REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 5243 del 2013, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
[#OMISSIS#] CAPPELLETTI, rappresentata e difesa dagli avvocati Massimo Andreis e [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], con domicilio eletto presso lo studio del secondo in Roma, Via [#OMISSIS#] Da Palestrina 63;
contro
Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca, in persona del Ministro in carica, rappresentato e difeso per legge dall’Avvocatura dello Stato, presso la sede della quale è domiciliato in Roma, Via dei Portoghesi, 12;
nei confronti di
[#OMISSIS#] GALLO, rappresentata e difesa dagli avv. [#OMISSIS#] Pinnarò, [#OMISSIS#] Cicala, [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] Savio De [#OMISSIS#], con domicilio eletto presso il loro studio in Roma, Via Bocca di Leone, 78;
Massimo [#OMISSIS#];
per l’annullamento
del decreto adottato dal Rettore dell’Università degli Studi di Verona del 13 marzo 2013 n. 655, con il quale è stata accertata la regolarità degli atti della procedura di selezione per la copertura di un posto di ricercatore con contratto a tempo determinato per il settore concorsuale l0/F1 -Letteratura italiana- Settore scientifico Disciplinare LFIL- LET/lO Letteratura italiana presso il Dipartimento di Filologia, Letteratura e Linguistica dell’Università degli Studi di Verona con approvazione della graduatoria di merito che vede quale prima graduata la candidata Dott.ssa Gallo [#OMISSIS#] e dichiarazione della stessa quale vincitrice della selezione;
degli atti adottati dalla Commissione giudicatrice della procedura di selezione di cui sopra e in particolare di tutti i verbali della Commissione e dei loro allegati, nonché della relazione finale, della graduatoria conseguente e della individuazione nella Dott.ssa [#OMISSIS#] Gallo della candidatacomparativamente più meritevole;
della nota del Rettore dell’Università di Verona del 20 marzo 2013 n. 14968, con la quale è stata riscontrata la nota della ricorrente volta a segnalare perplessità derivanti dal riesame del bando diconcorso con riguardo alle pubblicazioni valutabili e ai criteri di valutazione dei titoli e delle pubblicazioni, nonché dell’art. 6 comma 5 del bando della procedura di selezione per la copertura di l posto di ricercatore a tempo determinato presso il Dipartimento di Filologia, Letteratura e Linguistica, nella parte in cui debba intendersi nel senso che sono valutabili come pubblicazioni anche i testi accettati per la pubblicazione per i quali non si sia proceduto a deposito legale;
dell’art. 3 comma l del decreto ministeriale 25 maggio 2011 n. 243 nella parte in cui debba intendersi nel senso che siano ammessi a valutazione della produzione scientifica non solo lepubblicazioni, ma anche i testi in bozza accettati per la pubblicazione (art. 3, comma l del citato D.M);
nonché per l’annullamento e/o la declaratoria di inefficacia del contratto di lavoro subordinato se già stipulato con la candidata risultata vincitrice della procedura di valutazione.
Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca e di [#OMISSIS#] Gallo;
Visto il ricorso incidentale proposto dalla controinteressata [#OMISSIS#] Gallo e depositato in data 28 giugno 2013;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 18 maggio 2016 il Cons. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO
La ricorrente ha partecipato alla procedura di selezione per la copertura di un posto di ricercatore con contratto a tempo determinato presso l’Università di Verona nel settore concorsuale 10/F1 – Letteratura Italiana, svoltasi tra il 2012 ed i primi mesi dell’anno 2013.
Con decreto rettorale n. 655 del 13 marzo 2013, è stata dichiarata vincitrice la controinteressata D.ssa [#OMISSIS#] Gallo con punti 75,1 mentre la ricorrente si è classificata al secondo posto con punti 57,3.
Avverso tale esito e tutti gli atti ad esso connessi (tra cui l’art. 3, comma 1, del DM 25 maggio 2011 n. 243) ha proposto impugnativa la ricorrente,chiedendone l’annullamento, previa sospensione dell’esecuzione, per i seguenti motivi:
1) violazione di legge in riferimento all’art. 3, comma 1, del DM 25 maggio 2011 n. 243 nonché in riferimento alla legge 15 aprile 2004 n. 106 e al dpr 3 maggio 2006 n. 252 ed ancora in riferimento all’art. 4 del bando di selezione indetto con decreto rettorale 4 giugno 2012; eccesso di potere per contraddittorietà.
La commissione, con riferimento alla controinteressata Gallo, ha valutato una monografia (dal titolo “Gian [#OMISSIS#] Gravina, Delle antiche favole”) non ancora pubblicata; il lavoro è stato infatti prodotto in bozza in sede di procedura concorsuale insieme ad una lettera dell’editore datata 27 giugno 2012 che dichiarava che il predetto volume sarebbe stato pubblicato entro la fine di quell’anno.
Ora, gli artt. 4 e 6 del bando di concorso, letti in combinato disposto, prevedono che possono essere presi in considerazione soltanto i testi accettati per la pubblicazione secondo le norme vigenti (art. 6) ovvero le opere per le quali si sia proceduto al deposito legale come previsto dal precedente art. 4; pertanto, posto che non risulta che la monografia della controinteressata sia stata oggetto di deposito legale, non poteva essere presa in considerazione dalla commissione che, al contrario, ha riconosciuto ben 18 punti alla d.ssa Gallo per quell’opera;
2) violazione di legge in riferimento all’art. 97 Cost., all’art. 24 della legge 30 dicembre 2010 n. 240 nonché con riferimento all’art. 1 comma 7 del decreto legge 10 novembre 2008 n. 180 convertito in legge n. 1 del 2009 ed ancora con riferimento all’art. 17 della legge n. 400 del 1988; eccesso di potere per illogicità e contraddittorietà.
Non è condivisibile l’interpretazione che si vuole dare all’art. 3, comma 1, del D.M. n. 243/2011 nella parte in cui consentirebbe di produrre testi anche solo accettati per la pubblicazione.
Ciò si pone in contrasto con la stessa legge n. 240 del 2010 che, nell’ambito delle procedure di reclutamento universitario, fa riferimento alle pubblicazioni dei candidati e tale indicazione non può certo essere intesa nel senso di accettare anche i testi in corso di pubblicazione.
Va, altresì, osservato che il D.M. n. 243/2011, avendo natura normativa, avrebbe dovuto seguire la procedura seguita dall’art. 17 della legge n. 400 del 1988 che, invece, non è stata rispettata con conseguente illegittimità di quel decreto.
A ciò si aggiunga che l’art. 3, comma 2, lett. c) del D.M. n. 243/2011 prevede, quale criterio di valutazione,che per le pubblicazioni scientifiche debba essere valutata la diffusione all’interno della comunità scientifica; ora la monografia della controinteressata non era stata ancora pubblicata e, quindi, tale criterio non poteva essere preso in considerazione dalla commissione;
3) violazione di legge con riferimento all’art. 1 del bando della procedura di valutazione comparativa indetta con decreto rettorale 4 giugno 2012 con riguardo al contratto presso il Dipartimento di filologia, letteratura e linguistica; eccesso di potere per travisamento dei fatti ed erronea valutazione dei presupposti.
La valutazione operata dalla Commissione non ha tenuto conto, come peraltro previsto dall’art. 6, comma 2 del bando, del profilo del candidato relativamente al progetto ed al programma di ricerca di cui al settore concorsuale di riferimento.
In questo quadro, non è stato dato alcun peso alla “epistolografia dei secoli XVII e XVIII” che invece era indicato nel progetto/programma di ricerca del settore di che trattasi;
4) eccesso di potere per disparità di trattamento, manifesta illogicità e irrazionalità.
In analoghe procedure svolte presso altri Dipartimenti (ovvero tutte quelle bandite dal Rettore in data 4 giugno 2012), le commissioni non hanno preso in considerazione testi in corso di pubblicazione ed i profili dei candidati sono stati valutati in rapporto al programma/progetto di ricerca da svolgere; ciò ha determinato una disparità di trattamento che inficia la selezione qui impugnata;
5) violazione di legge con riferimento all’art. 24, comma 2, della legge n. 240 del 2010 nonché con riferimento all’art. 3 del DM 25 maggio 2011 n. 243 ed ancora con riferimento all’art. 6 della procedura di selezione e ai principi generali in materia di procedimenti concorsuali di valutazione comparativa; violazione di legge in riferimento all’art. 97 Cost. nonché con riferimento all’art. 1 della legge n. 241 del 1990; eccesso di potere per travisamento dei fatti ed erronea valutazione dei presupposti.
Nell’ambito della procedura di selezione di che trattasi, la cui valutazione è distinta in due fasi procedimentali ai sensi dell’art. 24, comma 2, lett. c) della legge n. 240 del 2010 (ovvero una fase preliminare in cui viene dato un giudizio analitico sui titoli, sul curriculum e sulla produzione scientifica dei candidati e un’altra in cui vengono attribuiti i punteggi ai titoli ed alle pubblicazioni presentati dagli interessati), il D.M. 243/2011 indica criteri di valutazione che tuttavia non risultano rispettati dalla commissione esaminatrice.
Risulta, poi, che, nella riunione preliminare, la commissione abbia proceduto ad attribuire un peso del 40% al curriculum e del 60% alle pubblicazioni; tale ponderazione è stata effettuata successivamente all’apertura dei plichi come risulta dall’allegato 1 del verbale n. 2 della commissione (che dà conto delle operazioni svolte durante le riunioni tenute dall’11 ottobre al 17 dicembre 2012).
Tuttavia, a fronte di tale ponderazione, la commissione non ha dettato criteri per l’articolazione dei giudizi da formulare in relazione ai titoli posseduti dai candidati.
Lo stesso vale con riferimento alle pubblicazioni in cui la commissione, dopo aver previsto un peso non superiore al 60%, ha ripartito tale ponderazione in 35% per le monografie ed in un altro 25% per gli articoli, ma senza tuttavia stabilire una soglia massima di punteggio attribuibile nei distinti ambiti (avendo solo stabilito di attribuire, per le monografie, un punteggio compreso tra 1 e 18 punti e, per gli articoli, da 0 a 0,7).
Successivamente, la ricorrente ha proposto motivi aggiunti, depositati in giudizio in data 7 giugno 2013, con cui ha inteso integrare il terzo ed il quinto motivo del ricorso introduttivo del giudizio e proporne uno nuovo. In particolare, la ricorrente ha dedotto quanto segue:
– nel giudizio formulato dalla commissione sulla ricorrente, è stata apprezzata l’approfondita conoscenza dei generi letterari del Settecento (”soprattutto i carteggi”) ma ciò avrebbe dovuto portare all’attribuzione di un punteggio maggiore in ragione della conformità di tale profilo con il programma della ricerca;
– l’attribuzione dei punteggi dati dalla commissione alle pubblicazioni segue un ordine diverso rispetto all’elenco fornito dalla ricorrente; lo stesso vale per la controinteressata dove, nell’all. 1 del verbale n. 2, le pubblicazioni nn.48-51 risultano non valutate mentre nella relazione finale (all. 1 al verbale n. 3) ricevono un punteggio di 0,3;
– l’attribuzione di 18 punti alla monografia della d.ssa Gallo (quella presentata in bozza) non è giustificabile in quanto non può dirsi rispettato il criterio C) di cui al D.M.n. 243/2011 avente ad oggetto la rilevanza scientifica della collocazione editoriale della pubblicazione posto che il predetto scritto non risultava ancora pubblicato.
Altresì, la ricorrente propone il seguente ulteriore motivo:
– violazione di legge con riferimento all’art. 3 della legge n. 241 del 1990 nonché con riferimento al principio di verbalizzazione; eccesso di potere per difetto di istruttoria.
Il verbale n. 2 dà conto delle operazioni svolte durante sette sedute ma nulla è verbalizzato con riferimento a ciò che è effettivamente avvenuto in ognuna di quelle riunioni né risulta indicata la loro durata; ciò si pone in contrasto con i principi in materia di verbalizzazione con conseguenti effetti sulla legittimità della procedura.
Si sono costituiti in giudizio il Ministero intimato e la controinteressata per resistere al ricorso.
In particolare, la d.ssa Gallo ha proposto ricorso incidentale, depositato in giudizio il 28 giugno 2013, proponendo le seguenti censure:
– violazione e falsa applicazione dell’art. 6 del bando di concorso; violazione e falsa applicazione della legge n. 240 del 2010 e del DM 25 maggio 2011 n. 243; eccesso di potere per ingiustizia e disparità di trattamento.
Secondo quanto previsto dai criteri fissati dalla commissione nel verbale n. 2, le pubblicazioni nn. 21, 23 e 24 della ricorrente non dovevano essere prese in considerazione in quanto di carattere meramente compilativo. Ciò avrebbe dovuto portare a negare l’attribuzione di un (1) punto alla ricorrente che, pertanto, avrebbe totalizzato un punteggio finale di 56,3 in maniera tale da non superare la controinteressata anche laddove non fosse conteggiato il punteggio attribuito alla monografia presentata in bozza per la quale la d.ssa Gallo ha ricevuto 18 punti.
Perplessità destano poi i giudizi positivi formulati dalla commissione con riferimento ad altre pubblicazioni presentate dalla d.ssa Cavalletti anche se pubblicate su riviste di non alto profilo (vgs pubblicazioni nn. 3, 8, 12, 19 e 24); ciò si pone in contrasto con il bando e con lo stesso D.M. n. 243/2011 laddove uno dei criteri di valutazione è proprio la rilevanza scientifica della collocazione editoriale.
Con riferimento, invece, alle censure proposte dalla d.ssa Cavalletti con il ricorso introduttivo del giudizio ed i motivi aggiunti, la controinteressata ha, dapprima, eccepito l’incompetenza territoriale del Tar Lazio in favore del Tar Veneto e ne ha chiesto, comunque, il rigetto perché infondati nel merito.
Con ordinanza n. 2660/2013, è stata respinta la domanda di sospensiva.
In prossimità della trattazione del merito, le parti hanno depositato memorie, anche di replica, insistendo nelle loro rispettive conclusioni (in particolare, la ricorrente ha chiesto anche il rigetto del ricorso incidentale presentato dalla controinteressata).
Alla pubblica udienza del 18 maggio 2016, la causa è stata trattenuta dal Collegio per la decisione.
DIRITTO
1. Va, anzitutto, dichiarata infondata l’eccezione di incompetenza territoriale del TAR Lazio sollevata dalla controinteressata in quanto la ricorrente in via principale ha impugnato, quale atto presupposto della procedura di che trattasi, l’art. 3 del D.M. n. 243/2011 nella parte in cui prevede che le commissioni prendono in considerazione anche i “testi accettati per la pubblicazionesecondo le norme vigenti”.
Ora, trattandosi di atto di [#OMISSIS#], in ogni caso, generale, opera, ai fini dell’individuazione del Tribunale amministrativo regionale competente, l’art. 13, comma 4-bis, del CPA, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 1, lett. a), n. 2), del d.lgs n. 160 del 2012, secondo cui “La competenza territoriale relativa al provvedimento da cui deriva l’interesse a ricorrere attrae a sè anche quella relativa agli atti presupposti dallo stesso provvedimento tranne che si tratti di atti normativi o generali, per la cui impugnazione restano fermi gli ordinari criteri di attribuzione della competenza”.
Posto dunque che il D.M. n. 243/2011 è stato adottato da un’amministrazione centrale (Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca) e disciplina le modalità di valutazione nelle procedure pubbliche di selezione sul territorio nazionale di cui all’art. 24 della legge n. 240 del 2010, la competenza territoriale va attribuita al TAR Lazio, ai sensi della norma processuale citata,con conseguente attrazione di tutti gli atti della procedura selettiva oggetto della presente controversia, sebbene la loro efficacia sia limitata alla sede universitaria di Verona.
2. Ciò premesso, può passarsi all’esame del merito, principiando dal primo motivo del ricorso introduttivo del giudizio con cui la ricorrente censura la scelta della commissione di attribuire il massimo punteggio (18 punti) alla monografia presentata dalla controinteressata, sebbene fosse ancora in fase di pubblicazione.
La prospettazione non può essere condivisa.
2.1 Al riguardo, è opportuno precisare alcuni elementi di fatto:
la controinteressata Gallo, nei termini previsti dal bando di selezione del 4 giugno 2012 (ovvero 30 gg. dalla pubblicazione nella GURI avvenuta in data 5 giugno 2012), ha presentato la bozza, in corso di pubblicazione, della propria monografia intitolata “Delle antiche favole”;
agli atti della procedura, risulta poi una dichiarazione del 27 giugno 2012 con cui l’editore “[#OMISSIS#] srl” dichiara che il volume della d.ssa Gallo è in lavorazione e che sarebbe stato pubblicato entro la fine dell’anno 2012; nella stessa dichiarazione, è stato altresì riportato il relativo codice ISBN (978-88-8455-673-8);
il predetto volume è stato pubblicato nel mese di ottobre 2012 ed è stato inviato alla commissione nei primi giorni di quel mese, prima peraltro dell’inizio delle operazioni di valutazione dei candidati, avviate in data 11 ottobre 2012 dopo la predeterminazione dei relativi criteri.
2.2 Ciò premesso, i suddetti elementi di fatto sono sufficienti per ritenere la prospettazione della ricorrente non condivisibile.
In primo luogo, non può essere condivisala prospettazione secondo cui il testo inizialmente presentato alla commissione fosse una mera bozza non ancora definitiva; al riguardo, la d.ssa Cappelletti si limita ad osservare che la copia di 274 pagine prodotta dalla controinteressata fosse rilegata “posticciamente” e recasse “numerose annotazioni e correzioni a partire dalla copertina sino agli indici” ed un codice ISBN diverso da quello indicato dall’editore nella nota del 27 giugno 2012.
Sul punto, va rilevato che la ricorrente in via principale si limita ad indicare tali elementi senza tuttavia allegare alcunché di specifico in grado di far cogliere i tratti distintivi tra la copia presentata in sede di procedura concorsuale e quella effettivamente pubblicata nel mese di ottobre 2012; sarebbe stato invero sufficiente, a riprova di quanto dedotto nel ricorso, operare un raffronto tra il testo poi pubblicato nel mese di ottobre 2012 e la bozza presentata in sede di procedura selettiva in modo da rendere edotto il Collegio del fatto che alla commissione era stato presentato un testo diverso (o, comunque, non completo) rispetto a quello poi pubblicato dalla casa editrice “[#OMISSIS#] srl”.
Il fatto, poi, che la bozza presentata in sede di procedura concorsuale recasse un codice ISBN diverso nelle ultime tre cifre rispetto a quello indicato nella nota del 27 giugno 2012 della casa editrice “[#OMISSIS#] srl” non costituisce un elemento in grado di suffragare la tesi della diversità prospettata dalla ricorrente in quanto si tratta di un dato che non può assurgere a indizio della non conformità della bozza messa a disposizione della commissione prima della sua pubblicazione.
In secondo luogo, non può neanche essere condivisa la tesi secondo cui la commissione avrebbe dovuto prendere in considerazione solo i testi già pubblicati o comunque quelli per i quali si sia proceduto al deposito legale nelle forme previste dalla disciplina vigente (legge n. 106 del 2004 e d.P.R. n. 252/2006).
Sul punto, deve convenirsi con la ricorrente circa l’esistenza di una contraddittorietà tra l’art. 4 del bando ed il successivo art. 6 laddove, nel primo caso, si fa riferimento, quali pubblicazioni valutabili,alle opere per le quali si sia proceduto al deposito legalementre, nel secondo (art. 6), si afferma che sono prese in considerazione dalla commissione anche le “pubblicazioni o testi accettati per la pubblicazione secondo le norme vigenti”.
La contraddizione è avvalorata dal fatto che la disciplina del deposito legale delle opere dell’ingegno (nella forma dei documenti stampati) si riferisce ai testi già pubblicati (cfr art. 6 del citato d.P.R. n. 252/2006) e si tratta di un adempimento posto a carico dell’editore (o del responsabile della pubblicazione) che, infatti, è tenuto a consegnare negli istituti ivi indicati copie identiche, per forma e contenuto, agli esemplari messi in circolazione (cfr art. 7 del citato d.P.R. n. 252/2006).
Ora, è evidente che una formulazione del genere non è compatibile con quanto poi previsto dal successivo art. 6 del bando che ammette anche i “testi accettati per la pubblicazione”, ipotesi a cui può ricondursi il caso di specie relativamente alla monografia presentata dalla controinteressata nella proceduradi che trattasi.
Ciò nonostante, la prospettazione di parte ricorrente non può essere condivisa in quanto, a fronte di una tale contraddizione, un’interpretazione che giustifichi l’operato della commissione è preferibile in quanto, anche nelle procedure concorsuali della specie, soccorre il principio del “favor partecipationis” secondo cui, in caso di clausole non chiare o contraddittorie, deve essere comunque preferita l’interpretazione che privilegia la maggiore partecipazione alla procedura da parte dei candidati; del resto, un diverso approccio non sarebbe neanche giustificabile in quanto, oltre a ledere il legittimo affidamento dei candidati, farebbe gravare sui terzi (i candidati stessi) una contraddittorietà causata dall’amministrazione.
A ciò si aggiunga che la finalità di tali procedure è quella di selezionare i migliori candidati tanto che un approccio restrittivo delle previsioni del bando sarebbe irragionevole nella misura in cui rischia di estromettere aspiranti con profili che potrebbero elevare il tasso di competizione della selezione.
Peraltro, una tale interpretazione è altresì avvalorata dal fatto che l’art. 6 del bando, in disparte per ora i profili di illegittimità dedotti al riguardo dalla ricorrente, costituisce un’applicazione della previsione contenuta nell’art. 3, comma 1, del D.M. n. 243/2011 laddove si precisa che saranno presi in considerazione proprio “i testi accettati per la pubblicazione secondo le norme vigenti” ovvero la formulazione poi riportata nella disposizione del bando sopra citata.
2.3 Da ciò deriva l’infondatezza del primo motivo proposto con il ricorso introduttivo del giudizio.
3. Con il secondo motivo, la ricorrente in via principale deduce l’illegittimità del citato art. 3, comma 1, del D.M. n. 243/2011 per contrasto con la legge n. 240 del 2010.
La censura è infondata.
3.1 È sufficiente osservare, al riguardo, che la legge n. 240 del 2010 che ha riformato, in particolare, l’assetto delle procedure di reclutamento in ambito universitario, fa generico riferimento alle pubblicazioni quali elementidi valutazione da parte delle commissioni ma non fornisce alcuna definizione al riguardo.
L’art. 24, comma 2, lett. c) della legge n. 240 del 2010, sulla base del quale è stato adottato il D.M. n. 243/2011, si limita soltanto a rimettere ad un decreto ministeriale l’individuazione dei criteri e dei parametri per la valutazione dei candidati per posti di ricercatore a tempo determinato.
Non costituisce, quindi, una violazione di legge il fatto che il decreto abbia chiarito che saranno presi in considerazione anche “i testi accettati per la pubblicazione secondo le norme vigenti” in quanto non può revocarsi in dubbio che, per le finalità di che trattasi (ovvero la selezione di ricercatori universitari a tempo determinato), tali opere sono assimilabili alle pubblicazioni già edite in quanto, una volta uscite dalla sfera dell’autore perché ormai redatte nella versione finale e l’editore dichiari che sono in corso di pubblicazione, costituiscono un prodotto dell’ingegno valutabile nell’ambito di una procedura selettiva per verificare la maturità scientifica raggiunta dal candidato per poter aspirare al profilo scientifico di ricercatore.
3.2 La ricorrente si lamenta, poi, che la procedura seguita per l’adozione del D.M. n. 243/2011 non avrebbe rispettato quanto previsto dall’art. 17 della legge n. 400 del 1988.
Sul punto, va osservato che il decreto impugnato va inquadrato nell’ambito degli atti amministrativi generali che non necessitano, per la loro adozione, di seguire la procedura delineata dal citato art. 17, comma 3, della legge n. 400 del 1988 in quanto come prevede l’art. 24, comma 2, lett. c) della legge n. 240 del 2010, oltre a non menzionare il termine “regolamento” ministeriale, si limita a rimettere ad un decreto l’individuazione di criteri e parametri per la valutazione dei candidati alla procedura di che trattasi; si tratta di una previsione a supporto dei lavori delle commissioni per garantire uniformità di giudizio ma senza tuttavia esautorare completamente la possibilità dell’organo collegiale di predeterminare criteri specifici di valutazione da applicare nel caso concreto.
In ogni caso, la previsione relativa alle pubblicazioni da prendere in considerazione costituisce, come detto, una specificazione che, anche se non inserita nel decreto n. 243/2011, avrebbe potuto comunque essere adottata autonomamente dalla commissione per le ragioni sopra riferite ovvero dell’assimilabilità, in punto di fatto, dei testi accettati per la pubblicazione alle pubblicazioni già edite in ragione della finalità della procedura finalizzata a scegliere i candidati che dimostrino,attraverso le loro opere dell’ingegno (comunque complete e accettate dall’editore per la pubblicazione), di essere i più meritevoli.
Anche sotto questo profilo, il secondo motivo va respinto.
4. Con il terzo motivo, integrato dai motivi aggiunti, la ricorrente si duole del fatto che la commissione non avrebbe valorizzato, come previsto dall’art. 6, comma 2 del bando, i profili dei candidati più aderenti al progetto ed al programma di ricerca di cui al settore concorsuale di riferimento, soprattutto per quanto riguarda “l’epistolografia dei secoli XVII e XVIII”.
La censura è infondata.
È sufficiente, al riguardo, osservare che si tratta di una procedura per la selezione di un ricercatore nel settore concorsuale 10/F1 Letteratura Italiana in relazione alla quale la commissione deve valutare i profili dei candidati che abbiano competenze nell’intero settore di che trattasi; ora, il fatto che il progetto di ricerca abbia ad oggetto lo studio dell’epistolografia nei secoli XVII-XIX non significa certo che la selezione deve privilegiare coloro che possono contare su una precipua esperienza in tale ambito anche perché lo stesso bando prevede espressamente, nell’ambito degli obiettivi del contratto e dell’impegno didattico, che il candidato deve dimostrare “una approfondita conoscenza della storia della letteratura italiana”, in particolare di quella che si snoda dal XVI al XIX secolo, ovvero in un ambito più ampio di quello stigmatizzato dalla ricorrente.
Peraltro, i giudizi formulati dalla commissione, sia con riferimento alla ricorrente che alla controinteressata, sono tali che, anche per la loro analiticità (passati peraltro attraverso una fase preliminare di valutazione e poi, in un’altra di discussione pubblica dei titoli e della produzione scientifica), non risultano inficiati da vizi di irragionevolezza ed illogicità, tanto che un eventuale differente giudizio da parte del giudice amministrativo costituirebbe un’indebita ingerenza nelle prerogative tipiche dell’amministrazione, in un settore peraltro connotato da discrezionalità tecnica.
Al riguardo, va rammentato che il giudice amministrativo, per giurisprudenza [#OMISSIS#], ha il potere di sindacare in sede di legittimità le valutazioni espresse dalle commissioni giudicatrici in sede di concorso o di esame, solo laddove le stesse risultino ictu oculi affette da eccesso di potere per illogicità o irrazionalità, ovvero per travisamento dei fatti posto che l’esame che il giudice deve compiere attiene alla coerenza logica (per così dire “intrinseca”) del giudizio operato dalla commissione giudicatrice, così valutandone la intrinseca logicità/ragionevolezza, non potendo sostituire al giudizio già espresso un proprio, differente giudizio (evidentemente frutto di diversi criteri valutativi) che invero si tradurrebbe in una non consentita espressione di sindacato nel merito dell’attività amministrativa (in tal senso, Cons. Stato,sez. IV, 2 novembre 2012, n. 5581).
Ciò detto, la stessa ricorrente si è peraltro limitata a censurare il metro di giudizio della commissione (che non avrebbe preferito candidati con profili in linea con il progetto/programma della ricerca) e non la valutazione svolta dall’organo utilizzando i parametri sopra indicati ovvero la verifica del possesso di “una approfondita conoscenza della storia della letteratura italiana”.
Ora, posto che tale tipo di accertamento è quello corretto in ragione di quanto previsto dal bando di concorso e che la commissione si è fatta carico, nelle proprie valutazioni, di accertare il possesso del requisito ivi richiesto (senza cioè privilegiare solo coloro che spiccassero nello studio dell’epistolografia nei secoli XVII-XIX), le censure contenute nel terzo motivo possono essere disattese, così come l’integrazione operata con i motivi aggiunti (secondo cui la commissione avrebbe dovuto valorizzare l’esperienza della d.ssa Cappelletti nello studio dell’epistolografia), valendo al riguardo le ragioni già esposte in precedenza.
Peraltro, il giudizio reso dalla commissione nei confronti della ricorrente ha preso in considerazione tale esperienza della ricorrente (come si evince dall’espressione “soprattutto i carteggi” contenuta nel giudizio preliminare dell’organo collegiale di cui al verbale n. 2) ma ciò nonostante l’organo collegiale, dovendo valutare il possesso di “una approfondita conoscenza della storia della letteratura italiana”, ha ritenuto il profilo della controinteressata adeguato a quanto richiesto dal bando (rispetto a quello della ricorrente, giudicato “confacente”).
5, Con il quarto motivo, la ricorrente denuncia una disparità di trattamento con le analoghe procedure svolte presso altri Dipartimenti della stessa Università in relazione alle quali le relative commissioni non avrebbero preso in considerazione i testi in corso di pubblicazione e avrebbero valutato i candidati con riferimento al programma/progetto di ricerca da svolgere.
Al riguardo, è sufficiente richiamare quanto esposto nei punti precedenti per dichiarare infondata la censura in esame posto che, come è stato ribadito, non sono stati ravvisati i dedotti profili di illegittimità nelle valutazioni effettuate con riferimento alla procedura in esame.
6. Con il quinto motivo, la ricorrente censura, in estrema sintesi, le modalità di valutazione della commissione, deducendo in particolare il mancato rispetto di quanto previsto dal D.M. n. 243/2011.
Le doglianze sono infondate e, al riguardo, non può non richiamarsi quanto già argomentato nel precedente punto 4. con riferimento ai giudizi resi dalla commissione nella procedura di che trattasi nei confronti della ricorrente e della controinteressata.
In ogni caso, va rilevato che la commissione, nella seduta preliminare del 27 settembre 2012, ha richiamato tutti i criteri di valutazione previsti dagli artt. 2 e 3 del D.M. n. 243/2011 e, pertanto, i giudizi preliminari redatti nei confronti delle candidate (e riportati nel verbale n. 2) vanno letti alla luce di quei criteri; in altre parole, i giudizi preliminari formulati dalla commissione nei confronti della ricorrente e della controinteressata, oltre ad essere adeguatamente motivati e tali da far cogliere l’adeguatezza o meno del profilo in relazione al posto di ricercatore da coprire, sono stati redatti avendo in mente i criteri individuati in sede di riunione preliminare né sono emersi profili specifici che possano far ritenere il giudizio della commissione frutto di un evidente travisame