TAR Lazio, Roma, Sez. III, 2 novembre 2017, n. 10941

Accesso ai corsi di laurea a numero chiuso-Principio anonimato

Data Documento: 2017-11-02
Area: Giurisprudenza
Massima

Non può essere trascurata  la differente configurazione del principio di anonimato nelle prove scritte di un concorso, richiedente la stesura di elaborati originali e nella verifica di prove a quiz con risposte predeterminate, potendo il favoritismo, nei confronti di un candidato noto, esprimersi nel primo caso con un giudizio discrezionale insindacabile nel merito (con accresciuta necessità di escludere “a priori” ogni possibile riconoscimento), mentre nel secondo l’esito – oggettivamente verificabile anche “ex post” – potrebbe essere alterato solo attraverso vere e proprie falsificazioni, di cui non si ha alcun riscontro nel caso di specie. Per la tipologia di prove concorsuali di cui si discute, pertanto, una mera, “astratta configurabilità” di violazione del principio di anonimato potrebbe ritenersi invalidante (cfr. in tal senso Cons. Stato, Ad. Plen., 20 novembre 2013, nn. 26, 27 e 28), con riferimento, però, non solo alla teorica possibilità di attribuire singole schede ai relativi compilatori, ma anche alla concorrente possibilità di manipolazione delle schede stesse, nel corso della procedura prevista, non potendo il principio di anonimato restare avulso dalle finalità (tutela dell’imparzialità del giudizio e della par condicio dei concorrenti), cui lo stesso è preordinato e, dunque, dalla concreta fattibilità di interventi correttivi, in grado di alterare i risultati della prova. La stessa giurisprudenza sopra richiamata esclude che si debba dimostrare l’effettiva violazione del principio di imparzialità nel caso concreto, ma riconosce che il vizio di procedura è ravvisabile, solo in presenza di violazione “non irrilevante” del principio di cui trattasi: la rilevanza della violazione, d’altra parte, non può prescindere dalla ricordata fattibilità degli interventi correttivi, anche in base alle modalità procedurali previste (ben diverse da quelle attuali, all’epoca delle pronunce sopra citate).
(Nel caso di specie, l’iter procedurale – implicante raccolta e successiva correzione, attraverso lettore ottico, di migliaia di moduli (per i quali il codice alfanumerico, affiancato al codice a barre, costituisce presumibilmente misura di sicurezza, in vista del successivo abbinamento con le schede anagrafiche) – è stato predisposto, ad avviso del Collegio, con il massimo delle possibili garanzie dal d.m. n. 546 del 2016: schede anagrafiche e moduli di risposta dovevano essere depositati infatti – al termine delle prove e in presenza dei commissari di esame – in appositi contenitori, che successivamente sono stati separatamente chiusi, sigillati e controfirmati (anche da concorrenti estratti a sorte); i plichi contenenti i moduli di risposta poi – previa verifica della relativa integrità – sono stati consegnati al CINECA, che ne ha effettuato la correzione in modo automatico, tramite lettore ottico, in base alle risposte prestabilite da ritenere esatte, alla presenza del responsabile del procedimento o di un delegato dello stesso per ciascuna Università)

Contenuto sentenza

N. 10941/2017 REG.PROV.COLL.
N. 14211/2016 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 14211 del 2016, proposto da:
[#OMISSIS#] Tarantola, rappresentato e difeso dagli avvocati [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], [#OMISSIS#] Leone e [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], con domicilio eletto presso lo studio del secondo in Roma, Lungotevere [#OMISSIS#], 3;
contro
Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca, l’Università degli Studi di Udine, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi per legge dall’Avvocatura Generale dello Stato e presso la medesima domiciliati in Roma, via dei Portoghesi, 12;
Cineca non costituito in giudizio;
nei confronti di
[#OMISSIS#] Ur Miruna non costituita in giudizio;
per l’annullamento
– nei limiti dell’interesse del ricorrente, del Decreto Ministeriale 30 giugno 2016 n. 546 con i relativi allegati pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 18 luglio 2016;
– del provvedimento all’esito della partecipazione del ricorrente alle prove di ammissione ai corsi di laurea magistrale in Medicina e Chirurgia e in Odontoiatria e Protesi Dentaria per l’anno accademico 2016/2017, di non ammissione al corso di laurea in Medicina e Chirurgia e Odontoiatria e Protesi Dentaria presso l’Università di Padova o, comunque, presso quelle successivamente indicate al momento della domanda di partecipazione alla prova concorsuale, e per la conseguente declaratoria del diritto del ricorrente ad iscriversi ai suddetti corsi;
– degli atti di pubblicazione dei punteggi del 29.09.2016 e della graduatoria nazionale di merito pubblicata il successivo 4.10.2016 secondo le indicazioni di cui all’allegato 2 del D.M. 30.06.2016 n. 546, e scorrimenti e/o ulteriori avvisi, nella parte in cui, anche dopo l’inserimento del ricorrente, non colloca il ricorrente in posizione utile all’immatricolazione presso l’Università indicata al punto che precede o comunque presso quelle successivamente indicate al momento della domanda di partecipazione alla prova concorsuale;
– del Decreto MIUR 20.05.2016, n. 312 che ha nominato la Commissione incaricata di verificare la compatibilità dei quesiti ai percorsi di studio della scuola superiore;
– del Decreto Interministeriale 25 luglio 2016 n. 592 recante la “Programmazione dei posti per l’accesso al corso di laurea magistrale a ciclo unico in Medicina e Chirurgia a. a. 2016/2017” (doc. in atti);
– degli atti con i quali sono state predisposte le prove di esame e di tutta la documentazione di concorso;
– dei verbali delle Commissioni di concorso e delle Sottocommissioni d’aula e di ogni altro-atto o provvedimento relativo alla procedura de qua;
nonché per l’accertamento del diritto
del ricorrente ad essere ammesso ai corsi di laurea di Medicina e Chirurgia e Odontoiatria e Protesi Dentaria e di ottenere il risarcimento dei danni subiti a causa del diniego di iscrizione;
e per la condanna
in forma specifica all’adozione di ogni misura opportuna, ivi compreso il provvedimento di ammissione al corso di laurea di Medicina e Chirurgia e Odontoiatria e Protesi Dentaria per cui è causa per l’a.a. 2016/2017.
 Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca e dell’Università degli Studi di Udine;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 4 ottobre 2017 il dott. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] e uditi per la parte ricorrente l’Avv. E. [#OMISSIS#] e per le Amministrazioni resistenti l’Avvocato dello Stato [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] (solo nella chiamata preliminare) e l’Avvocato dello Stato Di [#OMISSIS#] nella discussione.
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
 FATTO
Il ricorrente ha partecipato in data 6.9.2016 alla prova selettiva funzionale all’ammissione e successiva iscrizione al corso di laurea in Medicina e Chirurgia, presso l’Università degli Studi di Udine, aula F, avendo indicato l’Università degli Studi di Udine come prima scelta.
Il ricorrente riferisce di aver conseguito il punteggio di 58.3, senza collocarsi in una posizione utile per entrare in una delle Università indicate.
Avverso gli atti in epigrafe ha quindi proposto ricorso l’interessato deducendo i seguenti motivi:
1) Violazione e falsa applicazione dell’art. 2 del d.m. 30.06.2016 n. 546 e dei principi di legge e regolamento in materia di svolgimento di prove concorsuali e di selezione dei concorrenti; Eccesso di potere per disparità di trattamento ed ingiustizia manifesta; Eccesso di potere per violazione dei canoni di congruità, adeguatezza, imparzialità e trasparenza dell’azione amministrativa.
I quesiti utilizzati per la prova di ammissione oggetto di giudizio sarebbero stati elaborati in modo irregolare, essi sarebbero inoltre inidonei ad assicurare un’adeguata ed imparziale selezione dei concorrenti, con conseguente invalidità degli atti impugnati.
Alcuni dei sessanta quesiti sottoposti ai candidati per la prova de qua sarebbero identici a quelli contenuti in alcuni “eserciziari” precedentemente editi da privati che organizzano corsi di preparazione ai test di accesso ai corsi universitari a numero chiuso.
La prova di ammissione non si sarebbe svolta sulla base di quesiti elaborati e predisposti in modo originale e autonomo da parte del Ministero per lo svolgimento della prova in esame, ma impiegando — almeno in parte — quesiti già editi e suscettibili di essere preventivamente conosciuti dai concorrenti, che hanno frequentato corsi privati di preparazione o che hanno potuto consultare testi ed eserciziari predisposti da enti di formazione volti a preparare gli studenti proprio a quello specifico test di ammissione.
In tal modo sarebbe stato violato l’art. 2, comma 1, del D.M. MIUR n. 546 del 30.6.2016.
In base all’art. 2, comma 2, del predetto D.M. i 60 quesiti avrebbero dovuti essere elaborati dal Ministero (con l’ausilio di soggetti dotati di adeguata competenza) e presentare contenuti originali al fine di selezionare i candidati sulla base delle loro effettive capacità in modo imparziale.
Il Ministero ed i suoi “ausiliari” avrebbero omesso di svolgere l’attività di loro competenza, essendosi limitati a “copiare” i quesiti di soggetti privati privi di qualificazione.
In tal modo si sarebbe determinata una situazione di evidente disparità tra i candidati, a favore di coloro che avevano frequentato i corsi e/o avevano avuto accesso ai testi contenenti le simulazioni e le domande “copiate” dal Ministero.
Il ricorrente avrebbe risposto in modo inesatto a 3 quesiti tra quelli “non originali” e “già editi”, ed avrebbe omesso la risposta a 4 quesiti tra quelli “non originali” e “già editi”, subendo una penalizzazione di 11,7 punti (in quanto per ogni risposta errata vengono sottratti 0,40 punti e che per ogni risposta omessa non vengono attribuiti punti 1,50): punteggio che l’avrebbe collocato in graduatoria in una posizione tale da poter entrare nella sede di prima scelta (Udine).
I predetti 11,7 punti gli avrebbe consentito di accedere a una posizione utile per l’ammissione ad una facoltà raggiungendo il punteggio di 70;
2) Violazione sotto altro profilo degli artt. 3, 33, 34 e 97 della Costituzione; Violazione e falsa applicazione della Direttiva 93/16/ CEE; Violazione e falsa applicazione delle Legge n. 264/1999; Violazione e falsa applicazione del D.M. 30.06.2016 n. 546; Eccesso di potere per illogicità manifesta sotto altro profilo; Violazione delle norme e regole del giusto procedimento; Violazione dei principi costituzionali di legalità, buon andamento ed imparzialità dell’amministrazione; Eccesso di potere per disparità di trattamento e per illogicità manifesta.
Alcuni quesiti sarebbero stati formulati in modo erroneo: in particolare il quesito n. 33 corrispondente alla domanda n. 27 del ricorrente (per il quale nessuna delle risposte indicate era corretta) e al quale quest’ultimo non ha fornito alcuna risposta ricevendo una penalizzazione di ulteriori punti 1,50.
Sarebbe errato anche il quesito n. 49 corrispondente al n. 45 del test del ricorrente, sebbene il ricorrente abbia fornito la risposta prevista dal MIUR, e sul quale egli avrebbe impiegato molto tempo non riuscendo ad inquadrare il problema;
3) Violazione degli artt. 3, 33, 34 e 97 della Costituzione; Violazione e falsa applicazione della Legge n. 264/1999; Violazione e falsa applicazione del D.M. 30.06.2016 n. 546; Eccesso di potere per illogicità manifesta; Violazione delle norme di legge in materia di giusto procedimento; Violazione dei principi costituzionali di legalità, buon andamento ed imparzialità dell’amministrazione; Eccesso di potere per carenza di contestualità, trasparenza e par condicio; Eccesso di potere per illogicità e contraddittorietà manifeste.
E’ chiesta in via istruttoria copia dei verbali del MIUR e di quelli della Commissione di esperti sull’attività svolta al fine di verificare i criteri applicati e le modalità seguite per la formulazione dei quesiti;
4) Violazione degli artt. 3, 33, 34 e 97 della Costituzione; Violazione e falsa applicazione della Legge n. 264/1999; Violazione e falsa applicazione della Direttiva 96/16 CEE; Eccesso di potere per illogicità manifesta nonché per difetto di motivazione; Eccesso di potere per sviamento; Violazione del principio del giusto procedimento, sotto il profilo della carenza di istruttoria; Violazione e falsa applicazione dell’art. 6 ter del D.lgs. n. 502/1992; Violazione delle norme e principi in materia di rilevazione del fabbisogno di professionalità (Tavolo Tecnico per la definizione posti disponibili — Accordo formale Conferenza per i Rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province Autonome); Eccesso di potere per contraddittorietà e illogicità sotto altro profilo. Violazione della Direttiva 2006/123/CE del 12.12.2006 relativa al mercato interno dei servizi (Direttiva Bolkestein).
Il numero di posti per gli studenti di medicina e chirurgia presso le Università sarebbe stato individuato senza svolgere accertamenti sulle potenzialità delle sedi universitarie nonché verifiche delle effettive capacità didattiche.
Dall’esame dei posti mesi a disposizione dai diversi atenei emergerebbe che l’offerta formativa sarebbe inferiore alle capacità didattiche delle Università.
Dalle premesse del Decreto Interministeriale 25.7.2016 n. 592, nell’ambito del Tavolo Tecnico – costituito ai fini della definizione dei posti disponibili per 1’a.a. 2016/2017 sui corsi ad accesso programmato dell’area sanitaria, si evincerebbe che la Conferenza per i Rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province Autonome non avrebbe ancora formalizzato il previsto Accordo sul fabbisogno definito dal Ministero della Salute.
Ai sensi dell’art. 6 ter del D.lgs. n. 502/1992 il criterio del fabbisogno relativo alla professione di medico chirurgo per l’anno accademico 2016/2017 sarebbe stato individuato solo a livello nazionale, senza tener conto del quadro comunitario, in violazione dei principi sulla base dei quali le norme in materia di accessi ai corsi universitari sono state emanate;
5) Violazione e falsa applicazione degli artt. 3, 9, 33, 34 e 97 della Costituzione. Violazione del principio della segretezza delle prove concorsuali e della regola dell’anonimato dei candidati nei pubblici concorsi, violazione dei principi di trasparenza e par condicio dei concorrenti, di buon andamento e di imparzialità dell’amministrazione. Violazione e falsa applicazione del D.M. 30.06.2016 n. 546 e dell’Allegato 1 (“prova di ammissione per i corsi di laurea e laurea magistrale cui agli articoli 2, 4, 5 e 6”). Eccesso di potere per arbitrarietà, illogicità, carenza di contestualità trasparenza e par condicio.
Sarebbe stato violato il principio dell’anonimato in quanto il modulo risposte avrebbe riportato prestampati, sotto l’intitolazione e in calce, il codice a barre e il codice alfanumerico del plico da cui erano stati estratti.
L’art. 8 dell’Allegato 1 al Bando prevedeva che: “ogni plico contiene: a) una scheda anagrafica priva di qualsivoglia codice di identificazione; b) i quesiti relativi alla prova di ammissione, recanti il codice identificativo del plico; c) un modulo di risposte, dotato dello stesso codice identificativo del plico…”), in violazione del principio per cui gli elaborati dei concorsi pubblici devono essere anonimi e privi di qualsivoglia segno di riconoscimento.
Ogni modulo risposte avrebbe riportato già impresso il codice identificativo del plico. Inoltre l’etichetta abbinata dal candidato era composta di codice a barre e codice alfanumerico, che avrebbe potuto essere annotato dal candidato o dal commissario.
L’Amministrazione intimata, costituitasi in giudizio, ha eccepito in [#OMISSIS#] l’inammissibilità e nel merito l’infondatezza del ricorso.
Con ordinanza della sezione n. 944/17 del 22.2.2017 è stata ordinato al Ministero intimato di depositare una documentata relazione inerente le modalità di formulazione dei quesiti e la sterilizzazione del quesito n. 16.
Con ulteriore ordinanza n. 2247 del 3 maggio 2017 è stata disposta l’integrazione del contraddittorio.
In vista dell’udienza in data odierna, infine, la difesa del ricorrente attestava l’avvenuta, rituale integrazione del contraddittorio e, su tale base, dopo ampia discussione la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
1. E’ sottoposta all’esame del Collegio la legittimità delle prove di ammissione alla Facoltà di Medicina, Chirurgia, Odontoiatria e Protesi dentaria, svoltesi per l’anno accademico 2016/2017, in attuazione della legge 2 agosto 1999, n. 264 (Norme in materia di accessi ai corsi universitari) e del d.m. 30 giugno 2016, n. 546 (Modalità e contenuti delle prove di ammissione ai corsi di laurea magistrale a ciclo unico ad accesso programmato nazionale a.a. 2016/2017).
In particolare, nell’impugnativa vengono contestati violazione del principio di anonimato e non rispondenza dei quesiti proposti alla disciplina di riferimento, sia per erroneità di alcune delle soluzioni individuate dall’Amministrazione, sia per l’eccessiva difficoltà dei quesiti – non rispondenti ai programmi della scuola superiore di provenienza dei concorrenti – sia infine per il carattere non originale e inedito di alcuni di tali quesiti. In rapporto a quanto sopra il Collegio è chiamato a valutare, in via preliminare, l’eccezione di inammissibilità della medesima Amministrazione, per mancato superamento della prova di resistenza.
Il ricorrente ha conseguito un punteggio di 58.3, senza collocarsi in una posizione utile per entrare in una delle Università indicate.
2. Con il primo motivo, si contesta il carattere non inedito di molti dei quesiti proposti, di cui si attesta l’identità con quelli, contenuti in pubblicazioni comunemente in commercio.
In proposito questa Sezione si è già espressa in sede cautelare, evidenziando come tale argomentazione, benché in effetti documentata, non appare invalidante dell’intera procedura, anche se potrebbe essere considerata dall’Amministrazione come inadempienza del CINECA, in rapporto agli obblighi assunti: obblighi che si riferivano, appunto, alla elaborazione di quesiti di volta in volta nuovi, non recepiti dai manuali di cui trattasi (questi ultimi forse redatti, a loro volta, con riferimento a prove somministrate negli anni precedenti).
Non è comunque possibile determinare quali candidati siano stati avvantaggiati dalla circostanza sopra indicata, né quanto l’avere avuto accesso ai manuali in questione abbia facilitato la prova, fermo restando che non possono considerarsi vizianti la ricerca di canali di preparazione, a disposizione di qualunque soggetto interessato, né lo studio approfondito dei testi disponibili, tutti più o meno noti agli aspiranti studenti di medicina. Quanto sopra non esclude che, in una prospettiva di maggiore trasparenza, la stessa Amministrazione possa in futuro suggerire testi di preparazione, ma, allo stato degli atti, la censura prospettata appare priva di fondatezza.
3. Il secondo motivo deve, invece, essere dichiarato inammissibile, nella parte in cui prospetta genericamente “l’inconferenza dell’oggetto e del contenuto di molte domande della prova… e al fatto che il Ministero ha individuato erroneamente le soluzioni”.
A fronte della presenza di una qualificata Commissione di esperti, incaricati della validazione dei quesiti, non appaiono condivisibili contestazioni dal contenuto del tutto indeterminato, in ordine a valutazioni che debbono ritenersi espressione di discrezionalità tecnica, insindacabile nel merito, salvo oggettiva erroneità in fatto o palese incongruità.
Di vera e propria erroneità, in effetti, si parla solo per i quesiti nn. 33 e 49, sulla base di relazioni tecniche allegate: solo in rapporto a queste ultime, pertanto, potrebbe in astratto configurarsi un ulteriore accertamento, circa il carattere realmente oggettivo e non opinabile di erroneità della risposta, ritenuta corretta dall’Amministrazione.
Nel caso di specie, tuttavia, la censura risulta inammissibile, atteso che non risulta dimostrato il superamento della prova di resistenza.
Invero, in relazione al quesito n. 33 si deduce che l’istante avrebbe titolo all’incremento di 1,5 punti, ma tale punteggio non sarebbe comunque sufficiente a garantirgli l’accesso alla facoltà di interesse perché non è in grado di colmare il divario rispetto al punteggio conseguito dall’ultimo degli idonei.
In relazione al quesito n. 49 l’istante non può vantare alcun interesse posto che egli stesso dichiara di aver risposto secondo le indicazioni previste dal MIUR.
4. Ugualmente inammissibile risulta il terzo ordine di censure, nella parte in cui si prospetta che il Ministero debba dare “documentato conto” delle scelte operate e validate dalla Commissione di esperti, i cui criteri di apprezzamento – evidentemente legati alle professionalità specifiche possedute – non dovevano essere portate necessariamente a conoscenza dei candidati, fatta salva la valutazione di pertinenza dei singoli quesiti e di esattezza delle risposte, su cui ogni interessato poteva richiedere un oggettivo riscontro, se decisivo per la propria collocazione in graduatoria in posizione utile. Quanto sopra, in conformità a quella che si definisce “prova di resistenza”, quale diretta espressione dell’interesse a ricorrere, in vista dell’utilità concreta perseguita.
5. Con il quarto motivo si contesta l’individuazione dei posti disponibili da parte dell’Amministrazione.
La censura non convince.
In primo luogo occorre osservare che l’istruttoria condotta dal Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca – piuttosto complessa e articolata, con costituzione di un apposito tavolo tecnico e in accordo con la Conferenza per i rapporti fra Stato, Regioni e Province autonome – rientra in un’attività di programmazione, in rapporto alla quale sono attribuiti all’Amministrazione ampi poteri discrezionali, non sindacabili sulla base di una mera e indimostrata affermazione di presunta maggiore capacità formativa degli Atenei, che emergerebbe anche a seguito delle migliaia di immatricolazioni con riserva, ottenute in via giudiziale negli anni precedenti.
Quanto sopra, in assenza di qualsiasi reale riscontro, in merito alle difficoltà organizzative affrontate, in tale contesto, dagli Atenei e ai livelli di formazione conseguenti.
Per quanto concerne la dedotta illegittimità del criterio di selezione, rapportato alla capacità di assorbimento nel mercato del lavoro, a livello nazionale, delle professionalità in questione, si osserva che il diritto allo studio, alla formazione culturale e alla libertà delle scelte professionali, tutelati dagli articoli 2, 4, 33 e 34 della Costituzione, non escludono limiti – necessariamente di rango legislativo – all’autonomia universitaria, in funzione dell’esigenza, riconosciuta anche in ambito comunitario, di standard di formazione minimi, a garanzia del possesso effettivo delle conoscenze necessarie per l’esercizio di determinate attività professionali, come quelle in ambito sanitario di cui si discute.
Non può, non riconoscersi la necessità di conformare l’accesso alle Facoltà di Medicina alla congruità del rapporto fra numero di studenti e idoneità delle strutture, sotto il profilo non solo della didattica, ma anche della disponibilità di laboratori e della possibilità di avviare adeguate esperienze cliniche, nonché di accedere alle specializzazioni. Non ultima infine (ferma restando la priorità delle esigenze sopra indicate) è la finalità di assicurare – anche in considerazione della libera circolazione di professionisti in ambito U.E. – la possibilità di adeguati sbocchi lavorativi, da commisurare al fabbisogno nazionale, sul presupposto che vi sia un potenziale bilanciamento fra medici formati in altri Paesi dell’Unione, operanti in Italia e medici italiani trasferiti in ambito comunitario.
6. Per quanto riguarda la violazione del principio di anonimato – prospettata nel quinto motivo – l’Amministrazione ha fornito descrizione delle operazioni, attraverso cui l’Università di riferimento e il CINECA (incaricato di attribuire i punteggi ai moduli di risposta, mentre schede anagrafiche, moduli di domanda e fogli di controllo dei plichi restavano in possesso dell’Ateneo) hanno svolto le operazioni di chiusura e riapertura dei plichi sigillati, con adeguata pubblicità delle singole fasi. Sui moduli di risposta, tuttavia, compaiono due codici alfanumerici: uno sottostante a quello a barre, era contenuto nell’etichetta, applicata dagli stessi candidati al foglio risposte e alla scheda anagrafica dopo l’espletamento della prova, al momento della consegna; l’altro – già presente sulla scheda – risultava destinato a consentire la riformazione del plico, da attribuire ai singoli concorrenti dopo l’abbinamento con la scheda anagrafica. Entrambi detti codici – o in particolare il primo, connesso alla scheda anagrafica identificativa del concorrente – potendo essere trascritti o memorizzati avrebbero sostanzialmente vanificato, secondo le parti ricorrenti, il carattere apparentemente anonimo dei moduli di risposta. Quanto sopra, in corrispondenza dell’astratta possibilità di comunicazione del codice stesso, da parte del concorrente interessato, ad uno o più addetti alle fasi di raccolta e controllo dei moduli in questione, e/o di verifica di esattezza delle risposte fornite. Tale non preclusa possibilità, secondo i medesimi ricorrenti, vizierebbe di per sé l’intera procedura.
Il Collegio ha valutato le argomentazioni del ricorrente ripetute anche nella pubblica udienza in data odierna, tuttavia, non ravvisa adeguati presupposti per l’annullamento dell’intera procedura sotto il profilo in esame.
Non solo, infatti, è assente qualsiasi principio di prova su intervenute manipolazioni, che avrebbero rilevanza anche penale, ma le garanzie procedurali previste sembrano escluderne la reale possibilità, nei limiti delle verifiche affidate a questo giudice, in tema di legittimità delle procedure amministrative.
Non può essere trascurata infatti, in primo luogo, la differente configurazione del principio di anonimato nelle prove scritte di un concorso, richiedente la stesura di elaborati originali e nella verifica di prove a quiz con risposte predeterminate, potendo il favoritismo, nei confronti di un candidato noto, esprimersi nel primo caso con un giudizio discrezionale insindacabile nel merito (con accresciuta necessità di escludere “a priori” ogni possibile riconoscimento), mentre nel secondo l’esito – oggettivamente verificabile anche “ex post” – potrebbe essere alterato solo attraverso vere e proprie falsificazioni, di cui non si ha alcun riscontro nel caso di specie.
Per la tipologia di prove concorsuali di cui si discute, pertanto, una mera, “astratta configurabilità” di violazione del principio di anonimato potrebbe ritenersi invalidante (cfr. in tal senso Cons. Stato, Ad. Plen., 20 novembre 2013, nn. 26, 27 e 28), con riferimento, però, non solo alla teorica possibilità di attribuire singole schede ai relativi compilatori, ma anche alla concorrente possibilità di manipolazione delle schede stesse, nel corso della procedura prevista, non potendo il principio di anonimato restare avulso dalle finalità (tutela dell’imparzialità del giudizio e della par condicio dei concorrenti), cui lo stesso è preordinato e, dunque, dalla concreta fattibilità di interventi correttivi, in grado di alterare i risultati della prova.
La stessa giurisprudenza sopra richiamata esclude che si debba dimostrare l’effettiva violazione del principio di imparzialità nel caso concreto, ma riconosce che il vizio di procedura è ravvisabile, solo in presenza di violazione “non irrilevante” del principio di cui trattasi: la rilevanza della violazione, d’altra parte, non può prescindere dalla ricordata fattibilità degli interventi correttivi, anche in base alle modalità procedurali previste (ben diverse da quelle attuali, all’epoca delle pronunce sopra citate).
Nella situazione in esame l’iter procedurale – implicante raccolta e successiva correzione, attraverso lettore ottico, di migliaia di moduli (per i quali il codice alfanumerico, affiancato al codice a barre, costituisce presumibilmente misura di sicurezza, in vista del successivo abbinamento con le schede anagrafiche) – è stato predisposto, ad avviso del Collegio, con il massimo delle possibili garanzie dal d.m. n. 546 del 2016: schede anagrafiche e moduli di risposta dovevano essere depositati infatti – al termine delle prove e in presenza dei commissari di esame – in appositi contenitori, che successivamente sono stati separatamente chiusi, sigillati e controfirmati (anche da concorrenti estratti a sorte); i plichi contenenti i moduli di risposta poi – previa verifica della relativa integrità – sono stati consegnati al CINECA, che ne ha effettuato la correzione in modo automatico, tramite lettore ottico, in base alle risposte prestabilite da ritenere esatte, alla presenza del responsabile del procedimento o di un delegato dello stesso per ciascuna Università (all. 1, punto 12).
Non si vede in che modo, risultando le schede disponibili, materialmente, solo in fasi procedurali pubbliche, singoli soggetti avrebbero potuto effettuare la ricerca, la sottrazione e l’alterazione o sostituzione di alcune di esse.
In tale contesto, il Collegio ritiene dunque di poter respingere il motivo in questione, senza ulteriori integrazioni istruttorie, risultando comunque non configurabile una generalizzata, grave penalizzazione di tutti i concorrenti, solo in corrispondenza di verbalizzazioni non puntualmente analitiche (ma comunque sussistenti) per ogni singola fase, di cui è attestata la rispondenza alle disposizioni ministeriali.
7. In base alle considerazioni svolte, in conclusione, il Collegio ritiene che il ricorso debba essere respinto, ferma restando (dal momento che il ricorrente ha superato il punteggio minimo) la possibilità di scorrimenti fino a chiusura delle graduatorie e/o ad eventuali nuove disponibilità di posti.
Quanto sopra, tuttavia, solo in base a circostanze sopravvenute o a scelte discrezionali dell’Amministrazione, che esulano dal presente giudizio di legittimità.
8. Inammissibile per tardiva prospettazione, in particolare, deve ritenersi la richiesta di assegnazione dei posti, riservati a studenti extracomunitari e rimasti scoperti, fatta salva, anche in questo caso, la possibilità per il medesimo ricorrente di fruire di un eventuale scorrimento che venisse disposto, in base alla votazione conseguita nelle prove e alla conseguente collocazione nella graduatoria di merito.
9. Quanto alle spese giudiziali, le difficoltà riconducibili alla complessa selezione di cui trattasi e il carattere necessitato – ma comunque incidente su diritti costituzionalmente protetti – della selezione stessa ne rendono equa, ad avviso del Collegio, la compensazione.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 4 ottobre 2017 con l’intervento dei magistrati:
 [#OMISSIS#] De [#OMISSIS#], Presidente
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Consigliere, Estensore
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Consigliere
  Pubblicato il 02/11/2017