La direttiva 2005/36/CE, relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali, recepita nell’ordinamento italiano con il D.Lgs n. 206 del 09.11.2007,all’art. 1 così recita: “la presente direttiva fissa le regole con cui uno Stato membro (in seguito denominato Stato membro ospitante) che sul proprio territorio subordina l’accesso ad una professione regolamentata o il suo esercizio al possesso di determinate qualifiche professionali (ossia, di titoli professionali), riconosce, per l’accesso alla professione e il suo esercizio, le qualifiche professionali acquisite in uno o più Stati membri (in seguito denominati Stati membri di origine) e che permettono al titolare di tali qualifiche di esercitarvi la stessa professione”.
Tale articolo, definisce e delimita l’ambito di applicazione della direttiva, stabilendo che uno Stato membro (in tal caso, l’Italia) riconosce, per l’esercizio della relativa professione sul proprio territorio, titoli conseguiti in paesi comunitari, esclusivamente laddove detti titoli consentano, nel paese di conseguimento, l’esercizio della specifica analoga professione.
Posto che le autorità polacche, ossia l’autorità competente di cui agli artt. 3 lett. d) e 56 della citata direttiva, nonché l’Università Jagiellonski che ha rilasciato il titolo, hanno dichiarato in maniera inequivocabile che il titolo di “Lekarza Stomatologi” non permette ai suoi possessori di esercitare la professione di odontoiatra sul territorio della Polonia e che detto titolo non corrisponde alla laurea in odontoiatria che si consegue in tale Paese, ne deriova che i titoli di “Lekarza Stomatologi” non soddisfano i requisiti essenziali di cui al citato art. 1 della direttiva 2005/36/CE e, come tali, non possono essere riconosciuti, considerato che ad essi non si applicano le procedure di riconoscimento di cui alla direttiva medesima. Infatti, tali titoli, per quanto espressamente dichiarato dalle autorità polacche, non consentono in quel Paese l’esercizio della professione di odontoiatra, essendo privi sia di valore accademico, sia di valore abilitante.
TAR Lazio, Roma, Sez. III, 4 ottobre 2018, n. 9725
Riconoscimento titolo dottore medico con specializzazione in odontoiatria-Mancato riconoscimento equipollenza
N. 09725/2018 REG.PROV.COLL.
N. 05763/2009 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Terza Stralcio)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 5763 del 2009, proposto da
[#OMISSIS#] Patuzzi, [#OMISSIS#] Burato, [#OMISSIS#] Giannini, [#OMISSIS#] Lissandrin, [#OMISSIS#] De [#OMISSIS#], Giovanni Piantadosi, [#OMISSIS#] Cornacchini, [#OMISSIS#] Spagnolo, [#OMISSIS#] Ottani, rappresentati e difesi dall’avvocato [#OMISSIS#] Morenghi, con domicilio digitale ex art. 25 cpa ed eletto presso lo studio dell’avvocato [#OMISSIS#] Riedi in Roma, via C. Colombo, 436;
contro
Ministero del Lavoro della Salute e delle Politiche Sociali, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata ex art. 25 cpa nonché in Roma, via dei Portoghesi, 12;
per l’annullamento
del provvedimento del Ministero della Salute – nota del 16 marzo 2009 con il quale è stato disconosciuto il titolo di ondontoiatria conseguito dagli istanti presso l’Università Jagiellonski nonché del provvedimento del Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali inviato con nota del 18 maggio 2009 con cui è stato disconosciuto il titolo di Lekarza Stomatologi
nonché per l’accertamento della idoneità del titolo di medico stomatologo rivendicato dagli odierni ricorrenti ai fini dell’esercizio della professione di odontoiatra in Italia e per la declaratoria dell’obbligo dell’amministrazione di provvedere positivamente mediante un provvedimento espresso.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Ministero del Lavoro della Salute e delle Politiche Sociali;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza smaltimento del giorno 20 luglio 2018 il dott. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] Tropiano e uditi per le parti i difensori per la parte ricorrente l’Avv. M. Morenghi e per l’Amministrazione resistente l’Avvocato dello Stato Giovanni Greco.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1.Parte istante insorge contro i provvedimenti indicati in epigrafe con i quali è stato loro negato il riconoscimento del titolo polacco di “Lekarza Stomatologii” vantato dai ricorrenti medesimi per esercitare la professione di odontoiatra in Italia; hanno altresì contestato la ritenuta non equivalenza del titolo vantato con quello che, in base alla direttiva 2005/36/CE, abilita all’esercizio della professione de qua, sia nel paese in cui il titolo è stato acquisito, sia nei paesi della Comunione Europea.
Assumono gli esponenti l’equipollenza dei titoli di studio delle professioni sanitarie conseguite all’estero; rilevano, a fondamento delle proprie pretese, l’esistenza di precedenti favorevoli, tra le quali un provvedimento del TAR di Palermo in merito alla validità del titolo di laurea conseguito in Polonia nonché ordinanze dei Tribunali di Pavia e di Vigevano, per mezzo delle quali i titoli in rilievo, posti sotto sequestro nel corso di un’inchiesta giudiziaria, sono stati dissequestrati.
Concludono i ricorrenti come da richieste trascritte in epigrafe.
Si è costituito il Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali, insistendo per il rigetto del gravame.
Con ordinanza n. 3744/2009, resa alla camera di consiglio del 30 luglio 2009, il Collegio ha respinto la domanda cautelare.
La causa è stata chiamata all’udienza pubblica del 20 luglio 2018 e ivi trattenuta in decisione.
Il ricorso è palesemente infondato.
Ed invero osserva il Collegio quanto segue.
2. Circa il primo motivo di ricorso, incentrato sulla pretesa equipollenza dei titoli di studio conseguiti all’estero, va rilevato che i provvedimenti impugnati sono perfettamente in linea con la normativa inerente il riconoscimento dei titolari comunitari (direttiva 2005/36/CE recepita nell’ordinamento nazionale con il D.Lgs n. 206/2007).
Quanto ai precedenti giudiziari valorizzati dalla difesa di parte ricorrente, si rileva che l’ordinanza del Tribunale di Vigevano, emessa in data 8 marzo 2008, con la quale è stato disposto il dissequestro dei titoli in possesso degli interessati, conferma la legittimità del provvedimento impugnato; assumendosi peraltro in motivazione che le imputazioni formulate nei confronti degli odierni ricorrenti riguardavano il tentativo di indurre in errore i funzionari degli uffici diplomatici dell’ambasciata d’Italia in Varsavia per ottenere la dichiarazione di valore al fine del successivo riconoscimento in Italia delle lauree ottenute in Polonia.
Peraltro, l’ordinanza si fonda sulla sentenza n. 16/2005 del Tribunale di Vigevano, ove si afferma che agli odierni ricorrenti era stato contestato di aver falsamente attestato la sussistenza delle condizioni necessarie per il suddetto riconoscimento ed in particolare: “che rappresentavano fatti diversi dalla realtà, atteso che gli esami non erano stati sostenuti in Polonia, che gli stessi non erano stati neppure sostenuti con le cadenze previste dal corso di laurea, che in alcuni casi l’iscrizione al centro è avvenuta in epoca successiva alle date degli esami sostenuti e senza aver conseguito il diploma di maturità o prima del suo riconoscimento”.
L’ordinanza de qua, stante sempre il richiamo alla sentenza 16/2005 del Tribunale di Vigevano, afferma altresì che: “i titoli delle università estere erano di per sé privi di valore per gli scopi che si prefiggevano, ma si sarebbero potuti utilizzare per ottenere una dichiarazione di equipollenza nell’ordinamento italiano” e che “solo una procedura amministrativa avrebbe potuto portare ad un riconoscimento del titolo accademico in Italia laddove un’università italiana avesse valutato nel merito l’equipollenza e l’adeguatezza degli studi effettuati all’estero”.
Ancora si legge nell’ordinanza che: “(…) atteso che i diplomi risultano strumentali alle contestate tentate induzioni al falso, ma il loro uso, per come sopra specificato, non costituisce reato anche perché possibile solo subordinatamente al positivo espletamento di una procedura amministrativa di equipollenza evidentemente destinata ad un esito negativo in considerazione dell’accertata impossibilità per qualsiasi università italiana di considerare il modesto approssimativo ciclo di studi”.
In altri termini, l’ordinanza avrebbe disposto il dissequestro a seguito dell’assoluzione degli imputati per insussistenza del fatto – relativamente al capo di imputazione formulato, cioè il tentativo di indurre in errore i funzionari – stante proprio il fatto che il modesto ed approssimativo percorso di studi seguito dagli stessi non avrebbe potuto mai portare ad un riconoscimento dei titoli in questione.
L’ordinanza si basa, quindi su considerazioni ben diverse da quanto dedotto dai ricorrenti e conferma l’inidoneità del titolo conseguito in Polonia.
Infatti, il Tribunale esclude che –atteso “il modesto ed approssimativo percorso formativo” seguito dagli interessati – i suddetti avrebbero potuto ottenere un riconoscimento dei loro titoli a seguito di una procedura amministrativa effettuata da una competente autorità italiana.
In particolare, il Tribunale – nel richiamarsi al “modesto ed approssimativo percorso formativo” – si riferisce evidentemente alla necessità che il riconoscimento provenga da Università italiane, competenti in materia di riconoscimento accademico dei titoli di studio.
Ne consegue confermata e non contraddetta la riconosciuta non equipollenza del titolo ai fini dell’esercizio della professione in Italia
Analoga considerazione deve essere svolta con riferimento al Ministero del Lavoro, i cui riconoscimenti – contrariamente a quelli delle Università, che hanno competenza esclusivamente in merito al titolo accademico – sono idonei a legittimare l’immediato esercizio della professione.
Pertanto, si deve concludere che il Tribunale ha ordinato il dissequestro dei titoli escludendo che i suddetti possano essere oggetto di riconoscimento da parte delle autorità competenti italiane, ivi compreso, di conseguenza, il Ministero odierno resistente.
Per altro risulta dagli atti che le stesse autorità polacche hanno negato che i titoli in possesso dei ricorrenti possano avere alcun valore legale sul territorio della Polonia, sia come titoli accademici, sia come titoli abilitanti all’esercizio della professione di odontoiatra.
E’ dunque agevole rilevare il paradosso che si verificherebbe laddove un titolo inidoneo in Polonia, lo divenga nel territorio italiano.
Si noti inoltre che gli istanti, proprio per quanto affermato nei citati provvedimenti giudiziari, erano evidentemente consapevoli della non riconoscibilità del titolo in loro possesso; e ciò nonostante hanno ugualmente presentato istanza di riconoscimento al Ministero del Lavoro.
3. Quanto al secondo motivo di gravame, deve disattendersi l’assunto secondo cui gli esponenti avrebbero seguito un regolare corso di studi e che “il contenuto dell’accordo stipulato dall’Accademia di Torriberetto – Pavia con l’Università di Cracovia risulta recitare l’esatto contrario da quanto sostenuto dalla Pubblica Amministrazione nella sua raccomandata del 16 marzo 2009”.
I ricorrenti assumono che “l’Accademia che gli stessi hanno frequentato serviva solo a preparare i candidati a sostenere l’esame di laurea all’Università di Cracovia (…)” e che “l’Accademia pertanto non ha svolto un ruolo finalizzato al conseguimento di un titolo equipollente a quello polacco (…) ma direttamente al conseguimento di quello polacco”.
Tali assunti sono infondati e non provati, anzi contraddetti proprio dalla citata pronuncia del Tribunale di Vigevano, nonché da quanto formalmente espresso proprio dalle stesse autorità polacche.
Deve ricordarsi, in linea con quanto esposto dalla difesa erariale, che in data 3 novembre 2008, gli odierni ricorrenti, a mezzo del loro legale rappresentante, hanno depositato, presso il Ministero del Lavoro, istanza di riconoscimento del titolo di “Lekarza Stomatologii” rilasciato dall’Università Jagiellonski, Facoltà di Medicina, Scuola Medica per Stranieri, di Cracovia, corredata dai seguenti documenti:
Copia del titolo di “Lekarza Stomatologii”, di cui si chiede il riconoscimento;
Certificato denominato “Protocollo d’esami”, contenente informazioni relative agli esami sostenuti ed elenco degli esami sostenuti (detto elenco è stato presentato solo dai sig.ri De [#OMISSIS#], Lissandrini, Ottani, Patuzzi, Piantadosi, Spagnolo, [#OMISSIS#]);
Copia di una “dichiarazione di valore” (presentata solo dai sig.ri De [#OMISSIS#], Giannini, Lissandrini, Patuzzi, Piantadosi, [#OMISSIS#]), che tuttavia non è stata rilasciata dalla rappresentanza diplomatica italiana a Varsavia ed inoltre risulta irrilevante (posto che il documento si limita semplicemente ad enunciare che “il Collegio Medico dell’Università Jagiellonski di Cracovia è una istituzione statale di Studi Superiori. In virtù della legge dell’istruzione superiore del 12 settembre 1990 i titoli conferiti e relativi documenti rilasciati dalla facoltà di Medicina – Divisione di Stomatologia – del Collegio Medico dell’Università Jagiellonski hanno valore legale nella Repubblica della Polonia”; nulla attestando in ordine alla preteso valore giuridico del titolo come vantato dagli istanti).
Inoltre come emerge dagli atti e come puntualmente ricordato dalla difesa erariale, la problematica relativa ai titoli di “Lekarza Stomatologii” rilasciati a cittadini italiani dall’Università di Jagiellomski era già nota ed all’attenzione dell’amministrazione odierna resistente, prima della data di presentazione dell’istanza da parte degli odierni ricorrenti.
Infatti in data 16 febbraio 2006, il Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali – a seguito di istanze di riconoscimento avanzate da alcuni cittadini italiani, in possesso del titolo “Lekarza Stomatologii” (titolo identico a quello in possesso degli odierni ricorrenti) rilasciato dalla Università Jagiellonski Facoltà di Medicina, Scuola Medica per Stranieri di Cracovia, chiedeva informazioni in merito e detti titoli sia all’Università Jagiellonski, sia all’autorità competente polacca.
In particolare, poiché la denominazione di tali titoli non corrispondeva a quella di “Lekarsko – Dentystyczny Egzamin Panstwowy” indicata dalla Polonia nell’allegato A della direttiva 78/686/CE allora vigente (e ora nell’allegato V, punto 5.3.2 della direttiva 2005/36/CE attualmente in vigore), in detta nota era stato chiesto alle autorità polacche di conoscere se il titolo “Lekarza Stomatologii”, rilasciato dalla predetta Università, consentisse sul territorio della Polonia l’esercizio della professione di odontoiatra e se la formazione sottesa al suo conseguimento fosse considerata assimilabile ai titoli le cui denominazioni erano state indicate dalla Polonia stessa nell’allegato A della predetta direttiva relativamente al titolo odontoiatra.
Orbene, con nota del 13 marzo 2006, l’autorità competente polacca, affermava che: “i certificati rilasciati dalla Scuola Medica per Stranieri della Facoltà di Medicina Collegium Medicum dell’Università Jagiellonski – di Cracovia ai laureati di questa scuola non sono equivalenti al diploma di medico stomatologo (attualmente medico dentista) rilasciati dopo 5 anni di studi dentistici e non costituiscono la base per richiedere il diritto di svolgimento della professione di medico dentista sul territorio polacco”.
La nota dell’autorità polacca concludeva precisando che informazioni più dettagliate riguardanti la scuola, gli studi e la qualità degli studenti avrebbero dovuto essere fornite dal Collegium Medicum dell’Università Jagiellonski di Cracovia.
Successivamente, con lettera del 14 marzo 2006, tale Collegium, segnalava all’amministrazione odierna resistente che i titoli de quo erano stati rilasciati in base ad un accordo bilaterale firmato nel 1994 fra la Scuola Medica per Stranieri della Facoltà di Medicina Collegium dell’Università Jagiellonski di Cracovia e l’Accademia Europea degli Studi a distanza con sede a Torriberetto – Pavia.
Peraltro, secondo quanto dichiarato dalla Università Polacca, i cittadini italiani per i quali allora l’amministrazione aveva chiesto informazioni erano studenti e laureati dell’Università Jagiellonski, ma studiavano nella sopra citata Accademia Italiana e il certificato ad essi rilasciato : “non costituisce la laurea di compimento dell’Università in Polonia”.
Nella stessa nota, l’Università Jagiellonski informava inoltre che 72 cittadini italiani si trovavano nella medesima condizione di quelli per cui il Ministero del Lavoro aveva chiesto notizie.
Successivamente, a seguito di richiesta da parte del Ministero del Lavoro, la citata Università, con ulteriore nota, forniva l’elenco nominativo dei 72 cittadini italiani.
Da tale nota, emerge con tutta evidenza che nell’elenco sono indicati tutti i nominativi degli odierni ricorrenti.
In data 23 maggio 2006, il Ministero del Lavoro chiedeva altresì informazioni al Ministero dell’Istruzione e della ricerca scientifica italiano, in merito all’Accademia Europea degli studi a distanza con sede a Torriberetto – Pavia.
In riscontro a tale nota, tale Ministero, con lettera del 20 giugno 2006, oltre a segnalare che “nell’ordinamento italiano solo le istituzioni di cui all’art. 1 punto 1 e 2 del E.D. 1952/1933 possono rilasciare titoli accademici giuridicamente validi”, sottolineava che “le istituzioni private, secondo le norme vigenti, hanno libertà di insegnamento, ma i titoli in esse conseguiti non trovano riconoscimento nell’ordinamento universitario nazionale, salvo che le stesse non siano state autorizzate al riguardo ai sensi del DPR 27 gennaio 1998”.
Infine, comunicava che “i titoli conseguiti presso l’Accademia di cui trattasi non hanno alcun valore sul territorio nazionale”.
Da quanto sopra esposto, emerge che i titoli rilasciati dalla Scuola Medica per Stranieri della Facoltà di Medicina Collegium Medicum dell’Università Jagiellonski, in base ad un accordo bilaterale firmato nel 1994 tra della Scuola e l’Accademia Europea degli Studi a distanza con sede a Torriberetto, non costituiscono la base per richiedere il diritto di svolgimento della professione di medico dentista sul territorio polacco.
In sostanza, alla luce di quanto affermato dal Ministero dell’Istruzione e della Ricerca Scientifica Italiana emerge che i titoli conseguiti tramite e/o presso l’Accademia Europea degli Studi a distanza con sede a Torriberetto non hanno alcun valore legale sul territorio italiano.
Del resto, va pure osservato, a conferma della correttezza della condotta tenuta dall’amministrazione, che, in base a quanto disposto dall’art. 50, II comma, direttiva 2005/36/CE (all’epoca della richiesta, si trattava dell’art. 21, direttiva 78/686/CEE, ora abrogata e sostituita – relativamente al riconoscimento dei titoli – dalla menzionata direttiva del 2005), “in caso di dubbio fondato, lo Stato membro ospitante può richiedere alle autorità competenti di uno Stato membro una conferma dell’autenticità degli attestati e dei titoli di formazione rilasciati in questo altro Stato membro, nonché eventualmente, la conferma del fatto che il beneficiario soddisfa, per le professioni di cui al capo III del presente titolo, le condizioni minime di formazione”.
In attuazione di detta norma, l’amministrazione odierna resistente si è pertanto rivolta alle competenti autorità polacche (ossia, all’Università che ha rilasciato i titoli in questione, nonché all’autorità competente così come definita all’art. 3, lett. d della direttiva 2005/36/CE, i cui compiti sono altresì definiti dall’art. 56 della menzionata direttiva), le quali, come già più volte evidenziato hanno chiaramente e incontrovertibilmente escluso ogni valore legale al titolo di “Lekarza Stomatologi” rilasciato dall’Università Jagiellonski, ai fini dello svolgimento della professione di odontoiatra in Polonia.
Inoltre gli odierni ricorrenti, oltre che limitarsi alle generiche ed infondate affermazioni sopra riportate, non hanno mai fornito alcuna concreta prova in contrario, né hanno allegato, all’istanza di riconoscimento presentata in data 3 novembre 2008, il previsto certificato – rilasciato dall’autorità competente polacca – attestante la conformità del titolo in loro possesso ai requisiti di cui all’art. 21 direttiva 2005/36/CEE (relativo all’automatismo di riconoscimento), o il previsto certificato di cui all’art. 23, comma 6, della sopra citata direttiva.
In particolare, tale disposizione prevede che “ogni Stato membro riconosce come prova sufficiente per i cittadini dello Stato membro i cui titoli di formazione (…) di dentista (…) non corrispondono alle denominazioni che compaiono per lo Stato membro all’allegato V (…), i titoli di formazione rilasciati da tali Stati membri, se accompagnati da un certificato rilasciato da autorità o organi competenti”.
Il certificato attesta che i suddetti titoli di formazione sanciscono il compimento di una formazione conforme alle condizioni minime fissate dalla direttiva (per i dentisti, nell’art. 34) e sono assimilati dallo Stato membro che li ha rilasciati a quelli le cui denominazioni appaiono nell’allegato V (per i dentisti, all. V, punto 5.3.2).
Nessuno dei due menzionati certificati è stato invece mai presentato dai ricorrenti.
Infine rileva quanto statuito dalla direttiva 2005/36/CE, relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali, recepita nell’ordinamento italiano con il D.Lgs n. 206 del 09.11.2007, la quale all’art. 1 così recita: “la presente direttiva fissa le regole con cui uno Stato membro (in seguito denominato Stato membro ospitante) che sul proprio territorio subordina l’accesso ad una professione regolamentata o il suo esercizio al possesso di determinate qualifiche professionali (ossia, di titoli professionali), riconosce, per l’accesso alla professione e il suo esercizio, le qualifiche professionali acquisite in uno o più Stati membri (in seguito denominati Stati membri di origine) e che permettono al titolare di tali qualifiche di esercitarvi la stessa professione”.
Pertanto, tale articolo, definisce e delimita l’ambito di applicazione della direttiva, stabilendo che uno Stato membro (in tal caso, l’Italia) riconosce, per l’esercizio della relativa professione sul proprio territorio, titoli conseguiti in paesi comunitari, esclusivamente laddove detti titoli consentano, nel paese di conseguimento, l’esercizio della specifica analoga professione.
Ne deriva, con riferimento al caso di specie, che:
gli odierni ricorrenti sono in possesso del titolo di “Lekarza Stomatologi”, titolo però non indicato per la Polonia nell’allegato V punto 5.3.2;
le autorità polacche, ossia l’autorità competente di cui agli artt. 3 lett. d) e 56 della citata direttiva, nonché l’Università Jagiellonski che ha rilasciato il titolo, hanno dichiarato in maniera inequivocabile che il titolo di “Lekarza Stomatologi” non permette ai suoi possessori di esercitare la professione di odontoiatra sul territorio della Polonia e che detto titolo non corrisponde alla laurea in odontoiatria che si consegue in tale Paese.
Pertanto i suddetti titoli di “Lekarza Stomatologi” non soddisfano i requisiti essenziali di cui al citato art. 1 della direttiva 2005/36/CE e, come tali, non possono essere riconosciuti considerato che ad essi non si applicano le procedure di riconoscimento di cui alla direttiva medesima.
Infatti, tali titoli, per quanto espressamente dichiarato dalle autorità polacche, non consentono in quel Paese l’esercizio della professione di odontoiatra, essendo privi sia di valore accademico, sia di valore abilitante.
Mentre, per quanto concerne i titoli conseguito tramite e/o presso l’Accademia europea degli studi a distanza con sede a Torriberetto va confermato che i titoli stessi non hanno alcun valore legale sul territorio italiano.
Da tutto quanto sopra esposto discende, pertanto, che i ricorrenti non hanno alcun diritto al riconoscimento del titolo in loro possesso.
I provvedimenti impugnati risultano dunque immuni da ogni censura lamentata, avendo l’amministrazione svolto una completa istruttoria la quale non poteva che condurre al necessitato atto finale di disconoscimento della anelata equipollenza.
Il ricorso deve dunque essere rigettato perché infondato.
Sussistono tuttavia i presupposti per compensare le spese di lite tra le parti in causa.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza Stralcio), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo rigetta.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 20 luglio 2018 con l’intervento dei magistrati:
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Presidente
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Primo Referendario
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#] Tropiano, Primo Referendario, Estensore
Pubblicato il 04/10/2018