Nelle procedure di abilitazione scientifica nazionale, il superamento delle mediane non determina alcuna “presunzione legale” di qualificazione scientifica in capo al singolo aspirante; pur trattandosi, certamente, di elemento significativo e positivo di valutazione – essendo l’impatto della produzione scientifica nel settore di riferimento uno dei parametri individuati dal d.m. 7 giugno 2012, n. 76 (vedi art. 5, comma 3, lett. b) – certamente esso non determina di per sé l’abilitazione se non accompagnato da un favorevole giudizio qualitativo, attinente al merito scientifico delle pubblicazioni e dei titoli prodotti dalla candidata.
TAR Lazio, Roma, Sez. III, 31 gennaio 2017, n. 1513
Abilitazione scientifica nazionale-Valutazione titoli e pubblicazioni
N. 01513/2017 REG.PROV.COLL.
N. 03425/2014 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 3425 del 2014, proposto da:
[#OMISSIS#] Reggio, rappresentato e difeso dagli avvocati [#OMISSIS#] Guariso e [#OMISSIS#] Mazza Ricci, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. [#OMISSIS#] Mazza Ricci in Roma, via di Pietralata, 320;
contro
Ministero dell’Istruzione dell’Universita’ e della Ricerca, in persona del Ministro p.t., rappresentato e difeso per legge dall’Avvocatura Generale dello Stato presso i cui Uffici è domiciliato in Roma, via dei Portoghesi, 12;
per l’annullamento
previa sospensione dell’efficacia
– del giudizio di non idoneità del ricorrente espresso dalla Commissione nazionale per l’abilitazione alle funzioni di professore universitario di seconda fascia per il settore concorsuale 11/D1 – PEDAGOGIA E STORIA DELLA PEDAGOGIA, reso noto mediante pubblicazione sull’apposito sito in data 20.12.2013, in relazione alla domanda di abilitazione proposta dal ricorrente;
– di ogni altro atto connesso, presupposto o conseguente;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero dell’Istruzione dell’Universita’ e della Ricerca;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 16 novembre 2016 il dott. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] e uditi per le parti i difensori: Avv. D. [#OMISSIS#] in sostituzione dell’Avv. G. Ricci Mazza e l’Avvocato dello Stato A. [#OMISSIS#];
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO
Il ricorrente, direttore scientifico dell’Istituto Italiano di Valutazione, partecipava alla procedura di abilitazione scientifica nazionale (ASN) alle funzioni di professore universitario di seconda fascia, indetta con Decreto Direttoriale del MIUR n. 222 del 20 luglio 2012, in relazione al settore concorsuale 11/D1 – Pedagogia e Storia della Pedagogia.
L’esito della procedura è stato sfavorevole in quanto la Commissione, nel giudizio collegiale finale, con determinazione assunta con la maggioranza dei tre quinti dei propri componenti, afferma di avere rilevato “la presenza di elementi che, da una parte, sono parzialmente coerenti con il settore concorsuale e che, dall’altra, non consentono di attestare il positivo livello della qualità e originalità dei risultati raggiunti nelle ricerche effettuate e il possesso della maturità scientifica richiesta per l’esercizio della funzione di professore universitario di seconda fascia del settore concorsuale 11/D1….”.
Al momento della presentazione della domanda di partecipazione il candidato superava due delle tre mediane degli indicatori di produttività scientifica, previsti e disciplinati dall’art. 6 e dall’Allegato B al D.M. n. 76 del 2012.
Avverso gli atti indicati in epigrafe lo stesso ha pertanto proposto ricorso, con atto notificato in data 18 febbraio 2014 e ritualmente depositato, deducendo, con unico e articolato motivo, le censure che di seguito si riassumono:
Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 8, comma 4, d.P.R. n. 222 del 2011; degli artt. 3 e 5 D.M. n. 76 del 2012 e dell’art. 3 della Legge n. 241 del 1990; difetto di motivazione; eccesso di potere per illogicità e contraddittorietà: in primo luogo, sostiene il ricorrente, la Commissione non menziona affatto, nel giudizio formulato, la valutazione degli ulteriori criteri (rispetto a quelli normativamente definiti dal D.M. 76/2012), che si era impegnata ad applicare in occasione della seduta preliminare del 25.2.2013 (doc. 3 ric.), quali sono le comprovate capacità di coordinare gruppi di ricerca, di attrarre finanziamenti, di promuovere attività di trasferimento tecnologico; inoltre il giudizio di “non coerenza” della produzione scientifica del ricorrente, rispetto alle tematiche proprie del settore concorsuale in oggetto, apparirebbe non motivato e contraddittorio in quanto: non è dimostrata la valutazione analitica delle pubblicazioni vagliate (la Commissione ne cita solo 7 su 12); sarebbe frutto di errore l’avere maggiormente riferito le opere del ricorrente alla “pedagogia sperimentale” (uno dei commissari “dimostra” l’errore nel momento in cui riferisce la tematica della “cittadinanza” alla sola pedagogia sperimentale, potendo essa altresì attenere anche alla “pedagogia sociale” e, dunque, al settore 11/D1); gli apprezzamenti di tipo qualitativo sulle pubblicazioni, nei giudizi dei tre commissari che hanno negato l’abilitazione scientifica, si limitano a poche righe, del tutto inidonee a comprovare una disamina seria e analitica delle pubblicazioni sottoposte al vaglio commissariale.
Il Ministero dell’Università e della Ricerca si è costituito in giudizio per resistere al ricorso, depositando una propria relazione difensiva con allegati.
Con ordinanza n. 2584/2014 la Sezione accoglieva l’istanza cautelare proposta dal ricorrente.
In vista dell’udienza per la trattazione del merito del ricorso la difesa del ricorrente ha depositato apposita memoria conclusionale nella quale si reiterano e approfondiscono le deduzioni ricorsuali.
Alla pubblica udienza del 16 novembre 2016 il ricorso è stato trattenuto per la decisione.
DIRITTO
Il ricorso è infondato e, pertanto, deve essere respinto.
Sulla contestata correttezza nel merito del giudizio di “non coerenza” o, meglio, di “soltanto parziale coerenza”, il Collegio deve prendere atto che trattasi di elemento di valutazione preso in considerazione, in modo decisivo, oltre che nel giudizio collegiale, nei giudizi individuali formulati dai tre commissari pronunciatisi per la non abilitazione del candidato, atteso che:
– la prof.ssa Chistolini ha rilevato che le “opere scientifiche risultano prevalentemente non coerenti con le tematiche del settore concorsuale 11/D1 Pedagogia e Storia della pedagogia, essendo maggiormente collocabili nell’ambito della pedagogia sperimentale e della ricerca educativa””;
– la prof.ssa Giallongo, dopo la disamina dei temi di ricerca trattati negli scritti del ricorrente, conclude con la considerazione che i lavori presentati risultano “più adeguati per altri settori scientifico-disciplinari”;
– il prof. [#OMISSIS#] (commissario di area OCSE) parla di “un prefil algo exterior al campo concursal…”.
I giudizi che precedono trovano sintesi e conferma nel giudizio collegiale nel quale il descritto elemento critico della “non piena coerenza” viene ribadito.
Al riguardo il Collegio non può accogliere le censure svolte dal ricorrente avverso la valutazione di “non coerenza” in quanto il sindacato su di essa costituirebbe oggettivo travalicamento di questo Giudice nell’ambito riservato alla discrezionalità tecnica dell’organo amministrativo all’uopo deputato.
In conformità ad orientamenti della giurisprudenza amministrativa da tempo consolidati, i giudizi espressi dalla Commissione non sono soggetti al vaglio giurisdizionale, in termini di ri-valutazione e/o correzione dei giudizi tecnici già espressi dall’organo all’uopo costituito, essendo il sindacato del G.A. in materia limitato ai profili della palese irragionevolezza e sproporzione ovvero al travisamento dei fatti, elementi che il Collegio non rileva nel caso di specie. In effetti, l’ipotetico accoglimento delle censure articolate si risolverebbe, inevitabilmente, in un contro-giudizio da parte di questo Giudice che, in violazione del principio fondamentale di separazione tra poteri dello Stato, sostituirebbe, a quelle espresse dalla Commissione, le proprie (a loro volta, opinabili) valutazioni sugli elementi critici (non congruità rispetto al settore) considerati dall’Organo valutativo. Al contrario il sindacato del Giudice Amministrativo sulle valutazioni, espressione di discrezionalità tecnica, è ammesso soltanto qualora esse travalichino nelle fattispecie della manifesta illogicità/irragionevolezza o dell’“error facti”, ipotesi obbiettivamente non ricorrenti nella specie, dove peraltro il candidato non ha svolto puntuali deduzioni dirette a dimostrare la (ipotetica) riconducibilità delle tematiche trattate al settore della Pedagogia e della Storia della Pedagogia, piuttosto che a settori concorsuali limitrofi, ma comunque ben distinti sul piano delle declaratorie ministeriali (come, in particolare, la Pedagogia sperimentale).
Viceversa, la lettura del giudizio collegiale e dei tre giudizi individuali negativi (ove sono descritte le tematiche trattate dal candidato ed i riferimenti culturali e scientifici delle sue elaborazioni) dimostra che vi è stata una valutazione adeguata delle pubblicazioni presentate e che, di conseguenza, la conclusione relativa alla (soltanto) parziale coerenza è stata formulata all’esito di una compiuta disamina.
Nei medesimi giudizi negativi (vedi [#OMISSIS#], Giallongo) si osserva altresì che, quanto alle pubblicazioni, è stato rilevato un approccio “illustrativo”, ritenuto insufficiente ad attestare il necessario livello di qualità e di originalità dei risultati raggiunti nelle ricerche effettuate e il possesso della maturità scientifica richiesta, per l’esercizio delle funzioni di professore universitario di seconda fascia.
Quanto alla omessa o inadeguata valutazione ovvero sottovalutazione dei titoli diversi dalle pubblicazioni posseduti dal ricorrente, il Collegio rileva che nel testo del giudizio collegiale, in realtà, vengono menzionati molteplici titoli in possesso del medesimo a partire dagli indicatori di produttività scientifica di cui all’art. 6 D.M. 76/2012 (e all’Allegato B al D.M. stesso) e, oltre ad essi, la partecipazione a progetti di ricerca anche internazionali. E’ tuttavia implicito nel giudizio che i titoli posseduti, secondo la Commissione, non potevano condurre ad un “ribaltamento” del giudizio negativo sulle pubblicazioni, inevitabilmente determinato dalla valutazione di “non coerenza” delle stesse “con le tematiche del settore concorsuale o con tematiche interdisciplinari ad esso pertinenti” (art. 5, comma 2, lett. a), D.M. n. 76 del 2012).
Con specifico riguardo alle “mediane”, giova rammentare che, per il [#OMISSIS#] orientamento di questo Tribunale, il superamento di esse non determina alcuna “presunzione legale” di qualificazione scientifica in capo al singolo aspirante; pur trattandosi, certamente, di elemento significativo e positivo di valutazione – essendo l’impatto della produzione scientifica nel settore di riferimento uno dei parametri individuati dal D.M. 76 (vedi art. 5, comma 3, lett. b) – certamente esso non determina di per sé l’abilitazione se non accompagnato da un favorevole giudizio qualitativo, attinente al merito scientifico delle pubblicazioni e dei titoli prodotti dalla candidata. Secondo il [#OMISSIS#] indirizzo di questo Tribunale, infatti, “nel disciplinare la procedura introdotta dall’art. 16 della legge n. 240/2010 il legislatore ha chiarito che il conseguimento dell’abilitazione scientifica nazionale non si sarebbe potuto limitare ad una mera verifica del superamento degli indicatori bibliometrici (cd. mediane) misurate dall’Anvur. Invero, l’Amministrazione con la circolare dell’11 gennaio 2013, n. 754 ha chiarito le modalità di valutazione alle quali devono attenersi le commissioni per l’abilitazione scientifica nazionale dei candidati, affermando, in particolare, che la valutazione complessiva del candidato deve fondarsi sull’analisi di merito della produzione scientifica dello stesso. Secondo la menzionata circolare, quindi, il superamento degli indicatori numerici specifici non costituisce di per sé condizione sufficiente ai fini del conseguimento dell’abilitazione.
Di norma, pertanto, l’abilitazione deve essere attribuita esclusivamente a quei candidati che abbiano soddisfatto entrambe le condizioni (superamento degli indicatori di impatto della produzione scientifica e positivo giudizio di merito). Tuttavia, le commissioni, come già osservato, ai sensi dell’art. 6, comma 5 del decreto ministeriale 76/2012, possono discostarsi da tale regola generale.
Ciò comporta che le commissioni possono non attribuire l’abilitazione ai candidati che superino le mediane per il settore di appartenenza, ma sulla base di un giudizio di merito negativo della commissione, ovvero possono attribuire l’abilitazione candidati che, pur non avendo superato le mediane prescritte, siano valutati dalla commissione con un giudizio di merito estremamente positivo.
L’articolata disciplina in esame è espressione di un principio generale volto a selezionare i docenti che siano al di sopra della media nazionale degli insegnanti del settore di riferimento; ciò al fine evidente di evitare un appiattimento nella selezione dei professori di prima e di seconda fascia e del ruolo peculiare che i candidati andranno a rivestire.” (TAR Lazio, sez. III, 11 maggio 2016, n. 5564 tra le numerose che affermano il medesimo principio).
Conclusivamente, stante l’infondatezza dei motivi che lo sorreggono, il ricorso deve essere respinto. Le spese di giudizio seguono la regola della soccombenza e sono liquidate nella misura indicata in dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna il ricorrente in epigrafe al pagamento delle spese di giudizio in favore del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e delle Ricerca, in persona del Ministro p.t., che liquida forfettariamente in Euro 1.000,00 (mille/00), oltre oneri tutti di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 16 novembre 2016 con l’intervento dei magistrati:
[#OMISSIS#] De [#OMISSIS#], Presidente
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Consigliere
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Referendario, Estensore
Pubblicato il 31/01/2017