In ordine alla domanda annullatoria, va osservato che la giurisdizione della Corte dei conti in materia di ricorsi pensionistici non soltanto è esclusiva, ma è una giurisdizione piena sul rapporto. Sicché l’annullamento dell’atto reputato lesivo, non rappresenta l’obiettivo prioritario dell’azione che è, invece, l’accertamento della conformità della prestazione previdenziale alle prescrizioni di settore. A tale riguardo, si consideri che il criterio in base al quale sono regolati i rapporti tra le diverse giurisdizioni è quello del petitum sostanziale, ossia dello specifico oggetto e della reale natura della controversia, da identificarsi non soltanto in funzione della concreta statuizione che si chiede al giudice, ma anche, e soprattutto, in funzione della causa petendi, costituita dal contenuto della posizione soggettiva dedotta in giudizio e individuabile in relazione alla sostanziale protezione accordata, in astratto, dall’ordinamento alla posizione medesima, senza che a tal fine possa assumere rilievo la prospettazione della parte. La decisione in ordine alla domanda annullatoria va pertanto ritenuta assorbita dalla decisione nel merito.La rinuncia espressa o tacita alla domanda (o ai suoi singoli capi), qualora si atteggi come espressione della possibilità della parte di modificare, ai sensi dell’art. 184 o 420 c.p.c., le domande e le conclusioni precedentemente formulate rientra fra i poteri del difensore (che in tal guisa esercita la discrezionalità tecnica che gli compete nell’impostazione della lite e che lo abilita a scegliere, in relazione anche agli sviluppi della causa, la condotta processuale da lui ritenuta più rispondente agli interessi del proprio rappresentato), distinguendosi così dalla rinuncia agli atti del giudizio, che può essere fatta solo dalla parte personalmente o da un suo procuratore speciale nelle forme rigorose previste dall’art. 306 c.p.c., e non produce effetto senza l’accettazione della controparte. Inoltre, nella rinuncia espressa o tacita alla domanda, a differenza di quella di cui all’art. 306 c.p.c., non trova applicazione la disposizione secondo cui la rinuncia deve essere fatta verbalmente all’udienza o con atto sottoscritto dalla parte e notificato alle altre parti, giacché la rinuncia a un capo della domanda rientra tra i poteri del difensore e può essere fatta senza l’osservanza di forme rigorose.
Corte dei conti reg., Sicilia, 13 aprile 2016, n. 327
Pensione di reversibilità per studenti universitari orfani maggiorenni – Rinuncia alla domanda giurisdizionale
PENSIONI
Corte dei Conti Sicilia Sez. giurisdiz., Sent., (ud. 07-04-2016) 13-04-2016, n. 327
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DEI CONTI
SEZIONE GIURISDIZIONALE PER LA REGIONE SICILIANA
IL GIUDICE UNICO DELLE PENSIONI
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#]
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio in materia di pensioni civili iscritto al n. 60659 del registro di segreteria,
INTRODOTTO con ricorso, depositato il 29 ottobre 2012, proposto da S. M., nato OMISSIS, rappresentato e difeso dall’avv. [#OMISSIS#] Dattola e dall’avv. [#OMISSIS#] Mazza ed elettivamente domiciliato presso lo studio dell’avv. [#OMISSIS#] Panuccio, in Messina, via [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], n. 56;
CONTRO l’Istituto Nazionale Previdenza Sociale (I.N.P.S.) – quale successore dell’I.N.P.D.A.P., per effetto dell’articolo 21, comma 1 del D.L. 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, nella L. 22 dicembre 2011, n. 214 – rappresentato e difeso dall’avv. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] [#OMISSIS#];
AVVERSO il diniego della pensione di reversibilità.
VISTO il ricorso e gli altri documenti di causa;
UDITO, alla pubblica udienza del 7 aprile 2016, con l’assistenza del Segretario sig.ra [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], l’avv. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], in sostituzione dell’avv. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], per l’I.N.P.S.; non comparsa la difesa della parte ricorrente.
Ritenuto in
Svolgimento del processo
Il ricorrente – immatricolato, nell’anno accademico 2004/2005, al primo anno del corso di laurea triennale in scienze giuridiche presso la Facoltà di giurisprudenza dell’Università degli Studi di Messina – ha chiesto, il 18 agosto 2010, dopo la morte del padre [#OMISSIS#] avvenuta il 26 marzo 2010, la pensione di reversibilità in qualità di orfano maggiorenne studente universitario.
Con provvedimento del direttore della Sede dell’I.N.P.D.A.P. di Reggio Calabria prot. n. (…) del 30 novembre 2010, la predetta istanza è stata respinta poiché, “alla data di decesso del genitore”, l’interessato “si trovava nella condizione di orfano studente universitario fuori corso legale degli studi”.
Dopo aver conseguito, fuori corso, la laurea di primo livello il 25 febbraio 2011, l’odierno ricorrente, il 2 marzo seguente, è stato immatricolato, per l’anno accademico 2010/2011, al quarto anno del corso di laurea magistrale in giurisprudenza, della durata di cinque anni, dove è rimasto iscritto, per il quinto anno, nell’anno accademico 2011/2012.
Con provvedimento della Sede dell’I.N.P.D.A.P. di Messina (presso la quale era stato trasferito il fascicolo amministrativo) prot. n. (…) del 18 ottobre 2011, è stata respinta, con la stessa motivazione, anche la seconda istanza nel frattempo lì presentata per ottenere la pensione di reversibilità in argomento.
Avverso i predetti dinieghi insorge il ricorrente, chiedendo, a valle di articolate argomentazioni, l’annullamento degli stessi e il riconoscimento del diritto alla pensione di reversibilità, dal mese successivo alla morte del padre fino alla data di compimento del ventiseiesimo anno di età, con la maggiorazione degli interessi e della rivalutazione; con vittoria di spese e competenze.
Con memoria depositata il 28 settembre 2015, si è costituito l’I.N.P.S..
La difesa dell’Ente previdenziale, dopo aver descritto la normativa in materia e la sua applicazione secondo la giurisprudenza di questa Corte, rileva, da un lato, l’infondatezza del ricorso per la parte riguardante la domanda inerente al periodo di studi eccedente la durata del corso legale degli stessi e, dall’altro, la possibilità dell’accoglimento della pretesa – in via amministrativa e subordinatamente all’assolvimento di determinati oneri documentali da parte dell’interessato – per il periodo corrispondente alla durata legale del corso di laurea magistrale in giurisprudenza (quarto e quinto anno), entro il limite del mese del compimento del ventiseiesimo anno di età, vale a dire dal 1 novembre 2010 al 30 giugno 2012.
Conclude, pertanto, la difesa dell’I.N.P.S. chiedendo il rigetto del ricorso, con vittoria di spese.
Alla pubblica udienza dell’8 ottobre 2015, la difesa del ricorrente, preso atto della memoria di costituzione dell’I.N.P.S., ha chiesto il rinvio della trattazione, nella prospettiva della cessazione della materia del contendere; il giudice, tenuto conto dell’affermazione della difesa dell’I.N.P.S., secondo cui l’Ente previdenziale può riconoscere il diritto azionato per il periodo dal 1 novembre 2010 al 30 giugno 2012, subordinatamente all’esecuzione di specifici adempimenti procedimentali da parte del ricorrente, ha ordinato alle parti di depositare comparse conclusionali alla luce della predetta affermazione e degli eventuali sviluppi del procedimento amministrativo.
Con memoria depositata il 9 dicembre 2015, la difesa del ricorrente, richiamando il solo provvedimento di diniego della Sede dell’I.N.P.D.A.P. di Messina prot. n. (…) del 18 ottobre 2011, ha affermato che quell’Ufficio “ha riconosciuto il diritto azionato in giudizio con provvedimento datato 17.11.2015, atto n. ME2015009322, a firma del Responsabile pensioni dipendenti amministrazioni pubbliche, [#OMISSIS#] Di Bella dando luogo in tal modo alla cessazione della materia del contendere”, e “che detto provvedimento è statisfattivo delle ragioni del ricorrente” medesimo.
Conclude, pertanto, la difesa del ricorrente chiedendo “che venga dichiarata l’estinzione del giudizio per cessata materia del contendere”.
Alla pubblica udienza del 7 aprile 2016, la difesa dell’I.N.P.S., richiamando gli atti, ha chiesto la decisione del ricorso.
La causa è stata quindi posta in decisione, come da verbale d’udienza.
Considerato in
Motivi della decisione
1. In ordine alla domanda annullatoria, va osservato che la giurisdizione della Corte dei conti in materia di ricorsi pensionistici “non soltanto è esclusiva, ma è una giurisdizione piena sul rapporto. Sicché l’annullamento dell’atto reputato lesivo, non rappresenta l’obiettivo prioritario dell’azione che è, invece, l’accertamento della conformità della prestazione previdenziale alle prescrizioni di settore. A tale riguardo, si consideri che il criterio in base al quale sono regolati i rapporti tra le diverse giurisdizioni è quello del “petitum sostanziale”, ossia dello specifico oggetto e della reale natura della controversia, da identificarsi non soltanto in funzione della concreta statuizione che si chiede al giudice, ma anche, e soprattutto, in funzione della “causa petendi”, costituita dal contenuto della posizione soggettiva dedotta in giudizio e individuabile in relazione alla sostanziale protezione accordata, in astratto, dall’ordinamento alla posizione medesima, senza che a tal fine possa assumere rilievo la prospettazione della parte (Cass. SS.UU. 10973/2001)” (Corte dei conti, Sez. giur. Sicilia, n. 3298 del 13 ottobre 2011).
La decisione in ordine alla domanda annullatoria va pertanto ritenuta assorbita dalla decisione nel merito.
2. Nel merito, va, anzitutto, rilevato che – alla luce della memoria di costituzione dell’I.N.P.S., univocamente diretta a rappresentare la possibilità di soddisfare, in via amministrativa, la pretesa del ricorrente per il solo periodo corrispondente alla durata legale del corso di laurea magistrale in giurisprudenza (quarto e quinto anno), entro il limite del mese del compimento del ventiseiesimo anno di età, vale a dire dal 1 novembre 2010 al 30 giugno 2012 – l’istanza di rinvio della trattazione, formulata dal difensore del ricorrente nella pubblica udienza dell’8 ottobre 2015 nella prospettiva della cessazione della materia del contendere, e la memoria depositata il 9 dicembre 2015, focalizzata sul solo diniego del 2011 e recante espressa affermazione secondo cui il provvedimento favorevole del 2015 “è statisfattivo delle ragioni del ricorrente”, recano, sostanzialmente, rinuncia tacita alla domanda inerente al periodo di studi eccedente la durata del corso legale degli stessi (respinta con il provvedimento del direttore della Sede dell’I.N.P.D.A.P. di Reggio Calabria prot. n. 30610/U del 30 novembre 2010).
Sul punto, va osservato che “la rinuncia espressa o tacita alla domanda (o ai suoi singoli capi), qualora si atteggi come espressione della possibilità della parte di modificare, ai sensi dell’art. 184 o 420 c.p.c. le domande e le conclusioni precedentemente formulate, come nel caso in esame, rientra fra i poteri del difensore (che in tal guisa esercita la discrezionalità tecnica che gli compete nell’impostazione della lite e che lo abilita a scegliere, in relazione anche agli sviluppi della causa, la condotta processuale da lui ritenuta più rispondente agli interessi del proprio rappresentato), distinguendosi così dalla rinuncia agli atti del giudizio, che può essere fatta solo dalla parte personalmente o da un suo procuratore speciale nelle forme rigorose previste dall’art. 306 c.p.c., e non produce effetto senza l’accettazione della controparte. Inoltre, nella rinuncia espressa o tacita alla domanda, a differenza di quella di cui all’art. 306 c.p.c., non trova applicazione la disposizione secondo cui la rinuncia deve essere fatta verbalmente all’udienza o con atto sottoscritto dalla parte e notificato alle altre parti, giacché la rinuncia a un capo della domanda rientra tra i poteri del difensore e può essere fatta senza l’osservanza di forme rigorose (Cassazione Civile, Sezione I, 11 giugno 2002 n. 836; Cassazione Civile, Sezione III, 4 febbraio 2002 n. 1439; Cassazione Civile, Sezione II, 8 gennaio 2002 n. 140; Cassazione Civile, Sezione Lavoro, 7 marzo 1998 n. 2572; Tribunale Torino, Sezione II, 09 marzo 2006)” (Corte dei conti, Sez. giur. Sicilia, sent. n. 851 del 15 marzo 2012).
Riguardo alla questione concernente il periodo corrispondente alla durata legale del corso di laurea magistrale in giurisprudenza (quarto e quinto anno), si osserva che le deduzioni prospettate dalla difesa del ricorrente con la memoria depositata il 9 dicembre 2015, peraltro in linea con quelle della difesa dell’I.N.P.S., dimostrano che, dopo l’instaurazione del processo, le ragioni del ricorrente medesimo sono state soddisfatte.
Va, pertanto, dichiarata l’intervenuta cessazione della materia del contendere.
3. Sussistono giusti motivi per disporre la compensazione delle spese tra le parti.
P.Q.M.
La Corte dei Conti, Sezione Giurisdizionale per la Regione Siciliana in composizione monocratica, in funzione di Giudice unico delle pensioni, definitivamente pronunciando:
1) dichiara cessata la materia del contendere;
2) compensa le spese.
Manda alla Segreteria per gli adempimenti conseguenti.
Così deciso in Palermo, nella camera di consiglio del 7 aprile 2016.
Depositata in Cancelleria 13 aprile 2016.