TAR Basilicata, Potenza, Sez. I, 10 luglio 2015, n. 439

Illegittimo inquadramento del dipendente pubblico–Annullamento d’ufficio

Data Documento: 2015-07-10
Area: Giurisprudenza
Massima

L’assunzione del personale esclusivamente tramite concorsi interni, e la conseguente violazione della quota minima del 50% da riservare ai concorsi esterni, sancita dall’art. 57, comma 6, CCNL del 9 agosto 2000, comporta una lesione del principio dell’assunzione presso le pubbliche amministrazioni mediante pubblico concorso, ex art. 97, comma 3, Cost. Ciò autorizza l’esercizio del potere di autotutela anche a notevole distanza di tempo, in quanto con provvedimenti non conformi a legge si favorisce il singolo e contemporaneamente si ledono con effetti continuativi fondamentali interessi pubblici.

Non può condividersi la tesi secondo cui l’art. 21 nonies, comma 1, legge 7 agosto 1990, n. 241, vada interpretato nel senso che per l’adozione del provvedimento di autotutela devono ricorrere necessariamente entrambi i seguenti presupposti: l’interesse pubblico specifico, non coincidente col mero ripristino della legalità, ed il decorso di un tempo non eccessivo, cioè di un termine “ragionevole”. Pertanto, il decorso di un notevole periodo di tempo non impedisce sempre ed in ogni caso l’esercizio del potere di autotutela, dovendo tenersi conto anche di ulteriori concorrenti principi cui è soggetta l’azione amministrativa.

L’interesse pubblico connotato da specificità, concretezza ed attualità, all’annullamento d’ufficio di un illegittimo inquadramento del dipendente pubblico è in re ipsa e non richiede particolare motivazione, dal momento che l’atto oggetto di autotutela produce un danno permanente per l’amministrazione, che consiste nell’esborso di danaro pubblico senza titolo con ingiustificato vantaggio per il dipendente; né in tal caso rileva il tempo trascorso dalla emanazione del provvedimento illegittimo, considerato che il suindicato interesse pubblico prevale sulle posizioni, per quanto consolidate, del dipendente.

Contenuto sentenza

N. 00439/2015 REG.PROV.COLL.
N. 00223/2014 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Basilicata
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 223 del 2014, proposto da: 
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], rappresentata e difesa dall’avv. Felice Pali, con domicilio eletto in Potenza Via del Popolo n. 62;
contro
Università degli Studi della Basilicata, in persona del Rettore p.t., rappresentata e difesa dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato, presso cui è domiciliata “ex lege” in Potenza Corso XVIII Agosto 1860 n. 46;
per l’annullamento:
-del provvedimento n. 74 del 28.2.2014 (notificato con nota prot. n. 3221 del 3.3.2014), con il quale il Direttore Generale dell’Università della Basilicata, dopo aver richiamato la sentenza della Corte dei Conti Sez. I giurisdizionale centrale n. 52 del 3.2.2012, ha esercitato il potere di autotutela, disponendo “l’annullamento degli inquadramenti professionali rivenienti dalle procedure di progressione economica perfezionatesi con i provvedimenti del Direttore Amministrativo n. 145 del 4.3.2005, n. 195 del 31.3.2005 e n. 304 dell’11.5.2005”, con particolare riferimento alla graduatoria del concorso interno riservato ai dipendenti di Categoria B per 2 posti della Categoria C1 Area Amministrativa/Area Tecnica, Tecnico-scientifica ed Elaborazione Dati/Area Biblioteche, indetto con il provvedimento del Direttore Amministrativo n. 458 del 12.9.2003, di cui la ricorrente è risultata vincitrice, collocandosi al 2° posto;
-del conseguente provvedimento n. 136 del 20.3.2014, con il quale il medesimo Direttore Generale, in attuazione del predetto provvedimento n. 74 del 28.2.2014, ha formalmente revocato alla sig.ra [#OMISSIS#] la Categoria C1;
Visti il ricorso ed i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Universita’ degli Studi della Basilicata;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 11 marzo 2015 il Cons. [#OMISSIS#] Mastrantuono e uditi l’avv. Felice Pali e l’avv. dello Stato [#OMISSIS#] Speranza;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
In data 21.6.2002 l’Università degli Studi della Basilicata stipulava con le Organizzazioni Sindacali un contratto integrativo per l’indizione di concorsi interni di progressione verticale nella Categoria di inquadramento superiore ed in attuazione dell’art. 57 CCNL del 9.8.2000 veniva stabilito di destinare € 178.755,00 alle procedure selettive per le progressioni verticali ed altrettanti € 178.755,00 ai concorsi esterni.
In data 30.1.2003 il Consiglio di Amministrazione dell’Università accertava che:
1) risultavano vacanti: a) “11 posizioni di Categoria EP”, per il “coordinamento di Aree e funzioni nel settore sia dell’Amministrazione Centrale che delle Biblioteche e della gestione dei Servizi Informatici e Telematici (controllo e sicurezza delle reti, sviluppo software) che della gestione dei Centri di servizi di ricerca con attrezzature particolarmente complesse che richiedono elevata competenza tecnico-scientifica ed inoltre presso i Dipartimenti tecnico-scientifici”; b) “45 unità di personale di Categoria D”; c) valutando che, in seguito alle predette 45 assunzioni di Categoria D, sarebbero risultati scoperti “un numero equivalente di posizioni di Categoria C”;
2) pertanto, concludeva che “sulla base dell’analisi delle esigenze su menzionate appare che le risorse di personale necessarie siano n. 27 progressioni verticali dalla Categoria B alla C, n. 45 progressioni verticali dalla Categoria C alla D e 5 progressioni verticali dalla Categoria D alla EP”.
Dopo aver emanato con Decreto Rettorale n. 431 del 10.9.2003 il Regolamento per la disciplina delle progressioni verticali riservate al personale interno, il Direttore Amministrativo dell’Università:
1) con provvedimento n. 458 del 12.9.2003 indiceva i seguenti concorsi interni, precisamente: a) quello riservato al personale interno di Categoria B per 2 posti di Categoria C1 Area Amministrativa/Area Tecnica, Tecnico-scientifica ed Elaborazione dati/Area Biblioteche; b) quelli riservati al personale interno di Categoria C per: b1) 1 posto di Categoria D1 Area Amministrativa-gestionale; b2) 1 posto di Categoria D1 Area Tecnica, Tecnico scientifica ed Elaborazione dati; b3) 1 posto di Categoria D1 Area Biblioteche;
2) con provvedimento n. 72 del 6.2.2004 indiceva i seguenti concorsi interni, riservati al personale interno di Categoria D: a) 1 posto di Categoria EP1 Area Amministrativa-gestionale; b) 1 posto di Categoria EP1 Area Tecnica, Tecnico scientifica ed Elaborazione Dati.
Con provvedimento del Direttore Amministrativo n. 549 del 29.10.2004 veniva approvata la graduatoria del concorso interno riservato ai dipendenti di Categoria B per 2 posti della Categoria C1 Area Amministrativa/Area Tecnica, Tecnico-scientifica ed Elaborazione Dati/Area Biblioteche, nell’ambito della quale la sig.ra [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] si collocava al 2° posto.
Il successivo provvedimento n. 145 del 4.3.2005 inquadrava nella predetta Categoria C1 Area Amministrativa/Area Tecnica, Tecnico-scientifica ed Elaborazione dati/Area Biblioteche con effetti giuridici dall’1.7.2003 ed economici dal 29.10.2004, oltre ai candidati collocatisi al 1° ed al 2° posto, cioè le sigg.re [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] e [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], anche tutti gli altri candidati idonei, classificatisi da 3° al 62° posto.
Va, altresì, precisato che il Direttore Amministrativo dell’Università con provvedimenti nn. 625 e 626 del 30.11.2005 aveva indetto i concorsi esterni rispettivamente per l’assunzione di “3 unità di personale, da inquadrare nella Categoria C1 Area Tecnica, Tecnico scientifica ed Elaborazione Dati presso la Ripartizione Servizi Tecnici” e di “4 unità di personale, da inquadrare nella Categoria D1 Area Amministrativa-gestionale, destinate alle esigenze di coordinamento e gestione delle attività di ciascuna delle Facoltà esistenti (Agraria, Ingegneria, Lettere e Filosofia e Scienze MM.FF.NN.)”.
Per i suddetti concorsi interni la Procura Regionale della Corte dei Conti citava in giudizio per danno erariale il Direttore Amministrativo, il Rettore e tutti i componenti del Consiglio di Amministrazione.
Il giudizio di primo grado si concludeva con l’assoluzione per ravvisata assenza di colpa grave, in quanto all’epoca vi sarebbe stata un’incertezza del quadro normativo, regolamentare e di indirizzo amministrativo-operativo.
Tale sentenza di primo grado veniva riformata dalla Corte dei Conti Sez. I giurisdizionale centrale con sentenza n. 52 del 3.2.2012, che, a fronte di un danno erariale annuo di € 178.755,00, condannava i responsabili al pagamento della somma complessiva di € 50.000,00, ripartita pro quota tra gli stessi.
La sentenza del Giudice contabile di secondo grado veniva basata sui seguenti due motivi:
1) l’Università aveva indetto i concorsi interni, senza aver prima effettuato la programmazione triennale del fabbisogno di personale, prevista dall’art. 1, comma 105, della Legge Finanziaria per l’anno 2005 n. 311/2004 e non tenendo conto di quanto statuito dall’art. 34, commi 1 e 2, della Legge Finanziaria per l’anno 2003 n. 289/2002;
2) mediante lo scorrimento delle graduatorie dei concorsi interni in favore di tutti i candidati idonei era stata violata la quota del 50%, da riservare ai concorsi esterni, sancita dall’art. 57, comma 6, CCNL del 9.8.2000.
Con nota dell’1.3.2013 il Direttore Generale dell’Università comunicava alla ricorrente l’avvio del procedimento finalizzato all’annullamento del suindicato provvedimento n. 145 del 4.3.2005, di inquadramento nella Categoria C1, richiamando la citata Sentenza Corte dei Conti Centrale Sez. I n. 52 del 3.2.2012.
La deducente con memoria del 28.3.2013 contestava l’avvio del procedimento.
Con provvedimento n. 74 del 28.2.2014 (notificato con nota prot. n. 3221 del 3.3.2014) il Direttore Generale dell’Università della Basilicata esercitava il potere di autotutela, disponendo “l’annullamento degli inquadramenti professionali rivenienti dalle procedure di progressione economica perfezionatesi con i provvedimenti del Direttore Amministrativo n. 145 del 4.3.2005, n. 195 del 31.3.2005 e n. 304 dell’11.5.2005”, evidenziando anche “la non perfetta corrispondenza dei profili professionali” dei suddetti concorsi con quelli indicati nei provvedimenti del Direttore Amministrativo nn. 625 e 626 del 30.11.2005, di indizione dei concorsi esterni “ferma restando la rispondenza in termini numerici e budgetari tra i medesimi”.
Per quanto riguarda quest’ultimo aspetto, va rilevato che l’unico dipendente, a cui non è stato annullato l’inquadramento nella Categoria superiore, è stato il dott. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], in quanto quest’ultimo era risultato vincitore del suddetto concorso interno, riservato al personale interno di Categoria C, per 1 posto di Categoria D1 Area Amministrativa-gestionale ed anche il concorso esterno, indetto con provvedimento Direttore Amministrativo n. 626 del 30.11.2005, si riferiva alla medesima Categoria D1 Area Amministrativa-gestionale.
Con successivo provvedimento n. 136 del 20.3.2014 il medesimo Direttore Generale, in attuazione del predetto provvedimento n. 74 del 28.2.2014, revocava formalmente alla ricorrente la Categoria C1.
L’interessata ha impugnato i predetti provvedimenti n. 74 del 28.2.2014 e n. 136 del 20.3.2014 con il presente ricorso (notificato l’8.4.2014 e depositato il 18.4.2014), deducendo:
1) eccesso di potere per erroneità dei presupposti e contraddittorietà di comportamento, sia perché vi è corrispondenza tra i profili professionali del concorso interno, al quale ha partecipato la ricorrente, e di quello esterno, indetto con provvedimento Direttore Amministrativo n. 625 del 30.11.2005, sia perché il TAR Basilicata, nell’ambito di un giudizio di impugnazione dell’esito di uno dei concorsi interni di cui si tratta, con la sentenza n. 95/2009, respingendo apposita specifica censura, ha statuito che l’Università non aveva violato la normativa in materia di programmazione del fabbisogno di personale, per cui alla ricorrente doveva essere applicato lo stesso provvedimento, emanato nei confronti del Dott. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#];
2) violazione dell’art. 1, comma 136, L. n. 311/2004 e/o dell’art. 21 nonies L. n. 241/1990 e dei principi in materia di affidamento incolpevole, in quanto la ricorrente, essendosi classificata al 2° posto, in data 29.10.2004 era risultata vincitrice del concorso interno, riservato ai dipendenti di Categoria B per 2 posti della Categoria C1 Area Amministrativa/Area Tecnica, Tecnico-scientifica ed Elaborazione dati/Area Biblioteche, mentre i provvedimenti impugnati sono stati emanati dopo circa 10 anni e tale situazione doveva ritenersi prevalente rispetto al contrapposto interesse pubblico, sotteso all’eventuale omessa programmazione triennale del fabbisogno di personale.
L’Università della Basilicata si è costituita in giudizio, sostenendo l’infondatezza del ricorso.
All’Udienza Pubblica dell’11.3.2015 il ricorso è passato in decisione.
DIRITTO
Il ricorso è infondato.
Come esposto in narrativa, la ricorrente si è collocata al 2° posto della graduatoria definitiva, approvata con il provvedimento del Direttore Amministrativo n. 549 del 29.10.2004, del concorso interno riservato ai dipendenti di Categoria B per 2 posti della Categoria C1 Area Amministrativa/Area Tecnica, Tecnico-scientifica ed Elaborazione Dati/Area Biblioteche, indetto con provvedimento del Direttore Amministrativo n. 458 del 12.9.2003.
Con successivo provvedimento n. 145 del 4.3.2005, l’interessata è stata inquadrata nella Categoria C1 Area Amministrativa/Area Tecnica, Tecnico-scientifica ed Elaborazione Dati/Area Biblioteche con effetti giuridici dall’1.7.2003 ed economici dal 29.10.2004.
L’amministrazione, con i provvedimenti impugnati n. 74/2014 e n. 136/2014, ha annullato tale atto, avendo riscontrato che nella specie non è stata rispettata la quota minima del 50%, da riservare ai concorsi esterni, sancita dall’art. 57, comma 6, CCNL del 9.8.2000, conformemente a quanto stabilito dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 141 del 22.4.1999 (orientamento poi confermato dalla stessa Corte con ulteriori sentenze n. 108 dell’1.4.2011 e n. 90 del 12.4.2012).
Infatti, in aderenza al contratto integrativo, stipulato il 21.6.2002 con le Organizzazioni Sindacali, l’Università della Basilicata aveva stabilito di destinare la stessa somma di € 178.755,00 sia ai concorsi interni di progressione verticale nella Categoria di inquadramento superiore, previsti dall’art. 74, commi 5, lett. c), e 7, CCNL del 9.8.2000, sia ai concorsi esterni e con delibera del C.d.A. del 30.1.2003 aveva accertato la necessità di coprire 27 posti di Categoria C.
Tuttavia l’Amministrazione resistente, a fronte della sopra indicata esigenza, con provvedimento del Direttore Amministrativo n. 458 del 12.9.2003 aveva indetto il concorso interno, riservato ai dipendenti di Categoria B per 2 posti della Categoria C1 Area Amministrativa/Area Tecnica, Tecnico-scientifica ed Elaborazione Dati/Area Biblioteche, mentre con successivo provvedimento n. 625 del 30.11.2005 aveva bandito un concorso esterno, per l’assunzione di “3 unità di personale, da inquadrare nella Categoria C1 Area Tecnica, Tecnico scientifica ed Elaborazione Dati presso la Ripartizione Servizi Tecnici”, cioè per profili professionali non coincidenti, in quanto il concorso esterno non contempla l’area amministrativa e l’area Biblioteche che figurano, invece, nel concorso interno.
La non corrispondenza tra i profili professionali contrasta con il criterio della quota minima del 50%, da riservare ai concorsi esterni, sancito dall’art. 57, comma 6, CCNL del 9.8.2000, violando così palesemente il principio costituzionale ex art. 97, comma 3, Cost. dell’assunzione presso le pubbliche amministrazioni mediante pubblico concorso.
Ora, in disparte la singolarità di un concorso a soli due posti che appare riferito contemporaneamente a tre Aree diverse (amministrativa/tecnica, tecnico scientifica, elaborazione dati/biblioteche) e che si è concluso con l’attribuzione ai due vincitori della Categoria C1 senza indicare il rispettivo profilo professionale, resta il fatto che la violazione del suddetto principio costituzionale autorizza l’esercizio del potere di autotutela anche a notevole distanza di tempo, in quanto con provvedimenti non conformi a legge si favorisce il singolo e contemporaneamente si ledono con effetti continuativi fondamentali interessi pubblici, come quello sopra indicato.
A riprova di ciò, va rilevato che l’art. 54 D.Lg.vo n. 150/2009 ha inserito il comma 3 quinquies all’art. 40 D.Lg.vo n. 165/2001, prevedendo la nullità delle clausole dei contratti integrativi, contrastanti con le norme legislative e con quelle stabilite dal contratto collettivo nazionale.
Né può condividersi la tesi, sostenuta in ricorso, secondo cui l’art. 21 nonies, comma 1, L. n. 241/1990 va interpretato nel senso che per l’adozione del provvedimento di autotutela devono ricorrere necessariamente entrambi i seguenti presupposti: l’interesse pubblico specifico, non coincidente col mero ripristino della legalità ed il decorso di un tempo non eccessivo, cioè di un termine “ragionevole”.
Infatti, l’art. 21 nonies, comma 1, L. n. 241/1990, statuendo che il provvedimento “può essere annullato d’ufficio, sussistendone le ragioni di interesse pubblico, entro un termine ragionevole e tenendo conto degli interessi destinatari”, non ha fatto altro che recepire i principi già delineati dalla giurisprudenza del Giudice amministrativo.
Pertanto, il tempo decorso dall’adozione del provvedimento illegittimo fino al suo annullamento è soltanto uno degli elementi di valutazione, al fine di stabilire se il privato abbia maturato un affidamento rilevante in ordine alla legittimità del provvedimento a sé favorevole.
Ma ciò non significa, come erroneamente sostenuto in ricorso, che il decorso di un notevole periodo di tempo impedisce sempre ed in ogni caso l’esercizio del potere di autotutela, dovendo tenersi conto anche di ulteriori concorrenti principi cui è soggetta l’azione amministrativa, come quello citato nell’impugnato provvedimento n. 74/2014 di evitare il protrarsi di un pregiudizio economico per l’amministrazione, immanente nei casi di illegittimo inquadramento di pubblici dipendenti nella categoria superiore o di assunzione senza concorso e/o in assenza di posto vacante in pianta organica.
E’ sufficiente richiamare, al riguardo, il consolidato orientamento giurisprudenziale, condiviso dal Collegio, secondo cui “l’interesse pubblico connotato da specificità, concretezza ed attualità, all’annullamento d’ufficio di un illegittimo inquadramento del dipendente pubblico è “in re ipsa” e non richiede particolare motivazione, dal momento che l’atto oggetto di autotutela produce un danno permanente per l’amministrazione, che consiste nell’esborso di danaro pubblico senza titolo con ingiustificato vantaggio per il dipendente; né in tal caso rileva il tempo trascorso dalla emanazione del provvedimento illegittimo, considerato che il suindicato interesse pubblico prevale sulle posizioni, per quanto consolidate, del dipendente” (Cfr.: C.G.A., Sent. 7.5.2014, n. 229; C.d.S. nn. 2022/2013, 6278/2011, 6980/2010).
Per completezza, va anche chiarito che appare inconferente il richiamo all’art. 1, comma 136, L. n. 311/2004, in quanto quest’ultima norma si riferisce espressamente ai “provvedimenti incidenti su rapporti contrattuali o convenzionali con privati” “ancora in corso” o la cui “esecuzione sia perdurante”, cioè i contratti di appalto e/o convenzionali a tempo determinato, per cui non può essere applicata ai contratti di lavoro subordinato a tempo indeterminato nel pubblico impiego.
Alla stregua delle suesposte considerazioni il potere di autotutela dell’amministrazione appare correttamente esercitato e ciò vale di per sé a conferire legittimità al provvedimento impugnato, che si sottrae alle dedotte censure.
A quanto sopra consegue la reiezione del presente ricorso.
Tenuto conto della complessità della controversia esaminata, sussistono giusti motivi per disporre tra le parti la compensazione delle spese di giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Basilicata respinge il ricorso in epigrafe.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Potenza nelle camere di consiglio dell’11 marzo 2015 e del 7 luglio 2015 con l’intervento dei magistrati:
Italo Riggio, Presidente
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Consigliere
[#OMISSIS#] Mastrantuono, Consigliere, Estensore
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 22/07/2015
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)