[X] Sulle domande di riscatto, di ricongiunzione e sistemazione contributiva, presentate all’amministrazione attiva anteriormente al 1 giugno 2004 permane la competenza dell’Università, nonostante l’emanazione del d.l. 30 giugno 1994, n. 479 (istitutivo dell’INPDAP) e della l. 8 agosto 1995, n. 335 che aveva istituito presso l’Istituto la gestione separata dei trattamenti pensionistici dei dipendenti dello Stato. Ne consegue che spettava all’ Università pronunciarsi sull’istanza presentata in sede amministrativa, ma ciò non comporta l’estromissione dal giudizio dell’INPS.L’istituto del riscatto, applicato ai corsi di studio richiesti per il conseguimento di diplomi abilitanti all’esercizio di attività professionali specifiche, consente di computare ai fini pensionistici – previo pagamento del previsto contributo – periodi che, pur non avendo dato luogo a prestazioni lavorative a favore dell’ente datore di lavoro, hanno tuttavia rappresentato una indispensabile fase propedeutica all’espletamento del servizio, nelle ipotesi in cui il diploma costituisca requisito richiesto per il posto ricoperto.La normativa applicabile, come interpretata dalla giurisprudenza costituzionale, consente il riscatto del periodo, corrispondente al corso di studio di infermiere professionale, frequentato presso una scuola convitto istituita ai sensi degli artt. 130 e 131 Testo Unico delle leggi sanitarie 27 luglio 1934, n. 1265, purché il diploma conseguito fosse prescritto per l’ammissione ad uno dei posti occupati durante la carriera.Ai fini della sussistenza del diritto al riscatto dei corsi di studio a fini pensionistici, per quanto possa ritenersi che la qualificazione “specializzante” del corso di infermiere professionale sia stata assunta in legge, da sempre la giurisprudenza contabile ha statuito che la natura specializzante deve coesistere con l’altro requisito normativamente richiesto, ovvero il possesso di diploma di scuola secondaria superiore, essendo tali elementi i necessari presupposti affinché si verifichi il “ritardo” nell’accesso al lavoro cui è stata, dal legislatore prima e dalla giurisprudenza poi, ricollegata la possibilità del riscatto stesso.
Corte dei conti reg., Sardegna, 14 marzo 2017, n. 37
Riscatto dei periodi di studio – Corso di studi infermiere professionale
Sent. n.37/2017
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DEI CONTI
SEZIONE GIURISDIZIONALE PER LA REGIONE SARDEGNA
pronuncia la seguente
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 23830 del registro di Segreteria, proposto da
G. S., nata a Omissis il Omissis, rappresentata e difesa dagli avvocati [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] ed [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], presso lo studio dei quali in Cagliari, piazza Gramsci 18, è elettivamente domiciliata
RICORRENTE
contro
Università degli Studi di Cagliari, rappresentata e difesa dall’avvocato [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], elettivamente domiciliata presso l’Ufficio legale dell’ Università degli Studi di Cagliari in via Università , 40 Cagliari
Istituto Nazionale della Previdenza Sociale (INPS), Gestione Dipendenti Pubblici, rappresentato e difeso dagli avvocati [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] e [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], elettivamente domiciliato presso gli uffici dell’Avvocatura dell’Ente in Cagliari, via P. Delitala 2
RESISTENTI
Uditi, nell’udienza pubblica del 21 febbraio 2017, l’avvocato [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] per la ricorrente, l’avvocato [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] per l’INPS e l’avvocato [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] per l’ Università degli Studi di Cagliari, i quali hanno tutti confermato integralmente le conclusioni formulate con i rispettivi atti defensionali.
MOTIVI DELLA DECISIONE
FATTO
La signora G. S. è dipendente di ruolo dell’ Università degli Studi di Cagliari dal 7 luglio 1987 con la qualifica di assistente socio-sanitario infermiere professionale e presta servizio presso l’Istituto di Clinica Medica della Facoltà di Medicina e Chirurgia.
Con ricorso proposto a ministero degli avvocati [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] ed [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], ha chiamato in giudizio innanzi a questa Corte l’INPS e l’ Università degli Studi di Cagliari, chiedendo la dichiarazione del proprio diritto al riscatto, ai fini pensionistici, degli anni di studio del corso frequentato presso la Scuola per Infermieri professionali, con vittoria di spese da liquidare in favore dei procuratori costituiti, dichiaratisi antistatari.
Ha quindi impugnato la nota prot. n. 42491 del 29/09/2016 dell’ Università degli Studi di Cagliari con la quale è stata respinta la sua domanda di riscatto ai fini pensionistici del corso triennale di Infermiere professionale tenuto dalla USL n. 20 della Sardegna nel periodo 19/12/1983-09/07/1986, presentata alla suddetta Università in data 12/10/1988.
A fondamento della domanda, la difesa della ricorrente richiama giurisprudenza di questa Sezione (sentenza n. 41/2015) e della Corte costituzionale (sentenze nn. 133/1991, 280/1991, 426/1990, 178/1993 e 52/2000). Con queste ultime, il Giudice delle leggi ha dichiarato costituzionalmente illegittime le norme citate nel ricorso, ammettendo la possibilità per il lavoratore di riscattare periodi di studio relativi a corsi anche di livello non universitario, ma necessari per acquisire titoli indispensabili ai fini dell’accesso all’impiego.
L’INPS si è costituito in giudizio con memoria difensiva trasmessa via PEC in data 6 febbraio 2017.
La difesa dell’Istituto ha formulato le seguenti conclusioni:
– in via preliminare, dichiarare il difetto di legittimazione passiva dell’Istituto previdenziale;
– nel mento, rigettare l’avverso gravame perché tardivo, inammissibile, comunque infondato in fatto e diritto;
– in via subordinata, nell’ipotesi di accoglimento della pretesa attorea, dichiarare la signora G. S. tenuta al versamento dell’onere di riscatto;
– in ogni caso, con il favore delle spese, o comunque tenere indenne l’ente previdenziale da eventuali spese di lite.
Ad avviso della difesa, l’INPS difetta di legittimazione passiva perché la competenza a pronunciarsi sull’istanza dell’interessata apparteneva, ratione temporis, all’amministrazione datoriale. L’INPS, infatti, si afferma, è subentrato nella gestione dei trattamenti pensionistici del personale Universitario a far data dal 1° giugno 2004, permanendo la competenza dell’ Università alla definizione delle domande di riscatto, computo, ricongiunzione e sistemazione contributiva per le istanze presentate anteriormente alla predetta data.
Sull’amministrazione Statale, per il consolidato principio di causalità, dovranno perciò gravare, nell’ipotesi di accoglimento del ricorso, eventuali spese di lite.
A prescindere dalle suesposte ed assorbenti considerazioni, la difesa dell’INPS evidenzia come la ricorrente non abbia ritualmente impugnato al Tar il silenzio rifiuto formatosi sull’istanza di riscatto, pur configurando il medesimo un atto attinente il rapporto di lavoro.
In ogni caso, per mera completezza di analisi, si osserva che il beneficio richiesto spetta solo per la frequenza di un corso di livello universitario, ai sensi degli artt. 13 del T. U. 1092/1973, 8, comma 1 lettera b della legge 274/1991 e 2 del D. Leg. vo 184/1987, il che, nel caso di specie, non si è verificato. D’altronde, occorrerebbe considerare che le ipotesi ammesse a riscatto sono tipiche e tassative, cosicché, si afferma, non può essere disposta l’applicazione analogica delle disposizioni che le prevedono.
In via ulteriormente subordinata, è stato chiesto, nella denegata e non creduta ipotesi di accoglimento delle pretese azionate con il ricorso, che il Giudice adito voglia ordinare alla ricorrente il pagamento del relativo onere da riscatto.
L’ Università degli Studi di Cagliari si è costituita in giudizio con memoria difensiva depositata in data 10 febbraio 2017, chiedendo, in via pregiudiziale, che sia dichiarata l’inammissibilità del ricorso ovvero, nel merito, il rigetto dello stesso per infondatezza.
In via pregiudiziale, la difesa rileva l’inammissibilità dell’impugnazione della nota del 29.09.2016, che, si afferma, non contiene un provvedimento di rigetto della domanda della ricorrente del 13.10.1988, tendente ad ottenere il riscatto ai fini pensionistici del corso triennale di Infermiere Professionale, ma soltanto una considerazione circa la riscattabilità del detto periodo al momento di presentazione della domanda.
Ciò in quanto, si sostiene, l’ Università degli Studi di Cagliari sulle domande di riscatto dei propri dipendenti non ha più competenza, come riconosciuto dalla Sezione giurisdizionale Sardegna nei precedenti citati (sentenze n. 41/2015 e n. 10/2017).
Nel merito, l’ Università ritiene che il ricorso sia da rigettare perché infondato.
La normativa che la ricorrente ritiene applicabile alla fattispecie in esame (art. 24 della legge n. 1646 dei 1962 e art. 69 del R.D.L. n. 680 del 1938, convertito in legge n. 41 dei 1939) riguarda, per espressa previsione delle due disposizioni di legge, “il personale iscritto alla Cassa per le pensioni ai dipendenti degli Enti locali” (C.P.D.E.L), mentre l’interessata, in qualità di dipendente universitaria, è iscritta alla Cassa dipendenti dello Stato (CTPS) per i quali non esiste uguale disposizione.
La giurisprudenza della Corte costituzionale citata nel ricorso introduttivo riguarda l’incostituzionalità dell’art. 69 sopra richiamato, nella parte in cui non prevede, ai fini del trattamento di quiescenza degli impiegati degli Enti locali, la facoltà di riscattare corsi di studio.
Ma alla ricorrente, dipendente universitaria, si applica la normativa di cui al testo unico delle norme sul trattamento di quiescenza dei dipendenti civili e militari dello Stato, approvato con D.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092 e più precisamente, per quanto riguarda il riscatto dei corsi di studio, l’art. 13, comma 1, il quale prevede esclusivamente la possibilità di riscattare in tutto o in parte il periodo di tempo corrispondente alla durata legale degli studi universitari e dei corsi speciali di perfezionamento.
La difesa riconosce che la Corte costituzionale, con sentenza n. 52 del 2000, da ultimo citata nel ricorso, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del combinato disposto del comma di cui sopra con l’art. 2 dei D.Lgs. 30 aprile 1997, n. 184, nella parte in cui non consentono al dipendente dello Stato di riscattare, ai fini della quiescenza, il periodo di durata legale del corso di studi svolto presso l’Accademia di belle arti ovvero presso istituti o scuole riconosciuti di livello superiore (post-secondario), quando il relativo diploma o titolo di studio di specializzazione o di perfezionamento sia richiesto, in aggiunta ad altro titolo di studio, per l’ammissione in servizio di ruolo o per lo svolgimento di determinate funzioni.
Ma, sebbene la pronuncia della Consulta del 2000 possa consentire di ricavare un principio generale sulla riscattabilità dei periodi di studio, nel caso in cui il requisito di scuola riconosciuta di livello superiore (post-secondario) si possa intendere soddisfatto dal possesso del diploma di maturità (anche se non necessario per l’ammissione alla Scuola), unitamente al requisito del titolo imprescindibile per accedere alla qualifica, si ribatte che, sicuramente, dette condizioni non erano sufficienti ad ottenerne il riscatto al momento della domanda quando competente era l’ Università (13.10.1988).
Per cui la risposta dell’Amministrazione universitaria all’atto di diffida rivoltole dalla dipendente, tramite lo Studio Legale [#OMISSIS#], sarebbe, ad avviso della difesa, da considerare corretta, in quanto il corso di Infermiere Professionale in questione non era effettivamente riscattabile ai sensi della normativa vigente alla data di presentazione dell’istanza di riscatto (come comunicato alla G. S.).
La pretesa della ricorrente, che insiste sull’orientamento formatosi successivamente alla pronuncia della Corte costituzionale n. 52/2000, implicherebbe quantomeno una nuova richiesta, su cui l’Amministrazione universitaria non ha alcuna competenza, essendo stata quest’ultima, come detto, trasferita all’Ente previdenziale, al quale dovrebbe pertanto essere rivolta.
La causa è stata decisa con dispositivo letto in udienza, per le motivazioni di seguito esposte in
DIRITTO
In via preliminare, occorre stabilire quale fosse l’amministrazione competente a pronunciarsi sulla domanda di riscatto presentata dalla ricorrente nel 1988.
L’art. 2, comma 1 della legge n. 335/1995 ha istituito presso l’INPDAP, a partire dal 1° gennaio 1996, la gestione separata dei trattamenti pensionistici ai dipendenti dello Stato, nonché alle altre categorie di personale i cui trattamenti di pensione sono a carico del bilancio dello Stato.
Tuttavia, il successivo comma 3 ha previsto un regime transitorio durante il quale “le Amministrazioni centrali e periferiche, in attesa della definizione dell’assetto organizzatorio per far fronte ai compiti di cui ai commi 1 e 2, continuano ad espletare in regime convenzionale le attività connesse alla liquidazione dei trattamenti di quiescenza dei dipendenti dello Stato”.
Il trasferimento delle funzioni all’INPDAP (ora INPS), per quanto riguarda il personale di alcune Università , tra cui quella di Cagliari, è avvenuto con apposita intesa (v. circolare INPDAP n. 23 del 30 marzo 2004).
Come riferito nella circolare, “è stato stabilito che l’Inpdap assuma, con decorrenza dal 1° giugno 2004, le competenze in tema di liquidazione dei trattamenti pensionistici al personale dell’ Università in indirizzo, la cui pensione decorra dalla predetta data, nonché la definizione delle domande di riscatto, ricongiunzione, computo e sistemazione contributiva per le istanze presentate dalla medesima data del 1/6/2004.
Restano a carico delle Università in indirizzo le competenze per la definizione di tutti i provvedimenti pensionistici relativi al personale dell’ Università cessato dal servizio anteriormente al 1° giugno 2004, nonché la definizione delle domande di riscatto, ricongiunzione, computo e sistemazione contributiva per le istanze presentate anteriormente alla predetta data del 1° giugno 2004”.
Alla luce di quanto testé riportato, non può esservi dubbio che spettasse all’ Università di Cagliari pronunciarsi sull’istanza della propria dipendente, in quanto presentata in epoca precedente alla data sopra indicata.
Quanto detto non comporta, peraltro, l’estromissione dal giudizio dell’INPS. Sussiste, infatti, l’interesse della ricorrente a rendere opponibile all’Istituto previdenziale, competente a liquidare il futuro trattamento pensionistico, la sentenza che accerti il diritto al riscatto che forma l’oggetto del presente giudizio, considerati gli evidenti riflessi che ciò avrebbe sul diritto e sulla misura di detto trattamento.
Il ricorso è da considerare ammissibile anche in relazione al disposto dell’art. 153, lett. b) CGC, a tenore del quale i ricorsi in materia pensionistica sono inammissibili quando “si propongano domande sulle quali non si sia provveduto in sede amministrativa, ovvero per le quali non sia trascorso il termine di legge dalla notificazione all’amministrazione di un formale atto di diffida a provvedere”.
Infatti, contrariamente a quanto sostenuto nella memoria difensiva dell’ Università , la nota impugnata non può essere considerata alla stregua di una mera valutazione circa la non accoglibilità dell’istanza di riscatto, bensì come un vero e proprio provvedimento di diniego della stessa.
Nel merito, va rammentato che l’istituto del riscatto, applicato ai corsi di studio richiesti per il conseguimento di diplomi abilitanti all’esercizio di attività professionali specifiche, consente di computare ai fini pensionistici – previo pagamento del previsto contributo – periodi che, pur non avendo dato luogo a prestazioni lavorative a favore dell’ente datore di lavoro, hanno tuttavia rappresentato una indispensabile fase propedeutica all’espletamento del servizio, nelle ipotesi in cui il diploma costituisca requisito richiesto per il posto ricoperto.
Sul punto si rende opportuna una premessa, in ragione delle difese avanzate dalle convenute Amministrazioni (in particolare l’INPS), laddove è stato sostenuto che la disciplina prevista per il riscatto di corso di studi per i dipendenti statali, anche nell’interpretazione del Giudice delle Leggi, richiederebbe comunque la frequentazione di corsi universitari.
La difesa così articolata non tiene conto di due distinti aspetti.
Per un verso, l’articolo 24 della legge del 22/11/1962, n. 1646, aveva già previsto la possibilità, ancorché limitata al personale iscritto alla Cassa per le pensioni ai dipendenti degli Enti locali, di poter riscattare l’allora biennio, corrispondente al corso di studio di infermiere professionale, frequentato presso una scuola convitto istituita ai sensi degli artt. 130 e 131 del testo unico delle leggi sanitarie 27 luglio 1934, n. 1265 (come è nel caso di specie), purché il diploma conseguito fosse prescritto per l’ammissione ad uno dei posti occupati durante la carriera.
Per altro verso, il Legislatore, con legge n. 124 del 25 febbraio 1971, ha apportato modifiche sui requisiti di ammissione alle scuole per infermieri professionali prevedendo, per l’accesso alle predette scuole, il possesso del diploma di istruzione secondaria di primo grado e, a partire dall’inizio dell’anno scolastico 1973-74, anche di un certificato attestante l’ammissione al terzo anno di scuola secondaria di secondo grado o titolo equipollente, dopo il conseguimento del diploma di istruzione secondaria di primo grado (cfr. art. 2).
In seguito, con D.P.R. n. 867/1975, il corso di studi per il conseguimento del diploma di Stato di infermiere professionale è stato ripartito in tre anni scolastici, a decorrere dall’anno scolastico 1975-76, mentre nulla è stato innovato per i requisiti richiesti per essere ammessi alla frequentazione.
Tali puntualizzazioni si rendono necessarie al fine di meglio intendere quale debba essere il portato delle pronunce della Corte Costituzionale che, se pur aventi ad oggetto normative settoriali, hanno enucleato principi di carattere generale i quali, in ossequio al disposto di cui all’art. 3 della Costituzione, sono destinati a trovare applicazione in fattispecie analoghe anche qualora, per ipotesi, la norma regolatrice non sia stata sottoposta al vaglio della Consulta.
Orbene, la Corte Costituzionale ha affermato in più occasioni l’illegittimità costituzionale delle diverse norme relative ai riscatti dei periodi di studio per il conseguimento di determinati titoli, ove queste non prevedessero la facoltà di valorizzazione dei periodi corrispondenti a quei corsi di specializzazione e para-universitari, il cui diploma fosse richiesto come condizione per partecipare ai concorsi, e per l’ammissione in servizio in determinati profili professionali (cfr., a titolo esemplificativo, sentenze n. 765/1988; n. 426/1990; n. 535/1990; n. 133/1991; n. 280/1991 e diverse altre).
Lo stesso Legislatore, nel prendere atto del citato indirizzo della giurisprudenza costituzionale, seppur limitatamente al personale iscritto alle Casse amministrate dalla Direzione generale degli Istituti di previdenza, aveva emanato la legge 8 agosto 1991 n. 274 (recante, tra l’altro, modifiche e integrazioni degli ordinamenti delle Casse in argomento), che all’art. 8, comma uno, ha stabilito quanto segue: “Sono ammessi a riscatto, a domanda, purché il relativo diploma sia prescritto per l’ammissione al posto ricoperto:
a) gli anni di studio corrispondenti alla durata legale dei corsi delle scuole universitarie dirette a fini speciali;
b) i periodi (non inferiori a un anno) corrispondenti alla durata legale dei corsi di formazione professionale, seguiti dopo il conseguimento del titolo di studio di istruzione secondaria superiore, e riconosciuti dallo Stato, dalle Regioni o dalle province autonome di Trento e di Bolzano”.
Come già precisato da questa Sezione (cfr. sentenze n. 146 del 2 luglio 2014 e 41 del 18 marzo 2015), sia dalle pronunce della Consulta che dall’intervento specifico del Legislatore, è dato desumere la generale tendenza a valorizzare la frequenza di tutti quei corsi che hanno ritardato l’accesso al lavoro dei dipendenti pubblici che ricoprono determinate posizioni funzionali, rispetto ad altre qualifiche che richiedono un titolo di minor valore, e a compensare la professionalità acquisita per l’ingresso in servizio qualora i relativi titoli di studio siano richiesti come condizione necessaria ed indispensabile per il posto da ricoprire. Si è ritenuto, pertanto, che le pronunce della Consulta abbiano ampliato e completato il contenuto delle norme censurate, nel senso di riconoscere meritevole di considerazione, ai fini dell’istituto del riscatto, la preparazione professionale, acquisita dagli interessati dopo il conseguimento del diploma di istruzione secondaria superiore, quando la stessa sia indispensabile per accedere al posto ricoperto (seppure limitatamente alle norme censurate, in particolare art. 69 del r.d. n. 680 del 1938, e art. 24 della legge n. 1646 del 1962).
La veridicità di detto assunto è stata evidenziata dallo stesso Giudice delle leggi che con la sentenza n. 52 del 9-15 febbraio 2000, nel dichiarare l’illegittimità costituzionale dell’art. 13, primo comma, del d.P.R. n. 1092 del 1973, ha affermato il seguente principio (già espresso con l’ordinanza n. 210 dell’8-16 gennaio 2000): “nell’attuale assetto normativo, che consente il riscatto dei corsi di studi superiori, l’omessa previsione della riscattabilità di un periodo di studi integra una violazione della Costituzione, per irragionevolezza, quando ricorrono le seguenti due condizioni: a) il corso di studi abbia natura universitaria o post-secondaria (accompagnato in questo caso dal precedente possesso di titolo di studio di scuola secondaria superiore); b) il relativo diploma ovvero la frequenza con profitto e con superamento di prova finale di corso di specializzazione (di livello post-secondario) siano richiesti per l’ammissione a determinati ruoli o per lo svolgimento di determinate funzioni o per la progressione in carriera”.
Nel caso in esame può, inoltre, ritenersi, che la qualificazione “specializzante” del corso di infermiere professionale sia stata assunta in legge, ancorché con previsione settoriale.
Vero è che, come da sempre statuito dal giudice contabile, la natura specializzante deve coesistere con l’altro requisito normativamente richiesto, ovvero il possesso di diploma di scuola secondaria superiore, essendo tali elementi i necessari presupposti affinché si verifichi il “ritardo” nell’accesso al lavoro, cui è stata, dal Legislatore prima e dalla giurisprudenza poi, ricollegata la possibilità del riscatto (cfr. Sezione Terza Centrale, sentenze n. 347/2002 e n. 198/2012).
Va, infine, rilevato che lo stesso INPDAP, con nota informativa n. 2, del 17 giugno 1998, aveva stabilito che, in presenza di domande presentate prima dell’entrata in vigore della L. n. 274/91, volte al riconoscimento dell’intera durata legale del corso (tre anni), nell’ipotesi in cui l’interessato sia in possesso di diploma di istruzione secondaria superiore e abbia iniziato il corso a partire dall’anno scolastico 1975/76, qualora non sia stato emanato alcun provvedimento di riscatto, il periodo corrispondente al biennio dovrà essere valorizzato ai sensi dell’art. 24 della L.1646/62, prendendo come riferimento per la determinazione del relativo onere la data della effettiva domanda.
Nel caso in esame, la ricorrente ha conseguito il diploma di maturità scientifica nel 1979 (v. doc. n. 3 allegato al ricorso).
Successivamente, ha frequentato, nel triennio 1983/1986, il corso di specializzazione presso la Scuola per Infermieri professionali “[#OMISSIS#] di Piemonte”, istituita con Decreto Interministeriale del 30 luglio 1937, conseguendo il diploma di infermiere professionale, dopo il superamento degli esami di Stato (v. doc. n. 2 allegato al ricorso).
E’ stata quindi assunta dall’ Università di Cagliari e nominata Infermiera Professionale di ruolo in prova, inquadrata nella sesta qualifica funzionale, area funzionale Socio Sanitaria, profilo professionale Assistente Socio Sanitario, con decorrenza 7 luglio 1987, in forza del decreto rettorale n. 2382 del 24 settembre 1987 (v. punto 1 della parte in fatto della memoria di costituzione dell’ Università ).
In relazione a quanto sopra affermato, deve riconoscersi pertanto che ricorrono tutti i requisiti che consentono la valutazione in sede pensionistica, mediante riscatto, del periodo corrispondente alla durata legale del corso di studi oggetto della domanda.
Va dunque dichiarato il diritto della ricorrente al riscatto del periodo relativo al corso triennale di frequenza della Scuola per Infermieri professionali “[#OMISSIS#] di Piemonte”.
Va, infine, precisato, in relazione alla richiesta dell’INPS di ordinare alla ricorrente, in caso di accoglimento del ricorso, il pagamento dell’onere del riscatto, che la quantificazione di tale onere non ha formato oggetto del presente giudizio, di talché alla stessa dovrà provvedere l’ Università nel successivo corso del procedimento.
Le spese del giudizio vanno poste a carico dell’ Università di Cagliari, mentre nei confronti dell’INPS sussistono giuste ragioni per disporne la compensazione.
Le spese sono liquidate come da dispositivo, ai sensi del D.M. 10 marzo 2014, n. 55, tabella 11, tenuto conto del valore indeterminabile della causa.
PER QUESTI MOTIVI
la Corte dei conti, Sezione giurisdizionale per la Regione Sardegna, definitivamente pronunciando, accoglie il ricorso proposto da G. S. e, per l’effetto, dichiara il diritto della medesima di ottenere il riscatto, ai fini pensionistici, dei tre anni di studio del corso frequentato presso la Scuola per Infermieri Professionali
Condanna l’ Università degli Studi di Cagliari al pagamento, in favore degli avvocati [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] ed [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], dichiaratisi antistatari, delle spese di assistenza legale, che si liquidano in euro duemilatrecentocinquantacinque, oltre alle spese generali nella misura forfettaria del 15%.
Spese compensate nei confronti dell’INPS.
Per il deposito della sentenza è fissato il termine di trenta giorni dalla data dell’udienza.
Così deciso in Cagliari, nell’udienza del 21 febbraio 2017.
Depositata in Segreteria il 14 marzo 2017.