Al fine del riconoscimento dei benefici di cui all’art. 103, comma 3, D.P.R. 11 luglio 1980, n. 382, è irrilevante la circostanza che l’interessato abbia conseguito la nomina a funzionario tecnico non per concorso, ma in virtù dell’art. 9, comma 2, D.L. 24 novembre 1990, n. 344. Non è possibile, infatti, effettuare un ulteriore discrimine in ordine alle modalità attraverso le quali a ciascun docente è stata attribuita la qualifica di funzionario tecnico. Al riguardo si è osservato che il presupposto al riconoscimento di tali benefici è il dato “funzionale” dello svolgimento di attività caratterizzate da peculiari caratteristiche e non anche il dato “genetico” relativo al modo in cui tali mansioni sono state rispettivamente attribuite e conseguite.
Il termine di un anno, decorrente dalla conferma nel ruolo dei ricercatori, previsto dall’art. 103, comma 4, D.P.R. 11 luglio 1980, n. 382 per la presentazione della domanda di riconoscimento dei servizi prestati anteriormente l’entrata in ruolo non ha natura perentoria. La pretesa al riconoscimento dei servizi pre-ruolo dei ricercatori confermati ex art. 103, D.P.R. 11 luglio 1980, n. 382 è, invece, assoggetta al termine prescrizionale ordinario decennale. Ciò perché tale riconoscimento non inerisce a uno status del pubblico dipendente, ma costituisce un diritto soggettivo; d’altro canto, trova applicazione il termine quinquennale di prescrizione, ex art. 2948 c.c., solo per quella parte della domanda diretta a conseguire le differenze retributive spettanti in correlazione con il diritto rivendicato. (in senso analogo, TAR Emilia Romagna, Bologna, Sez. I, 06 agosto 2015, n. 753; TAR Emilia Romagna, Bologna, Sez. I, 06 agosto 2015, n. 754; TAR Campania, Napoli, Sez. II, 15 gennaio 2015, n. 239)
Nell’ipotesi in cui esista una norma incostituzionale sulla cui base è stato adottato un atto e sono stati corrisposti degli emolumenti di importo inferiore a quanto in realtà dovuto, nulla impedisce che l’interessato possa agire denunciando nelle sedi competenti l’incostituzionalità della norma. Né può ritenersi che l’intervento di una sentenza della Corte costituzionale sia idoneo a rimettere in termini l’interessato, dato che l’efficacia retroattiva delle pronunce di incostituzionalità trova un limite negli effetti che la norma incisa ha prodotto, non solo in conseguenza della preclusione nascente da giudicato, ma anche dalla scadenza di termini di prescrizione o di decadenza (nel caso di specie, si nega che la sentenza della Corte costituzionale 6 giugno 2008, n. 191 abbia rimesso in termini l’interessato per quel che concerne differenze retributive e gli interessi legali in astratto dovuti in base a detta pronuncia).
TAR Abruzzo, Pescara, Sez. I, 5 maggio 2015, n. 190
Ricostruzione carriera ricercatore confermato–Riconoscimento servizi prestati anteriormente entrata in ruolo
N. 00190/2015 REG.PROV.COLL.
N. 00015/2014 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per l’ Abruzzo
sezione staccata di Pescara (Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 15 del 2014, proposto da:
[#OMISSIS#] D’Orazio, rappresentato e difeso dagli avv.ti Barbara [#OMISSIS#] e [#OMISSIS#] Riggio, con domicilio eletto presso la Segreteria di questo Tribunale, in Pescara, Via Lo Feudo, 1;
contro
Universita’ degli Studi di Chieti-Pescara “G.D’Annunzio”, non costituita in giudizio;
per ottenere
– l’accertamento e la declaratoria del diritto del ricorrente al riconoscimento, con decorrenza dalla data di immissione nella fascia dei ricercatori universitari confermati, per intero ai fini del trattamento di quiescenza e previdenza e per i due terzi ai fini della carriera, dell’attività prestata presso l’Università in qualità di Funzionario di Ufficio Tecnico – VIII q.f., sino alla soglia limite di otto anni di cui al quinto comma dell’articolo 103 del D.P.R. 11 luglio 1980, n. 382;
– per la condanna dell’Università ad assumere il provvedimento di ricostruzione della carriera del ricorrente, con riconoscimento dell’anzianità di servizio maturata nella qualifica di Funzionario Tecnico, nonché a liquidare gli importi arretrati dovuti.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 23 aprile 2015 il dott. [#OMISSIS#] Eliantonio e udita l’avv. Barbara [#OMISSIS#] per la parte ricorrente;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
L’attuale ricorrente è stato nominato ricercatore universitario confermato presso l’Università degli Studi “G. D’Annunzio” di Chieti-Pescara a decorrere al 1° novembre 2000; tale nomina è stata conferita a seguito del superamento di concorso indetto ai sensi dell’articolo 1, comma 10, della L. 14 gennaio 1999, n. 4, al quale il ricorrente ha potuto partecipare in quanto funzionario tecnico munito di laurea, che aveva svolto attività di ricerca per almeno tre anni.
Invero, il ricorrente, in origine assunto alle dipendenze dell’Università, con il profilo di Collaboratore di Ufficio Tecnico – qualifica funzionale VII dell’Area dei servizi generali tecnici ed ausiliari, è stato successivamente inquadrato nel superiore profilo di Funzionario in virtù del disposto dell’art. 9, comma 2, del D.L. 24 novembre 1990, n. 344, conv. nella L. 23 gennaio 1991, n. 21, potendo vantare il titolo di studio della laurea e sussistendo la necessaria vacanza del relativo posto in organico.
Con istanza del 30 aprile 2009 ha chiesto all’Università di provvedere alla ricostruzione della sua carriera, con riferimento a quanto statuito dalla Corte Costituzionale con sentenza 6 giugno 2008, n. 191, che aveva dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 103, terzo comma, del D.P.R. 11 luglio 1980, n. 382, modificato dall’art. 23 della L. 23 dicembre 1999, n. 488, nella parte in cui non aveva riconosciuto ai ricercatori universitari, all’atto dell’immissione nel relativo ruolo, per intero ai fini del trattamento di quiescenza e previdenziale e per i due terzi ai fini della carriera, l’attività effettivamente prestata nelle università in qualità di tecnici laureati con almeno tre anni di attività di ricerca.
Con ricorso depositato il 21 marzo 2013 dinanzi al Tribunale civile di Chieti – sezione Lavoro – ha chiesto l’accertamento del suo diritto al riconoscimento dei benefici richiesti e la condanna dell’Università a provvedere alla ricostruzione della carriera ed a liquidare gli importi arretrati dovuti, con gli interessi legali.
L’Università degli studi “G. D’Annunzio” di Chieti-Pescara si è costituita in tale giudizio, eccependo il difetto di giurisdizione del giudice ordinario a conoscere della controversia proposta ed, in accoglimento di tale rilievo, il Tribunale di Chieti con sentenza n. 792, pubblicata il 3 ottobre 2013, ha dichiarato il proprio difetto di giurisdizione, rilevando che il processo avrebbe dovuto essere riassunto dinanzi al giudice amministrativo.
Con atto notificato il 27 dicembre 2013 e depositato il 22 gennaio 2014 il ricorrente ha riassunto il giudizio.
L’Università degli studi “G. D’Annunzio” di Chieti-Pescara, intimata anche ai sensi dell’art. 170 c.p.c. e 125 disp. att. c.p.c., non si è costituita in giudizio.
Alla pubblica udienza del 23 aprile 2015 la causa è stata trattenuta a decisione.
.DIRITTO
1. – Con il ricorso in esame – come sopra esposto – l’attuale ricorrente chiede nella sostanza l’accertamento e la declaratoria del suo diritto al riconoscimento dei benefici di cui all’art. 103, comma 3, del D.P.R. 11 luglio 1980, n. 382, nel testo modificato dall’art. 23 della L. 23 dicembre 1999, n. 488, così come applicabile a seguito della sentenza della Corte Costituzionale n. 191 del 6 giugno 2008, con decorrenza dalla data di immissione nella fascia dei ricercatori universitari confermati.
Chiede, inoltre, la condanna dell’Università a disporre la ricostruzione della carriera, con il riconoscimento dell’anzianità di servizio maturata nella qualifica di Funzionario Tecnico, nonché a liquidare gli importi arretrati dovuti, con gli interessi legali.
Era, invero, accaduto che l’attuale ricorrente, assunto alle dipendenze dell’Università con il profilo di Collaboratore di Ufficio Tecnico (qualifica funzionale VII), era stato successivamente inquadrato nel superiore profilo di Funzionario (VIII qualifica funzionale) in virtù del disposto dell’art. 9, comma 2, del D.L. 24 novembre 1990, n. 344, conv. nella L. 23 gennaio 1991, n. 21. Successivamente era stato nominato ricercatore universitario confermato a decorrere al 1° novembre 2000, a seguito del superamento del concorso indetto ai sensi dell’articolo 1, comma 10, della L. 14 gennaio 1999, n. 4, al quale aveva potuto partecipare in quanto aveva svolto attività di ricerca per almeno tre anni. Con istanza del 30 aprile 2009 aveva, infine, chiesto all’Università di provvedere alla ricostruzione della sua carriera, con riferimento a quanto statuito dalla Corte Costituzionale con la sentenza 6 giugno 2008, n. 191.
L’Amministrazione – come si rileva dagli atti del giudizio – non ha accolto tale richiesta.
2. – Tale ricorso – come questa stessa Sezione ha già recentemente avuto modo di chiarire con sentenze 15 dicembre 2014, n. 523 e segg. esaminando ricorsi analoghi – è fondato.
Va, invero, evidenziato che è oggi pacifico in giurisprudenza che possono beneficiare del reinquadramento in questione solo i funzionari tecnici (VIII q.f.) e non i collaboratori tecnici (VII q.f.), e che è al riguardo irrilevante la circostanza che il ricorrente avesse conseguito la nomina a funzionario tecnico non per concorso, ma in virtù del disposto del predetto art. 9, comma 2, del D.L. 24 novembre 1990, n. 344 (cioè senza concorso)
Invero, tale specifica questione è stata già stata decisa dal Giudice di appello (Cons. St, sez. VI, 5 aprile 2013, n. 1884), che, esaminando proprio l’appello proposto dall’Università degli studi “G. D’Annunzio” di Chieti-Pescara avverso una sentenza assunta dalla sede di L’Aquila di questo Tribunale, ha affermato che non è possibile effettuare “un ulteriore discrimine in ordine alle modalità attraverso le quali a ciascun docente è stata attribuita la qualifica di funzionario tecnico” ed, in particolare, che non è possibile negare i predetti benefici nel caso in cui la qualifica in questione sia stata acquisita in base alla speciale disciplina di favore di cui alla legge n. 21 del 1991.
E si è al riguardo osservato che “il riconoscimento di tali benefici è il dato – per così dire – ‘funzionale’ dello svolgimento di attività caratterizzate da peculiari caratteristiche e non anche il dato – per così dire – ‘genetico’ relativo al modo in cui tali mansioni sono state rispettivamente attribuite e conseguite”.
Nella stessa decisione si è, inoltre, anche già precisato che ai fini in questione deve essere valutato l’intero periodo lavorativo svolto come funzionario tecnico, e non limitato ad un solo triennio.
Da quanto autorevolmente deciso dal Giudice di appello il Collegio non rinviene motivi per discostarsi, per cui deve accogliersi, allo stato degli atti, la domanda formulata con il ricorso; conseguentemente, l’Università deve essere condannata ad assumere il provvedimento di ricostruzione della carriera del ricorrente, con il riconoscimento dell’intera anzianità di servizio maturata nella qualifica di Funzionario Tecnico (per intero ai fini del trattamento di quiescenza e previdenza e per i due terzi ai fini della carriera) ed a corrispondere gli importi arretrati dovuti, limitatamente ai cinque anni precedenti la presentazione dell’istanza di ricostruzione della carriera; con gli interessi decorrenti dalla data di presentazione di tale istanza sino all’effettivo adempimento.
3. – Quanto, invero, agli emolumenti da corrispondere in concreto, va osservato che le pretese della parte ricorrente alla ricostruzione della carriera non erano prescritte per essere decorso l’ordinario termine decennale di prescrizione (art. 2946 c.c.) dalla data di nomina a ricercatore (cioè dal 1° novembre 2000). La parte ricorrente, come sopra esposto, ha invero proposto l’istanza volta ad ottenere i benefici in questione il 30 aprile 2009, per cui tale istanza era stata proposta prima della decorrenza del predetto termine decennale.
Va, invero, sul punto ricordato che la stessa giurisprudenza – esaminando ulteriori eccezioni di proposte al riguardo dalle Università degli studi, secondo le quali il termine annuale per la richiesta del beneficio in termini di carriera dinanzi richiamato (art. 103, quarto comma, del d.P.R. 382 del 1980) aveva carattere perentorio e non meramente ordinatorio – ha costantemente precisato (cfr. Cons. St, sez. VI, 5 aprile 2013, n. 1884, 6 agosto 2012, n. 4514, 27 luglio 2011, n. 4494 e 21 ottobre 2011, n. 5669) che il termine annuale previsto per la presentazione della domanda di riconoscimento dei servizi pre-ruolo non ha natura perentoria.
Detta giurisprudenza ha, inoltre, testualmente precisato che la predetta disposizione contenuta nell’art. 103, quarto comma, che ha previsto l’onere per il professore di presentare la domando di riconoscimento dei servizi precedenti e di esibire all’Università la relativa documentazione, trova la sua giustificazione “nella circostanza per cui, in ragione dell‘eterogeneità dei servizi valutabili e delle amministrazioni con cui i docenti hanno intrattenuto rapporti di lavoro” e che quindi “fin quando il docente non presenta la domanda con la relativa documentazione, non è configurabile un suo credito, né può sussistere un inadempimento dell’Università che, a titolo provvisorio, non può che corrispondere il solo trattamento economico predeterminato dalla normativa e inerente alla qualifica. A seguito dell’acquisizione della documentazione, l’Università deve poi rideterminare lo stipendio spettante per la valutazione dei servizi pre-ruolo e deve corrispondere le differenze retributive, integrando gli emolumenti nel frattempo erogati a titolo provvisorio, con la prescritta decorrenza”.
Secondo tale giurisprudenza, in estrema sintesi, finché tale onere previsto dall’art. 103, quarto comma, non venga adempiuto, “per il docente si producono le seguenti conseguenze sfavorevoli:
– comincia a decorrere il termine quinquennale di prescrizione per i singoli ratei mensili;
– per il periodo che precede la domanda e per gli emolumenti arretrati non prescritti, l’inconfigurabilità di un credito rimasto insoddisfatto comporta che non è ravvisabile un inadempimento o un ritardo imputabile, sicché non vanno liquidati anche la rivalutazione o gli interessi”.
Con riferimento a tali considerazioni, ritiene pertanto il Collegio che si siano prescritti i crediti per i singoli ratei mensili, antecedenti i cinque anni precedenti la presentazione della domanda; mentre gli interessi sulle somme dovute decorrono dalla data di presentazione dell’istanza di ricostruzione della carriera, cioè nella specie dal 30 aprile 2009.
Né può al riguardo ritenersi che i predetti termini di prescrizione siano iniziati a decorrere con gli interessi legali dal 6 giugno 2008 (cioè dalla data di pubblicazione della sentenza della Corte Costituzionale n. 191/2008).
Basta, invero, sul punto considerare che, nell’ipotesi in cui esista una norma incostituzionale sulla cui base è stato adottato un atto e sono stati corrisposti degli emolumenti di importo inferiore a quanto in realtà dovuto, nulla impedisce che l’interessato possa agire denunciando, nelle sedi competenti, l’incostituzionalità della norma; né può ritenersi che l’intervento di una sentenza della Corte costituzionale sia idoneo a rimettere in termini l’interessato, dato che l’efficacia retroattiva delle pronunce di incostituzionalità trova un limite negli effetti che la norma incisa ha prodotto, non solo in conseguenza della preclusione nascente da giudicato, ma anche dalla scadenza di termini di prescrizione o di decadenza o anche a seguito dell’esaurimento del rapporto o della situazione giuridica coinvolta, determinato da atti o fatti rilevanti sul piano sostanziale e processuale (Cons. St. sez. IV 21 agosto 2012 n. 4583, e sez. VI, 6 giugno 2008, n. 2724, e 22 agosto 2007, n. 4476, e T.A.R. Campania, sede Salerno, sez. I, 25 gennaio 2010, n. 878); con la conseguenza che anche per le differenze retributive e gli interessi legali che risultano dovuti ad un pubblico dipendente a seguito di una sentenza della Corte Costituzionale interpretativa di accoglimento (c.d. sentenza additiva) trova applicazione il termine quinquennale di prescrizione stabilito dall’art. 2948, n. 4, c.c. (T.A.R. Abruzzo, sede L’Aquila, 12 maggio 1997 n. 243).
E’ noto, invero, per un verso che la decorrenza dei termini decadenziali o di prescrizione determina l’esaurimento del rapporto, che risulta non più suscettibile di incidenza anche in relazione agli effetti retroattivi di una pronuncia di incostituzionalità (Cons. St., sez. VI, 18 febbraio 2011 n. 1049) e per altro verso che le leggi di cui venga dichiarata l’illegittimità costituzionale – in base al combinato disposto dell’art. 136 Cost. e dell’art. 30 della L. 11 marzo 1953, n. 87 – cessano di avere efficacia erga omnes, ma non possono trovare applicazione per disciplinare rapporti ormai esauriti (Cons. St., sez. VI, 9 gennaio 2014, n. 20 e Cass. civ., sez. un., 16 giugno 2014, n. 13676 ).
4. – Alla luce delle suesposte considerazioni il ricorso in esame deve, conseguentemente, essere accolto nel senso sopra precisato e, per l’effetto, l’Università deve procedere alla ricostruzione della carriera del ricorrente computando per intero il periodo di servizio svolto come funzionario tecnico ed a corrispondere i singoli ratei mensili, per i cinque anni precedenti la presentazione della domanda (cioè dal 30 aprile 2009), con gli interessi sulle somme dovute decorrenti dalla data di presentazione della predetta istanza.
La spese – che, come di regola, seguono la soccombenza – vanno poste a carico dell’Università degli Studi “G. D’Annunzio” di Chieti-Pescara e si liquidano in dispositivo, tenendo conto dei parametri e di quanto oggi disposto dal D.M. 10 marzo 2014, n. 55.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per l’Abruzzo sezione staccata di Pescara (Sezione Prima) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie nei termini specificati in motivazione.
Condanna l’Università degli Studi “G. D’Annunzio” di Chieti-Pescara al pagamento a favore del ricorrente delle spese e degli onorari di giudizio che liquida nella complessiva somma di € 2.500 (duemilacinquecento), oltre agli accessori di legge (spese generali, IVA e CAP) ed al rimborso del contributo unico versato.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Pescara nella camera di consiglio del giorno 23 aprile 2015 con l’intervento dei magistrati:
[#OMISSIS#] Eliantonio, Presidente, Estensore
[#OMISSIS#] Tramaglini, Consigliere
[#OMISSIS#] Balloriani, Consigliere
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 05/05/2015
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)