TAR Campania, Napoli, Sez. II, 13 gennaio 2016, n. 161

Equiparazione tecnico laureato e funzionario tecnico-Riconoscimento servizi pre-ruolo assegnista di ricerca e titolare di borsa di studio

Data Documento: 2016-01-13
Area: Giurisprudenza
Massima

È ormai acquisito nella giurisprudenza amministrativa che l’elencazione delle qualifiche contenuta nell’art. 103 d.P.R. 11 luglio 1980, n. 382, pur dovendosi ritenersi tassativa ai fini del riconoscimento del servizio utile, è tuttavia suscettibile di un’interpretazione logica e, in particolare, deve tener conto dell’evoluzione delle figure ivi originariamente previste.

Poiché la figura del funzionario tecnico ha sostituito in via generale quella del tecnico laureato (prevista nel sistema anteriore alla l. 11 luglio 1980, n. 312), si è ritenuto che il riconoscimento dei servizi prestati nella prima qualifica derivi dallo stesso diritto attribuito ai tecnici laureati dall’art.103 d.P.R. 11 luglio 1980, n. 382. La figura del funzionario tecnico è equiparabile a quella del tecnico laureato perché si tratta di una mera riformulazione formale della medesima qualifica. Lo stesso è accaduto con riferimento alla categoria degli assegnisti di ricerca, nella quale è stata riconosciuta un’evoluzione delle forme di collaborazione precaria con le università e le istituzioni di ricerca vigenti all’epoca dell’entrata in vigore del d.P.R. n. 382/1980.

È la stessa lettera dell’art. 7, comma 8, lett. e), l. 21 febbraio 1980, n. 28 che, facendo riferimento “a qualsiasi borsa o assegno di formazione, comunque denominato, purché conferito con fondi dell’Università e previa apposita selezione”, esprime chiaramente una prospettiva sostanzialistica che legittima il riconoscimento nell’ambito dei servizi pre-ruolo anche di figure non ancora individuate dal d.P.R. 11 luglio 1980, n. 382 perché non ancora esistenti, purché, però, munite di caratteristiche analoghe a quelle cui la norma fa riferimento. Pertanto, anche accedendo a forme di interpretazione logica o evolutiva del quadro normativo resta la necessità di verificare la ricorrenza dei presupposti sostanziali stabiliti dalla norma testé richiamata, non disgiunta dall’esame delle mansioni svolte dagli interessati al fine di verificarne l’assimilabilità a quelle proprie dei titolari di assegni biennali di formazione scientifica e didattica espressamente riconosciuti dalla legge come valutabili ai fini della ricostruzione di carriera.

Contenuto sentenza

N. 00161/2016 REG.PROV.COLL.
N. 02308/2006 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2308 del 2006, proposto da: 
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], rappresentato e difeso dall’avv. [#OMISSIS#] Profili, presso il quale elettivamente domicilia in Napoli, via San [#OMISSIS#] n. 40; 
contro
Seconda Università degli Studi di Napoli, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Napoli, presso i cui uffici ex lege domicilia in Napoli, via A. Diaz n. 11; 
per l’annullamento
a) a) della nota prot. n. 594 del 05.01.2006 di diniego del riconoscimento dei servizi pre-ruolo prestati dal ricorrente; b) della nota prot. n. 42481 del 29.11.2005: c) di ogni altro atto o provvedimento preordinato, connesso e conseguente, se ed in quanto lesivo.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio della Seconda Università degli Studi di Napoli;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 17 dicembre 2015 il dott. [#OMISSIS#] Guarracino e uditi per le parti i difensori presenti come specificato nel verbale di udienza;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Col ricorso in esame il prof. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] impugna, unitamente al preavviso di rigetto, la nota prot. n. 594 / UPDR del 5 gennaio 2006, con cui la Seconda Università degli Studi di Napoli gli ha denegato il riconoscimento dei servizi prestati precedentemente all’immissione in ruolo.
Espone al riguardo che, essendo stato immesso in ruolo con decorrenza 1° aprile 2004 come ricercatore confermato a tempo pieno per il settore scientifico-disciplinare MED/08 presso la facoltà di Medicina e Chirurgia della Seconda Università degli Studi di Napoli, con nota del 28 ottobre 2005, prot. n. 37213, ha chiesto all’Ateneo il riconoscimento di servizi pre-ruolo consistiti in attività di collaborazione coordinata e continuativa con la libera Università Campus biomedico di Roma per lo svolgimento dell’attività di ricerca nell’area di neuroscienze, nonché in attività di collaborazione coordinata e continuativa svolta in qualità di collaboratore di ricerca presso il centro di ricerca sperimentale dell’Istituto dei Tumori Regina [#OMISSIS#] di Roma.
Ha resistito in giudizio con memoria difensiva la Seconda Università degli Studi di Napoli.
Il 6 novembre 2013, a seguito di avviso di perenzione ultraquinquennale, il ricorrente ha depositato rituale manifestazione di interesse alla prosecuzione del giudizio.
Con ordinanza collegiale n. 3182 del 2 giugno 2015 sono stati disposti incombenti istruttori, in esecuzione dei quali la Seconda Università degli Studi di Napoli ha depositato documenti il 27 luglio e il 2 novembre 2015.
Alla pubblica udienza del 17 dicembre 2015 la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
Il riconoscimento dei servizi prestati dal ricorrente prima dell’immissione in ruolo è stato negato dall’Università resistente con la motivazione che riconoscibili ai sensi dell’art. 103 del D.P.R. 382/80 sarebbero soltanto i servizi rientranti tra le figure tassativamente elencate dall’art. 7 della legge 21 febbraio 1980, n. 7, tra le quali non rientrerebbero le attività pregresse del ricorrente; soggiunge la nota impugnata, pur dichiaratamente ad abundantiam, che l’Istituto Regina [#OMISSIS#] di Roma non rientra tra quelli di cui alla tabella 6 allegata alla legge 20 marzo 1975, n 70, richiamata dall’art. 103 cit.
Con un primo motivo impugnazione il ricorrente sostiene che il diniego sarebbe illegittimo perché non terrebbe conto della necessità di interpretare l’art. 7 della legge n. 28 del 1980 alla luce della successiva emersione di nuove figure di rapporto di lavoro che, sostanzialmente equiparabili alle figure ivi contemplate, non esistevano all’epoca e, perciò, non potevano essere previste nel 1980: da ciò la necessità di estendere analogicamente la disciplina in questione alla categoria dei titolari di rapporto di collaborazione coordinata e continuativa, sostanzialmente equiparabili alle figure degli assegnisti/borsisti e, perciò, ugualmente legittimati ad aspirare al riconoscimento dei servizi resi pre-ruolo.
Diversamente, argomenta il ricorrente con un secondo motivo di doglianza, si determinerebbe una ingiustificata differenziazione di trattamento rispetto alla figura dei borsisti ed assegnisti, sicché si imporrebbe la necessità di sollevare questione di illegittimità del combinato disposto dell’art. 7, comma 8, della legge n. 28 del 1980 e dell’art. 103, comma 3, del DPR n. 382 del 1980 per violazione degli artt. 3 e 97 della Costituzione.
Osserva il Collegio che è ormai acquisito nella giurisprudenza amministrativa che l’elencazione delle qualifiche contenuta nell’art. 103 del D.P.R. 11 luglio 1980, n. 382, pur dovendosi ritenersi tassativa ai fini del riconoscimento del servizio utile, è tuttavia suscettibile di un’interpretazione logica (cfr., ex ceteris, C.d.S., sez. VI, 21 ottobre 2011, n. 5668; C.d.S., sez. VI, 6 maggio 2013, n. 2412) e, in particolare, deve tener conto dell’evoluzione delle figure ivi originariamente previste.
In particolare, dopo che la Corte costituzionale, con sentenza 6 giugno 2008, n. 191, ha dichiarato la parziale illegittimità del terzo comma dell’art. 103 cit., nella parte in cui non aveva riconosciuto ai ricercatori universitari, all’atto dell’immissione nella fascia dei ricercatori confermati, l’attività di servizio effettivamente prestata nelle Università in qualità di tecnici laureati con almeno tre anni di attività di ricerca, la giurisprudenza ha riconosciuto in via interpretativa lo stesso trattamento in favore anche dei funzionari tecnici transitati nel ruolo dei ricercatori. Infatti, poiché la figura del funzionario tecnico ha sostituito in via generale quella del tecnico laureato (prevista nel sistema anteriore alla legge n. 312 del 1980), si è ritenuto che il riconoscimento dei servizi prestati nella prima qualifica derivi dallo stesso diritto attribuito ai tecnici laureati dal suddetto art.103, nel testo risultante dalla sentenza della Corte costituzionale: la figura del funzionario tecnico è equiparabile a quella del tecnico laureato perché si tratta di una mera riformulazione formale della medesima qualifica (mentre a diversa conclusione si è giunti per la figura del collaboratore tecnico, anche se laureato, che, seppur accomunata dall’appartenenza al ruolo tecnico, rimane distinta da quella del funzionario tecnico per la diversità dei compiti, con specifico riguardo al campo della ricerca: ex ceteris, cfr. C.d.S., sez. VI, n. 2412/2013 cit.; TAR Campania, Napoli, sez. II, 20 novembre 2014, n. 6019).
Lo stesso è accaduto con riferimento alla categoria degli assegnisti di ricerca, nella quale è stata riconosciuta un’evoluzione delle forme di collaborazione precaria con le università e le istituzioni di ricerca vigenti all’epoca dell’entrata in vigore del D.P.R. n. 382/1980, giustificando la conclusione che anche il servizio prestato in tale qualità debba essere riconosciuto ai sensi dell’art. 103 del DP.R. cit. (cfr., tra le altre, C.d.S., sez. VI, 11 febbraio 2012 n. 102; TAR Campania, Napoli, sez. II, 23 luglio 2010, n. 16962).
E’ bene, peraltro, rammentare il contenuto del quadro normativo di riferimento.
L’art. 103, terzo comma, del D.P.R, n. 382/1980 disciplina i riconoscimenti e le equiparazioni di servizi prevedendo che «ai ricercatori universitari, all’atto della loro immissione nella fascia dei ricercatori confermati, è riconosciuta per intero ai fini del trattamento di quiescenza e previdenza e per i due terzi ai fini della carriera l’attività effettivamente prestata nelle Università in una delle figure previste dall’articolo 7 della legge 21 febbraio 1980 n. 28».
Quest’ultimo articolo, nel disciplinare il neo-istituito ruolo dei ricercatori universitari, prevedeva, all’ottavo comma, che in sede di prima applicazione della legge potessero essere inquadrati, a domanda, come ricercatori confermati anche coloro che fossero titolari di varie tipologie di borse di studio o assegni di formazione, tra i quali, per quanto rileva ai fini in esame, annoverava «i titolari di borse o assegni, di formazione o addestramento scientifico e didattico o comunque denominati, purché finalizzati agli scopi predetti, istituiti sui fondi destinati dai consigli di amministrazione sui bilanci universitari, anche se provenienti da donazioni o da contratti o da convenzioni con enti o con privati, ed assegnati con decreto rettorale a seguito di pubblico concorso» (art. 7, co. 8, lett. e).
Esso consentiva, dunque, l’inquadramento a domanda nella qualifica di ricercatore dei titolari di borse o assegni di formazione comunque denominati, ma subordinatamente a due condizioni, vale a dire che le borse e gli assegni fossero: 1) istituiti sui fondi destinati dai consigli di amministrazione sui bilanci universitari; 2) assegnati con decreto rettorale a seguito di pubblico concorso.
La prima conclusione che se ne trae è che la stessa lettera della legge – l’art. 7, comma 8, lett. e) della l. n. 28/1980 – facendo riferimento «a qualsiasi borsa o assegno di formazione, comunque denominato, purché conferito con fondi dell’Università e previa apposita selezione», non avvalora affatto la tesi dell’Ateneo della stretta tassatività dei servizi riconoscibili.
Infatti, il richiamo “a qualsiasi borsa o assegno di formazione” esprime chiaramente una prospettiva sostanzialistica che legittima il riconoscimento anche di figure non ancora individuate dal D.P.R. 382/1980 perché non ancora esistenti, purché, però, munite di caratteristiche analoghe a quelle cui la norma, come si è visto, fa riferimento.
Invero, anche accedendo a forme di interpretazione logica o evolutiva del quadro normativo resta la necessità di verificare la ricorrenza dei presupposti sostanziali stabiliti dalla norma testé richiamata, non disgiunta dall’esame delle mansioni svolte dagli interessati al fine di verificarne l’assimilabilità a quelle proprie dei titolari di assegni biennali di formazione scientifica e didattica espressamente riconosciuti dalla legge come valutabili ai fini della ricostruzione di carriera (cfr., in questi termini, TAR Campania, Napoli, sez. II, n. 16962/2010 cit.).
Ciò non diversamente da quanto già accaduto in passato (con esito negativo) per la categoria dei meri collaboratori tecnici, cui sopra si è accennato.
E’ per questa ragione che, nel corso del giudizio, è stata effettuata un’istruttoria tesa a verificare il possesso, da parte dell’amministrazione, di elementi attestanti l’esistenza, nello specifico caso, delle condizioni sopra menzionate, pur senza alcuna inversione di quell’onere della prova che, secondo l’ordinario criterio di riparto, è in capo all’odierno ricorrente.
Nello specifico, con l’ordinanza istruttoria n. 3182/2015 è stata chiesta all’Ateneo resistente «una relazione che, alla luce dei certificati prodotti dall’interessato con l’istanza di riconoscimento dei servizi pre-ruolo e di ogni altro atto, documento od informazione acquisita in fase istruttoria, fornisca adeguati chiarimenti in ordine ai seguenti punti: 1) quali siano state le funzioni e i compiti svolti dal ricorrente nei periodi sopra indicati; 2) se le mansioni svolte dall’interessato nei suddetti periodi siano riconducibili, o quanto meno analoghe, a quelle indicate nelle lettere a) ed e) dell’art. 7 della legge n. 28 del 1980; 3) se l’interessato, per il loro svolgimento, abbia usufruito di borse o assegni comunque denominati; 4) su quali fondi pubblici siano stati computati gli assegni o le borse eventualmente versati al ricorrente per lo svolgimento delle funzioni di ricerca nei periodi sopra indicati; 5) se l’assegnazione degli assegni o borse di cui il ricorrente abbia eventualmente usufruito per i periodi predetti sia avvenuta a seguito di pubblico concorso; 6) quali siano, nel caso, gli elementi che differenziano le figure dei titolari di assegni o di borse di cui il ricorrente abbia eventualmente usufruito nei periodi in questione rispetto a quelle dei “titolari di assegni biennali di formazione scientifica e didattica di cui all’art. 6 del d.l. 1.10.1973, n. 580” [lett. a) dell’art. 7 della legge n. 28 del 1980] e dei “titolari di borse o assegni di formazione titolari di borse o assegni, di formazione o addestramento scientifico e didattico o comunque denominati (…) istituiti sui fondi destinati dai consigli di amministrazione sui bilanci universitari (…) assegnati con decreto rettorale a seguito di pubblico concorso” [lett. e) dell’art. 7 della legge n. 28 del 1980)] ».
La Seconda Università degli Studi di Napoli ha riscontrato l’ordinanza con due successivi depositi.
Col primo deposito, ha prodotto copia dei certificati di servizio presentati dal ricorrente insieme alla domanda di riconoscimento dei servizi pre-ruolo: segnatamente, un certificato di servizio rilasciato in data 25 maggio 2000 dalla Libera Università Campus Bio-Medico di Roma in cui si attesta soltanto che l’interessato «ha avuto un rapporto di collaborazione coordinata e continuativa con la Libera Università Campus Bio-Medico di Roma a far data dal 01/11/1996 e fino al 07/02/2000 per lo svolgimento dell’attività di ricerca nell’Area delle Neuroscienze» e un analogo certificato degli Istituti Fisioterapici Ospitalieri attestante semplicemente che dal 15 aprile al 14 luglio 2000 e dal 15 agosto al 31 dicembre 2000 sono stati affidati all’odierno ricorrente «incarichi di collaborazione coordinata e continuativa, in qualità di collaboratore di ricerca, presso il Centro Ricerca Sperimentale dell’Istituto Regina [#OMISSIS#] di Roma»; ha, altresì, prodotto copia delle lettere con cui, in data 8 luglio 2015, ha richiesto chiarimenti alla Libera Università Campus Bio-Medico di Roma e all’Istituto Regina [#OMISSIS#] di Roma sui punti indicati nell’ordinanza istruttoria.
Col secondo deposito, ha prodotto copia della nota, datata 19 agosto 2015, con cui l’Istituto Regina [#OMISSIS#] di Roma ha riscontrato la richiesta nei seguenti termini: «si rappresenta che il Prof. [#OMISSIS#] nell’anno 2000 ha usufruito di un contratto di collaborazione coordinata e continuativa (Co.Co.Co.), partecipando all’espletamento dei progetti di ricerca con mansioni collaborative tipiche delle funzioni previste dalle nonne contrattuali. Per tale attività collaborativa il Prof. [#OMISSIS#] è stato retribuito su fondi di ricerca con ratei mensili; si rappresenta inoltre che il rapporto contrattuale tra il Prof. [#OMISSIS#] e il nostro Istituto in qualità di CO.CO.CO. si è concluso al dicembre del 2000».
Inoltre, ha rappresentato di non aver ricevuto alcun riscontro da parte dell’Università Campus Bio-medico di Roma in ordine ai chiarimenti richiesti con la suddetta nota dell’8 luglio 2015.
Null’altro è stato successivamente prodotto da alcuna delle parti in giudizio.
Alla luce di tutto ciò, il ricorso deve essere respinto.
Infatti, il ricorrente non ha addotto in sede amministrativa, né sono emersi nel corso del giudizio, elementi idonei a dimostrare che i predetti rapporti di collaborazione continuata e continuativa, di cui ha chiesto il riconoscimento per la ricostruzione di carriera, possedessero tutti i requisiti indicati dalla citata disposizione dell’art. 7 della legge n. 28/1980 (instaurazione del rapporto per pubblico concorso; oneri a carico del bilancio universitario; analogia di funzioni, compiti e mansioni), sì da poter essere considerati un’evoluzione delle categorie di collaborazione precaria con leuniversità e le istituzioni di ricerca vigenti all’epoca dell’entrata in vigore del D.P.R. 382/1980.
In particolare, nulla risulta per l’attività svolta presso la Libera Università Campus Bio-medico di Roma, mentre per quella presso l’Istituto Regina [#OMISSIS#] di Roma l’unico dato noto è che il ricorrente è stato retribuito su fondi di ricerca, nulla conoscendosi delle modalità di instaurazione del rapporto e dello stesso suo effettivo contenuto (avendo l’Istituto genericamente attestato che il ricorrente ha partecipato all’espletamento dei progetti di ricerca «con mansioni collaborative tipiche delle funzioni previste dalle nonne contrattuali»).
Le spese di giudizio vanno compensate, in considerazione delle obiettive difficoltà interpretative presentate dalle norme applicabili.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe (n. 2308/06), lo respinge. —
Spese compensate. —
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 17 dicembre 2015 con l’intervento dei magistrati:
[#OMISSIS#] Rovis, Presidente
[#OMISSIS#] Guarracino, Consigliere, Estensore
[#OMISSIS#] Bruno, Primo Referendario 
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 13/01/2016
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)