TAR Basilicata, Potenza, Sez. I, 10 luglio 2015, n. 416

Illegittimo inquadramento del dipendente pubblico–Annullamento d’ufficio

Data Documento: 2015-07-10
Area: Giurisprudenza
Massima

L’assunzione del personale esclusivamente tramite concorsi interni, e la conseguente violazione della quota minima del 50% da riservare ai concorsi esterni, sancita dall’art. 57, comma 6, CCNL del 9 agosto 2000, comporta una lesione del principio dell’assunzione presso le pubbliche amministrazioni mediante pubblico concorso, ex art. 97, comma 3, Cost. Ciò autorizza l’esercizio del potere di autotutela anche a notevole distanza di tempo, in quanto con provvedimenti non conformi a legge si favorisce il singolo e contemporaneamente si ledono con effetti continuativi fondamentali interessi pubblici.

Non può condividersi la tesi secondo cui l’art. 21 nonies, comma 1,legge 7 agosto 1990, n. 241, vada interpretato nel senso che per l’adozione del provvedimento di autotutela devono ricorrere necessariamente entrambi i seguenti presupposti: l’interesse pubblico specifico, non coincidente col mero ripristino della legalità, ed il decorso di un tempo non eccessivo, cioè di un termine “ragionevole”. Pertanto, il decorso di un notevole periodo di tempo non impedisce sempre ed in ogni caso l’esercizio del potere di autotutela, dovendo tenersi conto anche di ulteriori concorrenti principi cui è soggetta l’azione amministrativa.

L’interesse pubblico connotato da specificità, concretezza ed attualità, all’annullamento d’ufficio di un illegittimo inquadramento del dipendente pubblico è in re ipsa e non richiede particolare motivazione, dal momento che l’atto oggetto di autotutela produce un danno permanente per l’amministrazione, che consiste nell’esborso di danaro pubblico senza titolo con ingiustificato vantaggio per il dipendente; né in tal caso rileva il tempo trascorso dalla emanazione del provvedimento illegittimo, considerato che il suindicato interesse pubblico prevale sulle posizioni, per quanto consolidate, del dipendente.

Contenuto sentenza

N. 00416/2015 REG.PROV.COLL.
N. 00311/2014 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Basilicata
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 311 del 2014, proposto da: 
[#OMISSIS#] Anzalone, rappresentata e difesa dagli avv.ti [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] e [#OMISSIS#] Di Giovanni, con domicilio eletto in Potenza Via della Tecnica n. 24 presso lo studio dell’avv. [#OMISSIS#] Mancusi;
contro
Università degli Studi della Basilicata, in persona del Rettore p.t., rappresentata e difesa dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Potenza, presso cui è domiciliata ex lege in Potenza, Corso XVIII Agosto 1860 n. 46;
nei confronti di
-[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], non costituito in giudizio; 
-[#OMISSIS#] [#OMISSIS#] Sacco, non costituita in giudizio;
per l’annullamento
del provvedimento n. 73 del 28.2.2014 (notificato con nota prot. n. 3341 del 4.3.2014), con il quale il Direttore Generale dell’Università della Basilicata, dopo aver richiamato la Sentenza della Corte dei Conti, Sez. I giurisdizionale centrale n. 52 del 3.2.2012, ha esercitato il potere di autotutela, disponendo “l’annullamento degli inquadramenti professionali rivenienti dalle procedure di progressione economica perfezionatesi con i provvedimenti del Direttore Amministrativo n. 145 del 4.3.2005, n. 195 del 31.3.2005 e n. 304 dell’11.5.2005”, limitatamente alla posizione della ricorrente, la quale, sebbene collocata al 2° posto della graduatoria del concorso interno riservato ai dipendenti di Categoria C per 1 posto della Categoria D1 Area Amministrativa-gestionale, indetto con il provvedimento Direttore Amministrativo n. 458 del 12.9.2003 era stata inquadrata nella Categoria D1 con effetti giuridici dall’1.7.2003 ed economici dal 18.3.2005;
Visti il ricorso ed i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Università degli Studi della Basilicata;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 11 marzo 2015 il dott. [#OMISSIS#] Mastrantuono e uditi gli avv.ti [#OMISSIS#] Di Giovanni e [#OMISSIS#] Speranza;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
In data 21.6.2002 l’Università degli Studi della Basilicata stipulava con le Organizzazioni Sindacali un contratto integrativo per l’indizione di concorsi interni di progressione verticale nella Categoria di inquadramento superiore ed in attuazione dell’art. 57 CCNL del 9.8.2000 veniva stabilito di destinare € 178.755,00 alle procedure selettive per le progressioni verticali ed altrettanti € 178.755,00 ai concorsi esterni.
In data 30.1.2003 il Consiglio di Amministrazione dell’Università accertava che:
1) risultavano vacanti: a) “11 posizioni di Categoria EP”, per il “coordinamento di Aree e funzioni nel settore sia dell’Amministrazione Centrale che delle Biblioteche e della gestione dei Servizi Informatici e Telematici (controllo e sicurezza delle reti, sviluppo software) che della gestione dei Centri di servizi di ricerca con attrezzature particolarmente complesse che richiedono elevata competenza tecnico-scientifica ed inoltre presso i Dipartimenti tecnico-scientifici”; b) “45 unità di personale di Categoria D”; c) valutando che, in seguito alle predette 45 assunzioni di Categoria D, sarebbero risultati scoperti “un numero equivalente di posizioni di Categoria C”;
2) pertanto, concludeva che “sulla base dell’analisi delle esigenze su menzionate appare che le risorse di personale necessarie siano n. 27 progressioni verticali dalla Categoria B alla C, n. 45 progressioni verticali dalla Categoria C alla D e 5 progressioni verticali dalla Categoria D alla EP”.
Dopo aver emanato con Decreto Rettorale n. 431 del 10.9.2003 il Regolamento per la disciplina delle progressioni verticali riservate al personale interno, il Direttore Amministrativo dell’Università:
1) con provvedimento n. 458 del 12.9.2003 indiceva i seguenti concorsi interni, precisamente: a) quello riservato al personale interno di Categoria B per 2 posti di Categoria C1 Area Amministrativa/Area Tecnica, Tecnico-scientifica ed Elaborazione dati/Area Biblioteche; b) quelli riservati al personale interno di Categoria C per: b1) 1 posto di Categoria D1 Area Amministrativa-gestionale; b2) 1 posto di Categoria D1 Area Tecnica, Tecnico scientifica ed Elaborazione dati; b3) 1 posto di Categoria D1 Area Biblioteche;
2) con provvedimento n. 72 del 6.2.2004 indiceva i seguenti concorsi interni, riservati al personale interno di Categoria D: a) 1 posto di Categoria EP1 Area Amministrativa-gestionale; b) 1 posto di Categoria EP1 Area Tecnica, Tecnico scientifica ed Elaborazione dati.
Con provvedimento del Direttore Amministrativo n. 169 del 18.3.2005 veniva approvata la graduatoria del concorso interno, riservato ai dipendenti di Categoria C per 1 posto della Categoria D1 Area Amministrativa-gestionale, nell’ambito del quale la ricorrente si collocava al 2° posto.
Il successivo provvedimento n. 195 del 31.3.2005 inquadrava nella predetta Categoria D1 Area Amministrativa-gestionale con effetti giuridici dall’1.7.2003 ed economici dal 18.3.2005, oltre al candidato collocatosi al 1° posto, [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], anche tutti gli altri candidati idonei, classificatisi da 2° al 27° posto.
Va, altresì, precisato che il Direttore Amministrativo dell’Università con provvedimenti nn. 625 e 626 del 30.11.2005 aveva indetto i concorsi esterni rispettivamente per l’assunzione di “3 unità di personale, da inquadrare nella Categoria C1 Area Tecnica, Tecnico scientifica ed Elaborazione dati presso la Ripartizione Servizi Tecnici” e di “4 unità di personale, da inquadrare nella Categoria D1 Area Amministrativa-gestionale, destinate alle esigenze di coordinamento e gestione delle attività di ciascuna delle Facoltà esistenti (Agraria, Ingegneria, Lettere e Filosofia e Scienze MM.FF.NN.)”.
Per i suddetti concorsi interni la Procura Regionale della Corte dei Conti citava in giudizio per danno erariale il Direttore Amministrativo, il Rettore e tutti i componenti del Consiglio di Amministrazione.
Il giudizio di primo grado si concludeva con l’assoluzione per l’assenza della colpa grave, in quanto all’epoca vi era un’incertezza del quadro normativo, regolamentare e di indirizzo amministrativo-operativo.
Tale sentenza di primo grado veniva riformata dalla Corte dei Conti, Sez. I giurisdizionale centrale con Sentenza n. 52 del 3.2.2012 che, a fronte di un danno erariale annuo di € 178.755,00, condannava i responsabili al pagamento della somma complessiva di € 50.000,00, ripartita pro-quota tra gli stessi.
La sentenza del Giudice contabile di secondo grado veniva basata sui seguenti due motivi:
1) l’Università aveva indetto i concorsi interni, senza aver prima effettuato la programmazione triennale del fabbisogno di personale, prevista dall’art. 1, comma 105, della Legge Finanziaria per l’anno 2005 n. 311/2004 e non tenendo conto di quanto statuito dall’art. 34, commi 1 e 2, della Legge Finanziaria per l’anno 2003 n. 289/2002;
2) mediante lo scorrimento delle graduatorie dei concorsi interni in favore di tutti i candidati idonei era stata violata la quota del 50%, da riservare ai concorsi esterni, sancita dall’art. 57, comma 6, CCNL del 9.8.2000.
Con nota dell’1.3.2013 il Direttore Generale dell’Università comunicava alla ricorrente l’avvio del procedimento finalizzato all’annullamento del suindicato provvedimento n. 195 del 31.3.2005, di inquadramento nella Categoria D1, richiamando la citata Sentenza Corte dei Conti, Sez. I giurisdizionale centrale n. 52 del 3.2.2012.
L’interessata con memoria del 27.3.2013 contestava l’avvio del procedimento.
Con provvedimento n. 73 del 28.2.2014 (notificato con nota prot. n. 3341 del 4.3.2014) il Direttore Generale dell’Università della Basilicata esercitava il potere di autotutela, disponendo “l’annullamento degli inquadramenti professionali rivenienti dalle procedure di progressione economica perfezionatesi con i provvedimenti Direttore Amministrativo n. 145 del 4.3.2005, n. 195 del 31.3.2005 e n. 304 dell’11.5.2005”.
Con successivo provvedimento n. 118 del 20.3.2014 il medesimo Direttore Generale, in attuazione del predetto provvedimento n. 73 del 28.2.2014, revocava formalmente alla ricorrente la Categoria D1.
Il predetto provvedimento n. 73 del 28.2.2014 è stato impugnato con il presente ricorso (notificato il 29.4.2014 e depositato il 21.5.2014), deducendo:
1) violazione dell’art. 1, comma 136, L. n. 311/2004 e del principio di certezza del diritto, nonché eccesso di potere per macroscopica illegittimità, contraddittorietà manifesta, travisamento dei presupposti di fatto e di diritto, erroneità ed insufficienza della motivazione, in quanto l’Università, nonostante avesse richiamato la predetta norma, non l’aveva poi applicata, emanando il provvedimento impugnato dopo gli “oltre tre anni”, come prescritto dal citato art. 1, comma 136, L. n. 311/2004, ritenuto applicabile dalla giurisprudenza (cfr. C.d.S. Sez. V n. 342 del 18.1.2011) ai concorsi interni;
2) violazione dell’art. 21 nonies L. n. 241/1990, della Direttiva Dipartimento Funzione Pubblica del 17.10.2005 (“in materia di annullamento d’ufficio ai sensi dell’art. 1, comma 136, L. n. 311/2004 e dell’art. 21 nonies L. n. 241/1990”) e del principio del legittimo affidamento, nonché eccesso di potere per travisamento dei presupposti sostanziali, illogicità e contraddittorietà manifeste, in quanto non sussisteva il presupposto del termine ragionevole, che doveva essere considerato come autonomo ed imprescindibile rispetto all’altro presupposto dell’interesse pubblico specifico prevalente sul contrapposto interesse privato, tenuto pure conto sia di quanto ammesso dall’Amministrazione nei conseguenti provvedimenti individuali di annullamento degli inquadramenti, sia delle spese nel frattempo già sostenute per la formazione della ricorrente;
3) violazione dell’art. 35 D.Lg.vo n. 165/2001, dell’art. 57 CCNL del 9.8.2000 e del principio di eguaglianza ex art. 3 Cost. e/o eccesso di potere per disparità di trattamento, in quanto per lo stesso concorso interno al dott. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] non è stato annullato l’inquadramento nella Categoria D1 ed, inoltre, l’inquadramento della ricorrente nella Categoria superiore aveva rispettato sia la quota del 50%, stabilita dall’art. 57 CCNL del 9.8.2000, sia la normativa in materia di programmazione del fabbisogno di personale, come statuito anche da questo Tribunale con la Sentenza n. 95/2009.
L’Università della Basilicata si è costituita in giudizio, sostenendo l’infondatezza del ricorso.
All’Udienza Pubblica dell’11.3.2015 il ricorso è passato in decisione.
DIRITTO
In via preliminare, il Collegio rileva che, dalla disamina degli atti versati in giudizio dall’Avvocatura erariale, emerge che l’intimata Università, in data del 28 febbraio 2014, oltre alla impugnata determinazione n. 73/2014, ha emanato anche l’ulteriore provvedimento del Direttore generale n. 74/2014, col quale ha nuovamente disposto: “l’annullamento degli inquadramenti professionali rivenienti dalle procedure di progressione economica verticale perfezionatesi con pp.dd.aa. n. 145 del 4 marzo 2005, n. 195 del 31 marzo 2005 e n. 304 dell’11 maggio 2005”. Tale secondo provvedimento, non impugnato dalla ricorrente, rende improcedibile per sopravvenuto difetto d’interesse il presente ricorso, in quanto mediante esso l’Amministrazione resistente ha nuovamente definito l’assetto degli interessi in questione in chiave preclusiva delle aspirazioni dell’istante, sicché nessun effetto deriverebbe in capo alla ricorrente dall’annullamento della determinazione n. 73/2015. Ciò nondimeno, il Collegio ritiene di poter prescindere dal rilievo d’ufficio di tale improcedibilità, risultando il ricorso infondato nel merito, alla stregua della motivazione che segue.
Con l’impugnato provvedimento n. 73 del 28.2.2014 il Direttore generale dell’Università della Basilicata ha annullato l’atto di inquadramento della ricorrente e degli altri concorrenti risultati idonei nel concorso interno ad 1 posto di Categoria D1 Area Amministrativa-gestionale con effetti giuridici dall’1.7.2003 ed economici dal 18.3.2005, sul presupposto che era stata violata la quota minima del 50%, da riservare ai concorsi esterni, sancita dall’art. 57, comma 6, CCNL del 9.8.2000, conformemente a quanto stabilito dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 141 del 22.4.1999 (orientamento poi confermato dalla stessa Corte con ulteriori sentenze n. 108 dell’1.4.2011 e n. 90 del 12.4.2012).
Infatti, in aderenza al contratto integrativo, stipulato il 21.6.2002 con le Organizzazioni Sindacali, l’Università della Basilicata aveva stabilito di destinare la stessa somma di € 178.755,00 sia ai concorsi interni di progressione verticale nella Categoria di inquadramento superiore, previsti dall’art. 74, commi 5, lett. c), e 7, CCNL del 9.8.2000, sia ai concorsi esterni.
E con delibera del. C.d.A. del 30.1.2003 era stata accertata la necessità di coprire 45 posti di Categoria D.
A tale delibera era seguita la decisione di indire, con provvedimenti del Direttore Amministrativo n. 458 del 12.9.2003 e n. 626 del 30.11.2005, rispettivamente tre concorsi interni, riservati ai dipendenti di Categoria C (precisamente, per 1 posto di Categoria D1 Area Amministrativa-gestionale, 1 posto di Categoria D1 Area Tecnica, Tecnico scientifica ed Elaborazione dati ed 1 posto di Categoria D1 Area Biblioteche), ed un concorso esterno, per l’assunzione di “4 unità di personale, da inquadrare nella Categoria D1 Area Amministrativa-gestionale, destinate alle esigenze di coordinamento e gestione delle attività di ciascuna delle Facoltà esistenti (Agraria, Ingegneria, Lettere e Filosofia e Scienze MM.FF.NN.)”, al fine di rispettare, sotto il profilo sostanziale, il criterio della quota minima del 50%, da riservare ai concorsi esterni, sancito dal menzionato art. 57, comma 6, CCNL del 9.8.2000.
Peraltro , la predetta quota del 50%, da riservare ai concorsi esterni, non è stata di fatto applicata, posto che il Direttore Amministrativo dell’Università, anzichè inquadrare nella Categoria D1 soltanto il sig. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], vincitore del suindicato concorso interno, ha attribuito la medesima Categoria D1 anche a tutti gli altri candidati idonei, classificatisi da 2° al 27° posto della relativa graduatoria mediante scorrimento della stessa.
Si è realizzata, in tal modo, un’evidente violazione del principio costituzionale ex art. 97, comma 3, Cost. secondo cui l’assunzione presso le pubbliche amministrazioni deve avvenire mediante pubblico concorso, che autorizza l’esercizio del potere di autotutela anche a notevole distanza di tempo, in quanto con provvedimenti non conformi a legge si favorisce il singolo, attribuendogli un’utilità che non gli spetta, e contemporaneamente si ledono, con effetti continuativi, fondamentali interessi pubblici, come quello sopra indicato.
A riprova di ciò, va rilevato che l’art. 54 D.Lg.vo n. 150/2009 ha inserito il comma 3 quinquies all’art. 40 D.Lg.vo n. 165/2001, prevedendo la nullità delle clausole dei contratti integrativi, contrastanti con le norme legislative e con quelle stabilite dal contratto collettivo nazionale.
Né può sostenersi che l’inquadramento della ricorrente nella Categoria superiore aveva rispettato la citata quota del 50% ex art. 57, comma 6, CCNL del 9.8.2000 soltanto perché si era classificata al 2° posto, atteso che, sebbene fossero stati riservati al concorso esterno 4 posti di Categoria D1, l’Università aveva discrezionalmente stabilito di limitare ad un solo posto il concorso interno di cui si tratta.
Va poi considerato che l’annullamento d’ufficio degli atti di inquadramento illegittimi, secondo un risalente indirizzo della giustizia amministrativa, è diretto a tutelare un interesse pubblico specifico diverso dal mero ripristino della legalità violata che è prevalente rispetto all’interesse privato confliggente, vantato dalla ricorrente.
Nè può condividersi la tesi, sostenuta dall’istante, secondo cui l’art. 21 nonies, comma 1, L. n. 241/1990 va interpretato nel senso che per l’adozione del provvedimento di autotutela devono ricorrere necessariamente entrambi i seguenti presupposti: l’interesse pubblico specifico, non coincidente col mero ripristino della legalità ed il decorso di un tempo non eccessivo, cioè di un termine “ragionevole”.
Infatti, l’art. 21 nonies, comma 1, L. n. 241/1990, statuendo che il provvedimento “può essere annullato d’ufficio, sussistendone le ragioni di interesse pubblico, entro un termine ragionevole e tenendo conto degli interessi destinatari”, non ha fatto altro che recepire i principi già delineati dalla giurisprudenza del Giudice amministrativo.
Pertanto, il tempo decorso dall’adozione del provvedimento illegittimo fino al suo annullamento è soltanto uno degli elementi di valutazione, al fine di stabilire se il privato abbia maturato un affidamento rilevante in ordine alla legittimità del provvedimento a sé favorevole.
Ma ciò non significa, come erroneamente sostenuto in ricorso, che il decorso di un notevole periodo di tempo impedisce sempre ed in ogni caso l’esercizio del potere di autotutela, dovendo tenersi conto anche di ulteriori concorrenti principi cui è soggetta l’azione amministrativa, come quello richiamato nell’impugnato provvedimento, di evitare il protrarsi di un pregiudizio economico per l’amministrazione, immanente nei casi di illegittimo inquadramento di pubblici dipendenti nella categoria superiore o di assunzione senza concorso e/o in assenza di posto vacante in pianta organica.
E’ sufficiente richiamare, al riguardo, il consolidato orientamento giurisprudenziale, condiviso dal Collegio, secondo cui “l’interesse pubblico connotato da specificità, concretezza ed attualità, all’annullamento d’ufficio di un illegittimo inquadramento del dipendente pubblico è “in re ipsa” e non richiede particolare motivazione, dal momento che l’atto oggetto di autotutela produce un danno permanente per l’amministrazione, che consiste nell’esborso di danaro pubblico senza titolo con ingiustificato vantaggio per il dipendente; né in tal caso rileva il tempo trascorso dalla emanazione del provvedimento illegittimo, considerato che il suindicato interesse pubblico prevale sulle posizioni, per quanto consolidate, del dipendente” (Cfr.: C.G.A., Sent. 7.5.2014, n. 229; C.d.S. nn. 2022/2013, 6278/2011, 6980/2010).
Per completezza, va anche chiarito che appare inconferente il richiamo all’art. 1, comma 136, L. n. 311/2004, in quanto quest’ultima norma si riferisce espressamente ai “ provvedimenti incidenti su rapporti contrattuali o convenzionali con privati” “ancora in corso” o la cui “esecuzione sia perdurante”, cioè i contratti di appalto e/o convenzionali a tempo determinato, per cui non può essere applicata ai contratti di lavoro subordinato a tempo indeterminato nel pubblico impiego.
Alla stregua delle suesposte considerazioni il potere di autotutela dell’amministrazione appare correttamente esercitato e ciò vale di per sè a conferire legittimità al provvedimento impugnato, che si sottrae alle dedotte censure.
Con il terzo motivo la ricorrente deduce la violazione del principio di eguaglianza di cui all’art. 3 della Costituzione e la disparità di trattamento dalla stessa subita rispetto al primo classificato, dott. [#OMISSIS#], nella graduatoria per la posizione D1, area amministrativa, il cui inquadramento è stato considerato legittimo e convalidato.
Le censure in esame non sono condivisibili.
Occorre invero considerare che il medesimo dott. [#OMISSIS#] è risultato vincitore dell’unico posto messo a concorso mentre la ricorrente si è classificata al secondo posto rientrando, quindi, tra gli idonei ed è stata inquadrata nella posizione D1 per effetto di illegittimo scorrimento della graduatoria.
L’amministrazione, infatti, può ricorrere a tale procedura in caso di rinuncia di taluno dei vincitori o per la copertura di posti divenuti vacanti successivamente alla indizione del concorso, circostanze, queste, non ricorrenti nella fattispecie in esame.
Né vale osservare che l’inquadramento della ricorrente rientrava comunque nel cinquanta per cento dei posti complessivamente messi a concorso poiché essendosi l’amministrazione limitata a bandire un solo posto per la categoria D1 non può poi ovviare a tale scelta se non attraverso l’indizione di un nuovo bando di concorso interno con il quale provvedere alla copertura dei posti disponibili fino al raggiungimento della suindicata percentuale (50%) utilizzabile per la procedura selettiva di cui si tratta.
A quanto sopra consegue la reiezione del presente ricorso.
Tenuto conto della complessità della controversia esaminata, sussistono giusti motivi per disporre tra le parti la compensazione delle spese di giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Basilicata respinge il ricorso in epigrafe.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Potenza nella camera di consiglio del giorno 11 marzo 2015 con l’intervento dei magistrati:
Italo Riggio, Presidente
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Consigliere
[#OMISSIS#] Mastrantuono, Consigliere, Estensore
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 10/07/2015
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)