A fronte di una proposta di modifica del regolamento appalti dell’ateneo, di natura tecnico-amministrativa e formulata dal competente dirigente della ripartizione opere pubbliche dell’ateneo stesso, la specifica posizione del consiglio di amministrazione e del senato accademico che hanno approvato tale proposta deve essere valutata dando corretta applicazione del principio dell’affidamento, per cui gli organi deliberativi vanno esenti da responsabilità a fronte della responsabilità esclusiva dei dirigenti o dei capi servizio nelle ipotesi in cui, pur presupponendosi un intervento deliberativo, sia stata posta in essere una attività prettamente tecnico-amministrativa.
Corte dei Conti, sez. I, 29 novembre 2017, n. 504
Dirigente capo ripartizione opere pubbliche – Modifiche regolamento interno in contrasto con Codice appalti – Illegittima erogazione di incentivi
REPUBBLICA ITALIANA 504/2017
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
CORTE DEI CONTI
SEZIONE PRIMA GIURISDIZIONALE CENTRALE DI APPELLO
Composta dai seguenti magistrati:
Dott. Salvatore [#OMISSIS#] Presidente f.f.
Dott.ssa [#OMISSIS#] LORETO Consigliere relatore
Dott.ssa [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] LA CAVA Consigliere
Dott.ssa [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] Consigliere
Dott. [#OMISSIS#] DI BENEDETTO Consigliere
ha pronunziato la seguente
SENTENZA
Nel giudizio di appello, iscritto al n. 50601 del Registro di segreteria, proposto da CORRERO [#OMISSIS#], rappresentato e difeso dall’Avv. [#OMISSIS#] Como, come da procura in atti, elettivamente domiciliato presso il suo studio in Roma, Via Giovanni [#OMISSIS#] n. 49;
avverso la sentenza n. 1096/2015, depositata in data 11.12.2015, della Sezione Giurisdizionale della Corte dei conti per la regione Campania;
Visto l’atto di appello e la documentazione di causa;
Uditi, nella pubblica udienza del giorno 17 novembre 2016, il Consigliere relatore dott.ssa [#OMISSIS#] Loreto, l’Avv. [#OMISSIS#] Como per l’appellante ed il Pubblico Ministero nella persona del Vice Procuratore Generale dott. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] Rebecchi;
FATTO
Con la sentenza impugnata la Sezione giurisdizionale della Corte dei conti per la regione Campania ha condannato l’ing. [#OMISSIS#] CORRERO, nella sua qualità di Dirigente Capo della Ripartizione OO.PP. dell’ Università “[#OMISSIS#] II” di Napoli, al pagamento, in favore dell’ente, della somma di euro 25.000,00 oltre rivalutazione monetaria, interessi e spese di giudizio, per avere proposto e fatto approvare una modifica al Regolamento interno che, in asserito adeguamento alle nuove norme introdotte dal Codice dei contratti pubblici in materia di incentivi alle attività di ingegneria ed architettura, aveva previsto un incremento, ex art. 92, comma 5, del D.Lgs. n. 163/2006, delle aliquote dei compensi spettanti al RUP e ai suoi collaboratori pari al 30% delle economie conseguenti all’affidamento esterno delle attività di progettazione, con palese violazione della disposizione normativa che, invece, prevedeva che le quote parti dell’incentivo corrispondenti a prestazioni non svolte dai medesimi dipendenti, in quanto affidate a personale esterno all’organico dell’amministrazione, dovessero andare in economia.
A seguito di indagine ispettiva del M.E.F. si era accertato che detta modifica regolamentare era stata approvata con delibere del Senato Accademico e del Consiglio di Amministrazione n. 17 e n. 27 del 20 luglio 2007, successivamente annullate in via di autotutela con delibere n. 36 e n. 17 del 29 novembre 2012. Con decreto Rettorale n. 3977 del 7.12.2012 veniva anche annullato l’art. 15, comma 5, del regolamento dell’Ateneo che aveva introdotto la modifica in parola.
A seguito dell’avvio della attività istruttoria della Procura regionale l’ Università aveva iniziato le procedure di recupero degli incentivi illegittimamente erogati, inizialmente quantificati in euro 116.746,30, dandone notizia agli interessati con note del 7.03.2012 e provvedendo con note del 10 maggio 2013 alla costituzione in mora dell’ing. [#OMISSIS#] CORRERO, che in qualità di RUP aveva beneficiato del detto incentivo, e degli altri soggetti che pure avevano percepito tali compensi.
Al netto dei recuperi effettuati, la Procura quantificava un danno residuo, provocato all’Ateneo dalla corresponsione, al RUP ed ai suoi collaboratori, della maggiorazione del 30% di cui all’abrogato art. 15, comma 5, del regolamento interno, ammontante ad euro 67.324,19, che veniva imputato integralmente all’ing. CORRERO, il quale, nella veste di Responsabile di vertice dell’Ufficio tecnico dell’Ateneo, aveva predisposto, illustrato e fatto approvare agli organi deliberativi interni la suddetta modifica regolamentare illegittima, ritenendo esenti da responsabilità i componenti degli organi deliberativi dell’ Università , per la sussistenza della scriminante della buona fede, in ragione del legittimo affidamento che essi avevano riposto nella correttezza dell’operato dei dirigenti e funzionari dell’Ufficio tecnico che avevano posto in essere l’attività istruttoria. La Procura regionale aveva anche disposto il sequestro conservativo su beni mobili e immobili del CORRERO, poi revocato dal Giudice designato.
Il Collegio di prime cure ha accolto la domanda attrice, pur rideterminando l’addebito in considerazione della concorrente condotta degli uffici amministrativi dell’ Università e riducendo ulteriormente l’addebito per la collaborativa condotta processuale del convenuto, che aveva contribuito fattivamente alla attività di recupero, fissando definitivamente la misura della condanna in euro 25.000,00.
Avverso tale sentenza ha prodotto appello l’ing. CORRERO, deducendo con un unico articolato motivo di gravame:
– Difetto di colpa grave e di nesso causale – Contraddittorietà ed illogicità della motivazione – Errata percezione dei fatti di causa: assume l’appellante che la sentenza gravata non ha correttamente valutato il concorso causale degli altri Uffici ed organi coinvolti nel procedimento di adozione della modifica regolamentare. Precisa l’ing. CORRERO che l’unico atto a sua firma non è la relazione di accompagnamento alla proposta di modifica regolamentare ma più semplicemente la nota di trasmissione di tale proposta al Direttore amministrativo, con cui egli ha mostrato di condividere il testo ideato ed elaborato dal Capo Area Edilizia e Manutentiva, arch. Costanza Mancuso con la collaborazione dell’Ing. Pinto, ai fini del successivo inoltro al Direttore amministrativo, soggetto dirigenziale di vertice che poi provvide ad inviarlo agli organi di governo dell’Ateneo. Rileva l’appellante che, anche nella fase in cui venne chiamato ad illustrare, in sede di adozione delle delibere, la proposta di modifica, egli espose un testo ideato ed elaborato da altri. Lamenta quindi la contraddittorietà della motivazione espressa nella sentenza, per avere ritenuto esenti da responsabilità il Direttore amministrativo, che ha apposto il visto alla proposta, i tecnici che pure hanno elaborato la proposta e gli stessi componenti del Senato Accademico e del Consiglio di Amministrazione che l’hanno approvata, mentre ha attribuito all’appellante un improprio ruolo di unico soggetto interessato e “dominante” l’intera vicenda, che fu invece proposta, valutata e finanche corretta da parte di numerosi soggetti, per i quali, tuttavia, la sentenza non ha individuato posizioni di responsabilità.
In ordine alla quantificazione del danno, l’ing. CORRERO ha lamentato una mancata valutazione della concorrente responsabilità dell’Ateneo che, avendo ritardato l’attività di recupero e omesso di appellare le sentenze del giudice del lavoro ad esso sfavorevoli, ha concorso a determinare il danno; errata sarebbe la sentenza anche nella parte in cui esercita il potere riduttivo in maniera molto limitata.
In conclusione, l’appellante ha chiesto di rigettare integralmente la domanda; in subordine ha chiesto l’applicazione del potere riduttivo in misura più ampia.
Con conclusioni in data 27 settembre 2016 il Procuratore generale ha diffusamente motivato in ordine alla infondatezza dei motivi di gravame ed ha concluso per il rigetto dell’appello.
Nella udienza pubblica del 17 novembre 2016, udito il relatore, l’Avv. [#OMISSIS#] Como, per l’appellante, ha richiamato quanto esposto nell’atto di appello, insistendo sulla assenza di responsabilità del proprio assistito e chiedendo l’accoglimento del gravame o l’applicazione del potere riduttivo. Il P.M. dr. Rebecchi ha precisato che la difesa non ha mai negato i fatti oggetto di giudizio, che sono incontroversi, ed ha confermato le conclusioni scritte.
DIRITTO
1.La vicenda oggetto di delibazione del Collegio riguarda l’illegittima concessione di un incentivo alla progettazione in favore del R.U.P. e dei tecnici suoi collaboratori che hanno svolto attività di progettazione e di direzione lavori per l’ Università “[#OMISSIS#] II” di Napoli.
Rammenta il Collegio che la corresponsione è avvenuta a seguito di modifica del Regolamento interno dell’Ateneo al fine di adeguare gli incentivi alla progettazione alle disposizioni innovative introdotte dal Codice dei contratti, ed in particolare dall’art. 92, 5° comma, del D.Lgs. n. 163/2006 all’epoca vigente.
L’articolo citato prevede che una somma non superiore al 2% dell’importo posto a base di gara di un’opera o di un lavoro sia ripartita, con le modalità ed i criteri previsti in sede di contrattazione decentrata ed assunti in un regolamento adottato dall’Amministrazione, tra il Responsabile del Procedimento e i dipendenti incaricati della redazione del progetto, del piano della sicurezza, della direzione lavori, del collaudo, nonché tra i loro collaboratori. La percentuale effettiva, nel limite massimo del 2%, è stabilita dal Regolamento in rapporto all’entità ed alla complessità dell’opera da realizzare. Il medesimo comma 5 prevede, altresì, che “le quote parti dell’incentivo corrispondenti a prestazioni non svolte dai medesimi dipendenti, in quanto affidate a personale esterno all’organico dell’amministrazione interessata, costituiscono economie”.
Con la modifica regolamentare contestata nell’odierno giudizio, invece, era stato introdotto nel regolamento dell’Ateneo l’art. 15, punto 5, che – in aperto contrasto con quanto statuito dall’art. 92 sopra illustrato – aveva previsto che, qualora una delle attività di ingegneria fosse eseguita all’esterno, il 30% delle economie conseguenti andasse ad incrementare l’aliquota del responsabile del Procedimento, che dunque appariva il diretto beneficiario di tale modifica.
Si addiveniva, in tal modo, all’abnorme risultato per cui, nel caso di opera affidata all’esterno, l’ Università non solo doveva pagare i costi dei professionisti esterni, ma, per di più, il costo del personale interno con funzione di RUP veniva ad essere quattro volte più alto di quello che sarebbe costato con le attività eseguite da personale interno, con un aumento vertiginoso dei costi per l’Ateneo.
2. Ebbene, l’appellante si duole della attribuzione esclusiva da parte del Collegio di prime cure, della responsabilità per il danno erariale conseguente alla illegittima applicazione di tale modifica regolamentare.
La doglianza non appare condivisibile.
Ad avviso del Collegio, la sentenza risulta avere correttamente ricostruito il procedimento che portò a siffatta modifica regolamentare. La partecipazione del CORRERO all’intera procedura è provata e nemmeno contestata dal medesimo. Costui, infatti, nelle memorie depositate durante il giudizio di primo grado, ha affermato che la proposta di regolamento era stata avanzata dal suo Ufficio, anche se non da lui direttamente, ed ha confermato di avere anche proceduto all’illustrazione della nuova disposizione in sede di discussione dell’organo deliberante.
La Procura, peraltro, nell’atto di citazione ha precisato che il CORRERO, in sede di stesura e sottoscrizione della lettera di accompagnamento e trasmissione della proposta, non illustrò al Senato Accademico ed al C. di A. il sistema degli incentivi in caso di progettazione esterna, che poi era stato enucleato nel comma 5 dell’art. 15, ma si limitò ad illustrare la “modifica più significativa” introdotta dal Codice dei contratti, consistente nell’incremento dall’1,5% al 2% dell’aliquota massima di ripartizione dell’incentivazione in favore del RUP e dei tecnici della Ripartizione.
Ad avviso di questo Giudicante, non risulta condivisibile l’affermazione per la quale l’appellante si sarebbe limitato a trasmettere una proposta ed una relazione proveniente da altri soggetti di un’area tecnica, poiché detta area era comunque posta alle sue dipendenze.
Si trattava, cioè, di una proposta “tecnico-amministrativa” vertente sull’applicazione di una disposizione normativa del codice degli appalti, che certo non poteva essere sconosciuta al CORRERO per la sua specifica competenza, proveniente dal settore amministrativo di diretta pertinenza dell’appellante, Dirigente, all’epoca, della Ripartizione OO.PP. dell’ Università .
3. Né appare meritevole di pregio la doglianza in ordine alla invocata responsabilità del Direttore amministrativo, attesa la specificità della disposizione applicata ed in ordine alla quale le competenze del Direttore amministrativo sono risultate, secondo la valutazione del primo giudice che questo Collegio condivide, recessive rispetto a quelle del preposto al Settore.
4. Quanto poi alla specifica posizione del Consiglio di Amministrazione e del Senato Accademico, i giudici di prime cure hanno fatto corretta applicazione del principio dell’affidamento, per cui gli organi deliberativi vanno esenti da responsabilità a fronte della responsabilità esclusiva dei dirigenti o dei capi servizio nelle ipotesi in cui, pur presupponendosi un intervento deliberativo, sia stata posta in essere una attività prettamente tecnico-amministrativa.
Le modifiche normative negli ultimi anni introdotte nel settore pubblico hanno recato un’accentuata rivalutazione generale della dirigenza, richiedendo per i singoli dirigenti un impegno di tipo manageriale, da valutarsi con riferimento, non più solo alla legittimità ed alla regolarità formale dell’azione amministrativa, ma anche sotto il profilo della rispondenza dell’azione, in termini sia di efficacia che di efficienza, ai risultati dell’apparato amministrativo al quale il dirigente è preposto. Tale aspetto è stato valorizzato dalla norma di cui all’art. 1, comma 1-ter, della legge n. 20/1994, che ha introdotto la c.d. esimente politica quale logico corollario del principio di separazione tra i compiti di direzione politica, spettanti agli organi di governo, e quelli di gestione amministrativa, attribuiti, con autonomia decisionale e di spesa all’apparato dirigenziale ed amministrativo dell’ente, escludendo la responsabilità degli organi politici che, in buona fede, abbiano approvato ovvero abbiano autorizzato o consentito l’esecuzione di atti che si siano a posteriori dimostrati lesivi degli interessi patrimoniali dell’ente.
E’ stato ritenuto in giurisprudenza che tale norma costituisca espressione di un principio di carattere generale, che è stato ravvisato nel c.d. “principio di affidamento”, quale criterio regolatore della responsabilità colposa nel caso di eventi di danno realizzatisi a seguito della interazione – procedimentalizzata o meno – di più soggetti ai quali sono attribuiti obblighi di servizio differenziati in funzione delle rispettive competenze e responsabilità.
4. Tornando al caso di specie, il Collegio ritiene correttamente motivata la sentenza impugnata, laddove ha riconosciuto la responsabilità del CORRERO per avere disatteso, per il ruolo rivestito e l’attività in concreto svolta, i propri obblighi di servizio in modo gravemente negligente, tale da confermare quantomeno il profilo soggettivo della colpa grave, senza peraltro curarsi di intervenire con gli adeguati correttivi, non potendosi accogliere una interpretazione delle funzioni direttive sostanzialmente irresponsabile con riferimento alla attività dei subordinati.
5. In ordine alla quantificazione del danno, è da osservare che, contrariamente a quanto sostenuto dall’appellante, la sentenza di primo grado ha valutato sia l’apporto causale degli altri uffici tecnici e della direzione amministrativa, sia quello dell’amministrazione, ai sensi dell’art. 1227 c.c., per avere trascurato il contenzioso avverso le sentenze sfavorevoli del giudice del lavoro, abbattendo il danno erariale del 55%. ed applicando, all’importo così rideterminato, il potere riduttivo per la corretta condotta processuale del convenuto; ragion per cui non si ravvisano ulteriori condizioni per una maggiore riduzione dell’addebito.
L’appello, pertanto, è da respingere.
Le spese di giudizio seguono la soccombenza.
PQM
La Corte dei conti – Sezione Prima Giurisdizionale Centrale di Appello –definitivamente pronunciando, ogni altra domanda ed eccezione respinta,
– RIGETTA l’appello in epigrafe, proposto da CORRERO [#OMISSIS#] avverso la sentenza n. 1096/2015, depositata in data 11.12.2015, della Sezione Giurisdizionale della Corte dei conti per la Regione Campania.
– CONDANNA CORRERO [#OMISSIS#], in ragione della soccombenza, al pagamento delle spese processuali del presente giudizio, che si liquidano in Euro 80,00 (OTTANTA/00)
– MANDA alla Segreteria per gli adempimenti di competenza.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio del 17.11.2016.
Depositata in Segreteria il 29/11/2017