Con il il D. Lgs. 190 del 2012 e col successivo D. Lgs. 33 del 2013 la Pubblica Amministrazione è stata travolta prepotentemente (in senso assolutamente positivo) dal complesso sistema di norme tese alla prevenzione della corruzione e all’applicazione del principio della Trasparenza, nella sua accezione più concreta. Di qui, l’evidente incidenza di questi temi sugli assetti organizzativi e sul modo stesso di gestire le attività. Tale normativa, infatti, non ha solo prescritto una serie di obblighi ma ha introdotto un vero e proprio strumento gestionale a supporto delle decisioni e dell’accountability. Si tratta della mappatura dei processi. Inizialmente sottovalutato ed ora entrato come unica chiave di volta per affrontare la sfida di transitare da un modello organizzativo prettamente verticale e gerarchico ad un modello orizzontale. Si pensi alla figura del Responsabile Unico del Procedimento (RUP), il quale ha la responsabilità e l’obbligo di conoscere tutti i processi sottesi al servizio erogato o alla valutazione dei rischi imposta dalla normativa su citata. Oppure si pensi al sistema gestionale introdotto dalla L. n. 150 del 2009 (c.d. legge “[#OMISSIS#]”). L’impatto è interessante e notevole e riguarda l’esigenza di orientare l’organizzazione del lavoro sempre più verso i processi trasversali consentendo una visione complessiva del procedimento in tutto il suo insieme con notevoli risvolti positivi in termini anche di efficienza e di miglioramento continuo. L’analisi che si propone, riguarda principalmente il contesto delle Università in cui si cerca di comprendere come la mappatura dei processi possa costituire, allo stato attuale, lo strumento che fa da collante al complesso sistema della Programmazione universitaria.
(Dalla premessa a cura dell’Autrice)