Il contributo affronta il tema del collocamento a riposo dei docenti universitari, disciplina oggetto negli anni di una pluralità d’interventi legislativi e giurisprudenziali non sempre tra loro concordanti, partendo da un breve esame della precedente normativa. In primo luogo, l’A. affronta la disciplina da applicarsi dopo l’avvenuta abrogazione dell’art. 25 della legge 240 del 2010 ad opera della sentenza n. 83 del 2013 della Corte costituzionale. Proseguendo esamina le pronunce della giurisprudenza chiamata ad affrontare le prime controversie successive alla sentenza della Corte costituzionale, inerenti la categoria dei professori e dei ricercatori universitari in generale. L’A. si sofferma sui rapporti tra la delibera del Consiglio di amministrazione, che definisce i criteri generali, e l’atto di reiezione della domanda di permanenza in servizio, nonché sui criteri che devono essere seguiti dalle Università in ottemperanza ai principi espressi dalla Corte costituzionale: sia i criteri (di buon andamento della pubblica amministrazione) che le Università devono seguire, sia le ragioni (di natura esclusivamente economica) cui esse non devono attribuire rilievo. Il contributo affronta poi il tema del collocamento a riposo dei docenti di materie cliniche, ambito in cui la disciplina è ancora più articolata, dovendo essere armonizzata con quella propria dei dirigenti medici. In conclusione, si afferma che l’istituto del trattenimento in servizio, nella vigente versione, ha assunto un carattere di eccezionalità in considerazione delle generali esigenze di contenimento della spesa pubblica; ne consegue che l’ipotesi ordinaria è quella della mancata attivazione dell’istituto del trattenimento, mentre all’ipotesi contraria sarà da riconoscere carattere di eccezionalità, con la necessità di chiarire in modo adeguato le relative ragioni giustificatrici da parte dell’Università.
(Dall’Abstract a cura della Redazione dell’Osservatorio)