TAR Lazio, Roma, Sez. III, 27 settembre 2018, n. 9583

Abilitazione scientifica nazionale-Inammissibilità del ricorso “contra silentium”

Data Documento: 2018-09-27
Area: Giurisprudenza
Massima

Per pacifico orientamento giurisprudenziale, l’azione sul silenzio, di cui agli artt. 31 e 117 cod. proc. amm., non può essere utilmente esperita quando (vedi TAR Lombardia, Sez. II, 17 ottobre 2017, n. 1983) la richiesta del privato riguardi l’esercizio del potere di autotutela, posto che l’Amministrazione gode in materia di ampia discrezionalità anche in ordine all’an e che l’obbligo di emissione di un nuovo provvedimento avrebbe effetto elusivo sui termini decadenziali previsti per la proposizione del ricorso giurisdizionale contro il provvedimento di primo grado, potendo l’interessato – che abbia omesso di agire tempestivamente – rimettersi in termini impugnando l’atto di secondo grado (cfr. Consiglio di Stato, sez. VI, 6 luglio 2010, n. 4308; id., sez. IV, 24 maggio 2010, n. 3270; id., sez. V, 30 dicembre 2011, n. 6995; id., 3 ottobre 2012, n. 5199; id., sez. IV, 24 settembre 2013, n. 4714; id., 7 luglio 2014, n. 3426; id., 26 agosto 2014, n. 4309; id., VI, 26 maggio 2015, n. 2651; id, 14 maggio 2016, n. 1012).

Contenuto sentenza

N. 09583/2018 REG.PROV.COLL.
N. 02785/2018 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2785 del 2018, proposto da: 
dott.ssa [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], rappresentata e difesa dagli avvocati [#OMISSIS#] Sandulli e Benedetto [#OMISSIS#], con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dello stesso avv. [#OMISSIS#] Sandulli in Roma, via F. Paulucci de’ Calboli 9; 
contro
Ministero dell’Istruzione dell’Universita’ e della Ricerca, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui Uffici è domiciliata ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12; 
per l’annullamento
e la dichiarazione dell’illegittimita’ del silenzio serbato dal MIUR sull’istanza presentata dalla ricorrente il 24.11.2017 e accertamento dell’obbligo di provvedere, ove occorra previo accertamento dell’invalidità dei giudizi, collegiale e individuali, espressi con riferimento alla dott.ssa [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] nell’ambito della Tornata 2012 di diniego dell’ASN alle funzioni di professore di seconda fascia nel SC 12/D2 – Diritto tributario, mediante l’adozione di un provvedimento espresso.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero dell’Istruzione dell’Universita’ e della Ricerca;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 9 maggio 2018 il dott. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] e uditi per le parti i difensori: Avv. A. Sandulli e, solo nella chiamata preliminare, l’Avvocato dello Stato Vealentina Fico;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO e DIRITTO
1. – Con atto ritualmente notificato al MIUR in data 6.3.2018 e depositato il successivo giorno 9, la dott.ssa [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] ha proposto ricorso “contra silentium” ai sensi dell’art. 117 c.p.a. diretto ad ottenere:
1) la declaratoria dell’illegittimità del silenzio serbato dall’Amministrazione sull’istanza presentata a mezzo p.e.c. dall’odierna ricorrente in data 24 novembre 2017, recante: – la richiesta di annullamento in autotutela dei giudizi, collegiale e individuali, con cui le era stata negata l’abilitazione scientifica nazionale alle funzioni di professore universitario di seconda fascia nel SC 12/D2 (Diritto tributario), tornata 2012; – la rivalutazione della sua posizione, ora per allora, da parte di una Commissione in diversa composizione;
2) l’accertamento e la declaratoria (ove occorra previo accertamento dell’invalidità ex art. 21 septies o octies della L. n. 241/1990 del giudizio di mancata abilitazione) dell’obbligo del Ministero intimato a pronunciarsi sull’istanza presentata dalla dott.ssa [#OMISSIS#] concludendo il procedimento con un provvedimento espresso e nomina, in caso di inosservanza, del commissario che provveda in sostituzione dell’Amministrazione inerte. Con ogni conseguente pronuncia, anche in ordine alle spese di giudizio.
A fondamento delle proprie domande la ricorrente deduce:
– di essere ricercatore confermato di Diritto Tributario presso il Dipartimento di Giurisprudenza dell’Università degli studi di Pisa;
– di avere preso parte, a suo tempo, alla procedura indetta nel 2012 dal MIUR, ai sensi dell’art. 16 della Legge n. 240 del 2010, per il conseguimento dell’abilitazione scientifica nazionale (ASN) alla docenza universitaria di seconda fascia relativamente al menzionato settore concorsuale;
– di avere riportato un giudizio unanimemente negativo di inidoneità da parte della Commissione all’uopo nominata;
– che l’esito della valutazione è divenuto definitivo in quanto non impugnato dalla odierna ricorrente;
– che, sulla base della denuncia a suo tempo presentata all’Autorità Giudiziaria da un altro partecipante alla medesima procedura idoneativa (il quale aveva segnalato una serie di gravi irregolarità che sarebbero state commesse dai commissari nello svolgimento delle operazioni valutative) e a seguito delle indagini penali conseguentemente avviate, il G.I.P. presso il Tribunale di Firenze ha emesso in data 6.9.2017 ordinanza di applicazione di misure cautelari di varia natura che hanno riguardato, tra gli altri indagati, anche quattro membri della Commissione ASN 2012 di Diritto Tributario (doc. 4 ric.);
– che dal testo della motivazione della citata ordinanza del G.I.P. emergerebbe la conclusione di accordi illeciti tra i commissari finalizzati a favorire, con voto favorevole all’abilitazione, taluni candidati, a discapito di altri, intenzionalmente privati del titolo abilitativo, a prescindere dalla valutazione del loro valore di studiosi;
– che la ricorrente rientrerebbe tra i candidati ai quali, in base al cennato “pactum sceleris”, è stata scientemente negata l’abilitazione;
– che dall’ingiusto giudizio negativo subito sono derivati alla ricorrente plurimi pregiudizi di varia natura quali: l’impossibilità di partecipare alla tornata di abilitazione successiva a quella del 2012 in quanto, in base alla normativa all’epoca vigente, era preclusa la partecipazione alla tornata immediatamente successiva al candidato che fosse stato dichiarato inidoneo nella tornata anteriore; l’impossibilità, per carenza del necessario requisito, di candidarsi alle procedure di chiamata a professore associato “medio tempore” indette dalle università italiane; il pregiudizio alla carriera connesso alla valutazione di segno negativo;
– di avere richiesto all’Amministrazione, con PEC del 24.11.2017, di intervenire in autotutela – alla luce dei gravi fatti emergenti dall’indagine penale – per disporre l’annullamento dei giudizi negativi espressi nei suoi confronti dalla “vecchia” Commissione e la rinnovazione del giudizio ad opera di un Organo valutativo all’uopo nominato in composizione del tutto nuova;
– di non avere avuto il dovuto riscontro da parte del MIUR entro il termine di gg. 30 fissato dall’art. 2, comma 2, della Legge n. 241 del 1990.
2. – L’inerzia dell’Amministrazione, ad avviso della ricorrente, è viziata da molteplici illegittimità così individuabili:
I. Violazione degli artt. 1 e 2 della Legge n. 241/1990 e degli artt. 3 e 97 della Costituzione. Eccesso di potere per ingiustizia manifesta: deve ritenersi sussistente e, nella specie, violato, l’obbligo dell’Amministrazione di esaminare l’istanza dell’interessata, prendendo in considerazione i fatti sopravvenuti penalmente rilevanti dalla stessa segnalati;
II. Nullità ex art. 21 – septies della l. n. 241/1990 del giudizio di non abilitazione alle funzioni di professore di seconda fascia nel settore concorsuale 12/D2 – Diritto Tributario formulato nei confronti dell’odierna ricorrente nell’ambito della tornata 2012: il giudizio di mancata abilitazione espresso con riferimento all’odierna ricorrente sarebbe il frutto di una condotta penalmente rilevante dei membri della Commissione di valutazione i quali, “nell’ambito di un più ampio disegno”, avrebbero negato l’abilitazione all’odierna ricorrente; mancherebbe pertanto al provvedimento assunto (diniego dell’abilitazione) un elemento essenziale (la volontà), il che induce a ritenere integrata la nullità dello stesso ai sensi dell’art. 21-septies Legge n. 241 del 1990;
III. Violazione e falsa applicazione dell’art. 21-nonies della Legge n. 241/1990. Violazione degli artt. 16 e 18 della Legge n. 240/2010 (legge [#OMISSIS#]): nella denegata ipotesi in cui non dovesse riconoscersi un’ipotesi di nullità nel caso di specie, la ricorrente chiede a questo TAR di accertare l’obbligo dell’Amministrazione di disporre l’annullamento in autotutela del giudizio di non abilitazione; l’Amministrazione, a fronte dell’istanza presentata dalla ricorrente, è rimasta silente pur in presenza di tutte le condizioni indicate dall’art. 21-nonies della L. n. 241/1990 – illegittimità del provvedimento di primo grado; interesse pubblico attuale alla rimozione di esso – per disporre l’annullamento in autotutela del giudizio di non abilitazione della dott.ssa [#OMISSIS#] alle funzioni di professore universitario di seconda fascia nel SC 12/D2 – Diritto Tributario.
3. – Si è costituita in giudizio per resistere al ricorso l’Amministrazione, che ha depositato apposita relazione difensiva sui fatti di causa redatta dalla competente Direzione Generale (nota prot. 5767 del 4.5.2018).
4. – Il ricorso è stato discusso nella camera di consiglio del 9 maggio 2018 quanto è stato preso in decisione dal Collegio.
5. – Il ricorso non merita di essere accolto.
6. – La stessa parte ricorrente qualifica la richiesta a suo tempo presentata all’Amministrazione come istanza di annullamento in autotutela dei giudizi, collegiale e individuali, formulati nei suoi confronti dalla Commissione esaminatrice competente. Il Collegio, in adesione alla deduzione ricorsuale sul punto, ritiene che la richiesta di caducazione d’ufficio, motivata da ragioni di illegittimità, di un giudizio valutativo negativo della Commissione esaminatrice, non impugnato in sede giurisdizionale, non possa definirsi altrimenti che in termini di sollecitazione di un potere di auto-annullamento officioso ai sensi dell’art. 21 – nonies Legge n. 241 del 1990.
Tuttavia, muovendo da tale premessa e stando al consolidato orientamento assunto – sulla questione – dal Consiglio di Stato, si deve ritenere (vedi C.G.A.R.S. 6 settembre 2017, n. 380 di cui di seguito di trascrivono alcuni essenziali passaggi):
– che “Se è innegabile che la p.a. deve comportarsi secondo buona fede e correttezza, è altrettanto vero che essa non ha alcun obbligo – e tanto meno è sottoposta all’esercizio di alcuna attività vincolata – di provvedere su istanza dell’interessato al riesame di un provvedimento edilizio, divenuto oramai inoppugnabile a seguito della formazione del giudicato reiettivo sull’impugnazione del diniego di concessione edilizia” (C.S., V^, 17.6.2014 n.3095);
– che “…. non sussiste alcun obbligo per l’amministrazione di provvedere su un’istanza di riesame, annullamento o revoca d’ufficio di un provvedimento divenuto inoppugnabile per mancata tempestiva impugnazione” (C.S., III^, 22.10.2009 n.1658; Id., VI^, 12.11.2003 n.7250; Id., V^, 14.4.2008 n.1610);
– che “l’omissione dell’amministrazione può assumere rilevanza come ipotesi di silenzio rifiuto solo ove sussista l’obbligo di provvedere, mancante tuttavia allorché l’istanza del privato sia volta a imporre il riesame di vicende su cui la stessa amministrazione è già intervenuta con determinazioni ormai inoppugnabili” (C.S., VI^, 5.9.2005 n.4504).
– che “Non sussiste in capo all’Amministrazione alcun obbligo giuridico di pronunciarsi in maniera esplicita su una diffida-messa in mora diretta essenzialmente a ottenere provvedimenti in autotutela, essendo l’attività connessa all’esercizio dell’autotutela espressione di ampia discrezionalità e, come tale, incoercibile dall’esterno” (CS, V^, 7.11.2016 n.4642; Id., 22.1.2015 n.273; Id., V^, 3.10.2012 n.5199);
– che “Il giudizio sul silenzio rifiuto è diretto ad accertare se il comportamento silenzioso tenuto violi l’obbligo dell’Amministrazione di adottare un provvedimento esplicito sull’istanza del privato, titolare di una posizione qualificata che ne legittimi l’istanza, mentre le istanze dei privati volte a sollecitare l’esercizio del potere di autotutela da parte della stessa amministrazione hanno una funzione di mera denuncia o sollecitazione e non creano in capo alla medesima amministrazione alcun obbligo di provvedere, non dando luogo a formazione di silenzio inadempimento in caso di mancata definizione dell’istanza”; e che “pertanto, non sussiste alcun obbligo per l’amministrazione comunale di pronunciarsi su un’istanza volta ad ottenere un provvedimento di annullamento di una determinazione, non essendo coercibile ‘ab extra’ l’attivazione del procedimento di riesame della decisione presa, peraltro neanche configurabile come provvedimento amministrativo, mediante l’istituto del silenzio-rifiuto” (C.S., V^, 30.12.2011 n.6995).
7. – In effetti, per pacifico orientamento giurisprudenziale, l’azione sul silenzio, di cui agli artt. 31 e 117 cod. proc. amm., non può essere utilmente esperita quando (vedi TAR Lombardia, Sez. II, 17 ottobre 2017, n. 1983): a) la richiesta del privato riguardi l’esercizio del potere di autotutela, posto che l’Amministrazione gode in materia di ampia discrezionalità anche in ordine all’an e che l’obbligo di emissione di un nuovo provvedimento avrebbe effetto elusivo sui termini decadenziali previsti per la proposizione del ricorso giurisdizionale contro il provvedimento di primo grado, potendo l’interessato – che abbia omesso di agire tempestivamente – rimettersi in termini impugnando l’atto di secondo grado (cfr. Consiglio di Stato, sez. VI, 6 luglio 2010, n. 4308; id., sez. IV, 24 maggio 2010, n. 3270; id., sez. V, 30 dicembre 2011, n. 6995; id., 3 ottobre 2012, n. 5199; id., sez. IV, 24 settembre 2013, n. 4714; id., 7 luglio 2014, n. 3426; id., 26 agosto 2014, n. 4309; id., VI, 26 maggio 2015, n. 2651; id, 14 maggio 2016, n. 1012); b) l’istanza abbia ad oggetto, non già l’emissione di un provvedimento amministrativo che costituisca espressione di un pubblico potere, ma un comportamento dell’amministrazione (come ad. es. il versamento di una somma di denaro) volto al soddisfacimento di una posizione giuridica del richiedente avente consistenza di diritto soggettivo, salva la possibilità per il giudice di convertire l’azione sul silenzio in azione di condanna (cfr. Consiglio di Stato, sez. V, 6 febbraio 2017, n. 513; id., sez. IV, 29 febbraio 2016, n. 860); c) nel caso in cui sia manifesta l’assenza dei presupposti che impongono all’amministrazione di provvedere sull’istanza presentata dal privato (cfr. Consiglio di Stato, sez. V, 22 gennaio 2015, n. 273).
La prima ipotesi ricorre evidentemente nel caso in esame giacché, come visto, con l’istanza del 24 novembre 2017, l’interessata ha proprio chiesto l’annullamento in autotutela del precedente giudizio della Commissione ed il conseguente svolgimento di una nuova valutazione.
8. – Ad avviso del Collegio ricorre altresì anche la terza delle ipotesi sopra citate (manifesta carenza di un presupposto che imponga all’Amministrazione di provvedere), atteso che, allo stato degli atti del procedimento penale e pur tenuto conto in astratto della potenziale gravità dei fatti addebitati alla Commissione ASN 2012 del settore concorsuale in oggetto, non vi è dubbio che la verifica di tali “fatti” è ancora in una fase del tutto “embrionale”, in quanto gli stessi sono ben lontani dall’essere stati acclarati da una sentenza definitiva del Giudice Penale. Essi corrispondono, allo stato, ad una mera ipotesi accusatoria contenuta in un provvedimento di natura cautelare del GIP dal quale non possono, ovviamente, inferirsi né accertamenti fattuali definitivi né, tantomeno, attribuzioni di responsabilità in capo all’uno o all’altro commissario.
Manca inoltre, allo stato, una prova vera e propria di uno specifico accordo illecito finalizzato alla preventiva esclusione della ricorrente dal novero degli abilitandi, il quale abbia effettivamente condotto a tale risultato lesivo.
Per tali ragioni, ove anche si volesse ammettere di riferire nella specie all’Amministrazione un improbabile dovere di provvedere in via di autotutela su sollecitazione del privato, non può ritenersi comunque integrato, per carenza di prova, uno dei presupposti necessari per l’esercizio del potere di annullamento “ex officio” di cui all’art. 21 nonies, comma 1, Legge n. 241 del 1990 ossia l’adozione di un provvedimento illegittimo per una delle cause di cui all’art. 21-octies, comma 1, Legge cit.. Ciò costituisce ulteriore e autonoma ragione, insieme all’altra sopra indicata, per ritenere inammissibile l’azione ex art. 117 c.p.a. nella specie esperita.
9. – Per le ragioni tutte che precedono il ricorso proposto deve ritenersi inammissibile e, in ogni caso, infondato.
La peculiarità del caso consente di disporre la compensazione integrale delle spese di causa.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo dichiara inammissibile.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nelle camere di consiglio dei giorni 9 maggio 2018 e, in prosecuzione, 18 luglio 2018, con l’intervento dei magistrati:
[#OMISSIS#] De [#OMISSIS#], Presidente
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Consigliere
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Referendario, Estensore

Pubblicato il 27/09/2018