TAR Lazio, Roma, Sez. III, 12 giugno 2015, n. 8262

Abilitazione scientifica nazionale – Limiti del sindacato giurisdizionale sull’operato delle commissioni di valutazione

Data Documento: 2015-06-12
Area: Giurisprudenza
Massima

Il giudizio della commissione esaminatrice nei concorsi per l’ottenimento della abilitazione scientifica nazionale, trattandosi di tipica valutazione tecnico-discrezionale, è censurabile solo in ipotesi di evidenti e macroscopici vizi di illogicità, incongruenza, contraddittorietà, irragionevolezza (cfr. ex multis, TAR Lazio, Sez. III, n. 9307, 10548, 11500 del 2014). Nel caso di specie, tali vizi non sono stati rilevati, posto che il giudizio collegiale si pone in piena coerenza con le valutazioni espresse dai singoli commissari, concludendo, in sintesi, con la maggioranza dei 4/5 (ex art. 8, c. 5, D.P.R. n. 222/2011), per la non idoneità all’abilitazione dell’interessata.

Contenuto sentenza

N. 08262/2015 REG.PROV.COLL.
N. 04790/2014 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 4790 del 2014, proposto da: [#OMISSIS#] Provvidera, rappresentata e difesa dall’avv. Angelo [#OMISSIS#], con domicilio eletto presso Angelo [#OMISSIS#] in Roma, Via Principessa [#OMISSIS#], 2;
contro
Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, Presidenza del Consiglio dei Ministri, ANVUR – Agenzia Nazionale di Valutazione del Sistema Universitario e della Ricerca, Commissione di valutazione, rappresentati e difesi secondo legge dall’Avvocatura dello Stato, con domicilio eletto in Roma, Via dei Portoghesi, 12;
nei confronti di
[#OMISSIS#] Giovannozzi;
per l’annullamento,
previa sospensione dell’efficacia,
del giudizio di non idoneità al conseguimento dell’abilitazione scientifica nazionale per le funzioni di Professore universitario di II fascia, settore concorsuale 11/C5 “storia della filosofia”, tornata 2012, unitamente agli atti presupposti, connessi e conseguenti.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, della Presidenza del Consiglio dei Ministri, dell’ANVUR e della Commissione di valutazione;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 8 aprile 2015 il dott. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
 
FATTO e DIRITTO
La Sig.ra [#OMISSIS#] Provvidera, Professore a contratto alla [#OMISSIS#] Cabot University di Roma, impugnava il giudizio di non idoneità al conseguimento dell’abilitazione scientifica nazionale per le funzioni di Professore universitario di II fascia, settore concorsuale 11/C5 “storia della filosofia”, tornata 2012, unitamente agli atti presupposti, connessi e conseguenti, deducendo la violazione dell’art.16 della Legge n.240 del 2010, dell’art.1, commi 389, 394 della Legge n.228 del 2012, degli artt.1, 3, 4, 5, 6, 8, 11 del D.P.R. n.222 del 2011, degli artt.3, 4, 5, 6, 7 del D.M. n.76 del 2012, dell’art.4 del D.D. n.222 del 2012, dei principi di trasparenza e di parità di trattamento, l’illegittimità derivata dell’art.6, commi, 3, 4 del D.P.R. n.222 del 2011, dell’art.8 e dell’all.B, nn.6, 7 del D.D. n.181 del 2012, dall’art.16, comma 3f,h,m della Legge n.240 del 2010, per contrasto con gli artt.3, 33, commi 1-6, 34, commi 3, 4, 51, 54, comma 2, 97, 98 Cost. nonché l’eccesso di potere in tutte le figure sintomatiche, in particolare per violazione delle circolari ministeriali n.754 del 2013 e n.12477 del 2013 e per sviamento.
La ricorrente in particolare ha fatto presente che erano illegittimi gli atti di proroga del termine di conclusione dei lavori della Commissione di valutazione, con particolare riferimento ai DD.DD. n.1263 del 2013, n.1767 del 2013 e n.2743 del 2013 e ai DD.P.C.M. 19 giugno 2013 e 26 settembre 2013; che vi erano state varie carenze procedimentali, con riferimento nello specifico alla sede di svolgimento delle attività, alle verbalizzazioni, alle modalità di intervento dei commissari, con lavori chiusi e riaperti più volte; che non era stato tenuto in debita considerazione il superamento di due “mediane” su tre, quale dato obiettivo da considerare in una procedura di mera abilitazione, né motivato il giudizio negativo conseguito, in relazione al suddetto superamento; che i criteri prefissati dalla Commissione risultavano insufficienti; che i giudizi individuali e collegiale apparivano carenti di motivazione a fronte della [#OMISSIS#] delle pubblicazioni e degli altri titoli; che inoltre non erano stati espressi dai singoli commissari i voti sull’idoneità; che il giudizio collegiale mancava di sintesi; che altresì non era stato richiesto il parere di un esperto esterno alla Commissione, evincendosi che il membro OCSE non conoscesse la lingua italiana; che vi era stata disparità di trattamento rispetto ad altri candidati; che in ultimo la disciplina legislativa in materia era costituzionalmente illegittima laddove precludeva ai non abilitati la partecipazione alle analoghe procedure per il successivo biennio.
Il Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca, l’ANVUR, la Presidenza del Consiglio dei Ministri e la Commissione di valutazione si costituivano in giudizio per la reiezione del gravame, illustrandone con successiva memoria l’infondatezza nel merito.
Con note d’udienza la ricorrente ribadiva i propri assunti.
Con ordinanza n.3781 del 2014 il Tribunale fissava l’udienza di merito, ex art.55, comma 10 c.p.a..
Con memorie l’interessata riaffermava la bontà delle proprie censure.
Nell’udienza dell’8 aprile 2015 la causa veniva discussa e quindi trattenuta in decisione.
Il ricorso è destituito di fondamento e va pertanto respinto, per le ragioni di seguito esposte.
Invero è necessario evidenziare al riguardo che gli atti di proroga del termine di conclusione dei lavori della Commissione di valutazione risultano avere fondamento normativo, secondo quanto emerge dalla piana lettura combinata degli articoli 16 della Legge n.240 del 2010, 8 del D.P.R. n.222 del 2011, 1, commi 289, 294 della Legge n.228 del 2012 nonché pienamente giustificati alla luce della complessità della procedura, per la prima volta attivata, del numero dei settori concorsuali e delle domande degli aspiranti all’abilitazione, non essendo stata possibile la sua conclusione nei tempi originariamente previsti (cfr. TAR Lazio, III, n.11500 del 2014); che inoltre la ricorrente, oltrepassando almeno due delle tre mediane, si trovava in posizione idonea, in relazione alle stesse, per il conseguimento dell’abilitazione e che tuttavia il menzionato superamento non era all’uopo sufficiente, atteso che gli indici correlati alle predette mediane, essendo a carattere quantitativo (cfr. all.A, B al D.M. n.76 del 2012), non potevano comunque assumere un ruolo decisivo ai fini dell’abilitazione medesima (cfr. anche art.5 del D.M. n.76 del 2012 e verbale n.1 del 2013, all.3 al ricorso), risultando preminente ai suddetti fini il giudizio di merito della Commissione sulla maturità scientifica raggiunta dagli abilitandi (cfr. ancora, tra le altre, TAR Lazio, III, n.11500 del 2014).
Occorre ancora rilevare che i criteri prefissati dalla Commissione appaiono sufficientemente determinati, con richiamo alla disciplina di settore sopraordinata (cfr. ancora all.3 al ricorso); che inoltre i giudizi individuali risultano corredati da congrua, seppur sintetica, motivazione, nel focalizzare l’attenzione sulla scarsa e discontinua produzione scientifica della candidata – valutata con favore solo per la monografia su Giusto Lipsio -, quale elemento determinante e preclusivo per l’idoneità all’abilitazione, in perfetta adesione alla disciplina sopraordinata (cfr. all.4 al ricorso); che il giudizio collegiale si pone in piena coerenza con le valutazioni espresse dai singoli commissari, concludendo in sintesi, con la maggioranza dei 4/5, ex art.8, comma 5 del D.P.R. n.222 del 2011, per la non idoneità all’abilitazione dell’interessata (cfr. ancora all.4 al ricorso); per ciò che concerne ancora il giudizio, che trattasi inoltre di tipica valutazione tecnico-discrezionale, sindacabile e dunque censurabile solo in ipotesi di evidenti e macroscopici vizi di illogicità, incongruenza, contraddittorietà, irragionevolezza (cfr., tra le ultime, TAR Lazio, III, nn.9307, 10548, 11500 del 2014), che nel caso di specie, come suesposto, non è dato rinvenire; in relazione inoltre all’acquisizione del parere di un esperto esterno alla Commissione di valutazione, ex art.16, comma 3i della Legge n.240 del 2010, che in ogni caso la mancata conoscenza della lingua italiana da parte del membro OCSE è meramente supposta (cfr. pag.56 del ricorso), dunque sprovvista anche solo del necessario principio di prova.
Giova poi evidenziare che non era configurabile una disparità di trattamento, trattandosi in ogni caso di procedura abilitativa e non concorsuale, dunque con numero di posti non limitato nè predefinito, quindi senza confronto concorrenziale tra un candidato e l’altro (cfr., tra le altre, TAR Lazio, III, n.11500 del 2014); per quel che concerne le censure di ordine procedimentale e formale, da riferirsi in particolare alla sede di svolgimento dei lavori, alla verbalizzazione delle operazioni compiute, alle modalità di intervento dei singoli commissari, va detto che le stesse non determinano, ex art.21 octies, comma 2 della Legge n.241 del 1990, per quanto dianzi emerso, l’annullamento dell’atto impugnato, che non avrebbe potuto avere, per ciò solo, un contenuto diverso da quello in concreto assunto; che in ultimo difettano i presupposti di rilevanza in relazione alla questione di legittimità costituzionale prospettata, riferita alla norma di legge di preclusione, per i non idonei, alla partecipazione alle procedure di abilitazione per il successivo biennio, tenuto conto da un lato che nella presente controversia non si tratta di un’esclusione da procedura entro un biennio da precedente diniego di abilitazione e dall’altro delle modifiche di disciplina intervenute sul punto (cfr. art.16, comma 3m della Legge n.240 del 2010).
Le spese di giudizio, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
Definitivamente pronunciando, respinge il ricorso n.4790/2014 indicato in epigrafe.
Condanna la parte ricorrente al pagamento in favore dell’Amministrazione resistente delle spese di giudizio, che liquida in €1.000,00 (Mille/00) oltre a IVA e CPA come per legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 8 aprile 2015 con l’intervento dei magistrati:
[#OMISSIS#] Corsaro, Presidente
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Consigliere, Estensore
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Consigliere 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 12/06/2015
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)