La sospensione necessaria deve essere limitata ai soli casi di pregiudizialità in senso stretto, ovvero ai soli casi in cui la previa definizione di altra controversia civile, penale o amministrativa costituisca l’indiscutibile antecedente logico-giuridico dal quale dipenda la decisione della causa pregiudicata ed il cui accertamento sia necessariamente richiesto con efficacia di giudicato. Ciò in quanto l’attuale sistema normativo è ispirato a criteri di separatezza ed autonomia del processo civile, amministrativo e contabile rispetto a quello penale e, dunque, anche qualora nell’ambito di questi giudizi siano stati dedotti fatti coincidenti con i reati perseguiti in sede penale, al di fuori di ipotesi eccezionali previste espressamente dal legislatore, non può essere precluso al giudice di questi processi di conoscere ed accertare autonomamente gli stessi.In materia di pensione di reversibilità per gli studenti universitari orfani maggiorenni, il combinato disposto degli artt. 13 r.d.l. 14 aprile 1939, n. 636 e 82 d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092 comporta che per concedere il beneficio richiesto sia necessaria la condizione dell’iscrizione dell’interessato all’Università per la durata del corso legale degli studi e comunque fino al 26 anno di età. Presupposto di operatività di tale norma, dunque, verosimilmente animata da spirito di sostegno e di incentivazione alla frequenza degli studi superiori, è da ravvisare nella effettiva iscrizione ad un corso di studi presso istituzioni di alta cultura, quali indubbiamente sono le Accademie di belle arti, o le Università secondo quanto può agevolmente desumersi dalla disciplina della legislazione primaria e dai princìpi costituzionali.Il requisito, previsto dalla disciplina normativa per la maturazione del diritto a percepire la pensione di reversibilità dell’orfano maggiorenne non è costituito dal mero “fatto” di essere uno studente universitario infraventiseienne, ma dall’esserlo nell’ambito del “corso legale” degli studi, circostanza che presuppone l’avvenuta “iscrizione” ed alla cui mancanza non può sopperirsi invocando la semplice qualità di studente “di fatto”. Ciò per essere espressamente richiesto dal legislatore che il percorso formativo intrapreso dal soggetto si svolga secondo le fisiologiche dinamiche della durata legalmente predeterminata. Si tratta, infatti, di un requisito di carattere obiettivo, insuscettibile di contestualizzazione e, di conseguenza, sprovvisto di capacità selettiva differenziata.
Corte dei conti reg., Piemonte, 26 gennaio 2017, n. 11
Pensione di reversibilità per studenti universitari orfani maggiorenni
GIUDIZIO DI CONTO – PENSIONI
C. Conti Piemonte Sez. giurisdiz., Sent., 26-01-2017, n. 11
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DEI CONTI
SEZIONE GIURISDIZIONALE PER LA REGIONE PIEMONTE
IL GIUDICE UNICO DELLE PENSIONI
Consigliere [#OMISSIS#] GILI
nella pubblica udienza del 18 gennaio 2017 ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio pensionistico iscritto al n. 20078 del registro di segreteria promosso dalla signora S.M. (c.f.: (…)), nata a T. il (…), residente in C. (T.), S. B. n. 125, elettivamente domiciliata in Chieri (TO), via [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] II n. 31, presso lo studio e la persona dell’Avv. [#OMISSIS#] BURZIO del Foro di Torino (c.f.: (…)) che la rappresenta e difende per delega conferita con apposito atto scritto (in atti)
CONTRO
l’INPS, Sede Territoriale di Torino, ex gestione INPDAP, in persona del legale rappresentante pro-tempore, rappresentato e difeso, anche disgiuntamente, dagli Avv.ti [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] e [#OMISSIS#] Sanguineti, giusta procura generale alle liti rilasciata per atto a ministero del notaio P.C. rep. (…) del 21 luglio 2015 e con loro elettivamente domiciliato in Torino, via dell’Arcivescovado n. 9;
AVVERSO
l’Ordinanza-Ingiunzione n. 164433 emessa in data 20 maggio 2015 dall’INPS – Gestione dipendenti pubblici, sede di Torino, con cui l’Ente previdenziale ha accertato nei confronti della ricorrente un credito di Euro 7.644,72, per indebito pagamento di pensione di reversibilità nel periodo 1.11.2011 – 31.10.2013, per l’annullamento integrale dell’indebito richiesto con l’ordinanza – ingiunzione n. 164433 del 20 maggio 2015;
VISTI: il R.D. 13 agosto 1933, n. 1038; il D.L. 15 novembre 1993, n. 453, convertito nella L. 14 gennaio 1994, n. 19; la L. 21 luglio 2000, n. 205 e, in particolare, gli artt. 5, 9 e 10 nonché il D.Lgs. 26 agosto 2016, n. 174;
UDITE le parti costituite e comparse come da verbale di udienza;
ESAMINATI gli atti e i documenti di causa.
Svolgimento del processo
Con ricorso giurisdizionale, depositato il 23 agosto 2016, la ricorrente esponeva -in fatto- di essere titolare dal mese di dicembre 2001 di pensione di reversibilità, unitamente al padre sig. G.S. ed alla sorella, in quanto congiunti della dipendente pubblica signora R.P., nata il (…) e deceduta il 20 giugno 2001.
Più in particolare, alla ricorrente, all’epoca minore d’età, era stata riconosciuta, ex art. 82 D.P.R. n. 1092 del 1973, la somma mensile lorda di Euro 238,33, somma erogata, tramite bonifico, sul conto corrente intestato al padre.
Nell’atto introduttivo del giudizio viene precisato che la Sig.na S. ebbe ad iscriversi nel settembre 2008 all’Università di Torino, Facoltà di Scienze Politiche, Corso di Laurea in Servizio Sociale.
Viene, altresì, evidenziato che la medesima ricorrente, nel frattempo riavvicinatasi allo studio del pianoforte e del canto lirico, iniziò a frequentare l’associazione musico-culturale Musiqueros di Andezeno (TO), preparando nell’anno scolastico 2011-2012 l’esame di canto per ottenere la certificazione livello “C”.
Il giorno 25.09.2012 la ricorrente sosteneva il detto esame, in qualità di privatista, presso il Conservatorio Statale di Musica Vivaldi di Alessandria, ottenendo la relativa certificazione.
Nel 2012 non rinnovava l’iscrizione universitaria per l’anno accademico 2012-2013, intendendo preparare l’ammissione alla classe di canto lirico del Conservatorio di Alessandria, nonché l’esame di pianoforte di livello B.
I relativi esami venivano dall’interessata superati entrambi in data 3.7.2013 e 10.9.2013.
Il 12.4.2014 la ricorrente compiva 26 anni, e perdeva dunque il diritto alla quota di pensione di reversibilità di cui aveva beneficiato fino ad allora.
Il 28.5.2015 la ricorrente riceveva la notificazione dell’ordinanza – ingiunzione n. 164433 del 20.5.2015, con la quale l’I.N.P.S. chiedeva la restituzione di Euro 7.644,72, somma erogata nel biennio compreso tra il 1.11.2011 ed il 31.10.2013, ed asseritamente non dovuta.
L’ordinanza-ingiunzione concludeva con la seguente indicazione: “Ai sensi dell’art. 3 del R.D. n. 639 del 2014 aprile 1910, così come sostituito da comma 40 dell’art. 34 del D.Lgs. 1 settembre 2011, n. 150, si avverte che è possibile proporre opposizione innanzi al Tribunale di Torino, secondo quanto previsto dall’art. 32 del D.Lgs. 1 settembre 2011, n. 150“.
La Sig.na S., pertanto, in data 26.6.2015, proponeva opposizione avanti al Tribunale indicato.
All’udienza del 29.4.2016, il Giudice si riservava sull’eccezione d’incompetenza proposta dalla controparte.
All’udienza del 27.5.2016, il Giudice, con sentenza n. 3091/2016, dichiarava la propria incompetenza, concedendo un termine di mesi tre per la riassunzione della causa avanti alla Corte dei Conti.
Nelle more della fissazione della prima udienza del giudizio di opposizione, il padre della ricorrente, Sig. G.S., riceveva avviso ex art. 415 bis c.p.p. per il reato di cui all’art. 640 bis c.p. (truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche).
Con il ricorso giurisdizionale in discussione, attraverso il quale riassunto tempestivamente il giudizio avanti il giudice contabile, veniva richiesto l’annullamento del provvedimento della P.A., deduceva in diritto la ricorrente, preliminarmente che, avendo il procedimento penale, avviato nei confronti del padre per il reato di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche, sostanzialmente il medesimo oggetto del presente procedimento (l’indebita percezione della pensione di reversibilità, pur contestata a due soggetti differenti), l’odierno procedimento dovrebbe essere sospeso sino all’esito del giudizio penale.
Veniva, quindi, avanzata conseguente richiesta di sospensione del giudizio.
Deduceva, inoltre, la ricorrente che, pur in assenza di comunicazioni, effettuate da parte degli interessati, relativamente alla cessazione dei requisiti necessari per poter invocare il diritto all’emolumento per cui è causa, non può essere messa in dubbio la propria buona fede.
La medesima ricorrente, infatti, ha dichiarato di non aver mai materialmente avuto la disponibilità delle somme erogate – essendo le stesse sempre accreditate su conto corrente intestato al padre – e, comunque, seppur non formalmente iscritta ad “università od altri istituti superiori equiparati”, di aver effettivamente mantenuto la condizione di studentessa di fatto e, comunque, non “fuori corso” anche nel biennio contestato, senza perdere – pertanto, a suo avviso – il diritto alla reversibilità riferibile alla madre defunta.
La ricorrente invocava, pertanto, con il ricorso giurisdizionale in discussione, l’irripetibilità degli indebiti azionati.
Con memoria depositata il 19 settembre 2016 si costituiva in giudizio l’INPS, che, in via graduata chiedeva:
– respingersi l’istanza di sospensione dell’efficacia esecutiva dell’ordinanza ingiunzione opposta, stante l’assenza di fumus [#OMISSIS#] iuris e di periculum in mora;
– in via preliminare, respingersi l’istanza di sospensione del giudizio, difettando i requisiti di cui all’art. 295 c.p.c.;
– nel merito, l’Ente concludeva chiedendo il rigetto del ricorso con rifusione delle spese di lite.
– Con ordinanza adottata all’esito della camera di consiglio del 20 settembre 2016, la Sezione adita respingeva l’istanza cautelare, fissando per il 18 gennaio 2017 l’udienza per la trattazione del ricorso nel merito.
All’udienza odierna, sentite le parti comparse, le quali concludevano come da verbale, la causa veniva discussa e decisa come da separato dispositivo pubblicamente letto e di seguito trascritto ai sensi dell’art. 429 c.p.c.
Motivi della decisione
La fattispecie in esame concerne un indebito formatosi a seguito dell’erogazione del trattamento pensionistico di reversibilità sul presupposto della continuazione degli studi e pure in assenza di comunicazioni di cessazione delle condizioni legittimanti l’attribuzione della pensione indiretta.
Preliminarmente, il Giudice è chiamato ad esaminare la richiesta di sospensione del giudizio, proposta dalla difesa della ricorrente ex art. 295 c.p.c., in attesa della definizione del procedimento penale attualmente pendente a carico del padre sig. G.S. presso il Tribunale di Torino, per contestata ipotesi di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche, istanza alla quale la difesa dell’Ente previdenziale si è espressamente opposta nell’atto difensivo ed anche nel corso dell’Udienza di discussione.
La richiesta va disattesa in quanto infondata.
Come chiarito dalle Sezioni riunite di questa Corte, la sospensione necessaria deve essere limitata ai soli casi di pregiudizialità in senso stretto, ovvero ai soli casi in cui la previa definizione di altra controversia civile, penale o amministrativa costituisca l’indiscutibile antecedente logico-giuridico dal quale dipenda la decisione della causa pregiudicata ed il cui accertamento sia necessariamente richiesto con efficacia di giudicato (cfr. Corte dei conti, SS.RR., 26 aprile, ord. n. 1; id. 21 giugno 2012, ord. n. 3).
La sospensione necessaria del giudizio, peraltro, come evidenziato dalla stessa giurisprudenza della Suprema Corte di Cassazione, in relazione all’art. 295 c.p.c., deve essere limitata ai soli casi di pregiudizialità in senso tecnico-giuridico, per prevenire cioè il rischio di un conflitto tra giudicati (ex plurimis, v. Cassazione, SS.UU., n. 14060/2004), trovando la stessa disposizione corretta applicazione solo quando la previa definizione di altra controversia civile, penale o amministrativa, pendente davanti allo stesso o ad altro giudice costituisca, per il suo carattere pregiudiziale, l’indiscutibile antecedente logico-giuridico dal quale dipenda la decisione della causa pregiudicata ed il cui accertamento sia necessariamente richiesto con efficacia di giudicato, non essendo sufficiente un rapporto di mera pregiudizialità logica (ex multis, cfr. Cassazione, Sezione II, 11.8.2011, n. 17212).
Ciò in quanto l’attuale sistema normativo è ispirato a criteri di separatezza ed autonomia del processo civile, amministrativo e contabile rispetto a quello penale e, dunque, anche qualora nell’ambito di questi giudizi siano stati dedotti fatti coincidenti con i reati perseguiti in sede penale, al di fuori di ipotesi eccezionali previste espressamente dal legislatore, non può essere precluso al giudice di questi processi di conoscere ed accertare autonomamente gli stessi (Corte dei conti, Sez. Lombardia, n. 141/2015; Corte dei conti, sez. Lombardia, n. 175/2015; Corte dei conti, sez. Lazio, 2 maggio 2013, n.362).
Anche in astratto è quindi del tutto ammissibile l’esistenza di due contemporanee azioni innanzi alle due diverse giurisdizioni, attivate da soggetti differenti, senza che ciò comporti necessariamente la violazione né del principio del giusto processo, né di quello del ne bis in idem.
Sulla base di tali premesse il Giudice esclude pertanto che possa rinvenirsi, nel caso di specie, alcun rapporto di pregiudizialità necessaria tra l’accertamento dei fatti penali e la delibazione che compete, invece, al Giudice contabile.
Tra i due giudizi (penale e pensionistico) potrebbe ravvisarsi un mero rapporto di connessione, per effetto della quale la conoscenza dell’esito della vicenda penale potrebbe rivelarsi utile per la definizione della presente vertenza, ma di certo non nel senso che la decisione non possa prescindere dalla definizione del procedimento penale pendente con la conseguenza che l’esito del giudizio penale non costituisce indispensabile antecedente logico-giuridico di quello in discussione, il cui accertamento non necessita della definizione del primo con efficacia di giudicato.
Del resto, in condivisione della tesi dell’Inps, mentre l’esercizio dell’azione penale compete esclusivamente al Pubblico Ministero ed è finalizzata all’accertamento del compimento di un fatto-reato, nella specie l’Ente previdenziale ha già esercitato l’azione civile al di fuori del procedimento penale attraverso l’ordinanza-ingiunzione impugnata nella presente sede giurisdizionale.
Conseguentemente, non essendo configurabile alcun bis in idem, la domanda de qua va disattesa.
Ciò premesso, venendo al merito, ad avviso del Giudice, il ricorso all’esame, per le ragioni di seguito espresse e nei limiti indicati, non è meritevole di favorevole scrutinio.
Nella fattispecie, il diritto al trattamento di quiescenza invocato, e, quindi, all’irripetibilità dei ratei erogati nel periodo de quo, è subordinato alla ricorrenza di precisi requisiti fissati dalla legge.
Per le pensioni civili, ed in particolare, in presenza di orfani dell’iscritto o pensionato, la norma di riferimento è rappresentata dall’art. 82 del T.U.29 dicembre 1973 n. 1092 che recita: ” gli orfani minorenni del dipendente civile o militare di cui all’art. 81 ovvero del pensionato hanno diritto alla pensione di reversibilità; la pensione spetta anche agli orfani maggiorenni inabili a proficuo lavoro o in età superiore a sessanta anni, conviventi a carico del dipendente o del pensionato e nullatenenti. Ai fini del presente articolo sono equiparati ai minorenni gli orfani maggiorenni iscritti ad università o ad istituti superiori equiparati, per tutta la durata del corso legale degli studi e, comunque, non oltre il ventiseiesimo anno di età”.
La circolare INPDAP prot. n. (…) del 5.10.1999 ha poi ulteriormente specificato le condizioni sopradette nei confronti degli orfani studenti universitari, ribadendone la relativa spettanza all’ orfano compreso tra i 18 e 26 anni, purchè iscritto ad un anno accademico compreso nella durata legale del corso di laurea.
Alla luce della normativa citata, rientrando il caso in esame nell’ipotesi di orfano maggiorenne studente universitario, ipotesi disciplinata dal secondo comma dell’art. 82 citato, come modificato dall’art. 1 della L. 21 luglio 1984, n. 391, per concedere il beneficio richiesto è necessaria la condizione dell’iscrizione dell’interessato all’Università per la durata del corso legale degli studi e comunque fino al 26 anno di età.
Presupposto di operatività di tale norma, dunque, verosimilmente animata da spirito di sostegno e di incentivazione alla frequenza degli studi superiori, è da ravvisare nella effettiva iscrizione ad un corso di studi presso istituzioni di alta cultura, quali indubbiamente sono le accademie di belle arti, o le Università secondo quanto può agevolmente desumersi dalla disciplina della legislazione primaria (art. 4, comma 1, L. n. 537 del ’93 e art. 2, comma 1, L. n. 508 del 1991) e dai princìpi costituzionali (art. 33 Cost).
Ciò premesso, è pacifico ed incontestato, sulla base della documentazione prodotta agli atti, che la ricorrente sia stata iscritta all’Università di Torino – corso triennale di Laurea in Servizio Sociale – esaurendo il “corso legale” di studi con l’Anno Accademico 2010/2011, non essendo utile l’ulteriore anno frequentato fuori corso (v., Sez. III giurisd. Appello, 25 maggio 2004, n. 279/A).
Posto, infatti, che la ricorrente, dopo la rinuncia agli studi presso l’Ateneo di Torino risulta iscritta al Conservatorio Vivaldi di Alessandria solo nell’Anno Accademico 2013/2014, appare incontestabile che la medesima, nel periodo di tempo compreso fra l’1 novembre 2011 ed il 31 ottobre 2013, nell’ambito del quale è stata esercitata l’azione di recupero, non fosse in possesso del necessario requisito di iscrizione ad un corso legale di studi universitari, circostanza del resto non contestata e pacificamente riconosciuta.
Atteso, infatti, che i certificati di iscrizione rilasciati dall’Ateneo non dimostrano la regolare iscrizione, non appaiono integrati i requisiti che legittimano la concessione (e/o il mantenimento) della pensione indiretta.
In effetti, come precisato dall’Inps, il requisito, previsto dalla disciplina normativa per la maturazione del diritto a percepire la pensione di reversibilità dell’orfano maggiorenne (v., Rdl 14.4.1939, n. 636, art. 13, co.3, nonché D.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092, art. 82, co. 2, cit.), non è costituito dal mero “fatto” di essere uno studente universitario infraventiseienne ma dall’esserlo nell’ambito del “corso legale” degli studi, circostanza che presuppone l’avvenuta “iscrizione” ed alla cui mancanza non può sopperirsi invocando la semplice qualità di studente “di fatto”.
Ciò per essere espressamente richiesto dal legislatore che il percorso formativo intrapreso dal soggetto si svolga secondo le fisiologiche dinamiche della durata legalmente predeterminata. Si tratta, infatti, di un requisito di carattere obiettivo, insuscettibile di contestualizzazione e, di conseguenza, sprovvisto di capacità selettiva differenziata.
Né tale conclusione appare in contrasto con i principi costituzionali volti a salvaguardare il diritto allo studio. E ciò in quanto non appaiono violati i limiti di ragionevolezza che devono assistere le scelte legislative circa i criteri di selezione dei meritevoli di beneficiare di interventi incentivanti.
Ne consegue, nella specie, che, in difetto del suddetto requisito di legge, la ricorrente non avrebbe avuto comunque titolo a percepire la pensione indiretta nel periodo in contestazione.
Ma non può passarsi sotto silenzio che la natura e la varietà delle condizioni, personali, familiari e reddituali, contemplate dall’art.1, comma 41, della L. n. 335 del 1995, era alla base del dovere di collaborazione (Corte Cost. sent. n.431/1993), tra il pensionato e l’Ente, discendente, in via generale, dall’art. 86, del T.U. n. 1092/1973 (inserito nel titolo V dedicato ai trattamenti di reversibilità, così come modificato dall’art. 30, della L. n. 177 del 1976), che al 4 comma dispone: ” E’ fatto obbligo agli interessati di comunicare alla competente direzione provinciale del tesoro la cessazione delle condizioni che hanno dato luogo all’attribuzione della pensione o dell’assegno alimentare, nonché il verificarsi di qualsiasi evento che comporti variazione della pensione stessa ovvero soppressione degli assegni accessori”.
Onde, il titolare del trattamento pensionistico indiretto era ed è oggetto di un [#OMISSIS#] obbligo d’informativa, circa il permanere delle condizioni in grado di incidere sullo stesso, al fine di consentire all’Ente previdenziale di operare tempestivamente la sospensione/cessazione e/o riduzione dell’erogazione.
Nella fattispecie in esame rilevano le seguenti circostanze: l’Ente previdenziale ha continuato ad erogare la pensione di reversibilità, alcuna comunicazione avendo effettuato la ricorrente, o chi per lei, in relazione a circostanze influenti – quali la mancata iscrizione a corso legale di laurea – e ciò, appunto, in palese violazione di quanto imposto dall’art. 86 del TU 1092/73, sopra menzionato.
Ciò ha determinato l’erogazione indebita di ratei pensionistici per un apprezzabile arco temporale, per il quale non appare configurabile la buona fede del pensionato proprio perché lo stesso non ha adempiuto ad un obbligo normativamente previsto cosicché l’Amministrazione è venuta a conoscenza di tali redditi ulteriori attraverso un’operazione di verifica ad hoc.
Sussistendo, quindi, specifici obblighi di comunicazione di dati e qualità personali e familiari posti a carico dei beneficiari, l’omissione da parte dei medesimi, anche se non dolosa, impedisce, tuttavia, di considerare come percepiti in buona fede gli importi corrisposti indebitamente.
Sicché ne consegue che il ricorso prodotto deve essere respinto, con diritto dell’Amministrazione ad effettuare i recuperi già avviati.
Quanto alla regolamentazione delle spese del presente giudizio, alla soccombenza consegue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese di lite, riguardo alle quali, alla luce della rilevanza economica dell’odierna controversia, stimasi equo liquidare un importo di Euro 800,00 (ottocento/00) in favore dell’INPS, cifra cui andrà peraltro addizionato il rimborso forfetario delle spese generali, in misura del 15% (quindici per cento).
P.Q.M.
la Corte dei conti, Sezione Giurisdizionale per la regione Piemonte, in composizione monocratica, definitivamente pronunciando,
RESPINGE
il ricorso in quanto infondato.
Condanna la ricorrente a rimborsare all’INPS le spese di lite, che liquida in Euro 800,00 (ottocento/00), oltre al rimborso delle spese forfettarie nella misura del 15%.
Si fissa in 30 giorni il termine per il deposito della sentenza.
Manda alla Segreteria per quanto di competenza.
Così deciso in Torino, il 18 gennaio 2017.
Depositata in Cancelleria 26 gennaio 2017.