TAR Lazio, Roma, Sez. III, 3 ottobre 2019, n. 11510

Procedura concorsuale per copertura posto ricercatore-Discrezionalità tecnica-Sindacato

Data Documento: 2019-10-03
Area: Giurisprudenza
Massima

I limiti del sindacato di legittimità su atti che costituiscano espressione di discrezionalità tecnica, sono stati ampiamente affrontati dalla giurisprudenza che è oggi pervenuta a ritenere censurabile ogni valutazione che si ponga al di fuori dell’ambito di esattezza o attendibilità, quando non appaiano rispettati parametri tecnici di univoca lettura, ovvero orientamenti già oggetto di giurisprudenza consolidata, o di dottrina dominante in materia (esattamente in termini: Cons. Stato, sez IV, 13 ottobre 2003, n. 6201, nonchè Cons. Stato, sez. VI, 12 giugno 2015, n. 2888; 27 maggio 2014, n. 3357; 16 aprile 2012, n. 2138; 18 novembre 2008, n. 694; TAR Lazio, Roma, sez. III, 4 agosto 2016, n. 9086).
Per quanto riguarda la più recente disciplina vigente in materia di abilitazione scientifica nazionale, il legislatore ha dettato parametri oggettivi, puntualizzati in via regolamentare, in grado di consentire un percorso di verifica giudiziale più stringente, in ordine al discostamento o meno dagli stessi, di modo che – ove titoli e valori soglia risultino positivamente riscontrati – non può non ravvisarsi l’esigenza di una motivazione particolarmente accurata per poter negare il richiesto titolo abilitante, risultando i soggetti interessati già inseriti, ad un livello sotto diversi profili adeguato, nel settore scientifico di riferimento (poiché i parametri in questione, benché formulati in termini quantitativi, sono anche espressione di un determinato spessore della figura professionale di riferimento) .

Contenuto sentenza

N. 11510/2019 REG.PROV.COLL.
N. 06765/2018 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
ex art. 60 cod. proc. amm.;
sul ricorso numero di registro generale 6765 del 2018, proposto da:
[#OMISSIS#] Bucchiarone, rappresentato e difeso dagli avvocati [#OMISSIS#] Ruffini, Angelo Annibali, [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] e [#OMISSIS#] Valente, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dello stesso avv. [#OMISSIS#] Ruffini in Roma, via Sistina n. 48;
contro
Ministero dell’Istruzione dell’Universita’ e della Ricerca, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui Uffici è domiciliato in Roma, via dei Portoghesi, 12;
nei confronti
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#] non costituito in giudizio;
per l’annullamento
previa concessione di idonee misure cautelari
– del verbale di valutazione della posizione del Dott. [#OMISSIS#] Bucchiarone a mezzo del quale la Commissione ha giudicato il candidato non idoneo all’abilitazione scientifica nazionale alle funzioni di professore universitario di seconda fascia – settore concorsuale 01/B1 – informatica;
– di ogni altro atto presupposto, consequenziale, connesso anche ove sconosciuto o non noto.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Ministero dell’Istruzione dell’Universita’ e della Ricerca;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 19 giugno 2019 il dott. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] e uditi per le parti i difensori: per la parte ricorrente l’Avv. F. Anelli in sostituzione dell’Avv. A. Ruffini e per le Amministrazioni resistenti l’Avvocato dello Stato [#OMISSIS#] De [#OMISSIS#];
Sentite le stesse parti ai sensi dell’art. 60 cod. proc. amm.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO e DIRITTO
E’ sottoposta all’esame del Collegio la questione dell’illegittimità, denunciata da parte ricorrente, del diniego dell’abilitazione scientifica nazionale di seconda fascia, per il settore concorsuale 01/B1 (Informatica), nei confronti del dott. [#OMISSIS#] Bucchiarone, a seguito del giudizio di inidoneità reso dalla competente Commissione, nell’ambito della procedura prevista dall’art. 16 della legge n. 240 del 30 dicembre 2010 (Norme in materia di organizzazione delle università, di personale accademico e di reclutamento, nonché delega al Governo per incentivare la qualità e l’efficienza del sistema universitario). Tale procedura è disciplinata anche dal regolamento attuativo, approvato con d.P.R. n. 222 del 14 settembre 2011, come modificato con d.P.R. n. 95 del 4 aprile 2016, nonché dal regolamento recante criteri e parametri per la valutazione, approvato dal Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca (MIUR) con D.M. n. 120 del 7 giugno 2016, oltre che dal bando di selezione.
Giova subito premettere che i limiti del sindacato di legittimità su atti che, come il giudizio valutativo in esame, costituiscano espressione di discrezionalità tecnica, sono stati ampiamente affrontati dalla giurisprudenza che è oggi pervenuta a ritenere censurabile ogni valutazione che si ponga al di fuori dell’ambito di esattezza o attendibilità, quando non appaiano rispettati parametri tecnici di univoca lettura, ovvero orientamenti già oggetto di giurisprudenza consolidata, o di dottrina dominante in materia (esattamente in termini: Cons. Stato, sez IV, 13 ottobre 2003, n. 6201, nonchè Cons. Stato, sez. VI, 12 giugno 2015, n. 2888; 27 maggio 2014, n. 3357; 16 aprile 2012, n. 2138; 18 novembre 2008, n. 694; TAR Lazio, Roma, sez. III, 4 agosto 2016, n. 9086).
Per quanto riguarda la più recente disciplina vigente in materia di abilitazione scientifica nazionale, il legislatore ha dettato parametri oggettivi, puntualizzati in via regolamentare, in grado di consentire un percorso di verifica giudiziale più stringente, in ordine al discostamento o meno dagli stessi, di modo che – ove titoli e valori soglia risultino positivamente riscontrati – non può non ravvisarsi l’esigenza di una motivazione particolarmente accurata per poter negare il richiesto titolo abilitante, risultando i soggetti interessati già inseriti, ad un livello sotto diversi profili adeguato, nel settore scientifico di riferimento (poiché i parametri in questione, benché formulati in termini quantitativi, sono anche espressione di un determinato spessore della figura professionale di riferimento) .
Nel citato regolamento di cui al D.M. n.120 del 2016 si richiede in particolare, all’art. 5, che il candidato possieda almeno tre titoli fra quelli (non meno di sei) scelti dalla Commissione nell’elenco di cui all’Allegato “A” al regolamento stesso; detto candidato, inoltre, deve superare almeno due su tre “valori-soglia”, rapportati al numero di pubblicazioni su determinate categorie di riviste e alle citazioni registrate – in ordine alla relativa produzione scientifica – su specifiche banche dati internazionali (cfr. allegato “C” reg. cit); conclusivamente, quindi, l’abilitazione di cui trattasi potrà essere rilasciata – sulla base di cinque giudizi individuali (tre almeno dei quali positivi) e di un giudizio finale a carattere collegiale – solo ai candidati che, oltre a possedere gli almeno tre titoli di cui sopra (primo “pilastro”), ottengano (art. 6 reg. cit.) anche un riscontro positivo sul possesso degli indicatori di impatto della propria produzione scientifica, attraverso il raggiungimento di almeno due mediane su tre (secondo “pilastro”) e, infine, una valutazione positiva sulla qualità delle loro pubblicazioni, che debbono essere ritenute dalla Commissione, complessivamente, di qualità “elevata” (terzo “pilastro”), secondo la definizione contenuta nell’Allegato “B” al D.M. 120 cit. (“si intende per pubblicazione di qualità elevata una pubblicazione che, per il livello di originalità e rigore metodologico e per il contributo che fornisce al progresso della ricerca, abbia conseguito o è presumibile che consegua un impatto significativo nella comunità scientifica di riferimento, a livello anche internazionale”). Ulteriori precise disposizioni indicano il numero di pubblicazioni da produrre, gli anni di riferimento e alcune diversificazioni per le valutazioni, da riferire alla I^ o alla II^ fascia di docenza.
Nel caso di specie, l’abilitazione di cui trattasi è stata negata al ricorrente per il settore concorsuale 01/B1 – Informatica – II Fascia, all’unanimità, in quanto sarebbe stato accertato il mancato possesso, in capo al dott. Bucchiarone, “della piena maturità scientifica richiesta per le funzioni di professore di II fascia”; quanto sopra, nonostante il possesso di tre titoli fra quelli selezionati dalla Commissione ed il superamento di due valori-soglia su tre ai sensi dell’art. 5 e dell’Allegato C al D.M. n. 120 del 2016.
La valutazione negativa è stata impugnata con il ricorso all’odierno esame (notificato il 25.5.2018 e depositato il 5.6.2018) per eccesso di potere per manifesta carenza di istruttoria e motivazione insufficiente (primo motivo); per violazione di legge (con riguardo all’art. 6, comma 1, D.M. 120/2016 e Allegato B al D.M. stesso), eccesso di potere per travisamento, motivazione carente e perplessa (secondo motivo); per eccesso di potere per illogicità manifesta del giudizio reso e violazione dei principi di eguaglianza e imparzialità (terzo motivo).
L’Amministrazione, costituitasi in giudizio, resisteva formalmente all’accoglimento del gravame depositando, però, relazione difensiva afferente ad altra procedura abilitativa (vedi dep. 13.7.2018), a cui pure il ricorrente ha partecipato (trattasi della procedura idoneativa per l’abilitazione scientifica relativa al diverso settore 09/G1).
Trattasi pertanto di documentazione non pertinente alla presente causa.
Dopo la camera di consiglio del 18.7.2018, nella quale parte ricorrente ha rinunciato all’istanza, è stata fissata una nuova camera di consiglio per il giorno 19.6.2019 ai sensi degli artt. 71 e 71-bis c.p.a..
In tale contesto il Collegio ha ravvisato i presupposti per emettere sentenza in forma semplificata e, previo rituale avviso alle parti, in esito alla camera di consiglio del 19.6.2019, ha trattenuto il ricorso in decisione, rilevandone la fondatezza.
Premesso, infatti, che il candidato in questione possiede i prescritti requisiti oggettivi – sia per quanto riguarda il profilo curriculare dei titoli, posseduti in misura sufficiente, che per quanto concerne il raggiungimento dei valori soglia (afferenti a numero di pubblicazioni, citazioni totali e H-Index), raggiunti dal ricorrente nella misura prescritta di (almeno) 2 valori su 3 – si imponevano alla Commissione, per il conclusivo diniego di abilitazione, ragioni puntuali e convincenti sul livello qualitativo della produzione scientifica (il c.d. “terzo pilastro” di cui sopra).
Tali ragioni non si ravvisano nei cinque giudizi individuali negativi, che debbono ritenersi viziati sul piano della motivazione in quanto sono assolutamente ripetitivi e pedissequi, come eccepito dal ricorrente nel primo motivo.
Dalla lettura dei giudizi individuali, infatti, non è dato scorgere alcun elemento di differenziazione tra le valutazioni compiute dai singoli commissari, trattandosi di testi pressoché identici. Da ciò consegue, in conformità al consolidato indirizzo di questo TAR, l’illegittimità del provvedimento gravato, atteso che “deve affermarsi che – sebbene l’utilizzo di espressioni uniformi o similari da parte dei singoli componenti di una commissione di valutazione sia tendenzialmente irrilevante ai fini
della legittimità del giudizio collegiale espresso da parte della Commissione nel suo insieme, avuto riguardo alla circostanza che i predetti giudizi hanno comunque ad oggetto la medesima documentazione – nel caso in cui , invece, sia riscontrabile una perfetta identità testuale dei predetti giudizi individuali (anche se non tutti ma la maggior parte di essi), come se gli stessi fossero stati materialmente copiati l’uno con l’altro, la predetta circostanza deve essere ritenuta inconciliabile con la natura personale delle singole valutazioni espresse da ciascun commissario nonché alterativa sostanzialmente della successiva fase del confronto e della discussione collegiale, la quale non può, appunto, prescindere dall’apporto individuale dei singoli commissari ” (Tar Lazio, III, 13 luglio 2017, n. 8424; nonché, nello stesso senso, id. n. 309/2017 e id., III bis, n. 7329/2015).
Inoltre, dal giudizio collegiale si evince che la Commissione ha attribuito, in modo sproporzionato, un ruolo decisivo, ponendolo sullo stesso piano della “qualità”, al parametro della collocazione editoriale di cui all’art. 4, comma 1, lett. d) D.M. cit. il quale la riferisce alla: “d) collocazione editoriale dei prodotti scientifici presso editori, collane o riviste di rilievo nazionale o internazionale che utilizzino procedure trasparenti di valutazione della qualità del prodotto da pubblicare”. E’, tuttavia, evidente che si tratta soltanto di uno dei sei criteri prescritti, il quale deve concorrere, unitamente agli altri e non da solo, al giudizio sulla qualità elevata della produzione scientifica. Tra tutti i criteri valutativi di cui all’art. 4 D.M. n. 120 del 2016, quello della “collocazione editoriale”, invero, appare essere il più estrinseco e, sotto certi aspetti, il meno significativo dei sei di cui alle lettere da a) a f), non attenendo esso alla qualità oggettiva dei prodotti scientifici in sé considerati né al contributo individuale dello studioso (elementi questi ultimi, non valutati in modo motivato e sufficiente dai commissari), ma piuttosto, alla mera “efficacia” dello strumento editoriale (rivista o collana) in relazione al quale rileva la diffusione nella comunità scientifica e la serietà delle procedure di controllo impiegate.
In ogni caso la motivazione dei giudizi (collegiale e individuali) di inidoneità è tutt’altro che perspicua e intellegibile: dalla lettura del provvedimento impugnato non è dato desumere la reale motivazione dei giudizi, in quanto la Commissione si è limitata a considerare in modo globale ed indifferenziato tutti i criteri di cui all’art. 4 del D.M. n. 120 del 2016, predicandone la “non adeguatezza”, per poi concludere che le pubblicazioni prodotte dal dott. Bucchiarone non dimostrano una posizione riconosciuta nell’ambito della comunità scientifica di riferimento (v. il giudizio collegiale). Viceversa, il possesso dei titoli nella misura prescritta e il superamento di due mediante su tre (con un indice di Hirsch, pari a 14, piuttosto elevato) richiedevano alla Commissione una maggiore analisi e un migliore approfondimento nel formulare il giudizio qualitativo sulle pubblicazioni (unico “pilastro” ritenuto carente tra i tre necessari).
Deve, in conclusione, affermarsi, l’illegittimità del giudizio reso per difetto di motivazione, per non aver la Commissione esposto adeguatamente le ragioni poste alla base del provvedimento di inidoneità (v. ex multis Consiglio di Stato, sez. VI, 27 settembre 2017, n. 4523; T.A.R. Roma, III, 4 agosto 2016, n. 9086).
Per le ragioni esposte il Collegio ritiene che il ricorso sia fondato e debba essere accolto, con assorbimento delle ragioni difensive non esaminate e conseguente annullamento del contestato giudizio di inidoneità.
Ai sensi dell’art. 34, comma 1, lettera e) del d.lgs. n. 104/2010, il Collegio stesso ritiene che, in esecuzione della presente sentenza, la posizione dell’interessato debba essere riesaminata da parte di una Commissione in diversa composizione, entro il termine di giorni 60 (sessanta) dalla comunicazione in via amministrativa della presente pronuncia, ovvero dalla sua notificazione se antecedente.
Le spese del giudizio seguono la regola della soccombenza, nella misura indicata in dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto:
– annulla il provvedimento che ha giudicato inidoneo il ricorrente;
– ordina all’Amministrazione di rivalutare l’interessato entro 60 (sessanta) giorni dalla notificazione o comunicazione in via amministrativa della presente sentenza;
– condanna il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e delle Ricerca al pagamento delle spese di giudizio in favore del ricorrente, che liquida complessivamente in € 1.000,00 (mille/00) oltre I.V.A. e C.P.A.; contributo unificato a carico anch’esso della parte resistente, ai sensi dell’art. 13, comma 6-bis 1, del d.P.R. n. 115 del 2002.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 19 giugno 2019 con l’intervento dei magistrati:
[#OMISSIS#] De [#OMISSIS#], Presidente
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Consigliere
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Primo Referendario, Estensore
Pubblicato il 03/10/2019

IL SEGRETARIO