TAR Lazio, Roma, Sez. III, 13 giugno 2017, n. 6923

Abilitazione scientifica nazionale-Commissioni giudicatrici-Valutazione-Giudizio di ottemperanza-Giudicato amministrativo

Data Documento: 2017-06-13
Area: Giurisprudenza
Massima

Secondo un costante orientamento della giurisprudenza amministrativa, l’efficacia del giudicato amministrativo di annullamento deve essere contenuta nei limiti soggettivi ed oggettivi della controversia, da identificare nella correlazione fra “petitum” e “causa petendi”, in rapporto alla lesione che giustificava l’avvio del giudizio, nei termini dedotti dall’interessato.

Contenuto sentenza

N. 06923/2017 REG.PROV.COLL.
N. 08505/2016 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 8505 del 2016, proposto da: 
Grazia Calabro’, rappresentata e difesa dall’avvocato Silvano Martella, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Guido Liuzzi in Roma, via Ofanto, 18; 
contro
Il Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca, la Presidenza del Consiglio dei Ministri, in persona del rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi per legge dall’Avvocatura Generale dello Stato e presso la medesima domiciliati in Roma, via dei Portoghesi, 12; 
l’Università degli Studi di Roma e l’Università degli Studi di Messina non costituiti in giudizio; 
Per l’esecuzione
della sentenza n.11376/2015 del 17.06.2015 emessa dal TAR Lazio — Roma sez. III , con la quale è stato accolto il ricorso avverso il giudizio di non idoneità della ricorrente allo svolgimento delle funzioni di professore universitario di prima fascia, nel concorso per l’Abilitazione Scientifica Nazionale ex art. 16 della legge n. 240/2010 settore 13/B5 — “Scienze Merceologiche”.
E per l’accertamento della nullità e/o annullabilità
– dei verbali n. 1 del 28,04,2016 e n. 2 del 18.05.2016 relativi ai giudizi individuali ed al giudizio collegiale espressi sulla ricorrente dalla Commissione incaricata dal Ministero di procedere alla suddetta esecuzione di giudicato;
– di ogni consequenziale provvedimento inerente l’elenco dei candidati giudicati idonei nel concorso per l’Abilitazione Scientifica Nazionale ex art.16 della legge 30 dicembre 2010, n. 240 di prima fascia (settore 13/B5 Scienze Merceologiche);
– degli atti conseguenti, che hanno comportato l’esclusione della ricorrente dal predetto elenco;
– degli atti emessi dalla Commissione incaricata dalla nota direttoriale n. 4410 del 31.03.2016 trasmessa dal MIUR, con la quale si comunica che sarebbe stato dato incarico ad una Commissione di procedere alla rivalutazione di cui alla succitata sentenza 11376/2015 del TAR Lazio.
 Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca e della Presidenza del Consiglio dei Ministri;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 17 maggio 2017 il dott. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] e uditi l’Avv. S. Martella per la ricorrente e l’Avvocato dello Stato V. Fico;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
 
FATTO
La Ricorrente ha partecipato al concorso per l’Abilitazione Scientifica Nazionale ex art.16 della legge n.240/2010 di prima fascia (settore 13/B5 “Scienze Merceologiche) indetto con Decreto Direttoriale n. 222 del 20.7.2012 e svoltosi presso l’Università degli Studi di Roma “La Sapienza”.
Il giudizio di non idoneità è stato impugnato innanzi a questa Sezione che ha accolto il ricorso con sentenza n. 11376/2015 del 17 Giugno 2015.
Il Ministero ha, quindi, nominato una nuova commissione per l’esame della candidata che dopo aver adottato i criteri di giudizio ex artt. 3, 4, 6 e 7 del DM n.76/2012, ha riformulato i giudizi sulla ricorrente negandole l’abilitazione.
Avverso il nuovo giudizio negativo ha quindi proposto ricorso l’interessata deducendo i seguenti motivi:
1) elusione del giudicato della sentenza n.11376/2015.
La sentenza n. 11376/2015 ha imposto all’Amministrazione di riesaminare la candidata osservando che “dai predetti giudizi non è dato comprendere, quindi, come a fronte di espressioni in prevalenza positive, la ricorrente abbia, viceversa, ottenuto un giudizio negativo”.
Ne conseguirebbe in base a quanto espresso dal Consiglio di Stato in alcune decisioni che “l’effetto conformativo della sentenza non può implicare una “reformatio in peius” della posizione di cui sia stata richiesta ed ottenuta tutela in giudizio” (cfr. Consiglio di Stato Sez. VI n.722 del 10/02/2015).
La Commissione della tornata 2012, pur avendo positivamente verificato i presupposti per l’abilitazione (tra cui anche la produzione scientifica riferita a tutte le 18 pubblicazioni), l’avrebbe poi negata, senza individuare quali fossero gli elementi che avevano determinato il giudizio negativo.
La possibilità di svolgere “ulteriori attività procedimentali” espressa nella sentenza non avrebbe restituito all’Amministrazione una libera “facoltà di scelta”, ma il potere-dovere di adottare un provvedimento a tutela dell’interesse pubblico, che tenesse conto delle specifiche statuizioni della sentenza.
In sede di rinnovazione del giudizio annullato, non sarebbe consentito alla nuova Commissione di modificare in senso peggiorativo la motivazione degli atti a suo tempo adottati, ripensando i contenuti delle valutazioni iniziali effettuate.
Il giudicato non avrebbe restituito all’Amministrazione il potere di rivalutare integralmente il candidato con un nuovo giudizio frutto della rivisitazione di elementi cristallizzati e rimasti incontroversi nel precedente giudizio.
L’Amministrazione avrebbe dovuto adeguare i punteggi della ricorrente senza riesaminare i dati a suo tempo valutati in sede amministrativa e non risultati oggetto di annullamento.
Per effetto di tali principi il giudizio richiesto alla nuova Commissione avrebbe dovuto muoversi dal presupposto della positiva valutazione espressa nelle premesse dai precedenti commissari (esente dalle censure del ricorso e quindi estranea al giudicato) e dalla valutazione positiva (implicita e/o esplicita) già espressa in merito alle 18 pubblicazioni della ricorrente.
La nuova Commissione, dopo aver affermato, nel verbale n. 1, di mantenere inalterati i criteri generali, avrebbe modificato i dati della tabella di valutazione declassando alcuni lavori. In modo che dal punteggio di 9.39 (maggiore del valore di soglia) determinato dalla prima commissione si è giunti a punti 5.06 impedendo di superare il limite previsto.
Nel nuovo giudizio la commissione ha valutato le pubblicazioni come di valore “limitato/accettabile” senza tener conto che il giudizio di “accettabile”, non può essere ricondotto alla sfera di un giudizio negativo pieno, anche in base alla definizione data dal MIUR (allegato D, comma 3, DM n. 76/2012).
I verbali del 28.04.2016 e del 18.05.2016 violerebbero il giudicato, con conseguente nullità degli stessi anche indipendentemente da un’autonoma impugnativa, ex art. 21 septies della legge n. 241/1990 (che comunque, deve intendersi sviluppata con il presente atto);
2) illegittimità derivata.
Gli atti avversati con il ricorso in esame sarebbero affetti dai medesimi vizi dell’atto originariamente impugnato.
In particolare il giudizio collegiale sarebbe stato illegittimamente formulato dopo che i Commissari avevano votato sulla idoneità della ricorrente.
La definizione di eccellenza fornita dall’Allegato D), comma 1 del DM 7.6.2012 comporterebbe l’impossibilità attribuire tale giudizio alle pubblicazioni inerenti l’abilitazione scientifica nazionale del settore d’interesse della Ricorrente (13/B5);
3) Illegittimità della nomina dei commissari.
La composizione della nuova Commissione non sarebbe stata comunicata preventivamente alla ricorrente che non avrebbe avuto alcuna possibilità, sia di presentare eventuali istanze di ricusazione, sia di ricorrere avverso il verbale preliminare, contente i criteri fissati dalla Commissione.
La nomina del componente OCSE sarebbe illegittima in quanto non sarebbe stato in grado di intendere le pubblicazioni scientifiche scritte in lingua italiana;
4) Carenza di ogni forma di mediazione tra i componenti del collegio, che avrebbero espresso valutazioni diametralmente opposte.
Il Commissario straniero avrebbe reso un giudizio favorevole, evidenziando la notorietà internazionale della ricorrente e dei suoi lavori, in contrasto con le valutazioni della Commissione;
5) Carenza di motivazione
I giudizi individuali e quello collegiale sarebbero privi di motivazione non contenendo alcun riferimento al superamento di due mediane da parte della candidata, rispetto all’unica mediana costituente condizione per ottenere l’abilitazione;
6) Illegittimità costituzionale.
E’ dedotta la illegittimità costituzionale della legge 30.12.2010, n. 240, art. 16, lett. f), h), m), del d.P.R. 14.9.2011, n. 222, art. 6, commi 3 e 4, del D.M. 7.6.2012, n. 76, art. 8, nonché all. B, n. 6 e 7, del Decreto direttoriale n. 181 del 27.6.2012, per violazione degli artt. 3, 33, 34, 51, 54, 97 e 98 Cost.-.
I commissari prescelti partecipano a due tornate concorsuali del tutto autonome nell’ambito del biennio, con la conseguenza che i candidati alla seconda tornata concorsuale, all’atto della presentazione della (seconda) domanda (da effettuare entro il 31 ottobre 2013), già conoscerebbero i nomi dei commissari che li giudicheranno, il che consentirebbe loro di valutare l’opportunità di partecipare alla procedura.
Ciò determinerebbe una ingiustificata disparità con i candidati alla prima tornata, che hanno presentato la domanda senza conoscere preventivamente i nominativi dei commissari.
L’art. 16, comma 3, lett. n), della L. 240/2010 sarebbe incostituzionale nella parte in cui contempla “la preclusione nel caso di mancato conseguimento dell’abilitazione a partecipare alle procedure indette nel biennio successivo per l’attribuzione della stessa o per l’attribuzione dell’abilitazione alla funzione superiore” (come l’art. 3, comma 4, del d.P.R. 14.9.2011, n. 222).
Ciò recherebbe un pregiudizio grave in quanto la ricorrente non potrebbe far valere le pubblicazioni antecedenti al mese di ottobre 2007 (dovendosi considerare solo quelle dell’ultimo decennio).
Tale prescrizione contrasterebbe con l’art. 3 Cost. sotto il profilo della eguaglianza e. della ragionevolezza della prescrizione adottata nonché con l’art. 4 Cost. sul diritto/dovere di svolgere, secondo le proprie attitudini e la propria scelta, un’attività o una funzione che concorra al progresso materiale e spirituale della società, e ciò anche in connessione con l’art. 21, comma 1, Cost., nella parte in cui tutela l’attività scientifica, e dell’art. 35, comma 1, Cost. che protegge il lavoro in tutte le forme e manifestazioni.
La norma contrasterebbe con l’art. 51, comma 1, Cost., secondo cui “tutti i cittadini dell’uno e dell’altro sesso possono accedere agli uffici pubblici e alle cariche elettive in condizioni di eguaglianza, secondo i requisiti stabiliti dalla legge”.
Il Ministero dell’Istruzione, dell’università e della Ricerca, la Presidenza del Consiglio dei Ministri e l’Anvur – Agenzia Nazionale di Valutazione del Sistema Universitario e della Ricerca si sono costituiti in giudizio per resistere al ricorso.
Con ordinanza n. 10937 del 2.11.2016 questa Sezione ha fissando l’udienza di trattazione del merito del ricorso proposto per la esecuzione del giudicato ex art. 32 c.p.a.-.
In vista della pubblica udienza di trattazione del ricorso nel merito la ricorrente ha depositato una memoria conclusionale, insistendo per l’accoglimento del ricorso.
Alla pubblica udienza del 17 maggio 2017 il ricorso è stato trattenuto per la decisione.
DIRITTO
1. Con il ricorso in esame la ricorrente chiede che sia data corretta esecuzione alla sentenza di questa Sezione n. 11376/2015 del 17 Giugno 2015, con la quale era stato accolto il ricorso avverso il diniego di abilitazione per docenti di prima fascia (settore 13/B5 “Scienze Merceologiche) nell’ambito della selezione indetta con Decreto Direttoriale n. 222 del 20.7.2012 e svoltosi presso l’Università degli Studi di Roma “Sapienza”.
2. In esecuzione della predetta sentenza era stato disposto che la posizione dell’interessata fosse riesaminata da parte di una Commissione in diversa composizione entro il termine di giorni 90 dalla comunicazione in via amministrativa della pronuncia, ovvero dalla sua notificazione se antecedente, ai sensi dell’art. 34, comma 1, lettera e) del D.lgs. 104/2010.
Nella richiamata sentenza da ottemperare, in particolare, era stata ritenuta fondata ed assorbente la censura riguardante la contraddittorietà dei giudizi espressi dai commissari atteso che la maggioranza di essi, in sostanza, si era espressa in senso favorevole all’abilitazione, e quella inerente il difetto di motivazione, in quanto “dai predetti giudizi non è dato comprendere, quindi, come a fronte di espressioni in prevalenza positive, la ricorrente abbia, viceversa, ottenuto un giudizio negativo”.
In asserita esecuzione della predetta decisione, tuttavia, il Ministero dell’Istruzione dell’Università ha nominato una nuova commissione che, pur richiamando i criteri adottati dal precedente organo di valutazione il cui giudizio era stato annullato, ha applicato un criterio di valutazione inerente un numero minimo di pubblicazioni su riviste di fascia A e giudicate di qualità “eccellente”, il quale ha inciso in modo determinante nel nuovo giudizio di non abilitazione impugnato in questa sede.
3. Premesso quanto sopra, il Collegio ritiene che il ricorso in esame, proposto in via di ottemperanza, debba trovare accoglimento, in quanto il provvedimento in questione è stato emesso in violazione del giudicato (cfr. al riguardo, per il principio, cfr. Consiglio di Stato, sez. V, 13.3.2000, n. 1328 e 24.9.2003, n. 5455; Consiglio di Stato, sez. IV, 8.5.2002, n. 2505 e 6.4.2004, n. 1845).
Secondo un [#OMISSIS#] orientamento della giurisprudenza amministrativa, infatti, l’efficacia del giudicato amministrativo di annullamento deve essere contenuta nei limiti soggettivi ed oggettivi della controversia, da identificare nella correlazione fra “petitum” e “causa petendi”, in rapporto alla lesione che giustificava l’avvio del giudizio, nei termini dedotti dall’interessato.
A tal riguardo occorre osservare che nella decisione di cui è chiesta l’esecuzione questa Sezione aveva rilevato che “nonostante la netta prevalenza di valutazioni positive sopra riportate la commissione nel giudizio collegiale ha concluso per la non idoneità senza indicare in alcun modo le ragioni di tale giudizio negativo.
Il giudizio finale di non idoneità si rivela, quindi, del tutto incongruo a fronte delle più significative e numerose espressioni favorevoli rese nei confronti della candidata nei termini sopra indicati dalla maggioranza dei commissari (Azapagic, Lucchetti e Nicoletti), che si sono espressi in termini positivi.
Per quanto concerne il giudizio del commissario Nicoletti occorre osservare che, sebbene lo stesso docente si sia espresso nei termini positivi sopra riportati, in modo del tutto contraddittorio ha concluso per un giudizio di non idoneità senza specificarne in modo adeguato le ragioni.
Nelle ipotesi, come quella in esame, in cui è attribuita all’Amministrazione un’ampia discrezionalità, è necessaria una ancor più rigorosa motivazione che dia conto in concreto degli elementi sui quali la Commissione ha fondato il proprio giudizio, in modo da comprendere quale sia stato l’iter logico seguito”.
3.1. A fronte di tale decisione, dopo aver rideterminato i criteri di giudizio ex artt. 3, 4, 6 e 7 del DM n.76/2012, la nuova Commissione tuttavia ha riformulato i giudizi sulla prof.ssa Calabrò, giungendo ad una valutazione radicalmente diversa rispetto alle conclusioni formulate nei giudizi individuali e nel giudizio collegiale già pubblicati il 19.12.13 ed oggetto della sentenza n. 11376/2015.
3.2. In altri termini mentre la precedente Commissione aveva espresso valutazioni ampiamente favorevoli nei confronti delle pubblicazioni della ricorrente, giungendo però in modo del tutto contraddittorio ad esprimere un ingiustificato giudizio negativo, la nuova Commissione ha espresso un giudizio sulle stesse pubblicazioni diverso rispetto a quelle del precedente giudizio, fondando il diniego dell’abilitazione sull’omesso superamento del parametro del numero di riviste pubblicate su riviste di fascia A (almeno 3) e sul numero di pubblicazioni valutate come eccellenti (inferiore a 8).
Invero la nuova Commissione ha privilegiato il criterio previsto dall’art. 6, commi 3 e 5, del DM n. 76/2012, di modo che rispetto al primo giudizio (oggetto della sentenza di cui si chiede l’esecuzione) è stato ritenuto dirimente un solo aspetto, quale è quello delle pubblicazioni su riviste di fascia A (almeno 3) e la redazione di pubblicazioni ritenute eccellenti (almeno 8), vanificando in tal modo il giudizio positivo sulle pubblicazioni espresso da almeno tre dei componenti della precedente Commissione.
4. Ciò premesso si ritiene che la commissione, pur potendo avvalersi della possibilità di adottare specifici criteri di valutazione, nello svolgimento del giudizio non abbia applicato correttamente i più ampi criteri e parametri ministeriali individuati nel D.M. 76/2012, rendendoli del tutto irrilevanti.
Infatti, l’organo di valutazione ha applicato i criteri di valutazione approvati in occasione della prima riunione, in modo da attribuire esclusivo rilievo alla valutazione della qualità della produzione scientifica ed, in particolare, alla verifica del possesso da parte dei candidati di almeno 3 pubblicazioni su riviste di fascia A e almeno 8 pubblicazioni ritenute eccellenti.
In tal modo ha incentrato la valutazione esclusivamente sul suddetto criterio, disapplicando di fatto gli altri più generali criteri di valutazione introdotti dal regolamento ministeriale.
Nel valutare la ricorrente la Commissione ha motivato l’insufficienza facendo riferimento alla mancata corrispondenza al predetto ulteriore criterio più selettivo, ritenendolo indispensabile per raggiungere la piena maturità scientifica richiesta nella procedura abilitativa (cfr. verbale allegato n. 1 al verbale del 28.4.2016).
Il richiamo al mancato superamento da parte dell’istante di tale specifico criterio di valutazione, ad ogni modo, non appare sufficiente a motivare il giudizio negativo, in quanto sia nel giudizio collegiale, che in quello individuale, la stessa commissione si è espressa ancora una volta in termini positivi nei confronti della candidata.
5. Va altresì considerato che, secondo l’ormai consolidato indirizzo di questa Sezione, il giudizio di “accettabile” espresso in relazione ad alcune pubblicazioni, non può essere ricondotto alla sfera di un giudizio negativo pieno, in accordo con la definizione data dal MIUR (allegato D, comma 3, DM n. 76/2012), ove si stabilisce che “le pubblicazioni di livello accettabile sono quelle a diffusione internazionale o nazionale che hanno accresciuto in qualche misura il patrimonio di conoscenze nei settori di pertinenza”, per cui “si tratta di pubblicazioni comunque degne di essere considerate in modo positivo nell’ambito della valutazione dei candidati all’abilitazione scientifica nazionale” (cfr. ex multis TAR Lazio, sez. III, 12 febbraio 2015 n. 2512).
6. La perplessità dell’avversato giudizio della Commissione, inoltre, è suffragata dalla valutazione del Commissario straniero il quale, dopo aver evidenziato la notorietà internazionale della ricorrente e dei suoi lavori e discostandosi dai giudizi degli altri componenti, ha espresso un giudizio del tutto positivo sulla candidata.
7. Alla luce di quanto sopra appare evidente che il nuovo giudizio della commissione le cui conclusioni negative si fondano in via esclusiva su un criterio considerato (illegittimamente) come assorbente (quale è quello di un numero minimo di pubblicazioni su riviste di fascia A e di pubblicazioni considerate eccellenti), non costituisce esecuzione del giudicato, in quanto l’effetto conformativo della sentenza da eseguire escludeva, nel caso in esame, una “reformatio in peius” della posizione della ricorrente. Pur essendo, infatti, discrezionale il giudizio della nuova Commissione, quest’ultima non poteva capovolgere gli specifici profili di apprezzamento, che avevano determinato l’annullamento del giudizio originario, avvalendosi a tale scopo di parametri restrittivi, estranei alla normativa vigente .
8. Il carattere assorbente dei motivi esaminati esonera il Collegio dal soffermarsi sulle ulteriori censure dedotte e consente di accogliere il ricorso con conseguente annullamento del provvedimento di diniego dell’abilitazione scientifica nazionale alle funzioni di Professore di prima fascia per il settore concorsuale 13/B5 – “Scienze merceologiche” e delle valutazioni operate dalla commissione per l’abilitazione scientifica nazionale in questione.
Premesso ciò, considerato che in occasione della precedente valutazione in cui era stata rilevata la illegittimità del giudizio collegiale, che si era espresso in termini negativi nonostante la maggioranza dei commissari si fosse espressa in termini favorevoli alla candidata (sulla base della contraddittorietà tra premesse e conclusioni del giudizio espresso da uno dei suoi componenti rilevata nella sentenza 11376/2015) e, in forza del giudicato al quale il MIUR è tenuto ad ottemperare, espresso dalla menzionata decisione n. 11376/2015, deriva che l’Amministrazione è tenuta:
a) a procedere alla convocazione di una commissione in diversa composizione ai fini dell’abilitazione scientifica nazionale (ASN), tornata 2012, relativamente al S.C. 13/B5 – “Scienze merceologiche”, affinché questa riesamini la posizione della candidata alla I fascia della docenza universitaria, prof. Grazia Calabrò, tenendo conto dei giudizi individuali come originariamente espressi dalla maggioranza dei commissari;
b) a provvedere a quanto sopra statuito entro e non oltre il termine di gg. 30 (trenta) dalla notifica della presente sentenza a cura del ricorrente ovvero, se anteriore, dalla comunicazione della medesima da parte della Segreteria di questa Sezione;
Visto l’art. 114, comma 4, lett. d) c.p.a., nomina fin d’ora, per l’ipotesi di eventuale persistente inadempimento, quale Commissario ad acta, il Capo del Dipartimento per la Formazione Superiore e per la Ricerca del MIUR, domiciliato per la carica in Roma, Piazzale Kennedy, 20 o il dirigente di ruolo che da questi sarà delegato, affinché provveda a quanto sopra statuito, in sostituzione degli organi inottemperanti.
Le spese del giudizio seguono la regola della soccombenza nella misura indicata nel dispositivo.
P.Q.M.
Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto ordina al Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca, in persona del Ministro in carica, di provvedere a quanto specificamente indicato in motivazione entro il termine di trenta giorni dalla notificazione della presente sentenza.
Nomina per il caso di inadempimento entro il predetto termine, quale Commissario “ad acta”, il Capo del Dipartimento per la Formazione Superiore e per la Ricerca del MIUR, domiciliato per la carica in Roma, Piazzale Kennedy, 20 o il dirigente di ruolo che da questi sarà delegato.
Condanna il Ministero resistente al pagamento delle spese processuali in favore del ricorrente che si liquidano in euro 1000,00 oltre Iva, Cassa Avvocati e oneri dovuti per legge oltre al rimborso del contributo unificato versato.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 17 maggio 2017 con l’intervento dei magistrati:
[#OMISSIS#] De [#OMISSIS#], Presidente
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Consigliere
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Consigliere, Estensore 
Pubblicato il 13/06/2017