Corte dei conti reg., Sardegna, 27 ottobre 2017, n. 126

Riscatto dei periodi di studio – Termine decadenziale impugnazione provvedimenti di diniego – Corso di studi infermiere professionale

Data Documento: 2017-10-27
Area: Giurisprudenza
Massima

[X] La determinazione sui periodi di studio e servizio ammessi a riscatto viene ad incidere su posizioni di diritto, e non di interesse legittimo, e quindi non è soggetta ad impugnazione a pena di decadenza né, in assenza di specifica attribuzione normativa, può dirsi riconosciuto all’amministrazione pubblica il potere di fissazione di un termine, decorso il quale i soggetti privati decadono dall’esercizio di poteri e facoltà loro riconosciuti dalla legge. Nel caso del riscatto, le disposizioni normative dettate in materia prevedono che il dipendente statale, all’atto dell’assunzione in servizio è tenuto a dichiarare per iscritto tutti i servizi di ruolo e non di ruolo prestati in precedenza allo Stato, compreso il servizio militare o ad altri enti pubblici, nonché i periodi di studio e di pratica ed esercizio professionali stabilendo, peraltro, che la domanda di riscatto del periodo legale degli studi universitari deve essere presentata, a pena di decadenza, almeno due anni prima del raggiungimento del termine previsto per la cessazione dal servizio (art. 147, d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092). Quello appena indicato è l’unico termine di decadenza normativamente previsto e applicabile, in relazione alle domande di riscatto. L’istituto del riscatto, applicato ai corsi di studio richiesti per il conseguimento di diplomi abilitanti all’esercizio di attività professionali specifiche, consente di computare ai fini pensionistici – previo pagamento del previsto contributo – periodi che, pur non avendo dato luogo a prestazioni lavorative a favore dell’ente datore di lavoro, hanno tuttavia rappresentato una indispensabile fase propedeutica all’espletamento del servizio, nelle ipotesi in cui il diploma costituisca requisito richiesto per il posto ricoperto. La normativa applicabile, come interpretata dalla giurisprudenza costituzionale, consente il riscatto del biennio, corrispondente al corso di studio di infermiere professionale, frequentato presso una scuola convitto istituita ai sensi degli artt. 130 e 131 Testo Unico delle leggi sanitarie 27 luglio 1934, n. 1265, purché il diploma conseguito fosse prescritto per l’ammissione ad uno dei posti occupati durante la carriera.

Contenuto sentenza

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DEI CONTI
SEZIONE GIURISDIZIONALE PER LA REGIONE SARDEGNA,
in composizione monocratica, in persona del consigliere [#OMISSIS#] D’[#OMISSIS#], ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 23980 del registro di Segreteria, proposto dalla signora M. C., nata a Omissis il Omissis, residente in Omissis (CA), contro l’ Università degli Studi di Cagliari.
Udito, nella pubblica udienza del 27 ottobre 2017, per l’ Università degli Studi di Cagliari l’Avvocato [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], che ha richamato le conclusioni in atti.
Esaminati gli atti e i documenti tutti della causa.
Ritenuto in
FATTO
Con atto depositato in data 13 giugno 2017, la signora M. C. ha chiesto che le venga riconosciuto il diritto al riconoscimento del riscatto del biennio del corso di infermiere professionale ai fini pensionistici, con le modalità indicate nella circolare INPDAP n. 2 del 17 giugno 1998.
La ricorrente ha premesso che, con domanda n. 2738 del 20 dicembre 1990, ha chiesto all’ Università degli Studi di Cagliari il riscatto, ai fini pensionistici, del corso di Infermiere professionale frequentato presso l’ex USL n. 21 di Cagliari, nel periodo dal 4 ottobre 1983 al 27 luglio 1985, e che con nota n. 51761/VII/8PD/MM del 21 ottobre 2016 l’ Università degli Studi di Cagliari ha negato il riscatto a fini pensionistici del predetto corso in quanto “ … non è riscattabile ai sensi della normativa vigente alla data della presentazione dell’istanza di riscatto … “.
A fondamento della pretesa, la ricorrente ha richiamato la circolare INPDAP n. 2 del 17 giugno 1998 che, nel riconoscere, ai fini pensionistici e di buonuscita, il riscatto del corso di infermiere professionale e di ostetrica in base alla legge 274/1991, ha precisato che per le  .. “domande di riscatto presentate prima dell’entrata in vigore della legge 274/91 … in merito alla riscattabilità del diploma di infermiere professionale si continuerà ad operare secondo quanto disposto dall’art. 124 della legge n. 1646/62 che prevede la facoltà di riscatto del solo biennio corrispondente al relativo corso di studi, sia ai fini del trattamento di quiescenza che di previdenza. … in presenza di domande presentate prima dell’entrata in vigore della legge 274/91 volte al riconoscimento dell’intera durata legale del corso (tre anni), nell’ipotesi in cui l’interessato sia in possesso di diploma di istruzione secondaria superiore e abbia iniziato il corso a partire dall’anno scolastico 1975/1976 … qualora non sia stato emanato alcun provvedimento di riscatto il periodo corrispondente al biennio dovrà essere valorizzato ai sensi dell’art. 24 della legge n. 1646/62, prendendo come riferimento per la determinazione del relativo onere la data della effettiva domanda, mentre l’ulteriore anno sarà ammesso a riscatto procrastinando l’istanza alla data del 10 settembre 1991 (entrata in vigore della legge n. 274/91 …”.
A sostegno della pretesa, la ricorrente ha richiamato alcune pronunce della Corte costituzionale (sent. n. 133/1991; n. 280/1991; n. 426/1990 e n. 178/1993) e della Sezione Giurisdizionale della Corte dei conti per la Regione Sardegna (n. 146/2014 e n. 41/2015).
La ricorrente ha, inoltre, allegato al ricorso copia del Diploma di Maturità Magistrale, rilasciato dall’Istituto Magistrale [#OMISSIS#] De Sanctis di Cagliari in data 15 maggio 1980 e del Diploma di Infermiere Professionale rilasciato dalla Unità Sanitaria Locale n. 21 di Cagliari in data 26 luglio 1985.
L’ Università degli Studi di Cagliari si è costituita in giudizio a ministero dell’Avvocato [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], depositando memoria difensiva in data 16 ottobre 2017, con la quale sono state formulate conclusioni di inammissibilità del ricorso in via pregiudiziale, ovvero di rigetto nel merito per infondatezza, sostenendo quanto segue.
Il ricorso è inammissibile per decadenza della controparte dalla possibilità di proporre gravame, ai sensi del disposto di cui all’art. 71, comma 2, del R.D. n. 680/1938 e all’art. 6, comma 7, della legge n. 46/1958, in quanto il ricorso avverso il provvedimento di diniego avrebbe dovuto essere proposto entro il termine decadenziale di 90 giorni decorrenti dalla data di comunicazione del provvedimento stesso (cfr. Sezione Sardegna sentenze n. 356/2012 e 469/2012).
Nel merito, è stato sostenuto che erroneamente la ricorrente riterrebbe applicabile l’articolo 24 della legge n. 1646/1962, che è specificamente diretto a disciplinare la materia per il personale iscritto alla Cassa per le pensioni dipendenti degli Enti locali (CPDEL) e non sarebbe estensibile ai dipendenti universitari, iscritti alla Cassa Dipendenti dello Stato (CTPS).
Per la ricorrente, dipendente universitaria, troverebbe applicazione l’art. 13, comma 1, del DPR n. 1092/1973, che limiterebbe, anche nell’interpretazione da ultimo data dal Giudice delle Leggi (sentenza n. 52/2000), la possibilità del riscatto a corsi di studi di natura universitaria o post-secondaria, quando il relativo diploma ovvero la frequenza con profitto e con superamento di prova finale di corso di specializzazione (di livello post-secondario) siano richiesti per l’ammissione a determinati ruoli o per lo svolgimento di determinate funzioni o per la progressione della carriera.
Requisito indispensabile perché il periodo di studi possa essere riscattato a fini pensionistici è il possesso del titolo di studio “diploma di scuola media superiore”, che deve essere posseduto dall’interessato prima dell’accesso al corso di studi di natura universitaria o post-secondaria.
La ricorrente non avrebbe prodotto alcuna certificazione che attesti il conseguimento del titolo di scuola secondaria superiore in un periodo antecedente all’iscrizione alla Scuola per Infermieri Professionali. Né risulta agli atti dell’Amministrazione universitaria che la ricorrente abbia conseguito il titolo di scuola secondaria superiore.
Considerato in
DIRITTO
1. In via preliminare, con riferimento all’eccepita inammissibilità del ricorso per decadenza dalla possibilità di proporre gravame, formulata dall’Amministrazione Universitaria, dall’esame della documentazione in atti emerge che la domanda di riscatto presentata dalla ricorrente in data 20 dicembre 1990, è stata respinta dall’Amministrazione con nota del 21 ottobre 2016, che assume la [#OMISSIS#] di provvedimento di diniego e, in quanto tale, impugnabile in sede giurisdizionale.
Come il giudice amministrativo ha avuto modo di precisare più volte, la determinazione sui periodi di studio e servizio ammessi a riscatto viene ad incidere su posizioni di diritto, e non di interesse legittimo, e, quindi non è soggetta ad impugnazione a pena di decadenza (cfr. TAR Lazio, sentenza n. 38861/2010 del 28 dicembre 2010) né, in assenza di specifica attribuzione normativa, può dirsi riconosciuto all’amministrazione pubblica il potere di fissazione di un termine, decorso il quale i soggetti privati decadono dall’esercizio di poteri e facoltà loro riconosciuti dalla legge (cfr. Consiglio di Stato, Sezione Sesta, sentenza n. 02805/2014 del 30 maggio 2014; sempre  Sezione VI, n. 7284 del 25 maggio 2010  e Sezione IV, n. 2596 del 20 dicembre 2001).
Nel caso del riscatto, le disposizioni normative dettate in materia prevedono che il dipendente statale, all’atto dell’assunzione in servizio è tenuto a dichiarare per iscritto tutti i servizi di ruolo e non di ruolo prestati in precedenza allo Stato, compreso il servizio militare o ad altri enti pubblici, nonché i periodi di studio e di pratica ed esercizio professionali di cui all’art. 13 (art. 145 DPR n. 1092/1973), stabilendo, peraltro, che la domanda di riscatto del periodo legale degli studi universitari deve essere presentata, a pena di decadenza, almeno due anni prima del raggiungimento del termine previsto per la cessazione dal servizio (art. 147 DPR n. 1092/1973).
L’unica decadenza normativamente prevista (e pertanto applicabile) è quella introdotta dall’art. 147 previamente richiamato, di talché l’eccezione formulata dalla convenuta Amministrazione non merita accoglimento.
2. Nel merito, va rammentato che l’istituto del riscatto, applicato ai corsi di studio richiesti per il conseguimento di diplomi abilitanti all’esercizio di attività professionali specifiche, consente di computare ai fini pensionistici – previo pagamento del previsto contributo – periodi che, pur non avendo dato luogo a prestazioni lavorative a favore dell’ente datore di lavoro, hanno tuttavia rappresentato una indispensabile fase propedeutica all’espletamento del servizio, nelle ipotesi in cui il diploma costituisca requisito richiesto per il posto ricoperto.
L’articolo 24 della legge del 22 novembre 1962, n. 1646, aveva già previsto la possibilità, ancorché limitata al personale iscritto alla Cassa per le pensioni ai dipendenti degli Enti locali, di poter riscattare l’allora biennio, corrispondente al corso di studio di infermiere professionale, frequentato presso una scuola convitto istituita ai sensi degli artt. 130 e 131 del testo unico delle leggi sanitarie 27 luglio 1934, n. 1265, purché il diploma conseguito fosse prescritto per l’ammissione ad uno dei posti occupati durante la carriera.
Le pronunce della Corte Costituzionale in materia di riscatto di periodi di studio, pur avendo ad oggetto normative settoriali, hanno enucleato principi di carattere generale, che, in ossequio al disposto di cui all’art. 3 della Costituzione, sono destinati a trovare applicazione in fattispecie analoghe anche qualora, per ipotesi, la norma regolatrice non sia stata sottoposta al vaglio della Consulta.
La Corte Costituzionale ha affermato in più occasioni l’illegittimità costituzionale delle diverse norme relative ai riscatti dei periodi di studio per il conseguimento di determinati titoli, ove queste non prevedessero la facoltà di valorizzazione dei periodi corrispondenti a quei corsi di specializzazione e para-universitari, il cui diploma fosse richiesto come condizione per partecipare ai concorsi, e per l’ammissione in servizio in determinati profili professionali (cfr., a titolo esemplificativo, sentenze n. 765/1988; n. 426/1990; n. 535/1990; n. 133/1991; n. 280/1991).
Il Legislatore ha preso atto del citato indirizzo della giurisprudenza costituzionale, seppur limitatamente al personale iscritto alle Casse amministrate dalla Direzione generale degli Istituti di previdenza, e ha emanato la legge 8 agosto 1991 n. 274, che all’art. 8, comma 1, stabilendo che: “Sono ammessi a riscatto, a domanda, purché il relativo diploma sia prescritto per l’ammissione al posto ricoperto:
a) gli anni di studio corrispondenti alla durata legale dei corsi delle scuole universitarie dirette a fini speciali;
b) i periodi (non inferiori a un anno) corrispondenti alla durata legale dei corsi di formazione professionale, seguiti dopo il conseguimento del titolo di studio di istruzione secondaria superiore, e riconosciuti dallo Stato, dalle Regioni o dalle province autonome di Trento e di Bolzano”.
Come già precisato da questa Sezione (cfr. sentenze n. 146 del 2 luglio 2014 e 41 del 18 marzo 2015, n. 48 del 30 marzo 2017), dalle pronunce della Consulta e dall’intervento specifico del Legislatore è dato desumere la generale tendenza a valorizzare la frequenza di tutti quei corsi che hanno ritardato l’accesso al lavoro dei dipendenti pubblici che ricoprono determinate posizioni funzionali, rispetto ad altre qualifiche che richiedono un titolo di minor valore, e a compensare la professionalità acquisita per l’ingresso in servizio qualora i relativi titoli di studio siano richiesti come condizione necessaria ed indispensabile per il posto da ricoprire.
Le pronunce della Consulta hanno ampliato e completato il contenuto delle norme censurate, nel senso di riconoscere meritevole di considerazione, ai fini dell’istituto del riscatto, la preparazione acquisita dagli interessati dopo il conseguimento del diploma di istruzione secondaria superiore, quando la stessa sia indispensabile per accedere al posto ricoperto.
Si richiama, in particolare, la sentenza della Consulta n. 52 del 9-15 febbraio 2000, che nel dichiarare l’illegittimità costituzionale dell’art. 13, primo comma, del d.P.R. n. 1092 del 1973, ha affermato il seguente principio: “nell’attuale assetto normativo, che consente il riscatto dei corsi di studi superiori, l’omessa previsione della riscattabilità di un periodo di studi integra una violazione della Costituzione, per irragionevolezza, quando ricorrono le seguenti due condizioni: a) il corso di studi abbia natura universitaria o post-secondaria (accompagnato in questo caso dal precedente possesso di titolo di studio di scuola secondaria superiore); b) il relativo diploma ovvero la frequenza con profitto e con superamento di prova finale di corso di specializzazione (di livello post-secondario) siano richiesti per l’ammissione a determinati ruoli o per lo svolgimento di determinate funzioni o per la progressione in carriera”.
Va, infine, rilevato che lo stesso INPDAP, con nota informativa n. 2, del 17 giugno 1998, aveva stabilito che, in presenza di domande presentate prima dell’entrata in vigore della legge n. 274/91, volte al riconoscimento dell’intera durata legale del corso (tre anni), nell’ipotesi in cui l’interessato sia in possesso di diploma di istruzione secondaria superiore e abbia iniziato il corso a partire dall’anno scolastico 1975/76, qualora non sia stato emanato alcun provvedimento di riscatto, il periodo corrispondente al biennio dovrà essere valorizzato ai sensi dell’art. 24 della legge 1646/62, prendendo come riferimento per la determinazione del relativo onere la data della effettiva domanda.
La posizione della ricorrente signora M. C., la quale ha presentato istanza di riscatto nel dicembre del 1990, quale dipendente dell’ Università degli Studi di Cagliari, va quindi esaminata alla luce del disposto dell’art. 13, primo comma, del d.P.R. n. 1092 del 1973, tenendo conto dei principi più sopra illustrati, alla luce dei quali la pretesa risulta fondata e va conseguentemente accolta, risultando sussistenti entrambi i requisiti che consentono il riscatto del periodo corrispondente alla durata legale del corso di studi (possesso del diploma e necessarietà del titolo di studio ai fini della partecipazione al concorso).
Infatti, la documentazione versata in atti, ha consentito di accertare che la signora M. C.:
1) ha conseguito, al termine dell’anno scolastico 1978/79, il diploma di maturità magistrale, presso l’Istituto Magistrale Statale [#OMISSIS#] De Sanctis di Cagliari (diploma di II grado, in quanto titolo di studio conseguito presso una scuola il cui accesso è condizionato dal conseguimento della licenza di scuola media; cfr. Cons. Stato Sez. V, 24 marzo 1998, n. 356);
2) ha conseguito in data 26 luglio 1985 il diploma di infermiere professionale, rilasciato dalla Regione autonoma della Sardegna a conclusione di un corso di durata triennale (dal 4 ottobre 1982 al 27 luglio 1985);
3) ha preso parte con esito positivo a un concorso pubblico, bandito dall’ Università degli Studi di Cagliari, per la cui partecipazione era prescritto il possesso del diploma di cui è questione, ed è stata conseguentemente assunta con la qualifica di infermiere professionale.
La pretesa della ricorrente al riconoscimento del diritto al riscatto a fini pensionistici del periodo corrispondente alla durata legale del corso di studi può essere accolta nei limiti del ricorso proposto, pertanto con riguardo al biennio del corso in infermiere professionale.
Quanto alle spese, va evidenziato che trattasi di ricorso depositato dopo l’entrata in vigore dell’art. 92 c.p.c., nel testo risultante dall’art. 13, del D.L. 12 settembre 2014, n. 132, convertito, con modificazioni in legge 10 novembre 2014, n. 162, in forza del quale la compensazione, totale o parziale può essere disposta esclusivamente quando vi è soccombenza reciproca, ovvero nel caso di assoluta novità della questione trattata o mutamento della giurisprudenza rispetto alle questioni dirimenti.
Non versandosi in tali ipotesi, le spese del giudizio sarebbero da porre a carico della parte soccombente, ovvero l’ Università degli Studi di Cagliari. Le stesse, considerata la circostanza che la ricorrente sta in giudizio personalmente, in assenza di apposita notula, non possono essere liquidate nemmeno in via equitativa.
PER QUESTI MOTIVI
la Corte dei conti, Sezione giurisdizionale per la Regione Sardegna, in composizione monocratica, definitivamente pronunciando, accoglie il ricorso proposto dalla signora M. C. e, per l’effetto, dichiara il diritto della medesima di ottenere il riscatto, ai fini pensionistici, dei due anni di studio del corso frequentato presso la Scuola per Infermieri Professionali.
Nulla per le spese.
Così deciso in Cagliari, il 27 ottobre 2017.
Depositata in Segreteria il 27 ottobre 2017.