carriera, sono previste l’erogazione di tre emolumenti specifici della retribuzione di posizione (Retribuzione di posizione unificata e Retribuzione variabile aziendale), della retribuzione di risultato, e dell’indennità di esclusiva, emolumenti che di conseguenza diventano indebiti nel momento in cui il sanitario deliberatamente violi queste disposizioni e svolga attività professionale non avente i requisiti indicati e soprattutto effettui prestazioni private oltre i limiti consentiti.
Il regime di tipo esclusivo, pur non costituendo certo un obbligo per i professionisti legati da rapporto di lavoro subordinato con la ASL – i quali rimangono liberi di scegliere altre tipologie di rapporto -, è caratterizzato da una scelta inequivoca del professionista, alla quale sono connessi, da un lato, speciali emolumenti, previsti dalla riforma con intento premiale, atteso che il legislatore ha voluto favorire tale tipo di regime rispetto alle altre possibilità e, dall’altro i divieti e le incompatibilità sopra ricordati, che scattano proprio a tutela della riserva delle energie professionali a favore del regime sanitario pubblico; riserva che costituisce pertanto, ad un tempo l’intento della riforma e la causa degli speciali emolumenti concessi dal legislatore.
Ebbene, dalla relazione ispettiva della Guardia di Finanza, emergono elementi univoci e concordanti circa il fatto che l’attività libero professionale che il Dott. B. ha svolto negli anni 2008-2010 è stata posta in essere, reiteratamente e per aspetti tutt’altro che marginali, violando i vincoli modali, al rispetto dei quali la stessa era condizionata, finendo per assumere i connotati dell’attività extramoenia.
A tal proposito occorre considerare che non spetta al sanitario valutare né la compatibilità delle prestazioni professionali autonome con quelle istituzionali svolte nell’interesse del SSN e costituenti l’oggetto dell’incarico dirigenziale ad esso conferito nell’ambito della struttura aziendale, né l’insorgenza di possibili [#OMISSIS#] di interesse. Tali valutazioni, invece, sono di pertinenza dell’Azienda sanitaria e sono destinate ad essere svolte, innanzitutto, in sede di autorizzazione all’esercizio delle attività ulteriori a quelli tipiche del rapporto di lavoro dipendente.
Ciò in quanto, lungi dal rappresentare il prodotto di un’attività sostanzialmente paritetica (che, comunque, avrebbe richiesto la manifestazione del consenso della Direzione dell’Ospedale), la definizione dei confini entro cui l’attività libero professionale può svolgersi costituisce il prodotto di apprezzamenti complessi, finalizzati all’individuazione del “corretto ed equilibrato rapporto tra attività istituzionale e corrispondente attività libero professionale”. L’individuazione del punto in cui si realizza un equo contemperamento delle diverse esigenze non può che essere rimessa al soggetto cui è stata contrattualmente accordata l’esclusività delle prestazioni, cioè all’ente ospedaliero.
Il danno, quindi, risulta correttamente quantificato nella parte di retribuzione erogata nell’inesistente presupposto che il sanitario intrattenesse un rapporto di lavoro in esclusiva con la ASL.
Ne consegue che il B. deve essere condannato alla restituzione della somma di Euro. 89.617,67, somma da maggiorare, atteso che la pretesa azionata ha ad oggetto un debito di valore, della rivalutazione monetaria nel frattempo intervenuta, da calcolarsi secondo l’indice dei prezzi calcolato dall’ISTAT, dalla data di ciascun pagamento delle indennità derivanti dal rapporto di lavoro esclusivo alla data di pubblicazione della presente sentenza, oltre agli interessi legali dalla data di pubblicazione della presente sentenza e fino all’effettivo soddisfo, nonché al pagamento, in favore dello Stato, delle spese di giudizio.
P.Q.M.
La Corte dei conti, Sezione giurisdizionale per il Lazio, definitivamente pronunciando, accoglie la domanda attrice e per l’effetto,
condanna
B.A. al pagamento in favore della Università Cattolica del Sacro Cuore Policlinico Agostino Gemelli della somma di Euro 89.617,67, da incrementare degli accessori nei termini specificati in motivazione.
Le spese di giudizio liquidate in Euro 160,38 (centosessanta/38) sono a carico del soccombente.
Manda alla Segreteria per gli adempimenti di competenza.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 25 febbraio 2016.
Depositata in Cancelleria 23 marzo 2016.