N. 07041/2018 REG.PROV.COLL.
N. 10168/2015 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Terza Quater)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 10168 del 2015, proposto da
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall’avvocato [#OMISSIS#] Creaco, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via [#OMISSIS#] n. 25;
contro
Ministero della Salute, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata ex lege in Roma, via dei Portoghesi n. 12;
per l’annullamento
del provvedimento del -OMISSIS-, con il quale il Ministero della Salute – Direzione generale delle professioni sanitarie e delle risorse umane del Servizio sanitario nazionale ha respinto l’istanza del ricorrente diretta ad ottenere il riconoscimento del titolo di medico dentista rilasciato dall’Università di -OMISSIS-;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero della Salute;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 8 maggio 2018 il dott. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Il ricorrente premette quanto segue:
– di aver conseguito il titolo accademico di dottore in stomatologia nel 1999 presso l’Università di-OMISSIS-;
– di aver presentato nel 2006 al Ministero dell’educazione, della ricerca e dei giovani della -OMISSIS- istanza per il riconoscimento, ai soli fini lavorativi, del titolo di studi sopra richiamato; il predetto Ministero, ai fini del richiesto riconoscimento, chiedeva al ricorrente di completare il proprio percorso formativo, con ulteriori esami, presso l’Università -OMISSIS-. Completato l’iter formativo, il ricorrente veniva autorizzato dalle autorità rumene ad esercitare la propria attività professionale in -OMISSIS-;
– nel 2008 il ricorrente presentava istanza di riconoscimento di un titolo abilitante alla professione di odontoiatra, in attuazione della direttiva 2001/19/CE; su denuncia del Ministero della Salute, la Procura di Roma avviava nei confronti del ricorrente un procedimento penale, avente ad oggetto il suo percorso formativo, (procedimento) che si concludeva nel 2011 con sentenza di proscioglimento “perché il fatto non sussiste”;
– il ricorrente chiedeva quindi alla autorità rumene il riconoscimento del proprio titolo di studi a fini accademici. Il Ministero della istruzione, della ricerca, dei giovani e dello sport della -OMISSIS-, richiedeva, ai fini dell’accoglimento della istanza, la frequenza di un anno integrativo da svolgersi presso un’Università riconosciuta; il ricorrente dall’ottobre 2011 al settembre 2012 ha seguito i corsi del VI° anno presso l’Università -OMISSIS-, conseguendo il diploma di laurea in data 19 febbraio 2013.
Tanto premesso, il ricorrente ha impugnato il provvedimento del Ministero della Salute – Direzione generale delle professioni sanitarie e delle risorse umane del S.s.n. del -OMISSIS-, con il quale è stata respinta l’istanza del ricorrente del 21 luglio 2014, diretta ad ottenere il riconoscimento del titolo di “-OMISSIS-, specializarea medicina detara”, rilasciato dall’Università -OMISSIS- in data 19 febbraio 2013.
Il ricorrente ha contestato la legittimità del provvedimento impugnato sotto diversi profili.
Si è costituito in giudizio per resistere alla proposta impugnativa il Ministero della Salute.
Con ordinanza n. 3921/2015 è stata respinta l’istanza cautelare presentata in via incidentale dalla parte ricorrente.
Con memoria depositata in data 27 marzo 2018 il ricorrente ha insistito per l’accoglimento del ricorso, evidenziando che in casi analoghi il Ministero della Salute avrebbe proceduto al riconoscimento del diploma di laurea rilasciato dalla stessa Università frequentata dal ricorrente e che alcuni colleghi del ricorrente avrebbero chiesto ed ottenuto l’iscrizione all’ordine professionale dei medici dentisti.
All’udienza pubblica dell’8 maggio 2018, su richiesta delle parti, il ricorso è stato trattenuto in decisione.
Con il primo motivo il ricorrente deduce: Violazione e falsa applicazione del diritto comunitario e, in specie, della direttiva 2005/36/CE nonché della legge di recepimento italiana di cui al d.lgs. 9 novembre 2007 n. 206.
A giudizio del ricorrente, il provvedimento impugnato si porrebbe in contrasto con la direttiva sopra richiamata in materia di mobilità dei servizi professionali e, in particolare, con i principi di “libera prestazione dei servizi” all’interno dell’Unione europea e di “libertà di stabilimento”.
Il ricorrente evidenzia altresì che la professione di “odontoiatra” rientra tra quelle per le quali vige il principio del riconoscimento automatico, in base al quale i titoli conseguiti nell’ambito di uno Stato membro sono automaticamente riconosciuti anche negli altri Stati dell’Unione europea.
L’unico controllo ammissibile ai fini del predetto riconoscimento sarebbe di carattere formale, senza alcuna valutazione di carattere discrezionale rispetto alla validità (sostanziale) del titolo da riconoscere.
Con il secondo motivo il ricorrente deduce eccesso di potere per manifesta illogicità, irrazionalità e per deficit istruttorio e motivazionale.
Il ricorrente contesta la fondatezza delle ragioni poste dalla amministrazione a base della reiezione della propria istanza, evidenziando che il giudizio di presunta inaffidabilità della Università -OMISSIS- si fonderebbe su accertamenti successivi al percorso formativo del ricorrente.
Oltre a ciò, evidenzia che il Ministero della Salute avrebbe già proceduto al riconoscimento di n. 11 diplomi di laurea in odontoiatria, conseguiti presso l’Università -OMISSIS- nello stesso periodo.
Il ricorrente sostiene che anche le argomentazioni relative al suo percorso formativo in -OMISSIS- sarebbero generiche, non riferibili al ricorrente, smentite dal riconoscimento del titolo di studi conseguito in -OMISSIS- da parte del Ministero della Istruzione della -OMISSIS- e in contrasto con l’accertamento svolto dal giudice penale nell’ambito del procedimento avviato nei confronti del ricorrente e conclusosi con sentenza di proscioglimento “perché il fatto non sussiste”.
Le censure sono infondate; esse vengono trattate congiuntamente, attenendo a profili connessi.
Occorre premettere che nel provvedimento impugnato il Ministero della Salute ha respinto l’istanza del ricorrente del 21 luglio 2014, diretta ad ottenere il riconoscimento del titolo di “-OMISSIS-, specializarea medicina detara”, rilasciato dall’Università -OMISSIS- in data 19 febbraio 2013, sulla base delle seguenti considerazioni:
– lo stesso Ministero dell’Educazione della -OMISSIS-, con nota del 16 marzo 2015, ha dichiarato che la Facoltà di Medicina Dentale dell’Università -OMISSIS- ha ricevuto la valutazione di “Mancanza di affidabilità” a seguito di due monitoraggi svoltisi tra il 2010 e il 2013 (ossia proprio nel periodo di iscrizione del ricorrente alla predetta Università), tanto che la stessa Facoltà è stata posta in liquidazione;
– il ricorrente è stato iscritto all’ultimo anno della Facoltà di Medicina Dentale dell’Università -OMISSIS- sulla base del riconoscimento del suo precedente percorso di studi svolto in -OMISSIS- presso l’Università -OMISSIS-; a tale riguardo, sia l’Ambasciata d’Italia a -OMISSIS- (con telespresso del 24 agosto 2011 n. 2599) che il Comando Carabinieri per la tutela della salute – Nas di -OMISSIS-) hanno evidenziato, in maniera univoca, una serie di irregolarità del percorso formativo svoltosi presso l’Università -OMISSIS- per il tramite del c.d. “Centro Studi Universitari Internazionali”, (irregolarità) che inciderebbero, invalidandolo, sul titolo romeno di “Medic Dentist” rilasciato dall’Università -OMISSIS- (in particolare, con telespresso del 24 agosto 2011, l’Ambasciata d’Italia a -OMISSIS- fa rilevare che i cittadini italiani che hanno conseguito la laurea in odontoiatria in -OMISSIS- tra il 1994 e il 1999 presso le Università di Nis e -OMISSIS- sarebbero stati iscritti a corsi per stranieri organizzati dal Centro Studi Interuniversitari di Lugano, in collaborazione con le predette Università serbe, rispetto ai quali corsi i -OMISSIS- hanno indicato, nella informativa trasmessa al Ministero della Salute in data 20 marzo 2010, della significative irregolarità, dalle quali si evincerebbe l’inconsistenza dei corsi di studio che l’Università di -OMISSIS- ha organizzato negli anni ‘90 in collaborazione con il Centro Studi Universitari Internazionali).
Tanto premesso, il Collegio deve rilevare che la questione dedotta in giudizio è già stata affrontata da questa Sezione in diverse sentenze, nelle quali è stato evidenziato che lo stesso Ministero dell’Educazione della -OMISSIS-, con nota del 16.03.2015, ha precisato che “L’Università -OMISSIS-è stata monitorata in base all’ordine del Ministero dell’istruzione n. 3633 del 16 aprile 2010 sull’approvazione della Metodologia speciale dell’Università -OMISSIS-per un periodo di 2 anni (2010-2012). In base alla valutazione finale di ARACIS per il 2013, in conseguenza dell’attribuzione della valutazione “Mancanza di affidabilità” il Ministero dell’Istruzione Nazionale con ordine del Ministro del 19 novembre 2013 che il suddetto Ateneo fosse sottoposta nuovamente a monitoraggio. A seguito dell’ultima valutazione da parte di ARACIS della ripetuta università è stata proposta a livello istituzionale l’attribuzione della valutazione “Mancanza di affidabilità” per questa Università, mentre per il corso di studi di medicina dentaria è stata proposta la valutazione non affidabile nonché la messa in stato di liquidazione trattandosi della seconda valutazione consecutiva di non affidabile”.
Nelle sentenze sopra richiamate è stata evidenziata l’insussistenza della dedotta violazione dell’art. 21 della Direttiva 2005/36/CE, in quanto non sussistevano i presupposti per il riconoscimento automatico, atteso che il comportamento oscillante e non chiaro tenuto dalle competenti autorità rumene nella vicenda in esame ha correttamente indotto il Ministero della Salute a chiedere di poter derogare al principio del riconoscimento automatico alla Commissione europea, la quale, in esito alle informazioni ricevute dalle autorità rumene, ha autorizzato il Ministero della Salute a derogare al menzionato principio (T.a.r. Lazio, Roma, sez. III quater, 12 aprile 2017 n. 4492; n. 12713/2015 e n. 12739/2015) .
Oltre a ciò, il fatto che il titolo conseguito in -OMISSIS- dal ricorrente sia stato riconosciuto dall’Università -OMISSIS-in -OMISSIS- (ossia dall’Università di uno Stato membro dell’Unione europea) dopo il completamento del percorso formativo – a prescindere dalle criticità rilevate a riguardo dal Ministero dell’Educazione rumeno – non implica l’obbligo del riconoscimento automatico da parte dello Stato italiano, in quanto il 12° considerando della direttiva 2005/36/CE (recepita nel nostro ordinamento per effetto del d.lgs. 9 novembre 2007 n. 206) espressamente esclude dal suo ambito di applicazione “….il riconoscimento da parte degli Stati membri di decisioni di riconoscimento adottate da altri Stati membri a norma della presente direttiva”.
Le conclusioni cui in casi analoghi è pervenuto questo Tribunale sono state condivise dal Giudice d’appello, che ha avuto modo di precisare “…in base alla stessa disciplina della direttiva ed ai correttivi dalla stessa previsti alla rigida operatività del meccanismo di “riconoscimento automatico”, i titoli di formazione acquisiti in -OMISSIS- dagli appellanti non potevano considerarsi idonei a determinare, in capo allo Stato italiano, l’obbligo di provvedere al riconoscimento (ovvero in alternativa, come dedotto dagli appellanti, ad impugnare dinanzi al giudice rumeno, titolare della relativa giurisdizione, i suddetti titoli di formazione o ricorrere ex art. 259 del Trattato UE alla Corte di Giustizia per lamentare che “un altro Stato membro ha mancato a uno degli obblighi a lui incombenti in virtù dei trattati”), non essendosi utilmente concluso l’iter istruttorio previsto dall’art. 50, comma 2, della direttiva 2005/36/CE al fine di verificare la conformità di quei titoli agli standards formativi minimi previsti dal legislatore europeo” (Consiglio di Stato, sez. III, 17 aprile 2018 n. 2305).
Nel caso di specie, il diniego di riconoscimento del titolo accademico conseguito dal ricorrente in -OMISSIS- è fondato su un elemento ulteriore, costituito dal fatto che il riconoscimento del titolo di “-OMISSIS-, specializarea medicina detara”, rilasciato dall’Università -OMISSIS- in data 19 febbraio 2013, è avvenuto sulla base del percorso formativo seguito dal ricorrente in -OMISSIS- presso l’Università di -OMISSIS-, rispetto al quale l’Ambasciata d’Italia a -OMISSIS- e il Comando Carabinieri – -OMISSIS- hanno rilevato delle significative irregolarità (sopra meglio evidenziate).
Il fatto che il procedimento penale avviato nei confronti del ricorrente si sia concluso con sentenza di proscioglimento “perché il fatto non sussiste” non è dirimente ai fini dello scrutinio della legittimità dell’atto impugnato, in quanto l’esclusione della responsabilità penale del ricorrente non implica un obbligo di riconoscimento del titolo del ricorrente (abilitante all’esercizio di professioni in ambito sanitario), essendo il provvedimento di reiezione fondato su una motivazione congrua ed articolata, non superata dalle deduzioni della parte ricorrente.
Neppure possono essere considerati quale tertium comparationis, ai fini della valutazione della dedotta disparità di trattamento, atti amministrativi (aventi ad oggetto il riconoscimento di titoli accademici asseritamente analoghi a quello vantato dal ricorrente) la cui legittimità non è accertabile in questa sede.
In conclusione, il ricorso è infondato e va respinto.
La natura della controversia giustifica all’evidenza l’equa compensazione delle spese di giudizio (il contributo unificato rimane a carico della parte ricorrente).
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza Quater), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’art. 52, comma 1, d.lgs. 30 giugno 2003 n. 196, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all’oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare il ricorrente.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 8 maggio 2018 con l’intervento dei magistrati:
[#OMISSIS#] Sapone, Presidente
[#OMISSIS#] Storto, Consigliere
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Consigliere, Estensore
Pubblicato il 22/06/2018