Meritevoli di pregio risultano essere le doglianze con cui è stata dedotta l’illegittimità del giudizio negativo ricevuto con riferimento alla qualità delle pubblicazioni presentate, pur in presenza di un parere pro veritate ampiamente positivo. Rilevante in tal senso è, in primo luogo, l’art. 16, comma 3, lett. i) della l. n. 240/2010, nella parte in cui statuisce che “la commissione può acquisire pareri scritti pro veritate sull’attività scientifica dei candidati […]; il parere è obbligatorio nel caso di candidati afferenti ad un settore scientifico-disciplinare non rappresentato nella commissione”. Tale disposizione è stata successivamente recepita in sede di normazione secondaria, tanto che l’art. 8, co. 5, del D.P.R. n. 95/2016 sul punto riporta “La commissione nello svolgimento dei lavori può avvalersi della facoltà di acquisire pareri scritti pro veritate da parte di esperti revisori ai sensi dell’articolo 16, comma 3, lettera i), della legge. […] Il parere è obbligatorio nel caso di candidati afferenti ad un settore scientifico-disciplinare che pur appartenendo al settore concorsuale oggetto della procedura non è rappresentato nella commissione”. Il successivo comma 6, da ultimo, prevede che “L’eventuale dissenso dal parere pro veritate […] è adeguatamente motivato”. La normativa richiamata, pertanto, da un lato, prevede la necessità che la Commissione chieda un parere ad un esperto esterno ogni qualvolta, come nel caso di specie, nella stessa non sia rinvenibile la presenza di almeno un membro del settore scientifico disciplinare dello specifico candidato e, dall’altro, che l’eventuale intenzione di discostarsi dall’atto consultivo sia sorretta da una motivazione stringente.
Dalla lettura del giudizio impugnato emerge, invece, come i singoli commissari si siano semplicemente limitati a prendere atto del parere, salvo poi procedere ad un’autonoma ed analitica valutazione delle pubblicazioni della ricorrente, giudicandole negativamente. Ritiene il Collegio che la richiamata disposizione contenuta nell’art. 8, co. 6 del d.P.R. n. 95/2016 debba essere attentamente interpretata ed applicata evitando, da un lato, che la Commissione venga spogliata di qualsiasi potere valutativo in favore del parere dell’esperto esterno, rientrando tale ipotesi nella disciplina degli atti consultivi non solo obbligatori, ma anche vincolanti, che non pare sussumibile dal quadro normativo sopra richiamato. Dall’altro lato, tuttavia, occorre altresì evitare che il parere dell’esperto esterno veda la sua funzione esaurirsi in un mero adempimento formale, eludibile da parte della Commissione mediante una valutazione autonoma dei lavori scientifici presentati dai candidati. In un contesto di tal fatta a dover essere esaltato è il tenore letterale della norma, dal quale emerge plasticamente come la Commissione debba esprimere il proprio dissenso verso il parere, non già verso le pubblicazioni, fornendo un’adeguata motivazione. Sul punto, ritiene il Collegio che se il legislatore abbia avvertito la necessità di negare ex ante la possibilità per commissari non appartenenti allo specifico SSD dei candidati di poter esprimere giudizi sulla qualità delle pubblicazioni scientifiche, imponendo loro di acquisire un parere proveniente da un esperto esterno, è evidente come non possa assistersi ad una reviviscenza di siffatto potere ex post. Del resto, la ratio della norma in argomento è evidente: garantire una valutazione completa ed esaustiva delle pubblicazioni presentate ai sensi dell’art. 7 del decreto ministeriale n. 120/2016 che, dovendo essere condotta seguendo i criteri predeterminati dall’art. 4 del medesimo decreto, non può non essere effettuata se non da soggetti esperti dello specifico settore disciplinare. Pertanto, deve ritenersi che alla Commissione, una volta adempiuto l’obbligo giuridico di chiedere il parere pro veritate, sia preclusa la facoltà di poter procedere ad una valutazione successiva ed autonoma dei medesimi lavori scientifici, tenendo in non cale l’atto consultivo acquisito, dovendo limitare il proprio dissenso, adeguatamente motivato, a quanto statuito nel parere. Tali critiche, tuttavia, per le ragioni sopra evidenziate, non potranno spingersi al punto da sostituirsi alle valutazioni tecniche effettuate dall’esperto esterno, dovendo piuttosto appuntarsi su aspetti in grado di poter essere rilevati dalla lettura del parere, ad esempio riconducibili alla manifesta illogicità e contradditorietà delle statuizioni ivi contenute. Per le ragioni suesposte il ricorso deve trovare accoglimento, con annullamento del giudizio negativo formulato e conseguente obbligo dell’Amministrazione, rivolto alla medesima Commissione, ai sensi dell’art. 34, co. 1, lett. e) c.p.a., di riesaminare la posizione della ricorrente tenendo in debita considerazione il parere pro veritate favorevole già acquisito, potendo discostarsi dallo stesso, previa adeguata motivazione, soltanto per aspetti ad esso riconducibili e non, come effettuato, mediante un’autonoma rivalutazione delle pubblicazioni della candidata, che deve ritenersi preclusa in forza dei commi 5 e 6 del richiamato art. 8 del d.P.R. n. 95/2016.
TAR Lazio, sez. III bis, 17 febbraio 2021, n. 1940
Abilitazione scientifica - Qualità delle pubblicazioni - parere pro veritate
N. 01940/2021 REG.PROV.COLL.
N. 02042/2020 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Terza Bis)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2042 del 2020, proposto da
[#OMISSIS#] D'[#OMISSIS#], rappresentata e difesa dall’avvocato [#OMISSIS#] Matera, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca, Anvur – Agenzia Nazionale di Valutazione del Sistema Universitario e della Ricerca, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
C.U.N. – Consiglio Universitario Nazionale non costituiti in giudizio;
per l’annullamento, previa adozione di idonee misure cautelari
a – delle valutazioni negative in relazione al conseguimento dell’Abilitazione Scientifica Nazionale per professori di prima fascia nel settore concorsuale 11/D2 – Didattica, Pedagogia Speciale e Ricerca Educativa, pubblicate sul sito internet del MIUR in data 14.01.2020, in uno ai giudizi collettivi e individuali espressi dalla Commissione nominata per adempiere alle procedure di conseguimento dell’ASN per la tornata 2018, che del pari si impugnano;
b – dei verbali della Commissione nominata per le procedure di conseguimento dell’ASN per la tornata 2018, nelle parti relative ai giudizi individuali ed al giudizio collegiale espressi sul ricorrente;
c – dei decreti direttoriali n. 2822 del 29.10.2018 e n. 1413 del 16.07.2019 di nomina della Commissione Nazionale per l’Abilitazione Scientifica Nazionale alle funzioni di professore universitario di prima e di seconda fascia per il settore concorsuale 11/D2, nelle parti e per i vizi che verranno rubricati ed esposti nel presente atto;
d – ove occorra, per quanto di ragione, del D.M. 855 del 30 ottobre 2015, nelle parti e per i vizi che verranno rubricati ed esposti nel presente atto;
e – di ogni altro atto presupposto, collegato, connesso e conseguenziale.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca e dell’Anvur – Agenzia Nazionale di Valutazione del Sistema Universitario e della Ricerca;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza del giorno 9 febbraio 2021 tenutasi in modalità telematica ai sensi dell’art. 25 del d.l. n. 137/2020, convertito dalla legge n. 176/2020, il dott. [#OMISSIS#] Profili come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Con l’odierno ricorso la ricorrente in epigrafe ha impugnato il giudizio negativo ricevuto ai fini del conseguimento dell’Abilitazione Scientifica Nazionale (ASN) quale professore di prima fascia nel settore concorsuale 11/D2 – “Didattica, Pedagogia Speciale e Ricerca Educativa”.
2. L’Amministrazione resistente si è formalmente costituita in giudizio.
Il giorno 1 aprile 2020 la medesima parte ha depositato una domanda di abbinamento al merito, seguita da un’istanza di prelievo datata 14 aprile 2020.
Il 5 febbraio 2021, mediante note di udienza, il procuratore di parte ricorrente ha insistito per l’accoglimento del gravame, chiedendo il passaggio in decisione della causa senza discussione orale.
3. All’udienza del 9 febbraio 2021, tenutasi in modalità telematica ai sensi dell’art. 25 del d.l. n. 137/2020, convertito dalla legge n. 176/2020, il ricorso è stato trattenuto in decisione.
4. Appare preliminarmente opportuno effettuare un pur breve richiamo al quadro normativo vigente in tema di abilitazione scientifica nazionale (ASN), con particolare riferimento all’art. 3 del d.m. 7 giugno 2016, n. 120 rubricato “Valutazione della qualificazione scientificaper l’abilitazione alle funzioni di professore di prima e di seconda fascia”, ove statuisce “1. Nelle procedure di abilitazione per l’accesso alle funzioni di professore di prima e di seconda fascia, la Commissione formula un motivato giudizio di merito sulla qualificazione scientifica del candidato basato sulla valutazione delle pubblicazioni e dei titoli presentati, prendendo a riferimento esclusivamente le informazioni contenute nella domanda redatta secondo il modello allegato al bando candidati. Nella valutazione la Commissione si attiene al principio in base al quale l’abilitazione viene attribuita esclusivamente ai candidati che hanno ottenuto risultati scientifici significativi riconosciuti come tali dalla comunità scientifica di riferimento, tenendo anche in considerazione, secondo le caratteristiche di ciascun settore concorsuale e in diversa misura per la prima e per la seconda fascia, la rilevanza nazionale e internazionale degli stessi. 2. La valutazione delle pubblicazioni scientifiche e dei titoli è volta ad accertare: a) per le funzioni di professore di prima fascia, la piena maturità scientifica del candidato, attestata dall’importanza delle tematiche scientifiche affrontate e dal raggiungimento di risultati di rilevante qualità e originalità, tali da conferire una posizione riconosciuta nel panorama anche internazionale della ricerca; b) per le funzioni di professore di seconda fascia, la maturità scientifica del candidato, intesa come il riconoscimento di un positivo livello della qualità e originalità dei risultati raggiunti nelle ricerche affrontate e tale da conferire una posizione riconosciuta nel panorama almeno nazionale della ricerca”.
4.1 Il secondo comma della disposizione richiamata, pertanto, prevede una diversificazione per le valutazioni, sia dei titoli che delle pubblicazioni, riferibili alla prima ed alla seconda fascia di docenza. La disposizione, in particolare, fissa i criteri per l’accertamento della “piena maturità scientifica” (per la prima fascia), la quale deve essere attestata dalla “importanza delle tematiche scientifiche affrontate e dal raggiungimento di risultati di rilevante qualità e originalità, tali da conferire una posizione riconosciuta nel panorama anche internazionale della ricerca”, e quelli per l’accertamento della “maturità scientifica” (per la seconda fascia), la quale è data dal “riconoscimento di un positivo livello della qualità e originalità dei risultati raggiunti nelle ricerche affrontate e tale da conferire una posizione riconosciuta nel panorama almeno nazionale della ricerca”.
4.2 L’art. 6, co. 1, lett. b) del richiamato D.M. n. 120/2016 statuisce poi come la Commissione attribuisca l’abilitazione ai candidati che presentano pubblicazioni “valutate in base ai criteri di cui all’art. 4 e giudicate complessivamente di qualità elevata secondo la definizione di cui all’allegato B”, ove si precisa che “si intende per pubblicazione di qualità elevata una pubblicazione che, per il livello di originalità e rigore metodologico e per il contributo che fornisce al progresso della ricerca, abbia conseguito o è presumibile che consegua un impatto significativo nella comunità scientifica di riferimento a livello anche internazionale”.
4.3 Per quanto precede, ai sensi dell’art. 6 del D.M. n. 120/2016 l’abilitazione scientifica può essere attribuita esclusivamente ai candidati che soddisfino tutte le seguenti condizioni:
– siano in possesso di almeno tre titoli tra quelli scelti dalla Commissione;
– ottengano una valutazione positiva dell’impatto della produzione scientifica attestata dal possesso da parte del candidato di parametri, in almeno due indicatori, almeno pari ai valori soglia determinati per il Settore Concorsuale dal D.M. n. 589/2018;
– presentino pubblicazioni, ai sensi dell’articolo 7, del D.M. n. 120/2016, valutate in base ai criteri di cui all’articolo 4 del citato Decreto e giudicate complessivamente di qualità “elevata”, come sopra precisato.
5. Nel caso di specie, alla ricorrente sono stati riconosciuti sei titoli tra quelli prescelti dalla Commissione ed è stato positivamente riscontrato il superamento di tutti e tre i valori soglia previsti dal D.M. n. 589/2018 per la valutazione dell’impatto della produzione scientifica.
Tuttavia, all’unanimità, è stata giudicata non idonea al conseguimento dell’abilitazione tenuto conto che “La produzione scientifica […] manca di dimensione critica adeguata relativamente ai quadri teorici adottati, la esplicita consapevolezza epistemologica delle scelte metodologiche proposte e l’originalità (ad esempio 14385789). La produzione presentata è prevalentemente di tipo descrittivo (ad esempio: 2936589; 14199889). Pur tenendo conto del parere pro-veritate, alla luce delle valutazioni di cui sopra e dopo approfondito esame del profilo scientifico della candidata, la Commissione all’unanimità ritiene che l’analisi della produzione scientifica e dei titoli non consenta di evidenziare la piena maturità scientifica e un profilo di qualità elevata in relazione al settore concorsuale […]”.
6. Il gravame è affidato a sei mezzi di impugnazione con cui è stata censurata la violazione e la falsa applicazione di diverse disposizioni contenute nella l. n. 240/2010, nel d.m. n. 120/2016, nel d.P.R. n. 95/2016, nel d.d. n. 2175/2018, nonché l’eccesso di potere per violazione dei principi sul giusto procedimento, per difetto dei presupposti, di istruttoria, per arbitrarietà e per sviamento.
Il ricorso è fondato nei termini di seguito precisati.
7. Meritevoli di pregio risultano essere le doglianze con cui è stata dedotta l’illegittimità del giudizio negativo ricevuto con riferimento alla qualità delle pubblicazioni presentate, pur in presenza di un parere pro veritate ampiamente positivo.
7.1 Rilevante in tal senso è, in primo luogo, l’art. 16, comma 3, lett. i) della l. n. 240/2010, nella parte in cui statuisce che “la commissione può acquisire pareri scritti pro veritate sull’attività scientifica dei candidati […]; il parere è obbligatorio nel caso di candidati afferenti ad un settore scientifico-disciplinare non rappresentato nella commissione”.
7.2 Tale disposizione è stata successivamente recepita in sede di normazione secondaria, tanto che l’art. 8, co. 5, del D.P.R. n. 95/2016 sul punto riporta “La commissione nello svolgimento dei lavori può avvalersi della facoltà di acquisire pareri scritti pro veritate da parte di esperti revisori ai sensi dell’articolo 16, comma 3, lettera i), della legge. […] Il parere è obbligatorio nel caso di candidati afferenti ad un settore scientifico-disciplinare che pur appartenendo al settore concorsuale oggetto della procedura non è rappresentato nella commissione”. Il successivo comma 6, da ultimo, prevede che “L’eventuale dissenso dal parere pro veritate […] è adeguatamente motivato”.
7.3 La normativa richiamata, pertanto, da un lato, prevede la necessità che la Commissione chieda un parere ad un esperto esterno ogni qualvolta, come nel caso di specie, nella stessa non sia rinvenibile la presenza di almeno un membro del settore scientifico disciplinare dello specifico candidato e, dall’altro, che l’eventuale intenzione di discostarsi dall’atto consultivo sia sorretta da una motivazione stringente.
8. Dalla lettura del giudizio impugnato emerge, invece, come i singoli commissari si siano semplicemente limitati a prendere atto del parere, salvo poi procedere ad un’autonoma ed analitica valutazione delle pubblicazioni della ricorrente, giudicandole negativamente.
Ritiene il Collegio che la richiamata disposizione contenuta nell’art. 8, co. 6 del d.P.R. n. 95/2016 debba essere attentamente interpretata ed applicata evitando, da un lato, che la Commissione venga spogliata di qualsiasi potere valutativo in favore del parere dell’esperto esterno, rientrando tale ipotesi nella disciplina degli atti consultivi non solo obbligatori, ma anche vincolanti, che non pare sussumibile dal quadro normativo sopra richiamato. Dall’altro lato, tuttavia, occorre altresì evitare che il parere dell’esperto esterno veda la sua funzione esaurirsi in un mero adempimento formale, eludibile da parte della Commissione mediante una valutazione autonoma dei lavori scientifici presentati dai candidati.
9. In un contesto di tal fatta a dover essere esaltato è il tenore letterale della norma, dal quale emerge plasticamente come la Commissione debba esprimere il proprio dissenso verso il parere, non già verso le pubblicazioni, fornendo un’adeguata motivazione. Sul punto, ritiene il Collegio che se il legislatore abbia avvertito la necessità di negare ex ante la possibilità per commissari non appartenenti allo specifico SSD dei candidati di poter esprimere giudizi sulla qualità delle pubblicazioni scientifiche, imponendo loro di acquisire un parere proveniente da un esperto esterno, è evidente come non possa assistersi ad una reviviscenza di siffatto potere ex post. Del resto, la ratio della norma in argomento è evidente: garantire una valutazione completa ed esaustiva delle pubblicazioni presentate ai sensi dell’art. 7 del decreto ministeriale n. 120/2016 che, dovendo essere condotta seguendo i criteri predeterminati dall’art. 4 del medesimo decreto, non può non essere effettuata se non da soggetti esperti dello specifico settore disciplinare.
10. Per quanto precede, deve ritenersi che alla Commissione, una volta adempiuto l’obbligo giuridico di chiedere il parere pro veritate, sia preclusa la facoltà di poter procedere ad una valutazione successiva ed autonoma dei medesimi lavori scientifici, tenendo in non cale l’atto consultivo acquisito, dovendo limitare il proprio dissenso, adeguatamente motivato, a quanto statuito nel parere. Tali critiche, tuttavia, per le ragioni sopra evidenziate, non potranno spingersi al punto da sostituirsi alle valutazioni tecniche effettuate dall’esperto esterno, dovendo piuttosto appuntarsi su aspetti in grado di poter essere rilevati dalla lettura del parere, ad esempio riconducibili alla manifesta illogicità e contradditorietà delle statuizioni ivi contenute.
11. Per le ragioni suesposte il ricorso deve trovare accoglimento, con annullamento del giudizio negativo formulato e conseguente obbligo dell’Amministrazione, rivolto alla medesima Commissione, ai sensi dell’art. 34, co. 1, lett. e) c.p.a., di riesaminare la posizione della ricorrente tenendo in debita considerazione il parere pro veritate favorevole già acquisito, potendo discostarsi dallo stesso, previa adeguata motivazione, soltanto per aspetti ad esso riconducibili e non, come effettuato, mediante un’autonoma rivalutazione delle pubblicazioni della candidata, che deve ritenersi preclusa in forza dei commi 5 e 6 del richiamato art. 8 del d.P.R. n. 95/2016.
12. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate con il dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza Bis), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto:
1) annulla il giudizio negativo gravato;
2) ordina all’Amministrazione di rivalutare l’interessato entro 90 (novanta) giorni dalla notificazione o comunicazione in via amministrativa della presente sentenza, secondo le modalità indicate in motivazione.
Condanna l’Amministrazione resistente al pagamento delle spese processuali che si liquidano in euro 2.000,00 (duemila/00), oltre al rimborso del contributo unificato ed accessori come per legge, se dovuti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 9 febbraio 2021 con l’intervento dei magistrati:
[#OMISSIS#] Sapone, Presidente
Emiliano [#OMISSIS#], Consigliere
[#OMISSIS#] Profili, Referendario, Estensore
L’ESTENSORE
IL PRESIDENTE
[#OMISSIS#] Profili
[#OMISSIS#] Sapone
IL SEGRETARIO
Pubblicato il 17/02/2021