TAR Lazio, Roma, Sez. III, 27 dicembre 2017, n. 12652

Abilitazione scientifica nazionale-Tempistiche commissioni

Data Documento: 2017-12-27
Area: Giurisprudenza
Massima

In relazione ai tempi  di verifica dei titoli e delle pubblicazioni occorsi alla commissione esaminatrice, occorre evidenziare che gli stessi non potevano risultare decisivi al fine di riscontrare la correttezza o meno della procedura di valutazione, dal momento che non è normativamente predeterminato un limite di tempo per il compimento della suddetta fase e che non è dato comunque sapere quanto di quel tempo è stato dedicato ad ogni specifico aspirante all’abilitazione.

Contenuto sentenza

N. 12652/2017 REG.PROV.COLL.
N. 05623/2014 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 5623 del 2014, proposto da: [#OMISSIS#] Lanza, rappresentato e difeso dagli avvocati [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] Toscano e [#OMISSIS#] Lo Duca, con domicilio eletto presso lo studio di [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] Toscano in Roma, via Puglie, 23 int. B/6;
contro
Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, Presidenza del Consiglio dei Ministri, Ministero dell’Economia e delle Finanze, ANVUR – Agenzia Nazionale di Valutazione del Sistema Universitario e della Ricerca, Commissione di abilitazione, rappresentati e difesi secondo legge dall’Avvocatura Generale dello Stato, con domicilio eletto presso la stessa in Roma, via dei Portoghesi, 12;
Ministero per la Pubblica Amministrazione e la Semplificazione, Cineca – Consorzio Interuniversitario per il Calcolo Automatico, Università degli Studi di Parma, non costituiti in giudizio;
nei confronti di
[#OMISSIS#] Amarelli, non costituito in giudizio;
per l’annullamento,
previa sospensione dell’efficacia,
del giudizio di non idoneità al conseguimento dell’abilitazione scientifica nazionale per le funzioni di Professore universitario di II fascia, settore concorsuale 12/G1 “diritto penale”, tornata 2012, unitamente agli atti presupposti, connessi e conseguenti.
 Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, della Presidenza del Consiglio dei Ministri, del Ministero dell’Economia e delle Finanze, dell’ANVUR e della Commissione di abilitazione;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 4 ottobre 2017 il dott. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] e udito per le Amministrazioni resistenti l’Avvocato dello Stato O. [#OMISSIS#];
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
 FATTO e DIRITTO
Il Sig. [#OMISSIS#] Lanza, Ricercatore di diritto penale presso l’Università degli Studi di Catania, impugnava il giudizio di non idoneità al conseguimento dell’abilitazione scientifica nazionale per le funzioni di Professore universitario di II fascia, settore concorsuale 12/G1 “diritto penale”, tornata 2012, unitamente agli atti presupposti, connessi e conseguenti, deducendo la violazione dell’art.16 della Legge n.240 del 2010, degli artt.4, 6, 8 del D.P.R. n.222 del 2011, degli artt. 3, 5, 6, e dell’all.B del D.M. n.76 del 2012, dell’art.4 del D.D. n.222 del 2012, dell’art.1, comma 394 della Legge n.228 del 2012, degli artt.1, 3 della Legge n.241 del 1990, degli artt.2, 3, 4, 33, 97 Cost., del D.Lgs. n.82 del 2005 nonché l’eccesso di potere per arbitrarietà, contraddittorietà, irragionevolezza, sproporzione, difetto di motivazione, disparità di trattamento, violazione della circolare n.754 del 2013, incongruenza, ingiustizia, travisamento dei fatti, errore, incertezza, illogicità, irrazionalità.
Il ricorrente in particolare ha fatto presente quanto segue.
I criteri di valutazione fissati dalla Commissione erano troppo rigorosi; il giudizio riportato di “accettabile” era sufficiente per conseguire l’idoneità all’abilitazione; era mancata una valutazione analitica delle pubblicazioni; i giudizi risultavano contraddittori; i tempi di esame delle singole posizioni dei candidati erano risultati eccessivamente ristretti; non era stata valorizzata la varietà degli interessi scientifici dimostrati; non erano stati adeguatamente considerati i titoli ed in particolare le attività di ricerca e di insegnamento svolte; vi erano state varie carenze procedimentali, relative in particolare alle verbalizzazioni e alle modalità di intervento dei singoli componenti ai lavori della Commissione; la verifica sulla qualificazione dei singoli commissari era stata affidata all’ANVUR e non alle singole Università, non considerando poi quanto previsto in tema nell’art.6, comma 7 della Legge n.240 del 2010; i requisiti commissariali erano stati per giunta introdotti in via retroattiva; per i membri delle commissioni non erano state tempestivamente indicate le mediane; l’ANVUR in ogni caso non poteva occuparsi dei predetti indicatori; illegittimi risultavano poi i decreti di proroga del termine di conclusione dei lavori della Commissione.
Il Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca, il Ministero dell’Economia e delle Finanze, la Presidenza del Consiglio dei Ministri, l’ANVUR e la Commissione di abilitazione si costituivano in giudizio per la reiezione del gravame, illustrandone con successive memorie l’infondatezza nel merito.
Con ordinanza n.5032 del 2014 il Tribunale respingeva la domanda cautelare presentata dal ricorrente.
Con successiva ordinanza n.877 del 2015 il Consiglio di Stato, Sez.VI, accoglieva l’appello cautelare ai fini della sollecita fissazione dell’udienza di merito, ex art.55, comma 10 c.p.a..
Con ulteriore ordinanza n.462 del 2017 il Giudice di I grado, ritenuti insussistenti i presupposti per una sentenza in forma semplificata ex art.71 bis c.p.a., fissava l’udienza di merito.
Nell’udienza del 4 ottobre 2017 la causa veniva discussa e quindi trattenuta in decisione.
Il ricorso è destituito di fondamento e va pertanto respinto, per le ragioni di seguito esposte.
Occorre in primo luogo evidenziare che gli atti di proroga del termine di conclusione dei lavori della Commissione di valutazione risultano avere fondamento normativo, secondo quanto emerge dalla piana lettura combinata degli articoli 16 della Legge n.240 del 2010, 8 del D.P.R. n.222 del 2011, 1, commi 289, 294 della Legge n.228 del 2012 nonché pienamente giustificati alla luce della complessità della procedura, per la prima volta attivata, del numero dei settori concorsuali e delle domande degli aspiranti all’abilitazione, non essendo stata possibile la sua conclusione nei tempi originariamente previsti (cfr. TAR Lazio, III, n.9403 e n.11500 del 2014).
In relazione inoltre ai requisiti di qualificazione dei commissari va rilevato che le corrispondenti censure appaiono generiche, laddove non indicano in concreto il singolo commissario manchevole dei detti requisiti, per quale profilo e in che modo ciò incide sui giudizi riportati.
Quanto poi ai tempi di verifica dei titoli e delle pubblicazioni, occorre evidenziare che gli stessi non potevano risultare decisivi al fine di riscontrare la correttezza o meno della procedura di valutazione, dal momento che non è normativamente predeterminato un limite di tempo per il compimento della suddetta fase e che non è dato comunque sapere quanto di quel tempo è stato dedicato ad ogni specifico aspirante all’abilitazione (cfr. TAR Lazio, III, n.9403 e n.11500 del 2014).
Va ancora rilevato che i giudizi risultano corredati da congrua e adeguata motivazione, nel focalizzare l’attenzione sul livello qualitativo delle pubblicazioni, in prevalenza tra l’accettabile e il limitato, ex all.D del D.M. n.76 del 2012, dunque, in ogni caso, non sufficiente per il conseguimento dell’idoneità, considerato che trattasi di procedura abilitativa per pubblicazioni e titoli, ex art.16, comma 3a della Legge n.240 del 2010 (cfr. all.8 al ricorso); che ciò ha coerentemente condotto a un giudizio collegiale unanimemente motivato, quindi tutt’altro che contraddittorio, e con esito negativo (cfr. all.8 al ricorso).
Giova inoltre evidenziare sul punto che trattasi di tipica valutazione tecnico-discrezionale, sindacabile e dunque censurabile solo in ipotesi di evidenti e macroscopici vizi di illogicità, incongruenza, contraddittorietà, irragionevolezza (cfr., tra le altre, TAR Lazio, III, nn.9307, 10548, 11500 del 2014), che nel caso di specie, come suesposto, non è dato rinvenire.
Sul tema può aggiungersi che l’eventuale valutazione positiva non poteva essere ristretta ai soli titoli, proprio perché trattasi di procedura estesa anche alla valutazione delle pubblicazioni; che non rileva nel caso di specie la previsione di criteri più selettivi introdotti dalla Commissione e riferiti alla varietà delle tematiche e al numero richiesto di pubblicazioni di livello eccellente o buono, considerato il livello qualitativo riconosciuto dal predetto Organo ai lavori del ricorrente.
In relazione alle censure di ordine procedimentale e formale, da riferirsi in particolare alla verbalizzazione delle operazioni compiute e alle modalità di intervento dei singoli commissari, va detto in ultimo che le stesse non determinano, ex art.21 octies, comma 2 della Legge n.241 del 1990, per quanto dianzi emerso, l’annullamento dell’atto impugnato, che non avrebbe potuto avere, per ciò solo, un contenuto diverso da quello in concreto assunto (cfr. TAR Lazio, III, n.8262 del 2015 e n.325 del 2017).
Le spese di giudizio, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
Definitivamente pronunciando, respinge il ricorso n.5623/2014 indicato in epigrafe.
Condanna la parte ricorrente al pagamento in favore dell’Amministrazione resistente delle spese di giudizio, che liquida in €1.000,00 (Mille/00) oltre a IVA e CPA come per legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 4 ottobre 2017 con l’intervento dei magistrati:
 [#OMISSIS#] De [#OMISSIS#], Presidente
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Consigliere, Estensore
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Referendario
 Pubblicato il 27/12/2017