TAR Lazio, Roma, Sez. III, 31 gennaio 2017, n. 1530

Abilitazione scientifica nazionale-Ammissibilità ricorso collettivo

Data Documento: 2017-01-31
Area: Giurisprudenza
Massima

Nel processo amministrativo, ai fini dell’ammissibilità del ricorso collettivo, occorre che vi sia identità di situazioni sostanziali e processuali, e cioè che le domande giudiziali siano identiche nell’oggetto e che gli atti impugnati abbiano lo stesso contenuto e vengano censurati per gli stessi motivi; di conseguenza anche dopo la codificazione del 2010 (artt. 40 e ss. c.p.a.), la proposizione del ricorso collettivo rappresenta una deroga al principio generale secondo il quale ogni domanda, fondata su un interesse meritevole di tutela, deve essere proposta dal singolo titolare con separata azione; pertanto, la proposizione contestuale di un’impugnativa da parte di più soggetti, sia essa rivolta contro uno stesso atto o contro più atti tra loro connessi, è soggetta al rispetto di stringenti requisiti, sia di segno negativo che di segno positivo: i primi sono rappresentati dall’assenza di una situazione di conflittualità di interessi, anche solo potenziale, per effetto della quale l’accoglimento della domanda di una parte dei ricorrenti sarebbe logicamente incompatibile con quella degli altri; i secondi consistono, invece, nell’identità delle posizioni sostanziali e processuali dei ricorrenti, essendo necessario che le domande giurisdizionali siano identiche nell’oggetto, che gli atti impugnati abbiano lo stesso contenuto e che vengano censurati per gli stessi motivi (Consiglio di Stato, Sez. IV , 27 gennaio 2015 n.363; cfr., con specifico riguardo alla materia delle abilitazione scientifiche, TAR Lazio,Roma, Sez. III, 2 dicembre 2015 n. 13656).

Contenuto sentenza

N. 01530/2017 REG.PROV.COLL.
N. 05129/2014 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 5129 del 2014, proposto da: 
[#OMISSIS#] Gentile, [#OMISSIS#] Parola e [#OMISSIS#] Tacconi, rappresentati e difesi dagli avvocati [#OMISSIS#] Covino e [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], con domicilio eletto presso lo studio dello stesso avv. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] in Roma, largo Messico, 7; 
contro
Ministero dell’Istruzione, dell’Universita’ e della Ricerca, in persona del Ministro p.t., Presidenza del Consiglio dei Ministri, in persona del Presidente p.t., Anvur – Agenzia Nazionale di Valutazione del Sistema Universitario e della Ricerca, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentati e difesi per legge dall’Avvocatura Generale dello Stato presso i cui Uffici sono domiciliati in Roma, via dei Portoghesi, 12; 
nei confronti di
[#OMISSIS#] Batini non costituito in giudizio; 
[#OMISSIS#] Montalbetti non costituita in giudizio; 
per l’annullamento
previa sospensione dell’efficacia,
a) del provvedimento di approvazione degli atti della Commissione giudicatrice della procedura per il conseguimento dell’abilitazione scientifica nazionale di cui all’art. 16 della legge n. 240 del 2010, alle funzioni di professore di prima e seconda fascia, Settore Concorsuale 11/D2 (Didattica, pedagogia speciale e ricerca educativa), atti pubblicati in data 29.1.2014 sul sito del MIUR, nella parte in cui sono stati dichiarati non abilitati i dottori [#OMISSIS#] gentile, [#OMISSIS#] gentile e [#OMISSIS#] Tacconi;
b) di tutti i verbali della Commissione giudicatrice e della relazione riassuntiva dei lavori;
c) dei giudizi individuali e collegiali formulati dalla medesima Commissione sul profilo scientifico di tutti e tre i ricorrenti;
d) dei distinti Decreti Direttoriali del MIUR con i quali sono stati prorogati più volte i lavori delle Commissioni per l’ASN;
e) del D.M. n. 76 del 7.6.2012;
f) della delibera dell’ANVUR n. 50 del 21.6.2012;
g) del documento del Consiglio Direttivo dell’ANVUR in tema di “Abilitazione scientifica nazionale – normalizzazione degli indicatori per l’età accademica”;
h) del D.D. MIUR n. 130 del 24.1.2013 con il quale è stata nominata la commissione giudicatrice nella procedura “de qua”;
i) del D.D. MIUR n. 429 del 13.3.2013 con il quale sono state accettate le dimissioni della prof.ssa Suzy Braye;
j) del D.D. MIUR n. 569 del 28.3.2013 con il quale è stato nominato componente della suddetta Commissione il prof. Zabalza Beraza;
k) di ogni altro atto presupposto, connesso e/o consequenziale;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell’Istruzione, dell’Universita’ e della Ricerca, della Presidenza del Consiglio dei Ministri e dell’Anvur – Agenzia Nazionale di Valutazione del Sistema Universitario e della Ricerca;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 16 novembre 2016 il dott. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] e uditi per le parti i difensori Avv. G. Covino e l’Avvocato dello Stato A. [#OMISSIS#];
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO e DIRITTO
1. Gli odierni ricorrenti hanno partecipato alla procedura di abilitazione scientifica nazionale (ASN) indetta con Decreto Direttoriale MIUR n. 222 del 20 luglio 2012, relativa al settore concorsuale 11/D2 (“Didattica, pedagogia speciale e ricerca educativa”), e precisamente:
– il prof. Gentile (ricercatore senior) ha presentato domanda per l’abilitazione alla seconda fascia;
– il prof. Parola (docente di Pedagogia sperimentale) ha partecipato alla procedura valutativa sia per la prima che per la seconda fascia di docenza;
– il prof. Tacconi (ricercatore universitario) ha presentato domanda soltanto per la seconda fascia.
L’esito della procedura è stato sfavorevole per tutti e tre i ricorrenti che non sono stati ritenuti idonei dalla Commissione giudicatrice con giudizio unanime per il dott. Gentile, con giudizio assunto a maggioranza dei quattro quinti per il prof. Parola, con giudizio assunto a maggioranza dei tre quinti dei componenti per il prof. Tacconi.
2. Avverso gli atti indicati in epigrafe i medesimi, con atto spedito a notifica in data 31.3.2014 e depositato il 17.4.2014, hanno proposto congiuntamente ricorso dinnanzi a questo Tribunale, articolando i motivi impugnatori che di seguito si riassumono:
1) il primo motivo di ricorso (pagg. 6 – 14) si articola in due distinti gruppi di censure, rispettivamente corrispondenti ai paragrafi 1.1. e 1.2.:
– nel primo paragrafo si contestano presunte irregolarità imputabili all’ANVUR nel calcolo e nella quantificazione delle mediane dei tre indicatori di produzione scientifica (libri e monografie; articoli e capitoli di libro; articoli in riviste di classe A), meglio definiti dall’art. 6 e dall’Allegato B al D.M. n. 76 del 2012; si deduce, in particolare: che le suddette mediane sarebbero state corrette e ricalcolate a procedura già indetta; che non è stata costituita in tempo utile la banca dati ANPRePS (Anagrafe nominativa dei professori ordinari e associati e dei ricercatori), il che avrebbe determinato inevitabili imprecisioni ed errori nelle operazioni di calcolo; che le complesse operazioni di quantificazione delle mediane di ciascun settore sono avvenute in tempi troppo ristretti; che gli indicatori prescelti dal Sistema ASN in ogni caso sono “privi di riscontri internazionali e privilegiano una valutazione meramente quantitativa della produzione scientifica”;
– nel secondo paragrafo, viceversa, i ricorrenti si dolgono del fatto che la Commissione, rispetto ai criteri e parametri introdotti dal D.M. n. 76 del 2012, avrebbe illegittimamente ri-definito alcuni criteri di valutazione (in particolare quello della “coerenza” delle pubblicazioni con le tematiche del settore disciplinare, da riferire, secondo la Commissione, solo alle tematiche del settore ovvero a quelle “ad esso strettamente pertinenti”) ed eliminato il criterio “della capacità di trasferimento tecnologico” e quello della capacità di attrarre finanziamenti competitivi (ritenuti entrambi non congrui al settore, cfr. verbale n. 1, doc. 2 ric.); mancherebbe un “atto motivato” a sostegno delle scelte compiute che, pertanto, sarebbero state assunte con violazione dell’art. 3 comma 3, D.M. 76 cit, in quanto la Commissione si sarebbe illegittimamente sottratta all’applicazione dei criteri e dei parametri “ex ante” previsti per la valutazione delle opere scientifiche dal precitato D.M. 76/2012;
2) con il secondo motivo di ricorso si censurano per violazione di legge ed eccesso di potere sia i giudizi collegiali che i giudizi individuali rispettivamente riportati dai tre ricorrenti i quali lamentano l’omessa considerazione del superamento delle mediane di settore, nella misura prescritta dall’Allegato B al D.M. n. 76 del 2012, da parte di tutti e tre i candidati i quali, pertanto, a fronte di dati di produttività scientifica pienamente positivi, potevano essere ritenuti non idonei, soltanto sulla base di una motivazione rinforzata e particolarmente negativa con riguardo ai rispettivi profili scientifici; all’interno dello stesso motivo si sviluppano poi distinte e specifiche censure relative alle differenti valutazioni della Commissione sui ricorrenti (paragrafi 2.2.1. e 2.2.2.), nelle quali le doglianze finiscono per investire il merito scientifico delle pubblicazioni oggetto di valutazione; ciascuno dei giudizi riportati (i due relativi al dott. Parola, rispettivamente per la prima e seconda fascia; i giudizi relativi ai dottori Gentile e Tacconi ai fini dell’abilitazione alla seconda fascia), ad avviso dei ricorrenti, sarebbero stati per diverse ragioni del tutto parziali, inadeguati ed ingiusti a fronte del pregevole livello qualitativo della produzione scientifica riferibile a ciascuno dei ricorrenti come si evincerebbe da una serie di indici rivelatori, del tutto trascurati dalla Commissione giudicatrice;
3) nel terzo motivo si contestano i tempi (eccessivamente ristretti) impiegati dalla Commissione per valutare le pubblicazioni dei candidati che, calcolati sulla base delle riunioni collegiali effettivamente tenute in rapporto al numero dei candidati (tra prima e seconda fascia) ed al numero di pubblicazioni allegabili (n. 12 per la prima fascia e n. 18 per la seconda), si dimostrerebbero del tutto insufficienti a permettere una seria e ponderata valutazione della produzione scientifica;
4) con il quarto motivo di gravame parte ricorrente contesta altresì la legittimità della procedura con riguardo alle modalità di svolgimento del sorteggio dei docenti universitari inseriti nelle apposite liste degli aspiranti commissari nazionali, il quale non si sarebbe svolto nel rispetto di quanto prescritto dall’art. 7 D.P.R. n. 222 del 2011 in quanto non si è adottata una sequenza di estrazioni numeriche unica per tutte le commissioni, secondo quanto previsto da una nota redatta dal comitato tecnico nominato dal MIUR (doc. 23 ric.) e pubblicata prima dell’inizio delle operazioni di estrazione (vedi punto 4) della richiamata nota): in realtà l’Amministrazione non ha usato un’unica sequenza numerica per tutti i settori concorsuali, ossia quella sorteggiata nella prima seduta del 30.12.2012 (11-14-1-5) avendo successivamente effettuato nuove estrazioni distinte;
5) infine, con il quinto motivo i ricorrenti si dolgono del prolungarsi dei lavori della Commissione oltre il termine massimo (cinque mesi) sancito dall’art. 16 della Legge n. 240/2010, dall’art. 8 comma 6 D.P.R. n. 222 del 2011 e dal bando (D.P.R. n. 222 del 20.7.2012) in assenza di valida proroga, il che avrebbe dovuto comportare la decadenza della commissione e la necessaria sostituzione dei membri della stessa; precisano i ricorrenti che le proroghe successive al 30.6.2013, disposte dal MIUR con appositi Decreti Direttoriali (vedi in particolare il D.D. n. 1718 del 20.9.2013 ed il D.D. n. 1767 del 30.9.2013) sarebbero illegittime in quanto il comma 394 dell’art. 1 della Legge n. 228/2012 (c.d. Legge di Stabilità) ammetteva che la proroga potesse essere disposta soltanto con “decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, da adottare di concerto con il Ministro dell’Economia e delle Finanze”;
3. Il Ministero dell’Università e della Ricerca e l’Anvur si sono costituiti in giudizio per resistere al ricorso.
4. Con ordinanza n. 3839/2014 la Sezione ha respinto l’istanza cautelare dei ricorrenti.
5. In vista della pubblica udienza parte ricorrente ha prodotto apposita memoria conclusionale ove si illustrano ulteriormente i motivi di ricorso proposti e si insiste per il loro accoglimento.
6. Alla pubblica udienza del 16 novembre 2016 il ricorso è stato trattenuto per la decisione.
7. Preliminarmente, con riguardo al secondo motivo di impugnazione, il Collegio ritiene di dover rilevare l’inammissibilità dell’impugnazione collettiva proposta dai tre ricorrenti che versano in situazioni invero eterogenee, in quanto investiti da giudizi individuali inevitabilmente diversi i quali hanno ad oggetto “curricula” diversi ed impugnati per ragioni essenzialmente distinte (si osservino le censure specificamente svolte nel motivo sub 2, attinenti al merito dei giudizi rispettivamente riportati dai ricorrenti).
Al riguardo si deve fare riferimento alla consolidata giurisprudenza per cui nel processo amministrativo, ai fini dell’ammissibilità del ricorso collettivo, occorre che vi sia identità di situazioni sostanziali e processuali, e cioè che le domande giudiziali siano identiche nell’oggetto e che gli atti impugnati abbiano lo stesso contenuto e vengano censurati per gli stessi motivi; di conseguenza anche dopo la codificazione del 2010 (artt. 40 e ss. c.p.a.), la proposizione del ricorso collettivo rappresenta una deroga al principio generale secondo il quale ogni domanda, fondata su un interesse meritevole di tutela, deve essere proposta dal singolo titolare con separata azione; pertanto, la proposizione contestuale di un’impugnativa da parte di più soggetti, sia essa rivolta contro uno stesso atto o contro più atti tra loro connessi, è soggetta al rispetto di stringenti requisiti, sia di segno negativo che di segno positivo: i primi sono rappresentati dall’assenza di una situazione di conflittualità di interessi, anche solo potenziale, per effetto della quale l’accoglimento della domanda di una parte dei ricorrenti sarebbe logicamente incompatibile con quella degli altri; i secondi consistono, invece, nell’identità delle posizioni sostanziali e processuali dei ricorrenti, essendo necessario che le domande giurisdizionali siano identiche nell’oggetto, che gli atti impugnati abbiano lo stesso contenuto e che vengano censurati per gli stessi motivi (Consiglio di Stato sez. IV , 27/01/2015 n.363; cfr., con specifico riguardo alla materia delle abilitazione scientifiche, TAR Lazio, sez. III, 2 dicembre 2015 n. 13656).
Nel caso in esame, manca, all’evidenza, tale postulata identità di posizioni sostanziali, come risulta dalla disamina dei singoli motivi di impugnazione della graduatoria. Se è vero, infatti, che i motivi di impugnazione sub 1), 3), 4) e 5) si appuntano su vizi in senso lato procedurali e tali da investire la legittimità procedura idoneativa nella sua totalità (in quanto attinenti alle modalità di calcolo delle mediane, ai criteri valutativi prescelti, alle modalità di svolgimento del sorteggio degli aspiranti commissari e, infine, al mancato rispetto dei termini di conclusione dei lavori della Commissione), è altrettanto vero che le censure sub 2) si rivolgono invece ai distinti giudizi sulla qualificazione scientifica dei due candidati e contengono critiche oggettivamente diverse e riferite alle separate valutazioni dei titoli e delle pubblicazioni rispettivamente presentati dai due candidati.
Con il primo gruppo di censure, pertanto, i ricorrenti mirano a provare vizi procedimentali dell’azione amministrativa che, ove ritenuti fondati, determinerebbero un esito caducatorio rispetto all’intera procedura valutativa tale da determinarne il travolgimento e l’esigenza di una rinnovazione futura, garantendo così ai ricorrenti, non l’utilità finale avuta di mira, individuabile nel giudizio di abilitazione, bensì il solo soddisfacimento dell’interesse strumentale e “minore” alla riedizione della procedura “ex novo” e ad avere una nuova “chance” di successo per effetto di essa. L’interesse legittimo che sostiene le predette censure, oltre che strumentale e procedimentale, è un interesse comune e coincidente per i tre ricorrenti.
Viceversa le articolate censure di cui al motivo di ricorso n. 2 (vedi pagg. 14 e ss.) attengono al merito (sotto i dedotti profili della contraddittorietà, insufficienza, infondatezza della motivazione) delle valutazioni sulle singole pubblicazioni sottoposte al vaglio della Commissione, censure necessariamente diverse nella misura in cui si rivolgono a giudizi distinti su pubblicazioni distinte.
E’ evidente, al riguardo, che questo Giudicante potrebbe ipoteticamente pervenire a conclusioni opposte nei confronti dei ricorrenti, ritenendo fondate e da accogliere le censure avverso il giudizio riportato dall’uno ed infondate e da respingere le censure rivolte al giudizio conseguito dall’altro.
Ciò è sufficiente per escludere l’identità dei “petita” in quanto attinenti a giudizi (quindi ad oggetti) diversi. L’interesse legittimo che sostiene queste ultime censure non è comune ma distinto per ciascuno degli impugnanti e può qualificarsi come interesse finale all’ottenimento del bene della vita consistente in un nuovo giudizio da parte di un Organo valutativo in rinnovata composizione, chiamato dall’eventuale “dictum” favorevole di questo Giudice ad emettere una nuova valutazione emendata dai vizi dedotti ove fossero ritenuti fondati. Ciò chiarito, ritiene il Collegio che le posizioni dei tre ricorrenti, quanto meno con riferimento alle censure “individuali” sui singoli giudizi che rispettivamente li concernono (di cui al motivo 2), versano in una condizione di potenziale (ma nient’affatto teorico, né astratto) conflitto di interessi. Essi, infatti, fanno valere indistintamente interessi comuni e condivisi all’annullamento dell’intera procedura (motivi nn. 1,3,4,5,) insieme ad interessi propri e separati all’annullamento delle valutazioni commissariali rispettivamente subite (censure sub 2). Ebbene, in siffatto coacervo di interessi strumentali e finali si dà la possibilità di un conflitto evidente di posizioni ove si pensi all’ipotetico accoglimento delle censure sub 2), a beneficio di uno solo dei ricorrenti – che potrebbe così ottenere il risultato di un nuovo, futuro giudizio favorevole senza il travolgimento dell’intera procedura – ed al contestuale rigetto delle distinte censure sub 2) nei confronti degli altri due ricorrenti i quali, in detta eventualità, si troverebbero in contrapposizione all’altro ricorrente, a vantare interesse (strumentale) a vedersi accogliere le censure procedurali idonee al travolgimento dell’intera procedura.
Come affermato di recente anche questa Sezione “ai fini dell’ammissibilità del ricorso collettivo, occorre che vi sia identità di situazioni sostanziali e processuali, e cioè che le domande giudiziali siano identiche nell’oggetto e che gli atti impugnati abbiano lo stesso contenuto e vengano censurati per gli stessi motivi; di conseguenza anche dopo la codificazione del 2010 (artt. 40 e ss. c.p.a.), la proposizione del ricorso collettivo rappresenta una deroga al principio generale secondo il quale ogni domanda, fondata su un interesse meritevole di tutela, deve essere proposta dal singolo titolare con separata azione; pertanto, la proposizione contestuale di un’impugnativa da parte di più soggetti, sia essa rivolta contro uno stesso atto o contro più atti tra loro connessi, è soggetta al rispetto di stringenti requisiti, sia di segno negativo che di segno positivo: i primi sono rappresentati dall’assenza di una situazione di conflittualità di interessi, anche solo potenziale, per effetto della quale l’accoglimento della domanda di una parte dei ricorrenti sarebbe logicamente incompatibile con quella degli altri; i secondi consistono, invece, nell’identità delle posizioni sostanziali e processuali dei ricorrenti, essendo necessario che le domande giurisdizionali siano identiche nell’oggetto, che gli atti impugnati abbiano lo stesso contenuto e che vengano censurati per gli stessi motivi” (TAR Lazio, Sez. III, 18.6.2015, n. 8495 che cita Consiglio di Stato sez. IV , 27.1.2015 n.363).
Per quanto sopra osservato emergono nella specie, con riguardo al motivo sub 2), entrambe le anzidette condizioni ostative all’ammissibilità del ricorso collettivo proposto, connotato sia dalla non totale identità dei “petita”, sia, in termini ancor più rilevanti, da una situazione di conflittualità di interessi, anche solo potenziale, tra i ricorrenti. Per queste ragioni, il motivo “de quo” è inammissibile.
8. Quanto agli altri motivi comuni ai ricorrenti (sub 1, 3, 4 e 5) e potenzialmente idonei al travolgimento dell’intera procedura, il Collegio, pur ravvisandone l’ammissibilità (essendo essi sostenuti da un interesse comune e non confliggente dei tre ricorrenti), se ne rileva in ogni caso l’infondatezza per le ragioni di seguito esposte.
9. Il primo motivo è complessivamente infondato per genericità e inconferenza.
In effetti, le doglianze di parte ricorrente nei confronti del sistema delle “mediane” degli indicatori di produttività scientifica, nell’ambito del sistema ASN, non si traducono in puntuali censure sul piano della legittimità dell’azione amministrativa, integrando piuttosto critiche di metodo e di opportunità della scelta ministeriale (art. 6 D.M. n. 76 del 2012, istitutivo dei criteri di valutazione nell’ambito dell’abilitazione scientifica nazionale) di attribuire un ruolo decisivo alle c.d. “mediane”, nella misurazione dell’impatto della produzione scientifica complessiva di cui all’articolo 4, comma 4, lettera a), D.M. cit., imponendo alle Commissioni di tener conto degli indicatori bibliometrici indicati negli Allegati A e B e di attenersi al principio secondo il quale l’abilitazione alla seconda fascia può essere attribuita esclusivamente ai candidati:
a) che sono stati giudicati positivamente secondo i criteri e i parametri di cui all’articolo 4, commi 1, 2, 3 e 4, lettere b), c), d), e), f), g), h), i) e l);
b) i cui indicatori dell’impatto della produzione scientifica complessiva presentino i valori richiesti per la prima fascia, sulla base delle regole di utilizzo degli stessi di cui all’allegato B, numero 3, lettera b (art, 6 comma 4, D.M. n. 76 del 2012).
Le “lacune” e le “inesattezze” nell’attuazione del sistema delle mediane, come detto, vengono dedotte in termini del tutto generici e non specificamente riferibili alla concreta situazione in cui versano i ricorrenti. Le censure, pertanto, sono del tutto inconferenti. Le stesse non sembrano neanche sorrette da una essenziale condizione dell’azione, costituita dall’interesse al ricorso, dal momento che tutti e tre i ricorrenti erano ampiamente “in regola” con le mediane ed hanno riportato le rispettive valutazioni negative con riferimento a profili curriculari del tutto indipendenti da esse.
Del pari infondate sono le doglianze contrarie alle determinazioni con cui la Commissione ha ritenuto di derogare agli specifici criteri valutativi normativamente prefigurati dal D.M. n. 76 del 2012 ovvero di integrarli. Siffatta facoltà trovava un preciso referente normativo nell’art. 3, comma 3, del medesimo D.M. – dove si legge che “l’eventuale utilizzo di ulteriori criteri e parametri più selettivi ai fini della valutazione delle pubblicazioni e dei titoli sono predeterminati dalla commissione, con atto motivato pubblicato sul sito del Ministero e su quello dell’università sede della procedura di abilitazione” – e nell’art. 6, comma 5, D.M. cit. – secondo cui qualora la commissione intenda discostarsi dai suddetti principi (che sono quelli emergenti dagli artt. 3, 4 e 5 D.M. 76/2012) è tenuta a darne motivazione preventivamente, con le modalità di cui all’articolo 3, comma 3, e nel giudizio finale. L’onere di motivazione – a cui sono espressamente subordinate le deroghe ai criteri regolamentari e le integrazioni degli stessi – risulta pienamente assolto dalla Commissione che ha puntualmente esposto le ragioni in considerazione delle quali si è orientata ad intervenire (al riguardo è sufficiente la lettura dell’Allegato 1, dedicato ai “criteri”, al verbale n. 1, doc. 2 ric.).
10. Nel terzo motivo, come sopra rilevato, si contestano i tempi eccessivamente ristretti impiegati dalla Commissione – n. 18 riunioni nell’arco di sei mesi per esaminare le pubblicazioni dei n. 92 candidati all’abilitazione per la prima fascia e dei 237 candidati all’abilitazione per la seconda fascia – per valutare le pubblicazioni dei candidati, tempi che, calcolati sulla base delle riunioni collegiali effettivamente tenute in rapporto al numero dei candidati stessi (tra prima e seconda fascia) ed al numero di pubblicazioni allegabili (n. 12 per la prima fascia e n. 18 per la seconda), si dimostrerebbero del tutto insufficienti a consentire una seria e ponderata valutazione della produzione scientifica.
Il Collegio non ritiene la censura fondata, atteso che:
a) la Commissione poteva legittimamente utilizzare strumenti di lavoro telematico (art. 8, comma 7, d.P.R. n. 222 del 2011); era previsto l’uso di una piattaforma informatica che ha reso possibile per i singoli commissari la condivisione con gli altri, ben prima della loro pubblicazione, delle bozze dei propri giudizi individuali via via che essi maturavano; in ogni caso la piattaforma ha consentito a ciascun singolo commissario di poter svolgere un rilevante lavoro preparatorio, successivamente “confluito” nel lavoro collegiale di tutta la Commissione, riducendo i tempi delle riunioni collegiali “in presenza”;
b) più in generale, dai tempi di lavoro della Commissione giudicatrice non possono automaticamente desumersi profili di illegittimità sotto il profilo del difetto di istruttoria o della mancanza dei presupposti; secondo ormai costanti indirizzi giurisprudenziali (cfr. ex multis Tar Lazio, Sez. III, 11238 del 10.11.2014; id. 10560 del 21.10.2014), infatti, “non è sindacabile in sede di legittimità la congruità del tempo dedicato dalla commissione giudicatrice alla valutazione delle prove d’esame di candidati; in primo luogo, infatti, manca una predeterminazione, sia pure di massima, ad opera di legge o di regolamenti, dei tempi da dedicare alla correzione degli scritti; in secondo luogo, non è possibile, di norma, stabilire quali concorrenti abbiano fruito di maggiore o minore considerazione e se, quindi, il vizio dedotto infici in concreto il giudizio contestato; inoltre, i calcoli risultano scarsamente significativi laddove siano stati effettuati in base ad un computo meramente presuntivo, derivante dalla suddivisione della durata di ciascuna seduta per il numero dei concorrenti o degli elaborati esaminati” (cfr., ex multis, Cons. Stato, Sez. VI, 11 dicembre 2013, n. 5947);
c) nel caso di specie non risultano addotti elementi tali da fare ritenere che i tempi siano stati talmente ridotti da superare gli argomenti contenuti nella sentenza sopra riportata, considerato – tra l’altro – che appare verosimile che l’Organo collegiale si sia potuto anche avvalere del lavoro preparatorio svolto individualmente dai singoli Commissari al di fuori delle riunioni e successivamente convogliato e doverosamente condiviso nella sede collegiale.
Per quanto precede il motivo “de quo” non può considerarsi fondato e va, per l’effetto, respinto.
11. Con il quarto motivo (relativo alla presunta illegittimità delle modalità del sorteggio dei commissari), il Collegio rileva che la circostanza che si sia di fatto proceduto a molteplici estrazioni numeriche ripartite per gruppi di settori concorsuali, invero, non si pone in contrasto con alcuna delle disposizioni rinvenibili nell’art. 16 della n. 240 del 2010, istitutiva dell’abilitazione scientifica nazionale né con alcuna delle norme contenute nel D.P.R. n. 222 del 2011 (regolamento governativo disciplinante le modalità organizzative di tutte le procedure ASN). La circostanza in contestazione, pertanto, non può integrare una fattispecie di “violazione di legge”. I molteplici sorteggi operati per l’individuazione dei componenti delle varie commissioni giudicatrici da formare in relazione a ciascun settore concorsuale, secondo la stessa impostazione ricorsuale, avrebbero violato (non una disposizione di legge o regolamentare ma) una nota esplicativa redatta dal “comitato tecnico” diffusa dal MIUR sul proprio sito (e denominata “Modalità di sorteggio delle commissioni per l’abilitazione scientifica nazionale ai sensi del d.P.R. n. 222 del 2011”), nella quale si ravvisava l’opportunità di un’operazione di sorteggio unitaria per tutti i settori e comunque, basata su un’unica sequenza numerica da applicare ai diversi settori concorsuali. Si è trattato, pertanto, di un’istruzione o direttiva interna all’Amministrazione, il cui omesso rispetto, a tutto concedere, potrebbe integrare, ipoteticamente, una fattispecie di “eccesso di potere”.
E’ tuttavia noto e consolidato il principio secondo cui la violazione di istruzioni, circolari, norme interne ecc. può sì integrare il vizio di eccesso di potere ma soltanto ove si riveli sintomatico di una deviazione dell’esercizio del potere amministrativo, nel suo concreto svolgimento, dallo scopo (id est dall’interesse pubblico) che la stessa norma attributiva del potere individua.
Orbene, nella specie, è invece evidente che la necessità di procedere ad una pluralità di sorteggi non ha rappresentato una deviazione dall’interesse pubblico che sovrintende alle procedure abilitative in esame, né vi è alcun elemento che induca a ritenere che la molteplice estrazione abbia in alcun modo pregiudicato la regolarità ed imparzialità della procedura di formazione delle varie commissioni giudicatrici a partire dalle liste all’uopo predisposte, non essendo emerso alcun serio elemento che induca a ritenere che l’imparzialità delle commissioni sarebbe stata meglio garantita da un sorteggio unico nazionale.
La Sezione ha già avuto modo di osservare in tema (cfr. TAR Lazio, sez. III, 22 settembre 2015, n. 11324) che “le allegazioni ministeriali contenute nella relazione difensiva ….appaiono più che convincenti nel giustificare le ragioni e l’opportunità del ricorso ai diversi sorteggi numerici abbinati a distinti settori concorsuali variamente raggruppati ed eseguiti via via che venivano completate le liste degli aspiranti commissari, previo esame dei titoli da essi esibiti e nel rispetto del contraddittorio disciplinato dall’art. 8 D.M. n. 76 del 2012. Ha dedotto in particolare il Ministero resistente che:
– “tutta la catena normativa (legge n. 240 del 2010, DPR n. 222 del 2011, DM n. 76 del 2012) è incentrata sul settore concorsuale che, come è noto, costituisce una delle principali novità introdotte dalla legge n. 240 del 2010 ed è configurato dall’art. 15 delle medesima legge quale aggregazione di livello superiore rispetto ai settori scientifico disciplinari”;
– il citato art. 8 del D.M. 76 / 2012 prevede una dettagliata disciplina per l’accertamento della qualificazione scientifica degli aspiranti commissari da parte dell’ANVUR, nella quale è incluso il contraddittorio con gli interessati; è previsto in particolare che l’ANVUR dispone di gg. 30 per l’esame dei titoli dei candidati; che la Direzione generale competente deve provvedere, se del caso, alla notifica all’istante dei motivi che ostano accoglimento della candidatura; che l’interessato può produrre le proprie osservazioni nei successivi dieci giorni; che l’ANVUR, infine, su richiesta della competente Direzione Generale, adotti la sua decisione da notificare all’interessato;
– la suddetta disciplina, com’è di intuitiva evidenza, ha comportato tempistiche differenziate (anche in modo rilevante) per la definitiva formazione di ciascuna lista, in funzione del numero degli aspiranti (molto diverso da settore a settore), della quantità di osservazioni da esaminare ecc.;
– ciò ha indotto il MIUR, al fine di costituire le commissioni in tempi ragionevoli, di precedere alle operazioni di sorteggio (così consentendo alle commissioni neo nominate di iniziare i loro lavori) man mano che venivano completate le procedure di formazione delle liste corrispondenti ai vari settori concorsuali;
– sarebbe stato invero irragionevole ritardare senza motivo i sorteggi relativi alle liste già definite nell’attesa della definizione delle altre liste rivelatasi maggiormente problematiche (per numero di aspiranti, complessità della disamina dei titoli, disamina delle osservazioni dei candidati esclusi) e tali da richiedere tempi prolungati;
– peraltro la normativa prevede espressamente ipotesi di sorteggio separate allorché si debba procedere alla sostituzione dei commissari (art. 7, comma 5, D.P.R. n. 222 del 2011)”.
Per le considerazioni che precedono il Collegio respinge “in [#OMISSIS#]” la censura esaminata.
12. Con riguardo al quinto ed ultimo motivo – con cui il ricorrente si duole del prolungarsi dei lavori della Commissione oltre il termine massimo (cinque mesi) sancito dall’art. 16 della Legge n. 240/2010, dall’art. 8 comma 6 D.P.R. n. 222 del 2011 e dal bando (D.P.R. n. 222 del 20.7.2012) in assenza di valida proroga – il Collegio rileva che, secondo il [#OMISSIS#] orientamento della Sezione, in svariate occasioni pronunciatasi in argomento, devono essere disattese le censure che in linea generale riguardino il superamento del termine per la conclusione della procedura ASN e le proroghe disposte con i DPCM 19.6.2013 e 26.9.2013 atteso che “il termine per la conclusione dei lavori della commissione è stato legittimamente prorogato dapprima al 30 giugno 2013 per effetto dell’art. 1 comma 389 della L. 228/2012, poi – in forza del comma 394 del medesimo art. 1 – che ha autorizzato la proroga con D.P.C.M. – dall’art. 1, comma 2, D.P.C.M. 19 giugno 2013 e, successivamente, dall’art. 1, comma 1