TAR Campania, Napoli, Sez. II, 25 luglio 2014, n. 4237

Procedura di reclutamento Ricercatore-Sindacato giudice amministrativo

Data Documento: 2014-07-25
Area: Giurisprudenza
Massima

La sussistenza di elementi idonei ad evidenziare una indubbia intensità e continuità di rapporti fra candidato e commissario è suscettibile di incidere sulla legittimità della procedura valutativa tutte le volte in cui venga in considerazione un obbligo di astensione (cfr., ex multis, TAR Sardegna, Cagliari, Sez. I, 5 giugno 2013, n. 459).

Il giudice amministrativo può ripercorrere  il ragionamento svolto dalla Commissione, onde verificarne sia la coerenza con i criteri generali che devono presiedere alla correzione degli elaborati (e formulati dalla medesima Commissione, sia la sua stessa coerenza interna, fondata innanzi tutto su un’esatta percezione del contenuto degli elaborati e quindi su esiti del giudizio coerenti con la valutazione espressa. Tale analisi del giudice, lungi dallo sconfinare in un’attività di valutazione autonoma, e quindi in giurisdizione di merito, costituisce l’essenza della verifica del vizio di eccesso di potere per illogicità/irragionevolezza, vizio pacificamente ascrivibile al sindacato di legittimità.

Contenuto sentenza

N. 04237/2014 REG.PROV.COLL.
N. 00153/2014 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 153 del 2014 proposto dal Sig. Giacalone [#OMISSIS#], rappresentato e difeso dagli avv.ti Salvatore [#OMISSIS#] e [#OMISSIS#] Goglia e con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. [#OMISSIS#] Abenavoli in Napoli, via A. De Gasperi n.45; 
contro
Università degli Studi di Napoli [#OMISSIS#] II in persona del Rettore p.t., rappresentata e difesa dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato e domiciliata ope legis presso gli Uffici in Napoli, Via A. Diaz n.11;
nei confronti di
Stawinoga Agnieszka [#OMISSIS#], rappresentata e difesa dall’avv. [#OMISSIS#] D’[#OMISSIS#] e con domicilio eletto presso lo studio Carlomagno Law-Firm in Napoli, Via [#OMISSIS#] Bracco n.45; 
per l’annullamento, previa sospensione: 
del Regolamento dell’Università di Napoli [#OMISSIS#] II per il reclutamento dei ricercatori a tempo determinato ex art.24 della Legge n.240/2010 laddove all’art.7 stabilisce che la proposta di attivazione dei contratti di competenza del Consiglio di Dipartimento contiene l’indicazione del progetto/programma di ricerca o dei programmi/progetti cui è collegato il contratto; del bando per il reclutamento di un ricercatore per il settore concorsuale 13/D1 statistica; della Delibera del Consiglio di Dipartimento di Scienze Economiche e Statistiche n.9 del 30/9/2013; della Delibera del Consiglio di Dipartimento di Scienze Economiche e Statistiche di nomina della seconda graduata e non del primo (cioè il ricorrente). 
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Vista la costituzione dell’Avvocatura Distrettuale dello Stato con deposito di documentazione e di memoria;
Vista la memoria della controinteressata;
Visti i motivi aggiunti avverso i verbali della Commissione giudicatrice e della Delibera del Consiglio di Amministrazione del 27/12/2013 di approvazione della proposta di chiamata della controinteressata;
Vista l’ulteriore memoria della controinteressata;
Vista la memoria di parte ricorrente;
Vista l’ordinanza di questo Tribunale n. 474 del 2014 di fissazione della trattazione del merito della controversia;
Vista l’ulteriore memoria della controinteressata;
Vista l’ulteriore memoria di parte ricorrente;
Visti tutti gli atti della causa;
Designato Relatore all’udienza pubblica del giorno 10 luglio 2014 il Cons. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] e uditi l’avv. Salvatore [#OMISSIS#], l’avv. [#OMISSIS#] D’[#OMISSIS#] e l’avv. dello Stato [#OMISSIS#] Arpaia;
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:
FATTO
Espone in fatto parte ricorrente che con Avviso del 24/10/2013 veniva bandita procedura per selezione pubblica per 1 ricercatore per il settore concorsuale 13/D1 statistica; veniva nominata la Commissione, seguivano la valutazione preliminare ed il colloquio con formazione di graduatoria in cui il ricorrente veniva collocato al 1° posto giusto D.R. del 20/12/2013. Ora, sebbene l’art.24 della Legge n.240 del 2010 disciplini la stipula di contratti con Ricercatori a tempo determinato nel rispetto di precisi criteri, il Regolamento dell’Università [#OMISSIS#] II di cui al D.R. 2012/3779 farebbe il contrario, stabilendo all’art.7 che la proposta di attivazione dei contratti può contenere l’eventuale indicazione dello specifico progetto/programma di ricerca o dei programmi/progetti cui è collegato il contratto ed ammettendo – all’art.19 – che il Consiglio di Dipartimento possa discostarsi motivatamente dalla graduatoria secondo il criterio della maggiore corrispondenza all’eventuale profilo del soggetto da reclutare, come appunto avvenuto nella fattispecie. Con motivi aggiunti sono stati poi impugnati i verbali della Commissione giudicatrice e la Delibera del Consiglio di Amministrazione del 27/12/2013 di approvazione della proposta di chiamata della controinteressata.
L’Avvocatura Distrettuale si è costituita per l’intimata Università, sostenendo che del tutto legittimamente l’Ateneo avrebbe disciplinato le specifiche funzioni richieste al ricercatore; la controinteressata ha eccepito l’inammissibilità e l’irricevibilità del ricorso e, quanto al merito, ha rilevato che parte ricorrente confonderebbe la nozione di profilo con la descrizione delle attività contrattuali di ricerca incaricate all’atto dell’assunzione.
Alla udienza pubblica del 10 luglio 2014 la causa è stata chiamata e trattenuta per la decisione come da verbale.
DIRITTO
1. Con il ricorso in esame parte ricorrente deduce la violazione dell’art.24 della Legge n.240/2010, degli artt.1 e 19 del bando e dell’art.7 della Legge n.241/1990, nonché l’eccesso di potere per sviamento dall’interesse pubblico.
2. La Sezione, quanto alla preliminare eccezione di tardività del ricorso per essere stato notificato all’Amministrazione il 7 gennaio 2014 ed alla controinteressata il 10 gennaio 2014 in sede di ulteriore notifica curata da parte ricorrente, prende atto che dalla documentazione di causa risulta che l’atto giudiziario era stato accettato dal Centro Postale il 30 dicembre 2013 ma il 3 gennaio 2014 non era stato possibile effettuare la notifica proprio alla controinteressata per assenza del nome sulla cassetta; in ogni caso nel contenzioso in esame lo scopo della realizzazione di un effettivo contraddittorio tra le parti è stato raggiunto per effetto della seconda notifica, come perfezionatasi il 10 gennaio 2014, che si pone come prosecuzione della prima. Sul punto esistono due modelli procedurali di rinnovo della notifica: uno mediante autorizzazione del giudice in accoglimento di previa istanza della parte (secondo lo schema della rimessione in termini di cui all’art. 184 bis, che rinvia, a sua volta, all’art. 294 c.p.c.) ed un altro attivabile direttamente dalla parte, con atto soggetto al successivo controllo del giudice, come appunto avvenuto nella fattispecie.
L’eccezione è dunque infondata dal momento che non può essere negata efficacia ad una difesa “sollecitata” dal privato mediante la reiterazione della notifica, seppur decorso il termine di impugnazione, risultando impedita ogni decadenza anche ove la rinnovazione della notificazione sia stata effettuata spontaneamente dalla parte, così anticipando quanto il giudice è tenuto a disporre. E’ d’altra parte pacifico che la mancata notificazione del ricorso alla controinteressata era dipesa nel caso di specie da fatti esterni all’onerato di tale incombente, per cui il riconoscimento della scusabilità dell’errore avrebbe dovuto comportare la concessione di un termine per integrare il contraddittorio: ma, essendosi il ricorrente attivato autonomamente per portare a buon fine la notifica in termine successivo, deve ritenersi ritualmente completa l’integrazione del contraddittorio, senza che possano ravvisarsi delle decadenze. In proposito il Collegio condivide il principio affermato dalle SS.UU. della Corte di Cassazione (sentenza n. 10216 del 2006) in base al quale “è solo con la rinnovazione della notifica che, in questo caso, si realizza il contemperamento degli interessi in gioco (entrambi presidiati dalla garanzia della difesa), quello, cioè, del notificante di non vedersi addebitare il mancato esito della procedura notificatoria per la parte sottratta al suo potere di impulso e quello, del destinatario dell’atto, di essere posto in condizione di riceverlo ed approntare – nel pertinente termine (per lui decorrente da tale ricezione) – le proprie difese. 
2.1 Sempre in via preliminare va osservato che l’Amministrazione è titolare dell’ampio potere discrezionale di inserire in un bando tutte quelle disposizioni ritenute più opportune, più idonee e più adeguate per l’effettivo raggiungimento dello scopo perseguito con la selezione indetta; l’osservanza delle formalità costituisce, poi, di fatto un elemento basilare per l’intero impianto garantistico della procedura concorsuale, tenuto conto dei principi – direttamente riconducibili all’art. 97 Cost. – che collegano il buon andamento della Pubblica Amministrazione al reclutamento dei dipendenti di ogni livello con selezione concorsuale.
Con riguardo poi alla materia di cui alla presente controversia, va evidenziato che la riforma apportata ai criteri selettivi dalla Legge n. 240/2010 si è chiaramente ispirata – tra l’altro – all’implementazione della qualità e dell’efficienza degli Atenei, al rafforzamento del collegamento tra la distribuzione dei fondi pubblici e le “performance” dell’Ateneo sì da assicurare un uso efficiente delle risorse anche attraverso la responsabilizzazione dei soggetti coinvolti, all’individuazione di criteri oggettivi da seguire nelle procedure di selezione dei ricercatori e dei professori riducendo il precariato e garantendo selettività nell’accesso, alla razionalizzazione complessiva del sistema.
2.2 Per quanto attiene, nello specifico, ai ricercatori a tempo determinato, l’art. 24 della Legge n.240 del 2010 stabilisce che le Università, nell’ambito delle risorse disponibili per la programmazione, possono stipulare contratti di lavoro subordinato a tempo determinato finalizzati allo svolgimento di attività di ricerca, di didattica, di didattica integrativa e di servizio agli studenti. La determinazione delle modalità di svolgimento delle attività di didattica, del servizio agli studenti nonché delle attività di ricerca e, dunque, la determinazione dell’oggetto del contratto di lavoro, è devoluta al regolamento didattico di Ateneo quale quello distinto con DR/20121/3779 del 27/11/2012 adottato dalla resistente Università e gravato di impugnazione con il presente ricorso; quanto alle modalità di reclutamento dei ricercatori a contratto, è previsto un sistema di pubblica selezione la cui regolamentazione è rimessa all’autonomia delle Università, ma la legge detta specifici criteri di indirizzo ai quali le Università devono uniformarsi. In particolare, oltre a richiamare i principi enunciati dalla Carta europea dei ricercatori di cui alla raccomandazione della Commissione europea n. 241 dell’11 marzo 2005, si prescrive la pubblicità dei bandi sia in Gazzetta ufficiale sia sui siti dell’Ateneo, del Ministero e dell’Unione europea con specificazione del settore disciplinare a cui è destinata la risorsa e di informazioni analitiche sul contenuto del rapporto (attività di ricerca e didattica che dovrà essere svolta, diritti e doveri, trattamento economico e previdenziale); ancora vengono previsti requisiti minimi per la partecipazione alla selezione volti ad assicurare un’astratta propensione allo svolgimento dell’attività (ammissione alla procedura dei possessori del titolo di dottore di ricerca o altro titolo equivalente ovvero, per i settori interessati, del diploma di specializzazione medica, nonché di eventuali ulteriori requisiti definiti nel regolamento di ateneo, con esclusione di soggetti già assunti a tempo indeterminato come professori di I o II fascia o come ricercatori, ancorché cessati dal servizio). La valutazione preliminare e motivata dei candidati, sulla base dei criteri definiti con decreto ministeriale, è finalizzata ad ammettere alla discussione pubblica solo i più meritevoli, mentre viene espressamente esclusa la possibilità di operare la valutazione comparativa attraverso esami scritti e orali, ad eccezione di una prova orale volta ad accertare l’adeguatezza della conoscenza della lingua straniera; l’Ateneo, inoltre, può specificare nel bando la lingua straniera di cui è richiesta la conoscenza in relazione al profilo plurilingue dell’Ateneo stesso ovvero alle esigenze didattiche dei corsi di studio in lingua estera, mentre la prova orale avviene contestualmente alla discussione dei titoli e delle pubblicazioni.
Il D.M. n. 243 del 2011 ha successivamente stabilito criteri e parametri, prevedendo che ad una motivata valutazione dei titoli dei candidati debba seguire una valutazione comparativa, facendo riferimento allo specifico settore concorsuale e all’eventuale profilo definito esclusivamente tramite indicazione di uno o più settori scientifico-disciplinari, del curriculum e dei titoli, debitamente documentati, dei candidati; i titoli vengono dettagliatamente indicati (tra questi, in particolare, il dottorato di ricerca o equipollenti, per i settori interessati la specializzazione medica, attività di formazione e di ricerca, titolarità di brevetti, ecc.). Specifici criteri sono, inoltre, stabiliti per la valutazione della produzione scientifica, mentre la formulazione della proposta di chiamata del concorrente selezionato da parte del Dipartimento avviene con voto favorevole della maggioranza assoluta dei professori di I e II fascia ed è approvata con delibera del consiglio di amministrazione.
Si è anche affermato (cfr. TAR Sicilia, Catania, III, 26.1.2012, n.220) che ora viene dato risalto al progetto del candidato rispetto alle conoscenze ed esperienze pregresse, con ciò ponendo la centralità della prova selettiva nel progetto che il candidato deve poi discutere in sede di colloquio al fine di dimostrarne l’innovatività e la coerenza. 
3. Ciò premesso, il Collegio ritiene che – con assorbimento degli ulteriori motivi – il ricorso sia fondato in ragione dell’illegittimità della determinazione del Consiglio di Dipartimento di discostarsi dalla graduatoria in conseguenza dell’asserito criterio della maggiore corrispondenza all’eventuale profilo del soggetto da reclutare; tale potere è stato previsto all’art. 19 del bando in attuazione dell’art.11 del regolamento di Ateneo, ma solo la norma del bando è stata oggetto di impugnazione.
Ora, a parere del Collegio, il citato art.19 non appare conforme alla lettera ed alla ratio dell’art. 24 della Legge n. 240/2010, che infatti ha piuttosto riguardo alla Legge 9 maggio 1989, n. 168 ed ai principi enunciati dalla Carta europea dei ricercatori di cui alla Raccomandazione della Commissione delle Comunità europee n. 251 dell’11 marzo 2005; in dette circostanze lo Stato italiano aveva piuttosto condiviso la necessità di garantire che i finanziatori e i datori di lavori dei ricercatori perfezionassero i metodi di assunzione e i sistemi di valutazione delle carriere al fine di istituire un sistema di assunzione e uno sviluppo professionale più trasparenti, aperti, equi e accettati a livello internazionale, tutto ciò come presupposto per un vero mercato europeo del lavoro per i ricercatori.
3.1 Per altro verso, non sembra comunque corretto disattendere le risultanze di una procedura di valutazione concorsuale, anche in considerazione del principio dell’immodificabilità della graduatoria definitiva e della necessità che l’individuazione del fabbisogno e le specifiche esigenze da soddisfare debbano necessariamente e doverosamente precedere la selezione, stante il generale divieto di modificazione della graduatoria successivamente alla sua elaborazione. 
In altri termini, una volta effettuata la procedura, non è possibile trattare la graduatoria alla stregua di un albo dal quale attingere, pena la compromissione dei fondamentali principi di trasparenza, di selettività nell’accesso e di certezza dei rapporti, ciò per tacere che avallare la tesi sostenuta dalla difesa dell’Ateneo determinerebbe un insanabile contrasto con i principi ispiratori della Carte europea dei ricercatori oltre che con la ratio sottesa alla riforma.
La giurisprudenza (cfr. TAR Puglia, Lecce, II, 16.4.2012, n.679; TAR Calabria, Catanzaro, II, 7.6.2011, n.817) ha del resto pacificamente riconosciuto tale punto fermo allorquando ha statuito che, in caso di impugnazione del bando o del provvedimento di esclusione, occorre comunque, al momento dell’approvazione della graduatoria finale, impugnare autonomamente quest’ultima  « visto che il rapporto di presupposizione fra atto di esclusione ed approvazione della graduatoria si pone in termini di invalidità viziante e non caducante » . D’altra parte  l’atto di approvazione della graduatoria definitiva non si pone in rapporto di consequenzialità necessaria con gli atti che lo precedono nella sequenza del procedimento concorsuale, tra i quali gli atti di esclusione di concorrenti, ma implica nuove, autonome e definitive valutazioni sull’intera procedura di concorso; Ne deriva che tale provvedimento finale non è esposto a caducazione automatica in caso di accoglimento del gravame avverso uno degli atti preparatori, ma deve essere impugnato autonomamente, anche con motivi aggiunti perchè in caso contrario, per effetto del consolidarsi della graduatoria definitiva, oramai inoppugnabile, il ricorso perde interesse, non potendo il ricorrente ottenere alcun beneficio dall’eventuale riammissione al concorso.
3.2 Quanto, poi, alla circostanza che è stato impugnato l’articolo del bando ma non quello del regolamento di Ateneo, a parere della Sezione la questione può essere risolta mediante l’istituto della disapplicazione dell’art.11 del regolamento non impugnato, in quanto in palese contrasto con la norma primaria. Non si tratta nel caso concreto di un regolamento di delegificazione, bensì di una normale fonte di secondo grado che, se in contrasto con la norma primaria, ben può essere disapplicata dal giudice amministrativo anche in assenza di una specifica impugnazione (Cons. Stato, VI, n. 5098 del 2007 e richiami ivi contenuti). Lo stesso Giudice d’appello ha chiarito (V, n. 35 del 2003) che, a seguito di un complesso dibattito dottrinale e giurisprudenziale, si sono rivisti i limiti del potere di disapplicazione di atti (formalmente) amministrativi non impugnati o impugnati in ritardo; si è pertanto affermato che tale potere da parte del giudice amministrativo è ammesso nelle sole ipotesi di giurisdizione esclusiva, relativamente alla controversie relative a diritti soggettivi (sulla base di un’interpretazione estensiva dell’art. 5 L. n. 2245/1865 all.E), nonché nei riguardi di regolamenti illegittimi, sia quando il provvedimento impugnato sia contrastante con il regolamento (Cons. Stato, V, n. 154 del 1992) sia quando sia conforme al presupposto atto normativo (Cons. Stato, V, 24 luglio 1993, n. 799) e, in ogni caso, anche quando si verte in materia di interessi legittimi (Cons. Stato, V, 19 settembre 1995, n. 1332; VI, n. 2183 del 2000). Implicita conferma si rinviene ancora nella decisione (Cons. Stato, IV, n. 1124 del 2006) ove si ricorda che “non è consentita al giudice amministrativo la disapplicazione incidenter tantum di un atto non avente natura normativa”. 
In conclusione, l’orientamento ormai prevalente che ammette la disapplicazione dei regolamenti non ritualmente impugnati risulta, in particolare, fondato sul rilievo della natura sostanzialmente normativa del regolamento e sulla necessità, in caso di contrasto tra norme di rango diverso, di garantire il rispetto della gerarchia delle fonti e di accordare, quindi, prevalenza a quella di rango superiore (e cioè alla legge o ad altro atto di normazione primaria). Si è così superata la risalente posizione volta a sopravvalutare il carattere formale dei regolamenti, intesi quali atti amministrativi, privilegiando viceversa la loro natura normativa e il ruolo che essi svolgono nel complessivo quadro normativo nel quale il giudice è chiamato a decidere la controversia.
4. In conclusione il ricorso, come proposto anche attraverso motivi aggiunti, deve essere accolto con conseguente annullamento dei provvedimenti ivi impugnati.
Sussistono ex artt.26, comma 1, c.p.a. e 92, comma 2, c.p.c. gravi ed eccezionali motivi – legati alla particolarità della vicenda e delle questioni trattate – per disporre la compensazione delle spese di giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Seconda) definitivamente pronunciando sul ricorso come in epigrafe proposto anche attraverso motivi aggiunti, lo accoglie e, per l’effetto, annulla i provvedimenti impugnati.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità Amministrativa. 
La sentenza è depositata presso la Segreteria del Tribunale che provvederà a darne comunicazione alle parti.
Così deciso in Napoli, nella Camera di Consiglio del giorno 10/7/2014 con l’intervento dei magistrati:
[#OMISSIS#] Pasanisi, Presidente FF
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Consigliere, Estensore
[#OMISSIS#] Guarracino, Consigliere
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 25/07/2014
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)