TAR Lazio, Roma, Sez. III bis, 3 gennaio 2020, n. 41

Abilitazione scientifica nazionale-Commissioni giudicatrici-Composizione

Data Documento: 2020-01-03
Area: Giurisprudenza
Massima

L’art. 16, comma 3, lett. h), della legge 30 dicembre 2010, n. 240, prevede testualmente “l’inclusione nelle liste dei soli professori positivamente valutati ai sensi dell’articolo 6, comma 7, ed in possesso di un curriculum, reso pubblico per via telematica, coerente con i criteri e i parametri di cui alla lettera a) del presente comma, riferiti alla fascia e al settore di appartenenza”; poiché la suddetta norma primaria richiama espressamente e integralmente la “valutazione positiva ai sensi dell’art. 6, comma 7”, essa non può che comprendere anche la “la verifica dell’effettivo svolgimento della attività didattica e di servizio agli studenti dei professori e dei ricercatori” e non può concentrarsi sulla sola verifica dell’attività di ricerca che costituisce soltanto una componente della valutazione complessiva riservata ai professori universitari, anche ai fini della partecipazione alle commissioni scientifiche nazionali per cui è causa.

Contenuto sentenza

N. 00041/2020 REG.PROV.COLL.
N. 13111/2018 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Terza Bis)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale n. 13111 del 2018 proposto dalla professoressa [#OMISSIS#] Iacometti rappresentata e difesa, anche disgiuntamente, dagli avv.ti [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] e [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] con domicilio digitale da PEC come da Registri di Giustizia;
contro
il Ministero dell’Istruzione Università e Ricerca, in persona del Ministro pro-tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato presso la cui sede in Roma, Via dei Portoghesi n.12, è domiciliatario;
nei confronti
[#OMISSIS#] Di [#OMISSIS#] non costituita in giudizio; 
per l’annullamento:
– del giudizio collegiale, reso pubblico in data 27 settembre 2018, con cui la competente Commissione ha ritenuto di non abilitare la professoressa Jacometti come Professore di I fascia per il settore concorsuale 12/E2 “Diritto comparato”;
– di tutti gli atti presupposti, connessi e/o conseguenziali, così come indicati nell’epigrafe del proposto gravame
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero dell’Istruzione dell’Universita’ e della Ricerca;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 3 dicembre 2019 il dott. [#OMISSIS#] Sapone e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Con il proposto gravame è stato impugnato il giudizio con cui la competente Commissione ha ritenuto di non abilitare la professoressa Jacometti come Professore di I fascia per il settore concorsuale 12/E2 “Diritto comparato”.
Il ricorso è affidato ai seguenti motivi di doglianza:
1) Violazione e falsa applicazione di legge, con particolare riferimento all’art.16 della L. n.240/2010, all’art.3 della L. n.241/1990, agli artt. 4 e 8 del DPR n.222/2011, agli artt. 3 ss del D.M. n.120/2016 e all’art.5 del D.D. 1532/2016. Falsa ed erronea interpretazione ed applicazione dei criteri di valutazione. Violazione di precedenti provvedimenti e dell’autovincolo assunto dalla Commissione in sede di predeterminazione dei criteri con il verbale n.1 del 14.11.2016. Eccesso di potere per sviamento, travisamento dei fatti e delle risultanze documentali. Difetto e lacunosità della motivazione. Manifesta irragionevolezza e contraddittorietà dei giudizi;
2) Illegittimità del giudizio per illegittimità derivata dal DPR n.95/2016 e dal DM n.12072016 e dal DD n.1531/2016 per violazione e falsa applicazione della L. n.240/2010. Illegittimità del giudizio per illegittimità derivata dal DM n.602/2016 per violazione del DPR n.95/2016 e del DM 12072016. Macroscopici vizi di eccesso di potere in tutte le figure sintomatiche. Illegittimità del giudizio derivata dall’illegittimità dei decreti di nomina dei commissari, dei provvedimenti di formazione delle liste dei Commissari sorteggiabili e delle procedure di sorteggio.
Si è costituito l’intimato Ministero contestando la fondatezza delle prospettazioni ricorsuali e concludendo per il rigetto delle stesse.
Alla pubblica udienza del 3 dicembre 2019 il gravame è stato assunto in decisione.
E’ fondato il secondo motivo di doglianza con cui è stata prospettata l’illegittimità derivata del contestato giudizio di inidoneità per l’illegittimità del Decreto di nomina della Commissione esaminatrice per violazione dell’art.3, lett.h, della L. n.240/2010, il quale dispone l’inclusione nelle liste degli aspiranti commissari dei soli professori universitari valutati positivamente, ai sensi dell’art.6, comma 7, della citata legge n.240/2010, da parte dell’Università di appartenenza, nonché per illegittimità dei regolamenti attuativi (d.P.R. n. 95 del 2016 e D.M. n. 120 del 2016) che, a ciò non autorizzati dalla legge, hanno affidato all’ANVUR il sistema di accertamento della qualificazione scientifica degli aspiranti commissari, ignorando la previsione normativa primaria sopra menzionata (art. 6, comma 7, Legge 240 cit.) che, invece, conferiva tale competenza esclusivamente alle singole Università.
Al riguardo il Collegio intende uniformarsi alla recente sentenza di questo Tribunale n.1357/2018, confermata dalla sentenza del Consiglio di Stato, n.6675/2018, la quale ha affermato che:
“Si deve in effetti partire dalla previsione di cui all’art. 16, comma 3, lett. h) Legge 240 del 2010, secondo cui “i regolamenti di cui al comma 2 prevedono…” (il che significa “devono prevedere”) “….l’inclusione nelle liste dei soli professori positivamente valutati ai sensi dell’articolo 6, comma 7, ed in possesso di un curriculum, reso pubblico per via telematica, coerente con i criteri e i parametri di cui alla lettera a) del presente comma, riferiti alla fascia e al settore di appartenenza; ……..”.
L’art. 6, comma 7, della legge n. 240 cit. prevede testualmente che: “7. Le modalità per l’autocertificazione e la verifica dell’effettivo svolgimento della attività didattica e di servizio agli studenti dei professori e dei ricercatori sono definite con regolamento di ateneo, che prevede altresì la differenziazione dei compiti didattici in relazione alle diverse aree scientifico-disciplinari e alla tipologia di insegnamento, nonché in relazione all’assunzione da parte del docente di specifici incarichi di responsabilità gestionale o di ricerca. Fatta salva la competenza esclusiva delle università a valutare positivamente o negativamente le attività dei singoli docenti e ricercatori, l’ANVUR stabilisce criteri oggettivi di verifica dei risultati dell’attività di ricerca ai fini del comma 8.”
Il successivo comma 8 delle legge [#OMISSIS#] prevede poi che “ In caso di valutazione negativa ai sensi del comma 7, i professori e i ricercatori sono esclusi dalle commissioni di abilitazione, selezione e progressione di carriera del personale accademico, nonché dagli organi di valutazione dei progetti di ricerca.”.
Tuttavia il regolamento di cui al d.P.R. 4 aprile 2016, n. 95 – dopo avere ribadito che, in via ordinaria, gli aspiranti commissari debbono attestare nella loro domanda di inserimento nell’apposita lista il possesso della positiva valutazione di cui all’art. 6, comma 7, della legge – prevede all’art. 9, comma 2, una deroga transitoria al necessario possesso del suddetto requisito, stabilendo che la dimostrazione della positiva valutazione rilasciata all’aspirante commissario da parte dell’Ateneo di apparenza, non è richiesta per la candidatura a componente delle commissioni ASN per il primo biennio delle procedure avviate ai sensi dello stesso d.P.R..
La disposizione derogatoria suddetta è espressamente richiamata dall’art. 8, comma 2, lett. c) del D.M. n. 120 del 2016 che si occupa della definizione dei requisiti prescritti per entrare a far parte di una Commissione ASN.
Il predetto art. 9, comma 2, del Regolamento riproduce in sostanza la medesima deroga inizialmente introdotta dall’art. 8, comma 8, D.M. n. 76/2012, il quale, in contrasto con la disciplina dettata dalle fonti sovraordinate (sia l’art. 16, comma 3, lett. h) della legge n. 240/2010, sia l’art. 6, comma 3, del d.P.R. n 222/2011), aveva stabilito che, in sede di prima applicazione (tornata 2012 delle abilitazioni scientifiche nazionali), si poteva prescindere dalla positiva valutazione di cui all’art. 6, comma 7, della legge n. 240/2010.
Detta disposizione è stata a suo tempo censurata ed annullata dal Consiglio di Stato (sez. VI, sentenza 1.9.2016, n. 3788) con argomenti che sono certamente pertinenti anche all’art. 9, comma 2, del nuovo regolamento ASN di cui al d.P.R. n. 95/2016 il quale riproduce la medesima deroga (non autorizzata) alla normativa primaria, argomenti che, se possibile, appaiono ancor più forti oggi in ragione del fatto che, nonostante l’avvio delle procedure ASN risalga all’ormai lontano 2012, gli Atenei non hanno ancora provveduto a fissare i criteri di valutazione delle attività didattiche e di assistenza a cui sono tenuti i docenti universitari rendendo di fatto impossibile la valutazione imposta ai sensi dell’art. 6, comma 7, legge n. 240/2010.
In conformità a quanto ritenuto dal Consiglio di Stato nel menzionato precedente, il regolamento adottato non era abilitato a derogare alla disposizione primaria che tale valutazione imponeva (ed impone), atteso che:
– la norma regolamentare in esame è illegittima, perché il regolamento ministeriale, in assenza di una “autorizzazione legislativa” non poteva esonerare o prescindere, nemmeno in via transitoria, dalla “positiva valutazione”;
– la norma di cui all’art. 9, comma 2, d.P.R. n. 95 del 2016 (al pari del previgente e contenutisticamente coincidente art. 8, comma 8, D.M. n. 76 del 2012) contiene “un precetto non autorizzato dalle fonti sovraordinate. Queste, infatti, non ammettono che si possa, neanche per un periodo limitato, prescindere dal requisito in esame (Cons. Stato, sez. VI, 1° settembre 2016, n. 3788). Del resto, la legge n. 240 del 2010 nell’ indicare le modalità applicative dei suoi precetti non attribuisce al decreto ministeriale compiti attuativi afferenti ai criteri relativi alla commissione” (Cons. Stato, sez. VI, 10 febbraio 2017, n. 581);
– l’illegittimità della norma del regolamento ministeriale incide, nel caso concreto, sulla stessa legittimità della composizione della Commissione giudicatrice, in quanto, sebbene il MIUR abbia allegato di avere acquisito le valutazioni positive dei diversi Atenei di appartenenza dei commissari, basate sui criteri stabiliti dalla delibera ANVUR n. 132 del 2016, ha anche ammesso che detta delibera e le valutazioni che la applicano attengono esclusivamente alla verifica dei risultati dell’attività di ricerca conseguiti da ciascun docente, ma non toccano in alcun modo le attività didattiche e di servizio che gli stessi docenti universitari sono tenuti a garantire alla luce di quanto prevedono il comma 2, dell’art. 6 della legge. cit. (secondo cui “2. I professori svolgono attività di ricerca e di aggiornamento scientifico e, sulla base di criteri e modalità stabiliti con regolamento di ateneo, sono tenuti a riservare annualmente a compiti didattici e di servizio agli studenti, inclusi l’orientamento e il tutorato, nonché ad attività di verifica dell’apprendimento, non meno di 350 ore in regime di tempo pieno e non meno di 250 ore in regime di tempo definito”) ed il comma 7 del medesimo articolo (che, come sopra osservato, impone agli atenei di disciplinare con propri regolamenti “le modalità per l’autocertificazione e la verifica dell’effettivo svolgimento della attività didattica e di servizio agli studenti dei professori e dei ricercatori….” e prevede la competenza esclusiva delle università a valutare positivamente o negativamente le attività dei singoli docenti e ricercatori);
– l’art. 16, comma 3, lett. h), della legge L. 30/12/2010, n. 240 prevede testualmente “l’inclusione nelle liste dei soli professori positivamente valutati ai sensi dell’articolo 6, comma 7, ed in possesso di un curriculum, reso pubblico per via telematica, coerente con i criteri e i parametri di cui alla lettera a) del presente comma, riferiti alla fascia e al settore di appartenenza”; poiché la suddetta norma primaria richiama espressamente e integralmente la “valutazione positiva ai sensi dell’art. 6, comma 7”, essa non può che comprendere anche la “la verifica dell’effettivo svolgimento della attività didattica e di servizio agli studenti dei professori e dei ricercatori” e non può concentrarsi sulla sola verifica dell’attività di ricerca che costituisce soltanto una componente della valutazione complessiva riservata ai professori universitari, anche ai fini della partecipazione alle commissioni scientifiche nazionali per cui è causa;
– come dedotto da parte ricorrente l’assenza dei regolamenti universitari in materia, chiamati a fissare i criteri di valutazione, e l’omesso riferimento a criteri e ai regolamenti stessi nelle motivazioni delle attestazioni di positiva valutazione dei docenti da parte delle Università viziano le attestazioni stesse.”
Sulla base di tali premesse, pertanto, ne discende la fondatezza del quarto motivo di gravame, il quale, investendo radicalmente la legittimità della composizione della Commissione, determina l’annullamento di tutti i successivi atti concorsuali, nei limiti dell’interesse fatto valere dal ricorrente alla rivalutazione della sua posizione da parte di una commissione in diversa composizione.
L’accoglimento del motivo, stante la sua evidente pregiudizialità logico-giuridica, determina, inoltre, anche alla luce dei principi enunciati dall’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato con la sentenza 27 aprile 2015, n. 5, l’assorbimento delle ulteriori censure proposte.
Visto l’art. 34, comma 1, lett. c), il Collegio dispone che l’Amministrazione dovrà procedere ad un nuovo esame della candidata, avvalendosi di una Commissione in differente composizione, entro il termine di 60 (sessanta) giorni dalla notifica o comunicazione della presente sentenza.
La parziale novità della questione giustifica la compensazione delle spese del doppio grado di giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio, Sezione III bis, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie nei sensi e con le modalità di cui in motivazione e, per l’effetto:
– annulla il provvedimento che ha giudicato inidonea la ricorrente;
– ordina all’Amministrazione di rivalutare l’interessata entro sessanta (60) giorni dalla notificazione o comunicazione in via amministrativa della presente sentenza, secondo le modalità indicate in parte motiva;
– dichiara compensate integralmente le spese di giudizio tra le parti in causa
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 3 dicembre 2019 con l’intervento dei magistrati:
[#OMISSIS#] Sapone, Presidente, Estensore
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Consigliere
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Primo Referendario
 Pubblicato il 03/01/2020