Nonostante l’intervenuta sentenza della Corte costituzionale, 9 maggio 2013, n. 83, con cui si è dichiarata l’illegittimità dell’art. 25, l. 30 dicembre 2010, n. 240, va chiarito che già l’art. 1, commi 17 e 19, l. 4 novembre 2005 n. 230 aveva fissato il limite di età per il collocamento a riposo dei professori universitari al termine dell’anno accademico nel corso del quale si è compiuto il settantesimo anno di età. Di conseguenza, il biennio di proroga di cui all’art.16 D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 503, richiamato nel predetto art.1, comma 17, l. n. 230/2005, deve intendersi riferito al trattenimento in servizio oltre il limite di età, ovvero per gli anni successivi al settantesimo.
TAR Emilia Romagna, Parma, Sez. I, 13 luglio 2016, n. 228
Trattenimento in servizio professori universitari fino al termine dell'anno accademico compimento settantesimo anno di età
N. 00228/2016 REG.PROV.COLL.
N. 00258/2011 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Emilia Romagna
sezione staccata di Parma (Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 258 del 2011, proposto dai professori [#OMISSIS#] Rossolini, [#OMISSIS#] Csermely, Angelo [#OMISSIS#], [#OMISSIS#] Nicolodi, [#OMISSIS#] Colavolpe, Stephan [#OMISSIS#], [#OMISSIS#] Minarini, [#OMISSIS#] Grandi, [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Emilia Fisicaro, Giovanni Chiorboli, [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], [#OMISSIS#] Bononi, [#OMISSIS#] Allegra, [#OMISSIS#] Cagnoni, [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], [#OMISSIS#] Bonvicini, [#OMISSIS#] Scarpignato, Gisele Fischer, [#OMISSIS#] Selleri, [#OMISSIS#] Conti, rappresentati e difesi dall’avvocato [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], con domicilio eletto presso il suo studio in Parma, via Rondani, 6;
contro
Università degli Studi di Parma, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa per legge dall’Avvocatura Distrettuale di Bologna, domiciliata in Bologna, via Guido Reni 4;
per l’accertamento
del diritto dei ricorrenti di permanere in servizio presso l’Università di Parma fino al termine dell’anno accademico nel quale ciascuno di loro compirà il settantesimo anno di età,
e per il conseguente annullamento previa sospensione
dei provvedimenti con i quali il Rettore dell’Università di Parma ha comunicato agli interessati che essi resteranno in servizio attivo fino al termine dell’anno accademico in cui compiranno il sessantottesimo anno di età;
di tutti gli atti presupposti, connessi o conseguenti.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Università degli Studi di Parma;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 29 giugno 2016 il cons. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] [#OMISSIS#]; nessuno è intervenuto per le parti;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con ricorso, notificato all’Università di Parma il 26 aprile 2011 e depositato il successivo 9 maggio, i ricorrenti, tutti professori esercitanti attività tecnico-didattica presso l’Università degli studi di Parma, chiedono l’accertamento del loro diritto di permanere in servizio presso l’Ateneo fino al termine dell’anno accademico nel quale ciascuno di loro compirà il settantesimo anno di età ed impugnano le note con cui l’amministrazione ha comunicato loro la non applicazione dell’art. 16 del decreto legislativo 503/1992 con conseguente decadenza, alla data di entrata in vigore della legge 30 dicembre 2010 n. 240, dei provvedimenti adottati dalle università ai sensi della disposizione di cui all’art. 16 citato e collocamento a riposo di ciascuno di essi al termine dell’anno accademico in corso al compimento del 68° anno di età.
A sostegno della domanda deducono l’incompetenza e/o la violazione ed erronea applicazione del disposto di cui all’art. 1, n. 17 e n. 19, della legge 230/2005 e/o l’eccesso di potere, argomentando in ordine alla errata interpretazione data dall’Università della legge sopra citata, la quale, ad avviso dei ricorrenti e secondo la giurisprudenza del giudice amministrativo, ha introdotto il limite unico del 70° anno per il collocamento a riposo, con conseguente irrilevanza, sulle posizioni dei ricorrenti, del provvedimento di permanenza in servizio adottato ai sensi del decreto legislativo 503/92 a seguito della entrata in vigore della disposizione di cui alla legge 240/2010.
Si è costituita l’amministrazione intimata chiedendo la reiezione del ricorso.
Con ordinanza n. 245 del 26 maggio 2011 la Sezione ha respinto l’istanza cautelare, proposta per la sola ricorrente Fischer Gisele, per mancanza dei presupposti.
L’istanza è stata riproposta, con atto del 12 aprile 2011, per i soli professori Fisher Gisele e [#OMISSIS#] Angelo.
L’amministrazione si è difesa anche su detta ulteriore istanza chiedendone la reiezione.
Alla camera di consiglio del 9 maggio 2012 il difensore dei ricorrenti ha chiesto darsi atto della cessazione della materia del contendere per i professori Fisher e [#OMISSIS#], avendo l’amministrazione provveduto in senso a loro favorevole insistendo, tuttavia, per la condanna alle spese.
Il difensore dell’amministrazione, viceversa, pur confermando l’intervenuta adozione del provvedimento di trattenimento in servizio fino al 70° anno di età, ha chiesto disporsi la compensazione delle spese.
Il Tribunale, con sentenza breve parziale n. 187/2012 ha dichiarato la cessazione della materia del contendere limitatamente ai ricorrenti professori Fisher e [#OMISSIS#] e la prosecuzione del giudizio per gli altri.
Alla pubblica udienza del 29 giugno 2016 il ricorso è stato trattenuto in decisione per la definizione del giudizio in relazione agli altri ricorrenti.
DIRITTO
Il ricorso è fondato.
Con i provvedimenti impugnati l’Università di Parma, in asserita applicazione del disposto di cui all’art. 25 della legge 240/2010, ha comunicato agli istanti che sarebbero stati trattenuti in attività di servizio fino al compimento del 68° anno di età, avendo ritenuto che, per effetto della novella del 2010, il limite ordinario di collocamento a riposo per i professori ordinari sarebbe stato ripristinato a 68 anni, non applicandosi più ai professori universitari, ai sensi del citato articolo 25 della legge 240/2010, la previsione di cui all’art. 16 del d.lgs. 503/1992 che consentirebbe loro la permanenza in servizio per un biennio oltre il limite d’età.
Nelle more della udienza di merito è intervenuta la sentenza n. 83 del 2013 con la quale la Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 25 della legge 240/2010 per violazione: a) dell’art. 3 Cost., in quanto «non è dato individuare ragioni idonee a giustificare, per la sola categoria dei professori e ricercatori universitari, l’esclusione dalla possibilità di avvalersi del trattenimento in servizio» disciplinato dall’art. 16, comma 1 del d.lgs. 503/1992; b) dell’art. 97 Cost., in quanto preclude un possibile impiego di «docenti in grado di dare un positivo contributo per la particolare esperienza professionale acquisita in determinati o specifici settori ed in funzione dell’efficiente andamento dei servizi».
Con l’intervento del Giudice delle leggi abrogativo dell’articolo 25 della legge 240/2010 le impugnate comunicazioni dell’Università risultano superate, essendo venuto meno il presupposto normativo sulla cui base l’Università avrebbe ritenuto fissato al 68° anno il collocamento a riposo dei professori destinatari delle stesse.
Tuttavia, nonostante l’intervenuta sentenza della Corte Costituzionale, va chiarito che già l’art. 1, commi 17 e 19, della Legge n.230 del 2005 aveva fissato il limite di età per il collocamento a riposo dei professori universitari al termine dell’anno accademico nel corso del quale si è compiuto il settantesimo anno di età.
Di conseguenza, il biennio di proroga, di cui all’art.16 del d.lgs. n.503 del 1992 (poi abrogato dall’art.1, comma 1 del d.l. n. 90 del 2014, conv. in Legge n.114 del 2014), richiamato nel predetto art.1, comma 17 della Legge n.230 del 2005, deve intendersi riferirsi al trattenimento in servizio oltre il limite di età, ovvero per gli anni successivi al settantesimo.
L’art. 16, comma 1, del d.lgs. n. 503 del 1992 prevede, infatti, che: «È in facoltà dei dipendenti civili dello Stato e degli enti pubblici non economici di permanere in servizio, con effetto dalla data di entrata in vigore della legge 23 ottobre 1992, n. 421, per un periodo massimo di un biennio oltre i limiti di età per il collocamento a riposo per essi previsti. In tal caso è data facoltà all’amministrazione, in base alle proprie esigenze organizzative e funzionali, di trattenere in servizio il dipendente in relazione alla particolare esperienza professionale acquisita dal dipendente in determinati o specifici ambiti ed in funzione dell’efficiente andamento dei servizi”.
L’art. 25 della legge n. 240 del 2010, nello stabilire che: «L’art. 16 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 503 non si applica a professori e ricercatori universitari” e che “ I provvedimenti adottati dalle università ai sensi della predetta norma decadono alla data di entrata in vigore della presente legge, ad eccezione di quelli che hanno già iniziato a produrre i loro effetti», poteva riguardare solo eventuali provvedimenti di permanenza in servizio oltre il limite dei 70 anni e non anche del 68°, non vigendo più detto limite per i professori universitari ai sensi della legge sopra citata del 2005.
Atteso che con i provvedimenti impugnati l’amministrazione ha dimostrato di avere dato una inesatta interpretazione dell’art. 25 della legge 240/2010, comunicando la decadenza dei provvedimenti che avevano disposto la permanenza in servizio oltre il 68° anno di età e fino al 70°, essi vanno annullati.
Le spese di giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo a favore dei ricorrenti per i quali non è intervenuta la sentenza parziale n. 187/2012 di cessazione della materia del contendere.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per l’Emilia Romagna sezione staccata di Parma (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto annulla i provvedimenti impugnati.
Condanna l’Università degli Studi di Parma al pagamento delle spese di giudizio a favore dei ricorrenti – come individuati in motivazione – che liquida in complessivi euro 2.000,00 (duemila/00) oltre accessori di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Parma nella camera di consiglio del giorno 29 giugno 2016 con l’intervento dei magistrati:
[#OMISSIS#] Conti, Presidente
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Consigliere, Estensore
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Consigliere
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 13/07/2016
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)