La ponderazione effettuata dagli atenei e dal Ministero dell’istruzione, in ordine ai posti messi a concorso per l’accesso ai corsi di laurea in medicina e chirurgia, in relazione al potenziale formativo del singolo ateneo, è un’attività ampiamente discrezionale posta in essere dall’amministrazione nell’ambito di una valutazione di merito, che come tale non appare censurabile in sede di giudizio di legittimità (TAR Campania, Napoli, Sez. II, 1 agosto 2007, n. 7203).
TAR Emilia Romagna, Bologna, Sez. I, 30 luglio 2014, n. 786
Diniego nulla osta trasferimento da universita’ straniera-Posti messi a bando
N. 00786/2014 REG.PROV.COLL.
N. 01327/2010 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Emilia Romagna
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
Nel giudizio introdotto con il ricorso 1327/10, proposto da [#OMISSIS#] Fattori, rappresentato e difeso dall’avv. A. [#OMISSIS#], con domicilio eletto presso il suo studio in Bologna, Strada Maggiore 47;
contro
il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca, in persona del ministro pro tempore,
l’Università degli Studi di Ferrara, in persona del rettore pro tempore, rappresentati e difesi per legge dall’Avvocatura distrettuale dello Stato di Bologna, domiciliata per legge, in via G.Reni, 4;
nei confronti di
[#OMISSIS#] Capelli, non costituita in giudizio;
per l’annullamento
– del provvedimento di approvazione della graduatoria per l’ammissione al corso di laurea di “Odontoiatria e protesi dentaria”, presso l’Università degli studi di Ferrara, per l’anno accademico 2010/2011, nella parte in cui il ricorrente viene collocato in posizione non utile;
– della valutazione della prova sostenuta dal ricorrente;
– del provvedimento con il quale sono stati approvati i quesiti di cui alla predetta prova selettiva;
nonché, in subordine,
– del d.m. 11 giugno 2010 con il quale sono stati definite le modalità per l’espletamento della prova di ammissione al corso di laurea in “Odontoiatria e protesi dentaria” per l’anno a.a. 2010/11;
– del d.m. 2 luglio 2010, con il quale sono stati stabiliti i posti disponibili a livello nazionale per le immatricolazioni in Odontoiatria e protesi dentaria, in particolare nella parte in cui limita a 12 il numero dei posti disponibili per l’Università di Ferrara;
– del bando di concorso per l’ammissione al corso di laurea ad accesso limitato a.a. 2010/2011 in “Odontoiatria e protesi dentaria” presso la Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università degli studi di Ferrara;
nonché di ogni altro atto connesso, presupposto e/o conseguenziale;
nonché per l’accertamento
– del diritto del ricorrente a ottenere l’ammissione al corso di laurea in Odontoiatria e protesi dentaria per l’anno accademico 2010/2011 presso la Facoltà di Medicina e chirurgia dell’Università di Ferrara.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca, e dell’Università degli studi di Ferrara;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 3 aprile 2014 il cons. avv. A. [#OMISSIS#] e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1.1. Il 3 settembre 2010 [#OMISSIS#] Fattori partecipò alla prova di selezione, costituita da un test a risposte multiple, per l’ammissione al corso di laurea a numero programmato di “Odontoiatria e protesi dentaria”– 12 posti, per l’anno accademico 2010/11 – presso la Facoltà di medicina e chirurgia dell’Università degli Studi di Ferrara.
1.2. Il Fattori non si classificò peraltro in posizione utile, anche per la risposta data al quesito n. 58.
Questo aveva il seguente tenore: “una donna sana ha avuto con un uomo sano un figlio maschio malato di emofilia. Qual è la probabilità che, con lo stesso uomo abbia un secondo figlio malato di emofilia?”.
Le risposte possibili erano: A) 1/16; B)1; C) 1/2; D) 1/4; E) 1/8: il Fattori scelse la risposta D), errata, mentre era ritenuta corretta quella sub C).
1.3. L’interessato impugnò allora tutti gli atti rilevanti con il ricorso in esame, sostenendo anzitutto che la formulazione della domanda era ambigua, per cui entrambe le risposte C e D sarebbero state corrette o comunque non errate, e ciò renderebbe lo stesso quiz equivoco e, quindi, illegittima ogni penalizzazione data al candidato a causa dello stesso
1.4.1. Per comprendere appieno la censura è intanto utile ricordare, semplificando al massimo, che l’emofilia è una malattia ereditaria, legata al cromosoma sessuale X.
1.4.2. Le donne hanno due cromosomi X (gli uomini un cromosoma X e un Y), e, in disparte casi eccezionali qui irrilevanti, non manifestano comunque la malattia, ma ne possono esserne portatrici sane, se uno dei due cromosomi ne sia affetto; gli uomini, viceversa, avendo un solo cromosoma X, ereditato dalla madre, possono essere soltanto sani o malati – e non portatori – a seconda di ciò che hanno ereditato da quella.
1.4.3. Così, se una donna portatrice sana concepisce con un uomo non emofiliaco – e dunque sano, in questo senso – vi sarà, per il loro figlio maschio, un’eguale possibilità di contrarre la malattia o meno, a seconda di quale dei due geni X della madre – quello sano o quello difettoso – venga a comporre il suo patrimonio genetico.
1.4.4. In conclusione, sulla base di queste nozioni, si dovrebbe linearmente concludere che la risposta corretta al quesito sia effettivamente la C, poiché la percentuale dipende da fattori genetici prestabiliti, ed è sempre del 50 per cento per ciascun figlio maschio.
1.5.1. Ora, il ricorso concorda con le premesse (e, del resto, non potrebbe fare altrimenti, trattandosi di elementari cognizioni mediche) ma non perviene alle stesse conclusioni.
1.5.2. Invero, afferma il Fattori, la risposta prevista dal Ministero presupponeva, ma senza precisarlo espressamente, “che la madre fosse portatrice sana del carattere genetico anomalo e che il secondo figlio fosse maschio”: ma tale ragionamento non avrebbe tenuto conto di alcune circostanze che, al contrario, lo avrebbero reso ambiguo.
1.5.3. Anzitutto, “può avvenire che l’emofilia s’ingeneri spontaneamente come una mutazione genetica, indipendente dal patrimonio genetico dei genitori”, sicché “esiste una piccola possibilità di avere prole portatrice di emofilia anche con genitori perfettamente sani”.
Ancora, nel quesito ci si riferisce alla madre come a una “donna sana”, senza precisare se s’intenda così una donna portatrice dell’anomalia, o esente dalla stessa del tutto; si parla poi di “figlio”, sostantivo che può indicare genericamente la prole, e non anche il sesso, che si sarebbe dunque dovuto precisare.
1.5.4. Così, prosegue il ricorrente, il quesito avrebbe consentito almeno due risposte corrette: dato che una “portatrice sana” ha circa il 50% di probabilità di generare un figlio maschio e questo ha il 50% di probabilità di essere emofiliaco, la soluzione esatta poteva essere 1/4 ovvero 1/2, a seconda del significato attribuito al sostantivo “figlio”.
Inoltre, come detto, anche una donna esente dal difetto genetico, e dunque sana, può avere eccezionalmente un figlio emofiliaco: sebbene nessuna delle risposte presentate consideri tale soluzione.
1.5.5. Insomma, il quesito, la cui ambiguità ormai sarebbe evidente, avrebbe richiesto soltanto d’individuare una risposta coerente con le premesse, utilizzando logica e conoscenze di base: la risposta fornita dal ricorrente rispondeva a tali caratteristiche, per cui sarebbe illegittima l’attribuzione di un punteggio negativo per la risposta 1/4 .
2.1. Orbene, intanto non v’è dubbio che «il vaglio giurisdizionale di ragionevolezza di un test d’ingresso a un corso di laurea non trova un limite nella mera formulazione di un questionario con domande a risposta multipla, ma — ferma rimanendo 1’insindacabilità del giudizio tecnico – si estende all’apprezzamento della congruenza e della coerenza del medesimo, rispetto alla finalità della selezione, secondo oggettivi criteri scientifici o tecnici» (C.d.S., VI, 13 settembre 2012, n. 4862).
2.2. Peraltro, proprio avvalendosi dei poteri riconosciutigli dalla citata giurisprudenza, questo Collegio non può che respingere la censura proposta.
2.3. Invero, il significato di un quesito va ricercato sia nel suo tenore complessivo, sia in ciascuno dei suoi elementi, incluse le diverse soluzioni proposte, di cui una sola deve presumersi corretta: e tale operazione esegetica è legittima parte integrante dell’impegno richiesto per risolvere il quesito stesso, con specifico riferimento alla capacità di valutazione critica da parte del candidato.
Eventuali difficoltà interpretative, emergenti a una prima lettura, sono trascurabili, se una nuova analisi critica degli elementi offerti consenta, comunque, di pervenire, nel contesto specifico, ad un unico ragionevole significato: è soltanto nel caso in cui, anche al termine di tale percorso, manchino nel quesito tutti gli elementi richiesti per la sua corretta soluzione, o esso contenga elementi contraddittori, che si dovrà emettere un giudizio d’irragionevolezza.
2.4.1. Ciò posto, e passando a considerare il quesito de quo, dovendosi presumere che una, ed una soltanto, delle risposte proposte sia quella corretta, poiché tutte le risposte propongono una percentuale definita, è da escludere che sia da prendere in considerazione l’ipotesi, affatto anomala, che la malattia sia il frutto di un’imponderabile mutazione genetica, cui non potrebbe corrispondere un numero determinato.
2.4.2. Dunque, la donna “sana” va intesa come “portatrice sana”: sicché tutta l’ambiguità del quesito risiederebbe nel riferimento al “figlio”, senza la specificazione di “maschio”.
2.4.3. Ora, il significato che un lettore non prevenuto darebbe del quesito pare semplice al Collegio: riproducendosi la stessa situazione in cui un primo figlio emofiliaco era stato generato, si stabilisca quante probabilità ci sono che lo sia anche il secondo; dove, evidentemente, la risposta corretta non solo presuppone la conoscenza delle nozioni sull’emofilia prima esposte, ma anche la consapevolezza che tale probabilità non decresce per i figli successivi al primo, come intuitivamente si potrebbe forse immaginare, ma resta ogni volta identica.
L’espressione utilizzata nel quesito, del resto, sembra indicare che il secondo figlio ha una concreta possibilità di nascere malato: ma ciò è possibile soltanto se ad essere concepito è stato un maschio.
2.4.4.
La diversa soluzione proposta dal ricorrente non tiene conto di quanto ora esposto, ma soprattutto non considera che, diversamente da quanto egli sostiene, una coppia non ha (e ciò appartiene al notorio) la stessa esatta probabilità di generare un figlio maschio o uno femmina: sicché, ancora una volta, nessuna delle soluzioni proposte dal quesito, neppure 1/4, sarebbe corretta.
2.4.5. È dunque nuovamente confermato che il testo, pur dopo una prima eventuale perplessità, a un esame più attento non poteva condurre il candidato a dubitare sul significato del quesito, che è dunque ragionevole, così com’è legittimo il relativo giudizio sfavorevole espresso dall’organo competente.
3.1. Quanto al secondo motivo di ricorso, il Fattori, dopo aver rammentato che egli si classificò primo dei non ammessi, censura la decisione ministeriale di limitare a dodici i posti messi a concorso, quando la stessa Università, nell’ambito della propria autonoma valutazione, aveva stabilito che venti posti erano congruenti con le strutture di cui s’era dotata e con le sue potenzialità formative.
3.2. La decisione assunta dal Ministero sarebbe motivata soltanto con il generico riferimento al fabbisogno professionale di odontoiatria per l’anno accademico 2010-2011: si tratterebbe invero di un criterio illogico, che pretende di valutare, sulla base della situazione corrente, quali potranno essere le necessità del mercato europeo del lavoro all’epoca in cui gli attuali immatricolati si saranno laureati.
3.3. Ancora, vi sarebbe una la palese disparità di trattamento operata tra i singoli atenei: non è comprensibile per quale motivo un ateneo, come quello ferrarese, debba avere un numero di posti disponibili inferiore a quello dell’Università di Chieti (33 unità), di Padova (28) o di Verona (22).
4.1. Orbene, anzitutto il Collegio concorda con l’orientamento giurisprudenziale, secondo il quale la ponderazione effettuata dall’Università e dal Ministero dell’istruzione, in ordine ai posti messi a concorso per l’accesso ai corsi di laurea in medicina e chirurgia, in relazione al potenziale formativo dell’ateneo, è un’attività ampiamente discrezionale posta in essere dall’Amministrazione nell’ambito di una valutazione di merito, che come tale non appare censurabile in sede di giudizio di legittimità (T.A.R. Campania Napoli, II, 1 agosto 2007, n. 7203).
4.2.1. In concreto, poi, il decreto ministeriale 2 luglio 2010 – il quale ha appunto stabilito i posti complessivamente disponibili in Italia, e presso ciascuna Università, per il corso di laurea magistrale in odontoiatria nell’anno accademico 2010/2011- richiama nel suo preambolo tutte le disposizioni generali pertinenti, nonché le attività procedimentali già realizzate.
4.2.2. È così richiamata, in particolare, la rilevazione, relativa al fabbisogno professionale di odontoiatra per l’anno accademico 2010-2011, che il Ministero della Salute ha effettuato ai sensi dell’art.6 ter del d.lgs. 502/92, e, cioè, ” ai soli fini della programmazione da parte del Ministero dell’università e della ricerca scientifica e tecnologica degli accessi ai corsi di diploma di laurea, alle scuole di formazione specialistica e ai corsi di diploma universitario”.
4.2.3. Inoltre, sono citate le considerazioni, e relative proposte, formulate dal gruppo tecnico insediato presso lo stesso Ministero, sempre ai fini della programmazione dei corsi universitari per il successivo anno accademico.
Tali proposte, per vero, tengono conto, da un canto, della potenziale offerta formativa, come deliberata dagli Atenei con espresso riferimento allo scopo di “perseguire l’obiettivo di garantire ai giovani una formazione di qualità per la durata del percorso di studi”; dall’altro, della citata rilevazione del Ministero della Salute, la quale “mette in luce un fabbisogno di professionalità a livello nazionale di molto inferiore alla potenzialità formativa del sistema universitario e avuto riguardo, comunque, alla normativa europea che prevede la libera circolazione dei professionisti”.
4.2.4. Su tale articolato fondamento, infine, il decreto ha determinato “il numero dei posti disponibili a livello nazionale per l’ammissione al corso di laurea magistrale in odontoiatria e protesi dentaria per l’anno accademico 2010/2011”, ed ha altresì disposto la ripartizione dei posti stessi tra le università.
4.3.1. Orbene, non pare dubbio al Collegio che, per quanto si desume dal suo preambolo, il provvedimento ministeriale costituisce l’esito di un’articolata ed adeguata procedura, in cui sono stati debitamente considerati i diversi interessi e aspetti coinvolti, compreso quello comunitario, ed è comunque sufficientemente motivato, sia pure per relationem, nei limiti di quanto la sua natura di atto generale possa richiedere (art. 13 l. 241/90).
4.3.2. D’altra parte, non è dubbio che, ex art.6 ter d.lgs. 502/92, prima citato, tra gli elementi di cui si doveva tenere conto nella programmazione, vi sia anche il fabbisogno professionale e non solo l’offerta formativa dei singoli atenei.
4.3.3. L’infondatezza della censura rende irrilevante ogni questione sulla corretta individuazione dei controinteressati che, rispetto alla censura de qua (o, almeno, a specifici aspetti della stessa), non sono tanto i candidati, ma le analoghe Facoltà di altri Atenei, venendo censurata la ripartizione, compiuta dal ministero, dei 789 posti complessivamente determinati per il primo anno di corso nell’a.a. 2010/11.
5. Il ricorso va in conclusione respinto, ma le spese di giudizio possono essere integralmente compensate, attesa la relativa novità delle questioni proposte ed il margine di dubbiezza sulle stesse.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per l’Emilia Romagna (Sezione Prima)
definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo rigetta.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Bologna nelle camere di consiglio del 3 aprile e 22 maggio 2014 con l’intervento dei signori magistrati:
[#OMISSIS#] d'[#OMISSIS#], Presidente
Angelo [#OMISSIS#], Consigliere, Estensore
Italo Caso, Consigliere
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 30/07/2014
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)