Corte dei conti reg., Sicilia, 22 dicembre 2016, n. 945

Pensione di reversibilità per studenti universitari orfani maggiorenni – Rinuncia agli studi

Data Documento: 2016-12-22
Area: Giurisprudenza
Massima

Seppure la diligenza e l’impegno nel corso degli studi hanno un indubbio rilievo ai fini del mantenimento del diritto alla prestazione pensionistica di reversibilità da parte dell’orfano (sotto il profilo della rilevanza della condizione del fuori corso), non altrettanta importanza può essere annessa alla scelta di completare gli studi universitari avviati. La carriera scolastica universitaria, quindi, non è configurata come una scelta irreversibile e da portare a termine a pena del venir retroattivamente meno del diritto al trattamento pensionistico: ove, nell’esercizio di insindacabili scelte, l’orfano decida di non voler più proseguire negli studi non perde l’agevolazione economica fruita per la condizione di studente universitario, semplicemente non potrà più continuare a fruirne dopo la rinuncia.

Contenuto sentenza

PENSIONI
C. Conti Sicilia Sez. giurisdiz., Sent., 22-12-2016, n. 945
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DEI CONTI
SEZIONE GIURISDIZIONALE PER LA REGIONE SICILIANA
Il [#OMISSIS#] Unico delle Pensioni
[#OMISSIS#] Parlato
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso in materia pensionistica n. 60561, depositato in data 21 settembre 2012, proposto dalla signora A. R. C., nata OMISSIS, elettivamente domiciliata a Palermo, in [#OMISSIS#] Amendola n. 44 (studio avv. Salavatore [#OMISSIS#]), presso lo studio legale dell’avvocato [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], che la rappresenta e difende per mandato a margine dello stesso
contro
– L’Inps (gestione ex Inpdap), in persona del legale rappresentante pro tempore;
Esaminati gli atti ed i documenti del fascicolo processuale;
Visti il R.D. 13 agosto 1933, n. 1038; il D.L. 15 novembre 1993, n. 453, convertito dalla L. 14 gennaio 1994, n. 19 e la L. 14 gennaio 1994, n. 20; la L. 21 luglio 2000, n. 205, ed in particolare gli artt. 5 e 9;
Udito, all’udienza del 15 dicembre 2016, per il ricorrente, l’avvocato costituito e, per l’amministrazione l’avvocato [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] [#OMISSIS#];
Premesso in
Svolgimento del processo
La signora D. G., figlia della ricorrente, in qualità di studentessa universitaria infra ventiseienne, era destinataria di una quota della pensione indiretta definitiva intestata alla madre, signora A. R. C., e, in data 1 dicembre 2015, rinunciava [#OMISSIS#] studi.
Con raccomandata del 20 gennaio 2006, l’ente previdenziale preposto all’erogazione del beneficio comunicava alla titolare del trattamento di aver accertato la maturazione di un indebito pari a Euro 9.893,37, riferito al periodo dal 1 agosto 2004 (data di un mese successiva al conseguimento del diploma di maturità da parte della studentessa) al 31 gennaio 2006 (data in cui era cessata l’attribuzione dei ratei).
L’interessata, opponendosi a tale determinazione, introduceva il presente giudizio, sostenendo che l’indebito avrebbe potuto, al più, riguardare solo l’epoca successiva alla rinuncia [#OMISSIS#] studi da parte della figlia e lamentando anche la mancata corresponsione della tredicesima correlata al proprio trattamento.
L’Inps, costituendosi con memoria del 25 novembre 2015, rendeva noto che l’attrice, contestualmente alla percezione della pensione, svolgeva attività lavorativa retribuita e ciò avrebbe spiegato la mancata attribuzione della tredicesima mensilità e confermava, per il resto, la correttezza del proprio operato, sollevando, in subordine, l’eccezione di prescrizione quinquennale.
In esito all’udienza del 4 dicembre 2015, il G.U., ritenuto necessario integrare la documentazione presente [#OMISSIS#] atti di causa, ordinava all’Inps di integrare la documentazione in atti.
In data 25 novembre 2015 l’amministrazione convenuta depositava una nota corredata della pertinente documentazione.
All’udienza dieci giugno 2016, il G.U., accoglieva la richiesta di entrambe le parti di concedere un [#OMISSIS#] affinché l’ente previdenziale chiarisse le ragioni sottese al recupero effettuato.
I chiarimenti in questione pervenivano con nota trasmessa dalla resistente il 2 dicembre 2016.
All’udienza del 15 dicembre 2016 i procuratori delle parti ribadivano le precedenti difese scritte; la causa veniva, quindi, trattenuta per la decisione e al [#OMISSIS#] dell’udienza, previa [#OMISSIS#] di consiglio il Giudicante, costatata l’assenza di pubblico, depositava il dispositivo della presente sentenza ed effettuava gli adempimenti di cui al nuovo testo dell’art. 429 c.p.c.
Considerato in
Motivi della decisione
1. La valutazione della prima delle domande articolate nel gravame dipende dalla [#OMISSIS#] attribuita alla rinuncia alla prosecuzione degli studi universitari da parte di un orfano maggiorenne ma ancora infraventiseienne, dovendosi stabilire, cioè, se questa faccia venir meno il diritto alla fruizione del trattamento di reversibilità che alla condizione di studente era condizionato.
Secondo l’istituto previdenziale la rinuncia esplicherebbe un effetto retroattivo e, di conseguenza, sarebbe indebito l’intero trattamento erogato, a partire dall’inizio del corso di studi intrapreso che dava titolo alla percezione della pensione; il ricorrente prospetta, invece, una ricostruzione diametralmente opposta.
La [#OMISSIS#] da considerare ai fini della risoluzione della controversia può essere individuata nell’ 82, comma 2, del T.U. 1092/1973, come, integrato dall’art. 1 della L. n. 391 del 1984, il quale prevede che “ai fini del presente articolo che prevede il diritto degli orfani minorenni alla pensione di reversibilità sono equiparati ai minorenni gli orfani maggiorenni iscritti ad università o ad istituti superiori equiparati, per tutta la durata del corso legale degli studi e, comunque, non oltre il ventiseiesimo anno di età”.
Detta disposizione, finalizzata a favorire il diritto all’istruzione universitaria degli orfani, subordina il diritto a fruire della pensione di reversibilità alla duplice condizione che la durata di tale beneficio coincida con quello del corso legale degli studi e che non si protragga, comunque, oltre il compimento del ventiseiesimo anno di età del beneficiario.
Per conseguire tale trattamento, cioè, non è sufficiente la qualità di orfano ed il requisito anagrafico dell’età sotto la soglia del 26 anno, occorrendo anche che il percorso formativo intrapreso dal soggetto interessato al beneficio si svolga secondo le fisiologiche dinamiche della durata legalmente predeterminata.
Non viene in alcun modo valorizzata, invece, la fisiologica conclusione del corso di studi, nel senso che non è richiesto, per dare stabilità al trattamento di reversibilità conseguito, il completamento degli studi o il raggiungimento della laurea.
In altri termini, seppure la diligenza e l’impegno nel corso degli studi hanno un indubbio rilievo ai fini del mantenimento del diritto alla prestazione pensionistica di reversibilità da parte dell’orfano (sotto il profilo della rilevanza della condizione del “fuori corso”), non altrettanta importanza può essere annessa alla scelta di completare gli studi universitari avviati.
La carriera scolastica universitaria, quindi, non è configurata come una scelta irreversibile e da portare a [#OMISSIS#] a pena del venir retroattivamente meno del diritto al trattamento pensionistico: ove, nell’esercizio di insindacabili scelte, l’orfano decida di non voler più proseguire negli studi non perde l’agevolazione economica fruita per la condizione di studente universitario, semplicemente non potrà più continuare a fruirne dopo la rinuncia.
La domanda pertanto, merita parziale accoglimento riconoscendosi il diritto del ricorrente alla ritenzione dei ratei pensionistici, non costituenti indebito, erogati nel periodo dal 1 agosto 2004 al 1 dicembre 2005.
Invece, i ratei riferiti al periodo successivo alla rinuncia [#OMISSIS#] studi e fino alla sospensione del trattamento avvenuta il 1 febbraio 2006 sono stati indebitamente erogati ed esclusivamente riguardo a questi appare corretto il recupero da parte dell’ente previdenziale.
2. La domanda, comunque desumibile dal gravame, volta a ottenere il riconoscimento del diritto della signora A. R. della tredicesima mensilità a valere sul trattamento pensionistico di reversibilità in godimento, anche in costanza di prestazione di attività lavorativa retribuita, è fondata dal momento che, attualmente, non sussiste nell’ordinamento alcun divieto di cumulo di tredicesime mensilità.
Con sentenza n. 232 del 1992, la Corte costituzionale ha, infatti, dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 97, comma 1, del D.P.R. n. 1092 del 1973, per il quale non spettava la tredicesima mensilità al titolare di trattamento pensionistico che prestasse opera retribuita alle dipendenze dello Stato o altri enti pubblici, [#OMISSIS#] parte in cui non determinava la misura della retribuzione oltre la quale non competeva la tredicesima mensilità.
Pertanto, deve essere riconosciuto il diritto del ricorrente all’erogazione della tredicesima mensilità sul trattamento pensionistico, anche per i periodi in cui ha svolto attività lavorativa retribuita.
La circostanza per cui l’Inps, [#OMISSIS#] nota del 2 dicembre 2015, ha dichiarato che, data la [#OMISSIS#] giurisprudenza contabile, l’istituto intende definire le controversie in atto concedendo il beneficio in questione, con il limite dei ratei prescritti non appare dirimente per la causa in corso: trattandosi, allo stato, di una mera intenzione la materia del contendere non può dirsi cessata.
3. L’eccezione di prescrizione sollevata in riferimento alla tredicesima mensilità dall’amministrazione in riferimento è fondata, dovendosi dichiarare prescritti i ratei maturati prima del quinquennio antecedente la nota del 10 ottobre 2009, con la quale la ricorrente richiedeva il beneficio in via amministrativa, esplicante efficacia interruttiva.
4. Atteso l’esito della lite la complessità delle questioni, deve essere disposta l’integrale compensazione delle spese.
P.Q.M.
La Corte dei conti, Sezione giurisdizionale per la Regione Siciliana, il [#OMISSIS#] Unico per le Pensioni, definitivamente pronunciando accoglie parzialmente il ricorso e, per l’effetto:
1. riconosce il diritto della parte istante alla restituzione dei soli ratei percepiti dalla D. G. per il periodo dal 1 agosto 2004 al 1 dicembre 2005 da maggiorarsi con gli interessi legali, con decorrenza dalle ripetizioni effettuate fino a raggiugere e sino al soddisfo, rilevati anno per anno, integrati per gli anni in cui l’indice di svalutazione monetaria ne avesse ecceduto la misura dall’importo differenziale di detta svalutazione, calcolata secondo l’indice i.s.t.a.t. relativo all’anno di riferimento (ex art. 150 disp. att. cod. proc. civ.)
2. a. riconosce il diritto della signora A. R. C. alla corresponsione della tredicesima mensilità sulla pensione di reversibilità in godimento, anche per il periodo di contestuale prestazione di attività lavorativa retribuita nonché il diritto al pagamento delle spettanze arretrate, non dichiarate prescritte, da maggiorarsi con gli interessi legali, con decorrenza dalle scadenze dei rispettivi ratei di pensione e sino al soddisfo, rilevati anno per anno, integrati per gli anni in cui l’indice di svalutazione monetaria ne avesse ecceduto la misura dall’importo differenziale di detta svalutazione, calcolata secondo l’indice i.s.t.a.t. relativo all’anno di riferimento (ex art. 150 disp. att. cod. proc. civ.);
b. dichiara prescritti i ratei maturati prima del 10 ottobre 2004;
Così deciso in Palermo [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] di consiglio del 15 dicembre 2016.
Depositata in Cancelleria 22 dicembre 2016.