Sulle domande di riscatto, di ricongiunzione e sistemazione contributiva, presentate all’amministrazione attiva anteriormente al 1 giugno 2004 permane la competenza dell’Università, nonostante l’emanazione del d.l. 30 giugno 1994, n. 479 (istitutivo dell’INPDAP) e della l. 8 agosto 1995, n. 335 che aveva istituito presso l’Istituto la gestione separata dei trattamenti pensionistici dei dipendenti dello Stato. Ne consegue che spettava all’ Università pronunciarsi sull’istanza presentata in sede amministrativa, ma ciò non comporta l’estromissione dal giudizio dell’INPS.L’istituto del riscatto, applicato ai corsi di studio richiesti per il conseguimento di diplomi abilitanti all’esercizio di attività professionali specifiche, consente di computare ai fini pensionistici – previo pagamento del previsto contributo – periodi che, pur non avendo dato luogo a prestazioni lavorative a favore dell’ente datore di lavoro, hanno tuttavia rappresentato una indispensabile fase propedeutica all’espletamento del servizio, nelle ipotesi in cui il diploma costituisca requisito richiesto per il posto ricoperto.La normativa applicabile, come interpretata dalla giurisprudenza costituzionale, consente il riscatto del periodo, corrispondente al corso di studio di infermiere professionale, frequentato presso una scuola convitto istituita ai sensi degli artt. 130 e 131 Testo Unico delle leggi sanitarie 27 luglio 1934, n. 1265, purché il diploma conseguito fosse prescritto per l’ammissione ad uno dei posti occupati durante la carriera.Ai fini della sussistenza del diritto al riscatto dei corsi di studio a fini pensionistici, per quanto possa ritenersi che la qualificazione “specializzante” del corso di infermiere professionale sia stata assunta in legge, da sempre la giurisprudenza contabile ha statuito che la natura specializzante deve coesistere con l’altro requisito normativamente richiesto, ovvero il possesso di diploma di scuola secondaria superiore, essendo tali elementi i necessari presupposti affinché si verifichi il “ritardo” nell’accesso al lavoro cui è stata, dal legislatore prima e dalla giurisprudenza poi, ricollegata la possibilità del riscatto stesso.
Corte dei conti reg., Sardegna, 7 marzo 2017, n. 25
Riscatto dei periodi di studio – Corso di studi infermiere professionale
Sent. N. 25/2017
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DEI CONTI
SEZIONE GIURISDIZIONALE PER LA REGIONE SARDEGNA
in composizione monocratica, nella persona del Consigliere [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], quale giudice unico, ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 23.809 del registro di Segreteria, proposto dalla signora E. S. (C.F. Omissis), nata a Omissis il Omissis, rappresentata e difesa dagli Avvocati [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] e [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] (CF: PTTLNE65D70B354Y; PEC: [#OMISSIS#].avvpettinau@legalmail.it ), presso il cui studio, sito in Cagliari, Piazza Gramsci n° 18, ha eletto domicilio, contro l’INPS (CF: 80078750587) e l’ Universit à degli Studi di Cagliari.
Uditi, nella pubblica udienza del 22 febbraio 2017, l’Avvocato [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] nell’interesse della ricorrente, l’Avvocato [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], in rappresentanza dell’ Universit à degli Studi, e l’Avvocato [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] per l’INPS.
Esaminati gli atti e i documenti tutti della causa.
Ritenuto in
FATTO
Con atto depositato in data 7 settembre 2016, la signora E. S. ha proposto ricorso avverso la nota in data 26 luglio 2016 dell’ Universit à degli Studi di Cagliari, con la quale era stata respinta la domanda, presentata in data 8 agosto 1991, al fine di ottenere il riscatto, ai fini pensionistici, del corso biennale di Infermiere professionale tenuto dalla USL n. 20 di Cagliari nel periodo 15 marzo 1982- 4 luglio 1984, conclusosi col conseguimento del relativo diploma, in data 4 luglio 1984.
La ricorrente ha premesso di aver conseguito nel 1978 il diploma di maturità scientifica presso il Liceo Scientifico “A. Pacinotti” di Cagliari, e di aver frequentato nel biennio 1982/1984, il corso specializzante, presso la Scuola per Infermieri professionali “[#OMISSIS#] di Piemonte”, istituita con Decreto Interministeriale del 30 luglio 1937, ottenendo, come anticipato, il diploma di infermiere professionale, dopo il superamento degli esami di Stato.
Dopo un primo periodo di servizio fuori ruolo, dal 17 agosto 1987 veniva assunta in ruolo in qualità di assistente socio – sanitario, infermiere professionale, presso l’Istituto di Clinica Medica II della Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’ Universit à.
A sostegno della pretesa la ricorrente ha richiamato alcune pronunce della Corte costituzionale (sent. n. 133/1991; n. 280/1991; n. 426/1990 e n. 178/1993) che avrebbero inciso sull’art. 24 della l. n. 1646/1962 e sull’art. 69 del r.d. n. 680/1938, riconoscendo pieno valore, ai fini del riscatto, alla preparazione professionale acquisita in corsi di studio, dopo il conseguimento del diploma di scuola media superiore, quando la stessa sia indispensabile per accedere al posto ricoperto.
Detto orientamento sarebbe stato da ultimo ribadito dalla Consulta con la sentenza n. 52/2000, in riferimento all’art. 13, comma 1, del DPR n. 1092/1973.
E’ stato, conclusivamente richiesto l’accoglimento del ricorso, con condanna alle spese del giudizio da liquidarsi in favore dei procuratori dichiaratisi antistatari.
L’ Universit à degli Studi di Cagliari si è costituita in giudizio a ministero dell’Avvocato [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], depositando memoria difensiva in data 10 febbraio 2017, con la quale sono state formulate conclusioni di inammissibilità del ricorso in via pregiudiziale, ovvero di rigetto nel merito per infondatezza.
A sostegno delle rassegnate conclusioni, premesso che con istanze dell’8 agosto 1991 la ricorrente aveva chiesto il riscatto di anni due del periodo corrispondente alla durata legale del corso di infermiera professionale unitamente al servizio non di ruolo prestato presso la ASL n. 20 di Cagliari (per periodi differenti rispetto alla frequentazione della scuola), è stato sostenuto quanto segue.
In primo luogo l’ Universit à avrebbe dato risposta alla diffida presentata il 14 luglio 2016 per il tramite dello Studio legale, pur non avendo più competenza in merito (come ribadito dalla Sezione Sardegna, da ultimo con sentenza n. 10/2017), facendo presente che il periodo non poteva essere riscattato ai sensi della normativa vigente alla data di presentazione dell’istanza (1991). Conseguentemente, tale nota non potrebbe essere impugnata in sede giurisdizionale, non assumendo il valore di provvedimento di rigetto della istanza.
Nel merito, è stato sostenuto che erroneamente la ricorrente riterrebbe applicabili gli articoli 24 della l. n. 1646/1962 e 69 del r.d. n. 680/1938, specificamente diretti a disciplinare la materia per il personale iscritto alla ex CPDEL e, in quanto tali, non estensibili ai dipendenti universitari, iscritti alla Cassa Dipendenti dello Stato.
Per questi ultimi troverebbe applicazione l’art. 13, comma 1, del DPR n. 1092/1973, che limiterebbe, anche nell’interpretazione da ultimo data dal Giudice delle Leggi (sentenza n. 52/2000), la possibilità del riscatto a corsi di studi svolti presso istituti o scuole riconosciuti di livello superiore (post-secondario), quando il relativo diploma o titolo di studio di specializzazione o di perfezionamento sia richiesto, in aggiunta ad altro titolo di studio, per l’ammissione in servizio di ruolo o per lo svolgimento di determinate funzioni.
In ogni caso, pur ammettendosi che la pronuncia della Consulta del 2000, possa consentire di ricavare un principio generale sulla riscattabilità dei periodi di studio, in presenza di un diploma di maturità (anche se non necessario per l’ammissione alla scuola), unitamente al requisito del titolo imprescindibile per accedere alla qualifica, sicuramente dette condizioni non erano sufficienti a consentire il riscatto nel momento in cui venne presentata la domanda. Pertanto, la ricorrente avrebbe dovuto presentare una seconda richiesta, da indirizzarsi all’INPS, essendo il ricorso basato sull’orientamento formatosi dopo la pronuncia della Corte Costituzionale.
In ogni modo il corso frequentato dalla ricorrente sembrerebbe quello biennale, per l’accesso al quale era richiesta la licenza media di primo grado, di talché non ne sarebbe ammesso il riscatto.
L’INPS si è costituito in giudizio con il patrocinio degli Avvocati [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] e [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], depositando all’uopo memoria difensiva in data 6 febbraio 2017, con la quale, in via preliminare è stato eccepito il difetto di legittimazione passiva dell’Istituto, in quanto l’istanza della ricorrente era stata avanzata all’amministrazione datoriale l’8 agosto 1991.
L’INPS, difatti, sarebbe subentrato nella gestione dei trattamenti pensionistici del personale Universitario a far data dal 1 giugno 2004, permanendo la competenza dell’ Universit à alla definizione delle domande di riscatto, computo, ricongiunzione e sistemazione contributiva per le istanze presentate anteriormente alla predetta data. Di talché, in ipotesi di accoglimento del ricorso, eventuali spese di lite dovrebbero gravare sull’amministrazione statale.
Nel merito è stata sostenuta l’infondatezza della pretesa attrice in quanto, dal combinato disposto degli artt. 13 del d.P.R. n. 1092/1973, 8 comma 1 lett. B della l. n. 274/1991, e 2 del D.Lgs n. 184/1997, si evincerebbe che il beneficio de quo spetti solo per la frequenza di un corso di livello universitario; per contro, tale non sarebbe quello seguito dalla ricorrente. Inoltre, secondo l’Istituto previdenziale, le ipotesi ammesse a riscatto dovrebbero essere considerate tipiche e tassative, con esclusione dell’interpretazione e/o applicazione analogica delle disposizioni che le prevedono.
Alla luce delle precedenti considerazioni è stato chiesto il rigetto del ricorso. In via subordinata è stato chiesto che, nella denegata ipotesi di accoglimento del ricorso, sia ordinato alla ricorrente il pagamento del relativo onere da riscatto. In ogni caso, con il favore delle spese, o comunque l’esenzione da eventuali spese di lite.
All’udienza del 22 febbraio 2017, l’Avvocato [#OMISSIS#], per l’INPS, ha insistito affinché, in ipotesi di eventuale accoglimento della domanda, non siano addebitate all’Istituto le spese legali, in quanto l’INPDAP non era competente a pronunciarsi sulla domanda. Ha, inoltre, precisato che all’epoca della proposizione della stessa, il silenzio serbato dall’Amministrazione sarebbe dovuto essere impugnato davanti al TAR, allora competente.
L’Avvocato [#OMISSIS#], per l’ Universit à, ha specificato che la domanda in sede amministrativa era stata presentata prima della entrata in vigore della legge n. 241/1990, di talché il silenzio equivaleva a rifiuto e si consolidava. Ha, inoltre, avanzato dubbi sulla effettiva operatività della circolare richiamata dall’INPS ai fini dello spostamento della competenza. Nel merito del ricorso ha integralmente richiamato le conclusioni in atti.
L’Avvocato [#OMISSIS#], nell’interesse della ricorrente, ha insistito per l’accoglimento del ricorso, richiamando la favorevole giurisprudenza della Sezione Sardegna, da ultimo confermata con sentenza n. 10/2017.
Considerato in
DIRITTO
1. In via preliminare, va precisato che, in applicazione dell’art. 429 c.p.c., come modificato dall’art.53 del D.L. 25 giugno 2008 n.112 convertito nella legge 6 agosto 2008 n.13 (cfr. art.56 D.L. citato), nel caso in esame si rende necessaria la fissazione di un termine di trenta giorni per il deposito della sentenza comprensiva della motivazione.
2. Sempre in via preliminare, va esaminata l’eccezione di difetto di legittimazione passiva formulata dall’INPS. Al riguardo, va osservato che sulla domanda avanzata a suo tempo dalla ricorrente, non si erano pronunciate né l’ Universit à degli Studi di Cagliari, né l’allora INPDAP. Peraltro, va osservato che, sulle domande di riscatto, di ricongiunzione e sistemazione contributiva, presentate all’amministrazione attiva anteriormente al 1° giugno 2004 permaneva la competenza dell’ Universit à, nonostante l’emanazione del D.Lg. 30 giugno 1994 n. 479 (istitutivo dell’INPDAP) e della L. 8 agosto 1995 n. 335 art. 2, comma 1 che aveva istituito presso l’Istituto la gestione separata dei trattamenti pensionistici dei dipendenti dello Stato.
Difatti, ai sensi del successivo comma 3 della norma richiamata, era previsto un regime transitorio durante il quale “le Amministrazioni centrali e periferiche, in attesa della definizione dell’assetto organizzatorio per far fronte ai compiti di cui ai commi 1 e 2, continuano ad espletare in regime convenzionale le attività connesse alla liquidazione dei trattamenti di quiescenza dello Stato”.
Per ciò che attiene, nel particolare, al personale universitario, come risulta dalla circolare INPDAP n. 23 del 30 marzo 2004, versata in atti dall’INPS, in forza di apposita convenzione stipulata tra le Universit à e l’allora l’INPDAP, sono rimaste a carico delle universit à medesime le competenze per la definizione di tutti i provvedimenti pensionistici relativi al personale dell’ Universit à cessato dal servizio anteriormente al 1° giugno 2004, nonché la definizione delle domande di riscatto, ricongiunzione, computo e sistemazione contributiva presentate anteriormente alla predetta data del 1° giugno 2004, come è nel caso in esame.
Ne consegue che spettava all’ Universit à pronunciarsi sull’istanza presentata in sede amministrativa, ma ciò non comporta l’estromissione dal giudizio dell’INPS.
Non può, infatti, negarsi, in conformità a pronunce già emesse da questa Sezione (cfr., tra le altre Sez. Sardegna, n. 447 del 2004 e n. 584 del 2005), che la parte ricorrente sia portatrice un interesse giuridicamente rilevante a vocare in giudizio l’Istituto, quanto meno al fine di rendere opponibile allo stesso un giudicato eventualmente favorevole, che potrebbe esplicare effetti, anche se indiretti, sull’operato dell’INPS, competente al pagamento della pensione.
Pertanto, l’eccezione non merita accoglimento.
3. Ancora in via preliminare, con riferimento all’eccepita inammissibilità del ricorso, formulata dall’Amministrazione Universitaria, discende da quanto sopra evidenziato che la nota del 2016, con la quale è stata respinta l’istanza della ricorrente, assume la [#OMISSIS#] di provvedimento di diniego e, in quanto tale, impugnabile in sede giurisdizionale.
3. Nel merito, va rammentato che l’istituto del riscatto, applicato ai corsi di studio richiesti per il conseguimento di diplomi abilitanti all’esercizio di attività professionali specifiche, consente di computare ai fini pensionistici – previo pagamento del previsto contributo – periodi che, pur non avendo dato luogo a prestazioni lavorative a favore dell’ente datore di lavoro, hanno tuttavia rappresentato una indispensabile fase propedeutica all’espletamento del servizio, nelle ipotesi in cui il diploma costituisca requisito richiesto per il posto ricoperto.
Sul punto si rende opportuna una premessa, in ragione delle difese avanzate dalle convenute Amministrazioni (in particolare l’INPS), laddove è stato sostenuto che la disciplina prevista per il riscatto di corso di studi per i dipendenti statali, anche nell’interpretazione del Giudice delle Leggi, richiederebbe comunque la frequentazione di corsi universitari.
La difesa così articolata non tiene conto di due distinti aspetti.
Per un verso, l’articolo 24 della legge del 22/11/1962, n. 1646, aveva già previsto la possibilità, ancorché limitata al personale iscritto alla Cassa per le pensioni ai dipendenti degli Enti locali, di poter riscattare l’allora biennio, corrispondente al corso di studio di infermiere professionale, frequentato presso una scuola convitto istituita ai sensi degli artt. 130 e 131 del testo unico delle leggi sanitarie 27 luglio 1934, n. 1265 (come è nel caso di specie), purché il diploma conseguito fosse prescritto per l’ammissione ad uno dei posti occupati durante la carriera.
Per altro verso, il Legislatore, con legge n. 124 del 25 febbraio 1971, ha apportato modifiche sui requisiti di ammissione alle scuole per infermieri professionali prevedendo, per l’accesso alle predette scuole, il possesso del diploma di istruzione secondaria di primo grado e, a partire dall’inizio dell’anno scolastico 1973-74, anche di un certificato attestante l’ammissione al terzo anno di scuola secondaria di secondo grado o titolo equipollente, dopo il conseguimento del diploma di istruzione secondaria di primo grado (cfr. art. 2).
In seguito, con D.P.R. n° 867/75, il corso di studi per il conseguimento del diploma di Stato di infermiere professionale è stato ripartito in tre anni scolastici, a decorrere dall’anno scolastico 1975-76, mentre nulla è stato innovato per i requisiti richiesti per essere ammessi alla frequentazione.
Tali puntualizzazioni si rendono necessarie al fine di meglio intendere quale debba essere il portato delle pronunce della Corte Costituzionale che, se pur aventi ad oggetto normative settoriali, hanno enucleato principi di carattere generale i quali, in ossequio al disposto di cui all’art. 3 della Costituzione, sono destinati a trovare applicazione in fattispecie analoghe anche qualora, per ipotesi, la norma regolatrice non sia stata sottoposta al vaglio della Consulta.
Orbene, la Corte Costituzionale ha affermato in più occasioni l’illegittimità costituzionale delle diverse norme relative ai riscatti dei periodi di studio per il conseguimento di determinati titoli, ove queste non prevedessero la facoltà di valorizzazione dei periodi corrispondenti a quei corsi di specializzazione e para-universitari, il cui diploma fosse richiesto come condizione per partecipare ai concorsi, e per l’ammissione in servizio in determinati profili professionali (cfr., a titolo esemplificativo, sentenze n. 765/1988; n. 426/1990; n. 535/1990; n. 133/1991; n. 280/1991 e diverse altre).
Lo stesso Legislatore, nel prendere atto del citato indirizzo della giurisprudenza costituzionale, seppur limitatamente al personale iscritto alle Casse amministrate dalla Direzione generale degli Istituti di previdenza, aveva emanato la legge 8 agosto 1991 n. 274 (recante, tra l’altro, modifiche e integrazioni degli ordinamenti delle Casse in argomento), che all’art. 8, comma uno, ha stabilito quanto segue: “Sono ammessi a riscatto, a domanda, purché il relativo diploma sia prescritto per l’ammissione al posto ricoperto:
a) gli anni di studio corrispondenti alla durata legale dei corsi delle scuole universitarie dirette a fini speciali;
b) i periodi (non inferiori a un anno) corrispondenti alla durata legale dei corsi di formazione professionale, seguiti dopo il conseguimento del titolo di studio di istruzione secondaria superiore, e riconosciuti dallo Stato, dalle Regioni o dalle province autonome di Trento e di Bolzano”.
Come già precisato da questa Sezione (cfr. sentenze n. 146 del 2 luglio 2014 e 41 del 18 marzo 2015), sia dalle pronunce della Consulta che dall’intervento specifico del Legislatore, è dato desumere la generale tendenza a valorizzare la frequenza di tutti quei corsi che hanno ritardato l’accesso al lavoro dei dipendenti pubblici che ricoprono determinate posizioni funzionali, rispetto ad altre qualifiche che richiedono un titolo di minor valore, e a compensare la professionalità acquisita per l’ingresso in servizio qualora i relativi titoli di studio siano richiesti come condizione necessaria ed indispensabile per il posto da ricoprire. Si è ritenuto, pertanto, che le pronunce della Consulta abbiano ampliato e completato il contenuto delle norme censurate, nel senso di riconoscere meritevole di considerazione, ai fini dell’istituto del riscatto, la preparazione professionale, acquisita dagli interessati dopo il conseguimento del diploma di istruzione secondaria superiore, quando la stessa sia indispensabile per accedere al posto ricoperto (seppure limitatamente alle norme censurate, in particolare art. 69 del r.d. n. 680 del 1938, e art. 24 della legge n. 1646 del 1962).
La veridicità di detto assunto è stata evidenziata dallo stesso Giudice delle leggi che con la sentenza n. 52 del 9-15 febbraio 2000, nel dichiarare l’illegittimità costituzionale dell’art. 13, primo comma, del d.P.R. n. 1092 del 1973, ha affermato il seguente principio (già espresso con l’ordinanza n. 210 dell’8-16 gennaio 2000): “nell’attuale assetto normativo, che consente il riscatto dei corsi di studi superiori, l’omessa previsione della riscattabilità di un periodo di studi integra una violazione della Costituzione, per irragionevolezza, quando ricorrono le seguenti due condizioni: a) il corso di studi abbia natura universitaria o post-secondaria (accompagnato in questo caso dal precedente possesso di titolo di studio di scuola secondaria superiore); b) il relativo diploma ovvero la frequenza con profitto e con superamento di prova finale di corso di specializzazione (di livello post-secondario) siano richiesti per l’ammissione a determinati ruoli o per lo svolgimento di determinate funzioni o per la progressione in carriera”.
Nel caso in esame può, inoltre, ritenersi, che la qualificazione “specializzante” del corso di infermiere professionale sia stata assunta in legge, ancorché con previsione settoriale.
Vero è che, come da sempre statuito dal giudice contabile, la natura specializzante deve coesistere con l’altro requisito normativamente richiesto, ovvero il possesso di diploma di scuola secondaria superiore, essendo tali elementi i necessari presupposti affinché si verifichi il “ritardo” nell’accesso al lavoro, cui è stata, dal Legislatore prima e dalla giurisprudenza poi, ricollegata la possibilità del riscatto (cfr. Sezione Terza Centrale, sentenze n. 347/2002 e n. 198/2012).
Le argomentazioni che precedono consentono di esaminare l’ulteriore deduzione dell’ Universit à degli Studi, che ha fatto presente che la ricorrente avrebbe conseguito il diploma di infermiere professionale a seguito della frequentazione di un corso biennale, per il quale sarebbe stato necessario il solo possesso della licenza di scuola media di primo grado.
Vero è che l’art. 4 del D.P.R. n° 867/75 ha fatto salva l’applicazione delle norme regolamentari di cui al regio decreto 21 novembre 1929, n. 2330, in quanto applicabili, norme trasfuse nel R.D. 27/07/1934, n. 1265, recante Approvazione del testo unico delle leggi sanitarie.
In particolare, l’art. 135 ha stabilito che per l’ammissione alle scuole-convitto è prescritta, come titolo di studio minimo, la licenza di scuola media inferiore o di scuole di avviamento o altro titolo di studio equipollente (comma 1) e che nelle scuole convitto le allieve compiono un corso biennale teorico-pratico, con relativo tirocinio (comma 2).
Peraltro, come di recente riconosciuto anche dalla Sezione II Centrale di questa Corte (sentenze n. 465 del 29/04/2016 e n. 267 del 14/03/2016), le norme, ancorché riferibili ai dipendenti degli Enti locali, fanno riferimento a titoli conseguiti dopo un corso almeno biennale (art. 24 della legge n. 1646 del 1962).
Il Giudice d’Appello ha, conseguentemente, ritenuto che in sostanza, il requisito del consistere in «diplomi postsecondari» (e, cioè, in diplomi conseguiti da chi è in «possesso di titolo di studio di scuola secondaria superiore») era già previsto dalle disposizioni vigenti prima dell’entrata in vigore della legge n. 274 del 1991 e, nel richiamare l’art. 8, comma 1, di tale legge – avente finalità di sistemazione della materia dopo gli interventi additivi della Corte costituzionale, ha precisato che lo stesso non può ritenersi innovativo nella parte in cui prevede che «sono ammessi a riscatto … purché il relativo diploma sia prescritto per l’ammissione al posto ricoperto … i periodi, non inferiori ad un anno, corrispondenti alla durata legale dei corsi di formazione professionale , seguiti dopo il conseguimento del titolo di studio di istruzione secondaria superiore. Non è, dunque, presupposto necessario che il corso di infermiere professionale abbia durata triennale, potendo essere riscattati i corsi di durata superiore ad un anno.
Nel caso di specie, la signora E. S., che ha presentato istanza di riscatto nell’agosto del 1991, quale dipendente dell’ Universit à degli Studi di Cagliari, aveva frequentato un corso biennale.
Tutto ciò premesso, va precisato che la posizione della ricorrente va esaminata alla luce del disposto dell’art. 13, primo comma, del d.P.R. n. 1092 del 1973, ma va tenuto conto dei principi più sopra illustrati, in forza dei quali la pretesa risulta fondata e va conseguentemente accolta, dovendosi ritenere sussistenti entrambi i requisiti che consentono il riscatto del periodo corrispondente alla durata legale del corso di studi (possesso del diploma secondario superiore, e necessarietà del titolo di studio ai fini dell’accesso alla qualifica rivestita).
Infatti, la documentazione versata in atti, ha consentito di accertare che la signora E. S.:
1) ha conseguito nel 1978 il diploma di maturità scientifica presso il Liceo Scientifico “A. Pacinotti” di Cagliari;
2) ha conseguito in data 4 luglio 1984 il diploma di infermiere professionale, rilasciato dalla Regione autonoma della Sardegna a conclusione di un corso di durata biennale, ma dopo la maturità scientifica;
3) è stata assunta dall’ Universit à degli Studi di Cagliari con la qualifica di infermiere professionale, per l’accesso alla quale era prescritto il possesso del diploma di cui è questione.
Va, dunque, dichiarato il diritto della ricorrente al riscatto del periodo relativo alla frequenza del corso biennale della Scuola per Infermieri professionali “[#OMISSIS#] di Piemonte”.
Va, infine, precisato, in ordine alla richiesta dell’INPS di ordinare alla ricorrente, in caso di accoglimento del ricorso, il pagamento dell’onere del riscatto, che la quantificazione di tale onere non ha formato oggetto del presente giudizio, di talché alla stessa dovrà provvedere l’ Universit à nel successivo corso del procedimento.
Quanto alle spese, va evidenziato che trattasi di ricorso depositato dopo l’entrata in vigore dell’art. 92 c.p.c., nel testo risultante dall’art. 13, del D.L. 12 settembre 2014, n. 132, convertito, con modif. in legge 10 novembre 2014, n. 162, in forza del quale la compensazione, totale o parziale può essere disposta esclusivamente quando vi è soccombenza reciproca, ovvero nel caso di assoluta novità della questione trattata o mutamento della giurisprudenza rispetto alle questioni dirimenti.
Non versandosi in tali ipotesi, sono da porre a carico della parte soccombente, ovvero l’ Universit à degli Studi di Cagliari, le spese del giudizio, da liquidare tenuto conto del valore della causa, della non particolare difficoltà della controversia e della durata del processo. Le stesse, in assenza di apposita notula e considerata la complessità della causa e l’attività svolta, in applicazione dei criteri dettati dal DM 10 marzo 2014, n. 55, si liquidano equitativamente in euro mille, incluso il rimborso spese forfettarie (ex art. 2, comma 2 DM citato), al netto di IVA e oneri di legge, in favore di parte ricorrente.
PER QUESTI MOTIVI
a Corte dei conti, Sezione giurisdizionale per la Regione Sardegna, in composizione monocratica, definitivamente pronunciando, accoglie il ricorso proposto dalla signora E. S. e, per l’effetto, dichiara il diritto della medesima di ottenere il riscatto, ai fini pensionistici, dei due anni di studio del corso frequentato presso la Scuola per Infermieri Professionali.
Condanna l’ Universit à degli Studi di Cagliari al pagamento delle spese di giudizio in favore della parte ricorrente, liquidandole nella misura di euro 1.000,00 (mille), al netto di IVA e oneri di legge, con clausola di distrazione in favore dei difensori.
Fissa in trenta giorni il termine per il deposito della sentenza.
Così deciso in Cagliari, nell’udienza del 22 febbraio 2017.
Depositata in Segreteria il 07/03/2017