Lo scritto consta di due parti. Nella prima, l’Autore si sofferma sul ruolo dello Stato e delle sue articolazioni quali promotori della ricerca e dell’innovazione. Al riguardo esprime l’opinione che il modo migliore per usare i soldi dei contribuenti non è tanto sovvenzionare l’attività di ricerca scientifica all’interno delle singole aziende (come si è fatto e tuttora si fa con la concessione dei crediti d’imposta per la ricerca), quanto puntare direttamente sulla formazione, sull’istruzione qualificata e sulla specializzazione universitaria. Nella seconda parte si sottolinea che l’avvento della Rete, pur costituendo una grande conquista del XXI secolo sotto il profilo della partecipazione dei cittadini e della trasmissione della conoscenza, tuttavia ha il grave limite di non creare automaticamente progresso nella sfera pubblica. Spesso distrae, frantumando il sapere umano e disperdendolo in mille portali.
(Abstract a cura dell’Autore)