N. 00283/2016 REG.PROV.COLL.
N. 00039/2016 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Emilia Romagna
sezione staccata di Parma (Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 39 del 2016, proposto dal sig. [#OMISSIS#] Soliani, rappresentato e difeso dall’avvocato Bruna Bongiovanni, con domicilio eletto presso la Segreteria del Tar in Parma, Piazzale Santafiora, 7;
contro
Università degli Studi di Parma, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’Avvocatura Distrettuale di Bologna, domiciliata in Bologna, via Guido Reni 4;
per l’annullamento
del provvedimento prot. n. 103745 dell’11/11/2015 emesso dall’Università degli Studi di Parma con il quale viene negata l’iscrizione al terzo anno del corso di laurea in fisioterapia in quanto si sostiene che la convalida dei crediti formativi (CFU) relativi ad attività formative svolte in precedenza è subordinata al superamento del test di ammissione ed alla valutazione da parte del Consiglio di Corso di Laurea della relativa documentazione, escludendosi l’iscrizione automatica ad un determinato anno;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Università degli Studi di Parma;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 28 settembre 2016 il cons. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con ricorso, notificato il 15 gennaio 2016 e depositato il successivo 9 febbraio, il sig. [#OMISSIS#] Soliani impugna il provvedimento dell’11 novembre 2015 con il quale l’Università degli Studi di Parma gli rifiuta l’iscrizione al terzo anno del corso di laurea in fisioterapia, negando la convalida dei crediti di cui al diploma triennale di massaggiatore – massofisioterapista presso l’istituto Fermi Perugia srl rilasciato ai sensi della legge 403/1971 e del DM 105 del 17 febbraio 1997.
L’Università ha motivato il provvedimento affermando che la valutazione dei crediti relativi avrebbe potuto essere effettuata dagli organi accademici solo dopo il superamento della prova di ammissione e nel limite dei posti disponibili.
Avverso il suddetto provvedimento il ricorrente articola un unico motivo di ricorso nel quale deduce l’eccesso di potere per sviamento, disparità di trattamento e contraddittorietà, nonché l’errata applicazione della normativa applicabile in quanto non si è mai proceduto, come inizialmente previsto dall’art. 7 del d.lgs. 517/1993, alla individuazione delle figure professionali da formare ed alla soppressione dei corsi di studio relativi alle figure del precedente ordinamento. Ne conseguirebbe l’illegittimità del diniego di valutazione dei crediti formativi, per titoli conseguiti secondo il vecchio ordinamento, motivato dalla non riconosciuta equipollenza di detti diplomi con il diploma universitario (affermata dall’art. 4 della legge 42/1999) neanche ai fini della conversione in CFR e dalla necessità di superamento del test di ammissione, la cui ratio è incompatibile con tale impostazione, trattandosi di prova che serve ad accertare la predisposizione del candidato
Da tale ricostruzione della normativa deriverebbe, secondo la tesi attorea, l’illegittimità del diniego, poiché la vigente normativa non prevede che per ottenere la riconversione dei crediti formativi non universitari sia necessario il superamento del test di ingresso. Inoltre mancherebbe la ratio della previsione del test, che serve a verificare la predisposizione al percorso di studio, avendo il ricorrente già conseguito un titolo equipollente.
L’Università degli Studi di Parma ha depositato una relazione illustrativa della vicenda sub judice.
Alla udienza del 28 settembre 2016 il ricorso è stato ritenuto in decisione.
DIRITTO
Il ricorso è fondato in parte, nei limiti e nei termini meglio appresso specificati.
Oggetto del gravame è la valutazione, ai fini della riconversione dei crediti formativi da parte dell’Università del diploma triennale di massaggiatore, massofisioterapista, conseguito presso l’Istituto [#OMISSIS#] Fermi, rilasciato il 4 luglio 2013, ai sensi e per gli effetti della legge 403/1971 e del D.M. 105 del 17 febbraio 1997, per l’iscrizione al terzo anno del corso di laurea in fisioterapia e senza il previo superamento del test di ammissione.
Per quanto riguarda la questione relativa alla subordinazione della riconversione dei titoli formativi, per l’iscrizione ad anni successivi al primo, al superamento del test di ammissione, essa è stata trattata e decisa dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 1/2015 e dalla successiva giurisprudenza (v. Cons. Stato, VI, 4 giugno 2015 n. 2746) le quali hanno chiarito che: 1) l’art. 4 l. 2 agosto 1999, n.264 subordina l’ammissione ai corsi, i cui accessi sono programmati a livello nazionale (art. 1) o dalle singole università (art. 2), al “previo superamento di apposite prove di cultura generale, sulla base dei programmi della scuola secondaria superiore, e di accertamento della predisposizione per le discipline oggetto dei corsi medesimi”; 2) la locuzione “ammissione” contenuta nella norma sopra citata fa riferimento al solo “primo accoglimento dell’aspirante nel sistema universitario”; 3) nel definire “modalità e contenuti delle prove di ammissione ai corsi di laurea ad accesso programmato a livello nazionale a.a.2012-2013”, il d.m. 28 giugno 2012 usa indifferentemente i termini di “ammissione” ed “immatricolazione”, facendo riferimento quest’ultimo allo studente che si iscriva al primo anno di corso.
Ne consegue che, anche per i corsi ad accesso programmato diversi da Medicina, l’esame di ammissione riguarda esclusivamente l’accesso al primo anno di corso (così Tar Milano III 1441 2016 vedi anche Tar Lazio III bis – n. 07520/2015).
L’Ad. Plen. n. 1/2015 ha poi precisato che “il principio regolante l’iscrizione è unicamente quello del riconoscimento dei crediti formativi” (dec. cit., punto 4.4 nonché analogo riferimento contenuto a pag. 30), nell’ “ indefettibile limite dei posti disponibili per il trasferimento, da stabilirsi in via preventiva per ogni anno accademico e per ciascun anno di corso dalle singole Università sulla base del dato concernente la concreta potenzialità formativa di ciascuna, alla stregua del numero dei posti rimasti per ciascun anno scoperti rispetto al numero massimo di studenti immatricolabili (…) per ciascuno di quegli anni ad esse assegnato” (dec. cit., p.34).
Da quanto detto consegue l’illegittimità del provvedimento impugnato nella parte in cui ha rigettato la domanda del ricorrente per non avere quest’ultimo superato il test di ammissione, riguardante esclusivamente l’immatricolazione al primo anno.
Per quanto attiene, invece, al riconoscimento dei crediti formativi sulla base del diploma conseguito dal ricorrente, si rende opportuna una ricostruzione del quadro normativo.
Viene innanzitutto in rilievo l’art. 1, comma 1, l. 19 maggio 1971, n. 403 (nuove norme sulla professione e sul collocamento dei massaggiatori e massofisioterapisti ciechi), che ha riconosciuto carattere libero professionale alla “professione sanitaria ausiliaria” di massaggiatore e massofisioterapista, con conseguente necessità di previa abilitazione dei diplomati da una scuola di massaggio e massofisioterapia statale o autorizzata con decreto del Ministro per la sanità (cfr. CdS IV 567/1985).
Con l’art. 6, comma 3, d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 502 (denominata seconda riforma sanitaria)
è stata demandata al Ministro della sanità l’individuazione delle figure professionali da formare e dei relativi profili.
La disposizione, come modificata dal decreto legislativo 517/1993, prevede che:
“A norma dell’art. 1, lett. o), l. 23 ottobre 1992, n. 421, la formazione del personale sanitario infermieristico, tecnico e della riabilitazione avviene in sede ospedaliera ovvero presso altre strutture del Servizio sanitario nazionale e istituzioni private accreditate. I requisiti di idoneità e l’accreditamento delle strutture sono disciplinati con decreto del Ministro dell’università e della ricerca scientifica e tecnologica d’intesa con il Ministro della sanità. Il Ministro della sanità individua con proprio decreto le figure professionali da formare ed i relativi profili. Il relativo ordinamento didattico è definito, ai sensi dell’art. 9 l. 19 novembre 1990, n. 341, con decreto del Ministro dell’università e della ricerca scientifica e tecnologica emanato di concerto con il Ministro della sanità. Per tali finalità le regioni e le università attivano appositi protocolli di intesa per l’espletamento dei corsi di cui all’art. 2 l. 19 novembre 1990, n. 341. […] I corsi di studio relativi alle figure professionali individuate ai sensi del presente articolo e previsti dal precedente ordinamento che non siano stati riordinati ai sensi del citato art. 9 della legge 19 novembre 1990, n. 341, sono soppressi entro due anni a decorrere dal 1° gennaio 1994, garantendo, comunque, il completamento degli studi agli studenti che si iscrivono entro il predetto termine al primo anno di corso”.
In attuazione di tale previsione, il Ministro della sanità, con d.m. 14 settembre 1994, n. 741 (regolamento concernente l’individuazione della figura e del relativo profilo professionale del fisioterapista), ha individuato il profilo professionale e il percorso formativo del fisioterapista.
A regime solo il diploma universitario di fisioterapista abilita all’esercizio della relativa professione, tuttavia, in via transitoria, al fine di regolare il passaggio dal vecchio al nuovo ordinamento, è prevista l’adozione di un decreto interministeriale che individui i diplomi in precedenza conseguiti che possano considerarsi equipollenti al nuovo titolo universitario ai fini dell’esercizio dell’attività professionale e dell’ammissione ai pubblici concorsi.
Con la l. 26 febbraio 1999, n. 42 (disposizioni in materia di professioni sanitarie), c.d. terza riforma sanitaria, per il passaggio dal vecchio ordinamento al nuovo, fondato sul previo conseguimento del diploma universitario, veniva introdotta una disciplina transitoria (v. art. 4, comma 1, della stessa legge) riguardante i diplomi conseguiti in base alla normativa precedente quella di attuazione dell’art. 6, comma 3, d.lgs. n. 502 del 1992.
Il citato art. 4, al comma 2, demandava ad apposito decreto del Ministero della sanità, di concerto con il Ministero dell’università e della ricerca scientifica, la definizione dei criteri per il riconoscimento come equivalenti ai diplomi universitari di cui all’art. 6, comma 3, d.lgs. n. 502 del 1992, ai fini dell’esercizio professionale e dell’accesso alla formazione post-base, degli ulteriori titoli acquisiti anteriormente all’emanazione dei decreti di individuazione dei profili professionali.
In attuazione dell’art. 4 l. 26 febbraio 1999, n. 42 è poi stato emanato il d.m. 27 luglio 2000 il quale stabiliva, all’art. 1, l’equipollenza dei diplomi e degli attestati, conseguiti in base alla normativa precedente a quella attuativa dell’art. 6, comma 3, d.lgs. n. 502 del 1992 (indicati nella sezione B della riportata tabella), ai sensi dell’art. 4, comma 1, l. n. 42 del 1999, al diploma universitario di fisioterapista, di cui al decreto 14 settembre 1994, n. 741 del Ministro della sanità indicato nella sezione A della stessa tabella, ai fini dell’esercizio professionale e dell’accesso alla formazione post-base.
L’art. 7 d.lgs. n. 7 dicembre 1993, n. 517, modificativo dell’art. 6, comma 3, del d.lgs. n. 502 del 1992, ove prevedeva che il Ministro della sanità avrebbe dovuto individuare le figure professionali da formare e i relativi profili, con conseguente soppressione, entro due anni dal 1 gennaio 1994, dei corsi di studio relativi alle figure professionali così individuate e previsti dal precedente ordinamento, che non fossero stati già riordinati ai sensi dell’art. 9 l. 19 novembre 1990, n. 34, non ha trovato attuazione, con conseguente mancata soppressione dei corsi e sopravvivenza dei corsi di formazioni previsti dal precedente regime.
In questo contesto giuridico, il Consiglio di Stato, sez. IV, con la sentenza n. 3218 del 30 maggio 2011, con argomentazioni condivise dal Collegio, ha puntualizzato che:
– l’art. 4 l. n. 42 del 1999 non va considerato come norma “a regime”, applicabile estensivamente anche ai titoli conseguiti successivamente (sulla scorta della precedente normativa: l. 10 maggio 1971, n. 403, in relazione al diploma di massofioterapista) avendo la norma finalità transitoria, volta a consentire che i (soli) titoli rilasciati dalle scuole regionali nel previgente sistema potessero essere equiparati a quelli di nuova istituzione (qualificati da un diverso e più impegnativo iter di conseguimento);
– pur nell’esclusività del nuovo sistema basato sulla formazione universitaria, la legge ha insomma consentito ai possessori dei diplomi regionali, già conseguiti nel vigore della precedente disciplina, di poter continuare ad operare in campo professionale.
Di converso, in materia di riconoscimento di crediti formativi universitari, l’art. 5, ultimo comma, d.m. 3 novembre 1999, n. 509, disponeva che “le università possono riconoscere come crediti formativi universitari, secondo criteri predeterminati, le conoscenze e abilità professionali certificate ai sensi della normativa vigente in materia, nonché altre conoscenze e abilità maturate in attività formative di livello postsecondario alla cui progettazione e realizzazione l’università abbia concorso”.
Simile previsione è contenuta all’art. 5, comma 7, d.m. 22 ottobre 2004, n. 270, integralmente sostitutivo del precedente d.m.
In sintesi, mediante il d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 502 (di riordino della disciplina in materia sanitaria) è stato ridefinito il profilo di fisioterapista, quale operatore sanitario in possesso del diploma universitario abilitante (cfr. d.m. 14 settembre 1994, n. 741, art. 1, recante regolamento concernente l’individuazione della figura e del relativo profilo professionale del fisioterapista).
Il d.m. 27 luglio 2000, sull’equipollenza di diplomi e di attestati al diploma universitario di fisioterapista, di attuazione dell’art. 4, comma 1, l. 26 febbraio 1999, n. 42 – ha stabilito la sola equipollenza tra i diplomi e gli attestati conseguiti prima della riforma (al di fuori di strutture universitarie) e il diploma universitario di fisioterapista di cui al d.m. 14 settembre 1994 n. 741.
Nel caso in esame, tuttavia, viene in rilievo la diversa questione dell’equipollenza della valutabilità del diploma triennale conseguito dopo il 1997 ai fini della riconversione creditizia.
Al riguardo il giudice di appello, nella citata pronuncia, sulla scorta del rilievo che: “. In questo complesso sistema, i corsi formativi organizzati dalle regioni non risultano essere stati interrotti”, ha affermato che il venir meno dell’equipollenza dei diplomi di formazione professionale successivi al 1997 con le attuali lauree universitarie in materia sanitaria non implica – come aveva reputato l’Università – che tali diplomi regionali siano da considerare inefficaci.
Il giudice d’appello ha quindi “ritenuto che le regioni potevano continuare a svolgere anche successivamente al riassetto dell’intero sistema (di cui al d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 502, art. 6) le attività di formazione professionale, stante la diversità della “tipologia di formazione delle finalità dei corsi, del valore dei titoli rilasciati” rispetto a quella di livello universitario, così che – ferma restando la differenza fra la formazione professionale regionale e quella statale (la quale sola è direttamente connessa all’attività di formazione culturale e scientifica realizzata in sede di istruzione superiore ed universitaria) – i corsi e i diplomi regionali continuano ad avere efficacia per le professioni sanitarie (aggettivate come “ausiliarie”), sia pure con utilità minori e diverse dall’abilitazione diretta alla professione stessa (Cons. Stato, IV, 5 agosto 2003, n. 4476).
La mancanza di equipollenza alla laurea e l’inidoneità dei diplomi, che nel precedente regime abilitavano all’esercizio della professione, non comportano, quindi, l’inutilità degli stessi alla luce della normativa sopra richiamata.
Per quanto riguarda poi il loro valore, ovvero il numero di crediti formativi a cui danno diritto,
detto titolo di studio deve essere specificamente valutato dall’Università ai fini dell’attribuzione di crediti formativi per il conseguimento della laurea di primo livello: è infatti l’Università che procede alla valutazione della verifica degli studi compiuti in base ai precedenti ordinamenti didattici ai fini dell’individuazione dei relativi crediti formativi.
In conformità all’espresso disposto dell’art. 5, comma 7 del dm 22/10/2004 n. 270 , ove prevede che “Le università possono riconoscere come crediti formativi universitari, secondo criteri predeterminati, le conoscenze e abilità professionali certificate ai sensi della normativa vigente in materia, nonché altre conoscenze e abilità maturate in attività formative di livello postsecondario alla cui progettazione e realizzazione l’università abbia concorso”, spetta all’Ateneo la verifica dei crediti acquisiti nel corso di studi completato con il diploma conseguito presso l’istituto Fermi (cfr. Tar Piemonte, I , n. 00373/2016 e T.A.R. Sicilia Palermo, sez. I, 25 febbraio 2005, n. 243).
Ne consegue che non può operare l’invocata iscrizione automatica al terzo anno di corso, come preteso dal ricorrente, mancando di alcun supporto normativo una quantificazione dei crediti formativi derivanti dai diplomi rilasciati dalle regioni a far data dal 1997 per i quali la giurisprudenza condivisa dal Collegio si è limitata ad escludere la totale inefficacia, ben potendo tali titoli essere valutati da parte del singolo Ateneo in relazione all’attinenza con la disciplina di laurea ai sensi del sopra citato d.m. 270/2004.
Per quanto osservato il ricorso va accolto nei termini e nei limiti sopra evidenziati e fatte salve le ulteriori determinazioni dell’amministrazione con riferimento alla verifica in concreto della disponibilità di posti nonché dei crediti acquisiti.
Le spese di lite, alla luce della parziale soccombenza, sono compensate.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per l’Emilia Romagna sezione staccata di Parma (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie nei termini e nei limiti di cui in motivazione e per l’effetto annulla la nota in epigrafe della Università degli studi di Parma, fatti salvi gli ulteriori provvedimenti dell’amministrazione.
Compensa le spese.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Parma nella camera di consiglio del giorno 28 settembre 2016 con l’intervento dei magistrati:
[#OMISSIS#] Conti, Presidente
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Consigliere, Estensore
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Consigliere
Pubblicato il 11/10/2016