Se è vero da un lato che la assenza di autorizzazione ex art. 4 della legge 14 gennaio 1999, n. 4, non consente il riconoscimento automatico dell’intero corso di studi (e dunque la parte specificamente dedicata al tirocinio), è anche vero dall’altro lato che ciò può dare luogo alla adozione di misure compensative (ripetizione tirocinio oppure esame idoneativo) ma non anche al mancato integrale riconoscimento del titolo di studio, comprensivo altresì della parte teorica comunque svolta nei termini anzidetti.
TAR Lazio, Roma, Sez. III quater, 31 maggio 2019, n. 6979
Studenti-Accesso università-Equipollenza diplomi e attestati al diploma universitario di fisioterapia-Università straniera-Filiazione
N. 06979/2019 REG.PROV.COLL.
N. 01233/2019 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Terza Quater)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
ex art. 60 cod. proc. amm.;
sul ricorso numero di registro generale 1233 del 2019, proposto da
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], rappresentato e difeso dagli avvocati [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], [#OMISSIS#] [#OMISSIS#], [#OMISSIS#] Valenti, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avv.to [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] in Roma, largo Messico 7;
contro
Ministero della Salute, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
per l’annullamento
a) della comunicazione prot. DGPROF/2/I.5.h.a.7.1/2018/398 del 18/12/2018 del Ministero della Salute Direzione Generale delle Professioni Sanitarie e delle Risorse Umane del SSN, con cui è stata definitivamente negato il riconoscimento del titolo di fisioterapista rilasciato dalla Università di Ostrava (Repubblica Ceca) e di tutti gli atti, pareri, verbali e comunicazioni ivi richiamate;
b) della precedente nota del medesimo Ministero, prot. DGPROF/2/I.5.h.a.7.1/2018/398 del 17/10/2018 con cui sono stati comunicati i motivi ostativi all’accoglimento della richiesta di riconoscimento, con tutti gli atti e comunicazioni ivi richiamati e allegati, a cominciare dal verbale della Conferenza dei Servizi del 26/9/2018 e atti richiamati dalla medesima Conferenza;
c) di ogni atto comunque connesso, presupposto o consequenziale;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero della Salute;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] di consiglio del giorno 14 [#OMISSIS#] 2019 il dott. [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Sentite le stesse parti ai sensi dell’art. 60 cod. proc. amm.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Il ricorrente ha presentato al Ministero della Salute un’istanza per il riconoscimento del titolo di fisioterapista rilasciato dalla Università di Ostrava (Repubblica Ceca).
In seguito alla riunione della competente Conferenza di Servizi (ex art. 16 del decreto legislativo n. 206 del 2007) nonché in forza di specifico parere del CIMEA (organo di consultazione e di informazione sulle procedure di riconoscimento titoli), il Ministero riteneva di non accogliere la suddetta istanza sulla base delle considerazioni di seguito sintetizzate:
a) la parte teorica del corso si era tenuta in Svizzera presso il centro studi AIEU di Chiasso, il quale aveva a tal fine stipulato apposita convenzione con l’Università di Ostrava. Una simile “triangolazione formativa” aveva “suscitato alcune perplessità” in capo ai competenti uffici ministeriali: di qui una prima consultazione con le autorità svizzere (le quali rilevavano che il centro studi AIEU era liberamente stabilito nel loro territorio) e poi una specifica richiesta di parere al CIMEA il quale evidenziava un [#OMISSIS#] “difetto di valutazione della qualità” in merito al predetto corso;
b) la parte pratica (tirocinio) si era svolta presso strutture italiane in assenza, tuttavia, della prescritta procedura di autorizzazione di cui all’art. 4 della legge n. 4 del 1999 (c.d. filiazione).
La determinazione ministeriale di diniego di riconoscimento del titolo è stata impugnata dall’odierno ricorrente con una serie articolata di motivi, che, in relazione alle principali doglianze, possono essere riassunti nel seguente modo:
I. Violazione dell’art. 16 del decreto legislativo n. 206 del 2007, per illegittima composizione della Conferenza di servizi ivi prevista [#OMISSIS#] parte in cui mancava sia il Dipartimento per le politiche europee della Presidenza del Consiglio dei ministri, sia il Ministero con compiti di vigilanza sulle professioni sanitarie;
II. Difetto di motivazione [#OMISSIS#] parte in cui l’intimata amministrazione statale non avrebbe adeguatamente rappresentato le ragioni per cui il corso, tenuto dalla Università di Ostrava presso il centro studi svizzero AIEU, sarebbe radicalmente privo dei prescritti requisiti di qualità;
III. Difetto di istruttoria e violazione dell’art. 50 della direttiva 2005/36/UE [#OMISSIS#] parte in cui, pur a fronte di manifestati dubbi sulla qualità dei corsi predetti, il Ministero non avrebbe ritualmente interpellato gli organismi specificamente preposti al fine di superare simili perplessità, ossia le competenti autorità ceche.
Si costituiva in giudizio l’intimata amministrazione statale mediante articolate controdeduzioni basate, essenzialmente, sull’utilizzo improprio di una triangolazione formativa che avrebbe avuto come unico obiettivo quello di aggirare la normativa interna sul “numero chiuso” onde accedere ad analoghi corsi universitari italiani.
In esito alla [#OMISSIS#] di consiglio del 26 febbraio 2019 questa sezione disponeva determinati incombenti istruttori nei confronti del Ministero della Salute, cui l’amministrazione intimata ha dato esecuzione, depositando in data 25 marzo 2019 una relazione e alcuni documenti.
Alla successiva [#OMISSIS#] di consiglio del 14 [#OMISSIS#] 2019, avvisate le parti circa la possibilità di adottare sentenza in forma semplificata, la causa veniva infine trattenuta in decisione.
Il primo motivo di ricorso deve essere rigettato sia perché la Conferenza di servizi di cui al richiamato art. 16 del decreto legislativo n. 206 del 2007 riveste un ruolo meramente istruttorio e consultivo (di qui l’insussistenza di un obbligo di contestuale presenza di tutte le amministrazioni ivi previste non trattandosi di organo collegiale perfetto quanto, piuttosto, di semplice modulo procedimentale), sia perché il Ministero della Salute, l’amministrazione ossia istituzionalmente preposta alla vigilanza delle suddette categorie professionali (fisioterapisti), era pacificamente presente nelle relative riunioni della conferenza stessa.
In merito ai restanti motivi di ricorso (da trattare congiuntamente attesa la loro stretta logica interrelazione), il Collegio rileva quanto di seguito specificato:
1. L’Università di Ostrava ha organizzato un corso di laurea in Fisioterapia in lingua italiana da tenersi presso un centro di formazione liberamente stabilito in Svizzera (AIEU). L’odierno ricorrente chiede ora il riconoscimento di tale titolo. Ebbene queste “triangolazioni formative” sono senza fallo ammesse dall’art. 50, par. 3, della direttiva 36/2005/CE e dall’art. 8, comma 5, del connesso decreto legislativo di recepimento n. 206 del 2007, laddove si fa espresso riferimento a titoli di formazione rilasciati da uno Stato membro “a seguito di una formazione ricevuta … nel territorio di un altro Stato membro dell’Unione europea”.
2. L’Accordo UE – Svizzera del 21 giugno 1999, integrato e modificato dalla decisione n. 2 del 30 settembre 2011, prevede tra l’altro l’applicazione della suddetta direttiva 36/2005/UE anche in territorio svizzero (e ciò con riguardo altresì all’art. 50, non espressamente escluso dal suddetto accordo e dalle sue successive modifiche, il quale disciplina al paragrafo 3 proprio le suddette “triangolazioni formative”). Si veda in questa stessa direzione, del resto, quanto affermato dal Consiglio di Stato, Terza Sezione, [#OMISSIS#] decisione n. 1701 del 19 marzo 2018 [punto VIII, lettera ee)].
3. È ben vero che in questi casi si registrerebbero fenomeni di sostanziale elusione del c.d. “numero chiuso”, ma è anche vero che la Corte di Giustizia ha comunque ammesso che i cittadini UE possano avvalersi degli strumenti offerti dal diritto comunitario per superare eventuali gravosi ostacoli frapposti dai rispettivi ordinamenti nazionali (cfr. sentenza 6 ottobre 2015, C-298/14, par. 27, laddove si afferma che “la Corte ha dichiarato che la [#OMISSIS#] circolazione delle persone non sarebbe pienamente realizzata qualora gli Stati membri potessero negare il godimento di dette disposizioni a quei loro cittadini che abbiano fatto uso delle agevolazioni previste dal diritto dell’Unione e che abbiano acquisito, grazie a queste ultime, qualifiche professionali in uno Stato membro diverso da quello di cui essi possiedono la cittadinanza”).
4. In [#OMISSIS#] di “dubbio fondato” circa la bontà di queste triangolazioni il paese ospitante (il Ministero della Salute italiano, nel [#OMISSIS#] [#OMISSIS#]) dovrebbe non direttamente escludere il richiesto riconoscimento quanto, piuttosto, coinvolgere le autorità del paese di origine (la Repubblica Ceca, sempre nel [#OMISSIS#] di specie) onde valutare la sussistenza di eventuali “differenze sostanziali” tra i corsi normalmente organizzati nel paese ospitante e quelli tenuti nel paese di origine (dunque, tra i corsi italiani e quelli tenuti in Svizzera per conto dell’Università di Ostrava, sempre con riguardo al [#OMISSIS#] di cui si controverte). Ciò anche allo scopo di adottare eventuali “misure compensative”. In questa direzione si veda altresì la nota della Commissione UE del 29 settembre 2017 [#OMISSIS#] parte in cui si afferma che, in [#OMISSIS#] di “dubbio fondato”, trova applicazione quanto a tal fine previsto dall’art. 50, paragrafo 3, della direttiva 2005/36/CE, ossia la richiesta di informazioni – circa il programma e le modalità entro cui è stato svolto il corso di formazione – allo Stato membro che ha rilasciato il titolo di studio di cui si chiede il riconoscimento. La suddetta disposizione comunitaria esprime dunque uno specifico sistema di riconoscimento dei titoli professionali fondato essenzialmente sullo scambio di informazioni tra i paesi dell’unione. Essa prevede in particolare che: “3. In [#OMISSIS#] di dubbio fondato, qualora un titolo di formazione di cui all’articolo 3, paragrafo 1, lettera c) sia stato rilasciato da un’autorità competente di uno Stato membro e riguardi una formazione ricevuta in toto o in parte in un centro legalmente stabilito nel territorio di un altro Stato membro, lo Stato membro ospitante può verificare presso l’autorità competente dello Stato membro di origine: a) se il programma di formazione del centro che ha impartito la formazione è stato formalmente certificato dal centro di formazione situato [#OMISSIS#] Stato membro di origine; b) se il titolo di formazione rilasciato è lo stesso che si sarebbe ottenuto avendo seguito integralmente la formazione [#OMISSIS#] Stato membro di origine; e c) se tale titolo conferisce gli stessi diritti professionali nel territorio dello Stato membro di origine”.
5. Ebbene, nel [#OMISSIS#] di specie, questo passaggio (interpello dell’autorità dello Stato membro di origine del titolo) è stato completamente e pacificamente obliterato, e tanto con ogni conseguenza in ordine alla violazione delle richiamate disposizioni interne e comunitarie nonché in merito al sostanziale difetto di istruttoria. Il Ministero non ha proceduto nei termini ivi puntualmente prescritti, rivolgendo ossia alle autorità della Repubblica Ceca una richiesta di chiarimenti in merito alle perplessità nutrite in ragione della “triangolazione formativa” e dello svolgimento dei tirocini presso strutture legalmente stabilite [#OMISSIS#] Confederazione Elvetica. Né tale passaggio poteva ritenersi soddisfatto mediante il coinvolgimento delle autorità svizzere (Segreteria di Stato per la Formazione la quale si è peraltro limitata ad affermare che il centro studi EIEU è comunque ivi legalmente stabilito) oppure di enti (CIMEA, il cui parere è in ogni [#OMISSIS#] da reputare del tutto genericamente formulato, come più avanti si avrà modo di osservare), cui la normativa di riferimento ad ogni buon conto non assegna, neppure ai soli fini consultivi, specifiche competenze in seno al procedimento di riconoscimento di cui in questa sede si discute. In altre parole, lo Stato chiamato a riconoscere un titolo rilasciato da altro Stato membro ha certamente il potere di svolgere accertamenti e verifiche sui contenuti della formazione allo stesso presupposta, al fine di svolgere le valutazioni di propria competenza circa la possibilità di addivenire ad un riconoscimento diretto piuttosto che al previo espletamento di una misura compensativa finalizzata a colmare il divario formativo eventualmente rilevato. Lo strumento attraverso il quale tale approfondimento può avvenire non è, tuttavia, quello [#OMISSIS#] specie utilizzato dal Ministero della Salute, e tanto con conseguente evidenza della lamentata violazione di legge e difetto di istruttoria.
6. Le “differenze sostanziali” di cui all’art. 17, comma 2, del decreto legislativo n. 206 del 2007, sono state peraltro solo genericamente dedotte dal Ministero della Salute: di qui anche il vizio di insufficiente motivazione [#OMISSIS#] parte in cui è stato del tutto ellitticamente invocato il difetto della valutazione di qualità del corso, acriticamente mutuando, per tale via, una affermazione del parere CIMEA che, a sua volta, tuttavia, non si rileva sorretta da più [#OMISSIS#] e circostanziati elementi istruttori.
7. Il prospettato difetto di motivazione sussiste, altresì, [#OMISSIS#] parte e [#OMISSIS#] misura in cui il Ministero non [#OMISSIS#] in contestazione alcuna la dichiarazione comunque data dall’Università di Ostrava in data 15 novembre 2017, dichiarazione questa con cui si afferma che il suddetto programma di studi in Fisioterapia è stato accreditato dal Ministero della Pubblica Istruzione della Repubblica Ceca.
8. Quanto poi alla assenza di “filiazione”, ossia con riguardo alla parte pratica del corso (tirocinio) pacificamente svoltosi in Italia, si richiama la giurisprudenza di questa sezione (cfr. sentenza n. 3982 del 29 marzo 2017, confermata dal Consiglio di Stato con sentenza n. 1701 del 19 marzo 2018 della Terza Sezione). Se è vero infatti che l’assenza di autorizzazione ex art. 4 della legge n. 4 del 1999 non consente il riconoscimento automatico dell’intero corso di studi (e dunque della parte specificamente dedicata al tirocinio), è altresì vero che – come del resto evidenziato in precedenti casi analoghi – ciò può dare luogo alla adozione di misure compensative (ripetizione tirocinio oppure esame idoneativo), ma non anche al mancato integrale riconoscimento del titolo di studio, comprensivo anche della parte teorica rispetto alla quale non sono state sollevate contestazioni puntuali. Sussiste in questa direzione la violazione, altresì, dell’art. 22 del decreto legislativo n. 206 del 2007 nonché del principio di proporzionalità dell’azione amministrativa.
Per le ragioni sopra sinteticamente esposte, il ricorso in esame deve essere accolto, nei sensi e nei limiti di cui sopra, con conseguente annullamento degli atti in epigrafe indicati e con compensazione in ogni [#OMISSIS#] delle spese di lite, stante la sostanziale novità e la sicura peculiarità della questione esaminata.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza Quater), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie nei sensi e nei limiti di cui in motivazione e, per l’effetto, annulla le determinazioni ministeriali indicate in epigrafe.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma [#OMISSIS#] [#OMISSIS#] di consiglio del giorno 14 [#OMISSIS#] 2019 con l’intervento dei magistrati:
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], [#OMISSIS#]
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Consigliere
[#OMISSIS#] [#OMISSIS#], Consigliere, Estensore
Pubblicato il 31/05/2019